La kénosi che Paolo attribuisce al Figlio è anche iniziativa del Padre e l’opera principale dello Spirito. Ora, se la fede è un’esperienza storica che si evolve, le nostre immagini di Dio sono chiamate a una costante revisione, sia personale sia comunitaria, alla luce dell’avventura umana eternamente nomade.
Descrizione
In quest’opera potente e audace Arnold ci invita a rinunciare radicalmente alle nostre immagini di Dio. Passando ciascuno dei nostri slanci di fede attraverso il setaccio della Kénosi, il monaco benedettino di stanza sulle Ande apre un percorso che conduce a una fede più matura, più danzante, più coerente con l’amore di Dio. Un Dio infinitamente più semplice di quello che i nostri cuori complicati tendono ad adorare.
«Nel corso della storia, questo Dio del dialogo tenta l’impossibile, integrando nel suo progetto l’ipotesi necessaria del fallimento. La creazione e la storia della salvezza mi sembrano solo una serie infinita di fallimenti e di errori corretti in continuazione, o riconvertiti in una creatività sconfinata, a misura dell’amore ostinato di un Dio affascinato dall’umano».
È Dio che assolutamente si denuda, certo. Ma è anche la nostra fede che viene spogliata – e che si risveglia gradatamente a immagini del divino più essenziali di prima, a una semplificazione progressiva di Dio stesso.
Questo testo si offre come una proposta nel tracciare la Teologia pastorale del cambiamento d'epoca nel contesto della prassi di Papa Francesco. Avviare una seria riflessione sulla Teologia pastorale di domani che non cerchi risposte tampone, ma nutra domande nel ricercarne il senso in una crescente trasfusione di vita tra Facoltà e territorio, tra Facoltà e comunità. Una Teologia pastorale che avvii un pensiero sulla metamorfosi nella e della Chiesa ponendosi all'interno della società e della cultura. La Teologia pastorale come laboratorio di migrazione dai progetti ai processi, dai percorsi agli incroci, dal residenziale al territoriale, dall'io al noi, dal singolo al presbiterio, dall'individuo alla comunità.
Questo studio di O'Collins è dedicato all'ispirazione della Bibbia, tema alquanto trascurato nella teologia contemporanea. Il teologo australiano inizia esaminando i punti di vista classici sull'ispirazione. Si concentra poi, mantenendosi saldamente radicato nelle Scritture, sulla loro origine ispirata stando all'Antico e al Nuovo Testamento. Indaga l'influenza ispirante della Bibbia sulla liturgia, sulla predicazione, sull'insegnamento, sulla vita cristiana, ma anche sulle arti visive e sulla letteratura. Espone dieci caratteristiche dell'ispirazione biblica, sottolineando in particolare la qualità ispiratrice delle Scritture e spiegandone le conseguenze fondamentali, per esempio sulla formazione del canone. Dopo avere esaminato tre approcci all'interpretazione biblica - l'intenzione dell'autore, il ruolo dei lettori, il primato del testo stesso -, il libro delinea infine una serie di principi per confrontarsi sul piano teologico con le Scritture. Distinguendo in modo accurato l'ispirazione dalla rivelazione divina e dalla verità biblica, O'Collins può fare piazza pulita di tanti falsi problemi. E sottolinea l'impatto dell'opera ispiratrice dello Spirito Santo non solo sugli autori biblici, ma anche sui lettori del testo sacro in ogni tempo e luogo.
Il volume si interroga sulla possibilità che la Chiesa possa superare il clericalismo. Per l'autore, il «clericalismo» non è una direzione erronea, temporanea e secondaria, ma una perversione sistemica nella storia della Chiesa e il mutamento richiesto è indispensabile per un nuovo inizio.
