Federico da Montefeltro ovvero il profilo più celebre d'Italia, immortalato dall'altrettanto celebre ritratto di Piero della Francesca conservato agli Uffizi. Ma pochi conoscono la storia di quel naso cosi particolare. E soprattutto pochi sanno attraverso quali vicende Federico riuscì a realizzare il sogno di trasformare tra il 1444 e il 1482 Urbino, un piccolo borgo marchigiano di montagna in uno dei più straordinari e prestigiosi centri dell'architettura rinascimentale. Federico portò gli artisti più famosi a Urbino, la sua biblioteca fu tra le più importanti e rivoluzionarie dell'epoca, il Palazzo Ducale della città divenne il prototipo di residenza del principe della sua epoca. Lo storico Bernd Roeck e lo storico dell'arte Andreas Tönnesmann compongono un ritratto ricchissimo di sfaccettature e zone d'ombra del più famoso e ambizioso condottiero dell'Italia quattrocentesca, la storia dell'ideazione e della costruzione del suo palazzo, le sue imprese militari, il culto sovrano dell'arte. Attraverso la ricostruzione di questo perfetto uomo del Rinascimento, capitano di ventura, politico, mecenate, traditore, probabile assassino, insuperabile uomo di marketing, questo libro, in cui duelli, guerre e congiure si combinano con i più nobili ideali umanistici ed artistici, costituisce una suggestiva rappresentazione del sistema di funzionamento economico, politico e militare di tutta l'Italia del Rinascimento.
"Non è appariscente né spettacolare, ma il gioco ruota attorno a lui". Nils Liedholm sintetizzò così le qualità tecniche di Giancarlo De Sisti giocatore. La stessa cosa può dirsi dell'uomo: "né appariscente né spettacolare", concreto, discreto, schietto, misurato. In questa storia c'è tutto: dai primi calci in parrocchia al coronamento del sogno di giocare nella squadra del cuore - la Roma -, dal titolo europeo con la Nazionale allo scudetto conquistato con la Fiorentina, dalla storica semifinale dell'Azteca al ritorno alla Roma, dal sogno di vincere uno scudetto da allenatore - infranto per un solo punto - all'esclusione dal "centro" del calcio. Uno spaccato di storia (non manca neanche una vivida descrizione dell'alluvione di Firenze, vissuta da vicino), di storia del calcio e di storia del costume, calcistico e non, del nostro paese.
Quello tra Coppi e Bartali non è stato solo un duello sportivo. È il ritratto di un’epoca,di un’Italia che voleva rivali due campionissimi in realtà amici nella vita. Il “bianco” Gino contro il laico Fausto. Il pio cattolico e il bigamo. Don Camillo e Peppone su due ruote. Ma il duello dei duelli,il duello padre di tutti i duelli dello sport,non è mai esistito,così come non è mai esistito il castello di intrighi,congiure,agguati, polemiche,differenze costruito sulle fondamenta della loro grandezza sportiva concomitante. È un grande mistero dello sport e anche dell’Italia tutta: dal tentativo di chiarirlo almeno un poco nasce – allo scoccare del mezzo secolo da che non c’è più uno, del decennio da che se ne è andato anche l’altro – questo libro, scritto con l’aiuto di Andrea Bartali, classe 1941, e di Marina Coppi, classe 1947, primogenito e primogenita di Gino e Fausto, e spartenti rispettivamente 59 e 13 anni di vita col padre,a sentirlo parlare di “quello là”. “Ognuno dei due campioni era, per Andrea e per Marina, l’amico di papà. Casomai “quello là”lo diceva Gino di Fausto, lo diceva Fausto di Gino. Mica con convinzione. E mica sempre, magari soltanto quando c’era qualcuno, specie giornalista, a sentire.”
Per la prima volta un grande giornalista sportivo e i figli di Coppi e Bartali tracciano un ritratto inedito e sorprendente non solo di due grandi campioni,e nemmeno solo di uno sport “pulito” che oggi non c’è più, ma di un’epoca che ha segnato per sempre l’Italia.
AUTORE Gian Paolo Ormezzano,nato a Torino il 17 settembre 1935,tre figli e sei nipoti,tifoso del Toro,diplomato al liceo classico Cavour,quello di Pozzo, Berruti, Nebiolo e Nizzola, per stare a personaggi dello sport.A Tuttosport dal 1953 al 1979: giovane di studio, redattore, caposervizio del ciclismo, direttore. Da fine 1979 inviato speciale a La Stampae poi, dal 1991 della pensione, collaboratore fisso dello stesso giornale,con breve ritorno a Tuttosport nel 1997-98. Primatista mondiale di Giochi olimpici, estivi e invernali, da giornalista, cominciando dal 1960 a Squaw Valley: 23 edizioni dopo Torino 2006, record di tremenda pesantezza anagrafica e non solo. Servizi o – più fine – reportages da 28 Giri d’Italia,12 Tour de France, tanti e forse troppi campionati mondiali ed europei di calcio, atletica, basket, nuoto… Ha scritto di tutti gli sport fuorché del polo; ha visitato tutti i continenti fuorché l’Antartide.Oltre che collaboratore fisso di La Stampa(attualmente per il supplemento Torino Sette),lo è di Famiglia Cristiana(dal 1960) e dal 2007 nuovamente di Tuttosport. Autore di numerosi libri sullo sport (su tutti le storie del ciclismo,del calcio e dell’atletica),autore di tre romanzi, di libri di saggistica, di antologie di eventi e personaggi, di pamphlets cattivi sul football (specie juventino) e di volumoni buoni sul Toro e sul ciclismo.Per i Giochi invernali di Torino 2006 ha scritto Di neve e di ghiaccio, fiabe olimpiche vere raccolte in un volume edito in italiano e inglese.
Tolkien non apprezzava del tutto le biografie. O, meglio, non gli piaceva l’uso di questo genere letterario come strumento critico. «Una delle mie più radicate convinzioni», disse una volta, «è che investigare sulla vita di un autore sia un modo inutile e sbagliato di accostarsi alle sue opere». Ma era senza dubbio consapevole che visto l’enorme successo dei suoi romanzi qualcuno dopo la sua morte ne avrebbe pubblicata una su di lui. Negli ultimi anni della sua esistenza fece dunque qualche «preparativo», annotando con spiegazioni e commenti vecchie lettere e documenti, e scrivendo anche qualche pagina sulla sua infanzia.
Questo libro nasce innanzitutto dalla lettura di quei testi, in gran parte inediti, cui Humphrey Carpenter ha avuto accesso grazie alla generosità dei quattro figli di Tolkien, oltre che dai ricordi delle tante persone che lo hanno conosciuto da vicino. È quindi lecito sperare che il risultato non sia lontano da ciò che lo scrittore aveva in mente. Carpenter ricostruisce con grande ricchezza di dettagli il contesto storico e culturale in cui Tolkien si formò e lavorò, rievoca l’ambiente familiare e la cerchia delle amicizie (su tutte, il gruppo degli Inklings, con C.S. Lewis), si sofferma sulla genesi dei suoi capolavori e sottolinea la valenza religiosa della sua opera.
Il ritratto a tutto tondo che, pagina dopo pagina, prende forma è straordinariamente suggestivo e per molti versi sorprendente, specie se si pensa che nella storia della letteratura moderna pochissimi scrittori hanno creato un universo fantastico così complesso e ricco, e in grado di esercitare una così irresistibile attrazione su diverse generazioni di lettori. È come «se uno strano spirito avesse assunto le sembianze di un professore di una certa età», scrive Humphrey Carpenter.