L'autore, ripercorrendo la formazione e lo sviluppo dell'etica sessuale cattolica a partire dall'insegnamento dell'apostolo Paolo fino al nostro tempo, mette in luce come la fedeltà a tale insegnamento può assumere oggi modalità diverse da quelle indicate materialmente da Paolo, sempre tuttavia in obbedienza allo stesso principio di realtà che guidava l'apostolo. In modo particolare si può oggi affermare che la moralità dell'agire sessuale non è in radice stabilita dalla configurazione giuridica della relazione tra le persone ma dalla forma esistenziale di tale relazione prima e indipendentemente dalla configurazione giuridica.
Leggiamo nella Premessa: «Se vogliamo scoprire la grandezza del sacerdozio ministeriale è necessario, prima di tutto, risalire alla fonte, cioè al mistero di Gesù, "l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo"» (Eb 3,1). Si tratta, dice l'Autore, «di una teologia viva, destinata a quanti desiderano approfondire la propria vita cristiana », dal momento che il ruolo della teologia è quello di «servire i credenti, aiutarli a ricevere in misura maggiore tutta la sapienza che ci viene dal Padre in Gesù, in cui "sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza"» (Col 2,2). Nato da un ciclo di conferenze tenute durante l'anno sacerdotale 2009- 2010, il testo mantiene lo stile discorsivo, chiaro e immediato dell'approccio orale, senza per questo rinunciare a precisione e profondità teologiche. Percorrendo la Parola di Dio (Isaia, Ebrei, Apocalisse, vangelo di Giovanni), il testo aiuta a riscoprire l'origine e il senso del sacerdozio ministeriale e del sacerdozio regale dei fedeli, in un tempo come questo segnato da difficoltà e confusione.
Come è possibile che un Dio buono e potente permetta che il male ferisca in modo straziante il mondo da lui creato e amato? Quali strategie di resistenza può praticare un credente che sperimenti tali ferite? Che rapporto c'è fra queste strategie e la tradizione dei popoli antichi, come quello egizio, che cercavano di contenere, nel culto, la pericolosa potenza degli dèi primigeni? Questo libro ripensa le tradizionali soluzioni proposte dalla teologia naturale e abbozza una linea di ricerca: partendo dalla figura del Cristo che smaschera gli idoli di potenza e ci offre un'icona fragile, bisognosa, ferita e sofferente di Dio, giunge a una riflessione sulla via di redenzione che il cristianesimo offre e che impegna il credente ad aver cura di Dio. Un'attitudine, quella del prendersi cura, che alimenta il desiderio di liberazione dal male, sostiene un'etica della prossimità verso i fratelli e verso il creato e custodisce la verità dei patti biblici.
Durante il Concilio Vaticano II, i padri conciliari, nell’atto di interessarsi alla formazione sacerdotale, hanno espresso la consapevolezza "che l'auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa dipende in gran parte dal ministero sacerdotale animato dallo spirito di Cristo" (Optatam Totius, Proemio). Pertanto, la riflessione teologica, come servizio alla comprensione del sacerdozio, in un tempo in cui il cristianesimo sembra vivere una notevole crisi, assume una certa rilevanza. Tale consapevolezza sta al cuore di questo nostro lavoro. Occorre domandarsi seriamente se si possa andare oltre ai due riduzionismi teologici che spesso hanno condotto ad una comprensione ridotta del sacerdozio ministeriale; ovverosia quello cristomonista e quello ecclesiominista. Partendo dallo studio dei testi di J. Ratzinger e di E. Schillebeeckx queste pagine vogliono provare a formulare una risposta che possa tenere conto di entrambe le scuole di pensiero. Tale strada e stata percorsa assumendo le poco praticate prospettive escatologica e quella biblica di "testimonianza" offerta dagli Atti degli Apostoli (1,7).
Giuseppe Fazio (Cosenza, 1992), nel 2010 ha conseguito la maturità classica presso il Seminario Minore della Diocesi di San Marco Argentano. Dal 2010 al 2020 è stato alunno dell’Almo Collegio Capranica e della Pontificia Università Gregoriana dove ha conseguito i baccellierati in filosofia (2012) e teologia (2015), la licenza (2017) e il dottorato (2021) in teologia dogmatica. Nel 2018 è stato ordinato presbitero.
Attualmente è docente incaricato di teologia sacramentaria presso I’Istituto Teologico Calabro e di Cristologia e trinitaria presso la scuola diocesana di formazione per laici. Ha pubblicato Il sacerdozio in J. Ratzinger: un'identita in relazione, in Rivista di Teologia dell'evangelizzazione, 47 (2020), 157 -1706.
Il volume che il lettore ha fra le mani ripropone un testo oggi introvabile in cui il compianto cardinale di Milano riflette su uno dei ruoli centrali nella comunione gerarchica della Chiesa, ma anche su se stesso, su quello che era stato il compito pastorale a cui lui, esimio biblista, a un certo punto era stato chiamato. Questa riflessione, utilissima in tempo sinodale, è accompagnata da quella di un altro pastore amatissimo, Papa Francesco, che, come Martini, ha avuto formazione gesuitica e consegna a sua volta al lettore pagine che permettono di approfondire il tema del legame tra vescovo e popolo dal punto di vista prettamente pastorale, quello che al Papa sta da sempre a cuore. Queste intensissime pagine, dense, capaci di guardare alla Chiesa sia nella sua forma istituzionale che profetica, si propongono oggi quale cammino di speranza, in questo tempo in cui spesso si parla di sinodalità e altrettanto spesso si mette in crisi il rapporto gerarchico-pastorale nella Chiesa. Crediamo che questa operazione editoriale possa permettere una ripresa e rilettura di un ministero che dalle origini stesse della Chiesa ci è consegnato e che può esistere solo grazie a un legame intenso tra il popolo di Dio e coloro che sono chiamati a guidarlo.
Il sacrificio è interminabile. Scorre come un fiume carsico. A volte si inabissa, altre volte ritorna con irruenza in superfice, generando riflessioni e dibattiti. In alcuni casi essi nascono all'interno della teologia o degli studi delle religioni comparate o della psicoanalisi, nell'ambito della riflessione filosofica o della più stringente attualità che spinge puntualmente a evocare di fronte a eventi straordinariamente drammatici e violenti un linguaggio sacrificale. Il presente volume, frutto di una riflessione iniziata all'interno del settore di Teologia dell'esperienza religiosa nel contesto del Mediterraneo, è un lavoro a più voci (tra gli altri J.-P. Hernandez, A. Nugnes, C. Torcivia), che tendono a convergere progressivamente intorno a una prospettiva comune secondo cui il linguaggio sacrificale ha il suo valore insostituibile per la teologia solo se veicolo di donazione gratuita e incondizionata sia nella morte di Cristo sia nella vita dei cristiani.
Secondo libretto della collana "La fede legittimata". Facendo suo l'invito di Papa Francesco al "Dicastero della Fede" perché si presenti la fede «in modo convincente», l'autore elenca le ragioni (anche "laiche") per cui conviene "credere oggi". Le sostiene con la sua proverbiale e profonda arguzia, originale e convincente anche in una stagione di globale secolarizzazione come come quella che stiamo vivendo.
È meraviglioso il posto d'onore che oggi occupa la Bibbia nella vita concreta dei cattolici. Ormai da decenni, non sono più appannaggio del solo mondo riformato la lettura della Bibbia e la sua frequentazione, anche quotidiana: catechesi, liturgia, spiritualità, preghiera (personale o comunitaria) sono sostanziate di riferimenti alla Scrittura. Più che mai, quindi, è necessario chiarire l'accesso ai testi sacri, per inquadrare la logica in cui si inserisce la lettura credente. Non si sente troppo spesso dire - il che è falso - che il cristianesimo è una «religione del Libro»? Non si rischia forse di limitarsi a una semplicistica «verniciatura biblica» delle nostre prassi consolidate? Yves-Marie Blanchard disegna qui i tratti caratteristici dell'insieme biblico, stabilendone il legame con il cuore del mistero cristiano: la connessione diretta con la rivelazione, il canone dei testi, il rapporto tra i due Testamenti, la pluralità di lingue, lo stile di scrittura...