L'AUTORE
Humphrey Carpenter (1946-2005) è stato uno scrittore prolifico. Oltre ai volumi sulla letteratura per l’infanzia (Secret Gardens. A Study of the Golden Age of Children’s Literature e, insieme alla moglie Mari Prichard, The Oxford Companion to Children’s Literature), ricordiamo i saggi dedicati a celebri scrittori: The Brideshead Generation. Evelyn Waugh and His Friends; The Inklings. Clive S. Lewis, John R.R. Tolkien, Charles Williams and Their Friends (vincitore del prestigioso Somerset Maugham Award); W.H. Auden. A Biography (premiato con l’E.M. Forster Award). Insieme a uno dei figli dello scrittore, Christopher, ha curato una raccolta delle lettere di Tolkien, La realtà in trasparenza.
Pochi scrittori del XX secolo hanno esercitato sui giovani un’influenza così estesa e penetrante come Hermann Hesse. Nei suoi romanzi (da Demian a Siddharta, al Lupo della steppa, a Narciso e Boccadoro) i lettori hanno trovato una risposta alla crisi spirituale che da quasi un secolo travaglia l’Occidente e che è intimamente legata al soffocante materialismo della nostra società.
Ralph Freedman, in questa ormai classica biografia, va però oltre il culto tributato al grande autore e ricostruisce in modo magistrale i tanti aspetti di un’esistenza che risulta, se possibile, ancora più emblematica ed eloquente delle opere stesse. La lunga vita di Hesse (1877-1962) copre un’intera epoca della storia tedesca ed europea. Freedman ne indaga le vicende principali – la famiglia di missionari da cui proveniva, l’adolescenza irrequieta, l’esperienza della Grande Guerra vissuta con estremo disagio personale, i trattamenti psicanalitici, il precoce successo letterario con Peter Camenzind, il viaggio in India, l’incontro con il buddhismo e l’induismo, i tre matrimoni, i complessi rapporti con il nazismo, l’isolamento per un verso ricercato e per un altro sentito come una prigione – e spiega le molteplici ragioni che portarono lo scrittore a indagare temi e problematiche che si impressero tanto profondamente nella mente e nel cuore dei lettori. Nel racconto di Freedman Hesse ci appare come un personaggio multiforme, tormentato e profetico, ascetico e passionale, protagonista di un viaggio al centro delle inquietudini del nostro tempo.
L'AUTORE
Ralph Freedman, nato ad Amburgo nel 1920 ed emigrato negli Stati Uniti nel 1940, è professore emerito di Letteratura comparata a Princeton. Considerato uno dei maggiori studiosi di Hesse, è anche traduttore e critico letterario, oltre che autore di numerosi volumi, tra i quali Life of a Poet: Rainer Maria Rilke.
Una biografia, che ripercorre la vita e le alterne vicende politiche di uno dei più celeberrimi imperatori romani. Costantino I, detto "il Grande" (274 ca.-337), è passato alla storia per il suo tentativo di unificazione tra Impero Romano d'Occidente e Impero Romano d'Oriente (realizzato tra l'altro mediante lo spostamento della capitale dell'impero a Bisanzio, che prese poi il nome di Costantinopoli), ma è conosciuto dai più per essere stato il primo imperatore cristiano, sotto il cui regno il cristianesimo acquisì pienezza di libertà e diritti. Molti e affascinanti, però, sono gli aspetti della personalità di Costantino che ancora rimangono "nell'ombra" e che il volume di Horst mostra: l'imperatore, dapprima pagano, fece sì emanare nel 313 l'Editto di Milano con cui diede alla religione cristiana riconoscimento ufficiale, ma ricevette il battesimo solo sul letto di morte; esortò i sudditi ad abbracciare la nuova fede, ma rimase alieno da ogni forma di persecuzione verso il paganesimo. Alla scoperta di una figura storica, quasi "leggendaria", illuminata nelle sue scelte politiche e religiose da una tolleranza capace di insegnare ancora molto.
L'immagine del tailleur rosa di Jackie Kennedy macchiato del sangue del marito assassinato ha fatto il giro del mondo. Era firmato Chanel. In che modo un'orfanella abbandonata dal padre tra le mura di un convento è diventata la celebre Coco Chanel, alla testa "del più grande impero mai costruito da una donna"? È stata la leggendaria "Mademoiselle", creatrice del tubino nero, del profumo N° 5, dei gioielli fantasia, del tailleur con i bottoni d'oro, della borsa matelassé e di tanti altri classici. È stata la mecenate discreta di Cocteau, Radiguet, Stravinsky, Reverdy... Ha avuto amanti ricchi e celebri, duchi e artisti, ma anche uomini dalle dubbie frequentazioni. Ha avuto il successo, il denaro, ma non è mai stata una donna veramente felice...
"II dovere di un capitalista moderno è di assicurare al proprio Paese il massimo di occupazione compatibile con la competitività, nell'interesse dell'equilibrio dei conti economici nazionali e della bilancia commerciale. Di questi valori il capitalista deve sforzarsi di essere garante e queste sono le cose alle quali ho sempre cercato di essere fedele." Pungolato dalle domande di Arrigo Levi, Giovanni Agnelli esprime senza reticenze e senza cortine diplomatiche le sue idee sui temi fondamentali dell'industria, dell'economia, della finanza e della politica italiana. Ne emerge il ritratto di un grande imprenditore, colosso della vecchia guardia, che a soli venticinque anni e all'indomani della seconda guerra mondiale si è ritrovato catapultato ai vertici della Fiat e l'ha portata a diventare il primo gruppo industriale d'Italia. Il suo racconto ripercorre la storia dell'azienda - e più in generale dell'industrializzazione nel nostro Paese - dal boom del 1910-15 sino primi anni Ottanta, con l'introduzione pionieristica dei computer in fabbrica. Il risultato è un libro ancora oggi capace di affascinare il lettore, sia per l'eccezionalità del narratore (solitamente assai misurato nelle sue esternazioni pubbliche), sia per la rarità del punto di vista: Giovanni Agnelli ci apre uno spaccato della sua "fabbrica" dall'interno, dalla parte del vecchio padrone che si trasforma progressivamente in moderno imprenditore di respiro internazionale.
"Amante guerriero" nella seduzione come in letteratura e in politica, Gabriele d'Annunzio fu un uomo che seppe imporre i propri sogni. Discendente di tanti avventurieri italiani, da Casanova a Cagliostro, rivoluzionò la figura dell'intellettuale facendo della sua vita un'opera d'arte e influenzando più generazioni nel gusto e nella visione del mondo. L'Italia del secondo dopoguerra ha cercato in tutti i modi di sbarazzarsi di lui, alternando l'indifferenza alla condanna; e allora riscoprire d'Annunzio significa rivisitare la cultura di un'Italia appena nata, con i suoi fermenti, le sue aspirazioni, le sue contraddizioni, un'Italia di cui fu un campione smisurato. In questo saggio dai ritmi narrativi, Giordano Bruno Guerri svela un personaggio restituito al suo pensiero e alla sua arte, oltre che al suo tempo. Racconta nel dettaglio anche l'amante instancabile, rendendo omaggio a quelle donne, ispiratrici e compagne più o meno folli e coraggiose, che lo amarono sacrificandogli tutto, alle quali la letteratura italiana resta debitrice.
Cent'anni fa, il 22 aprile 1909, nasceva Indro Montanelli. Nel 2006 Gerbi e Liucci hanno pubblicato "Lo stregone", il primo volume della sua biografia (1909-1957). Ora è la volta del secondo e conclusivo volume (1958-2001), anch'esso fondato sullo spoglio di una sterminata produzione giornalistica e su abbondanti fonti archivistiche inedite. Gli attacchi all'Eni di Enrico Mattei. Le polemiche contro Camilla Cederna e i radical-chic. La campagna per Venezia. Il doloroso divorzio dal "Corriere" e la fondazione del "Giornale". L'attentato brigatista. Il lungo sodalizio con Silvio Berlusconi, troncato all'inizio del 1994 dalla "discesa in campo" del tycoon televisivo. Il fallimento della "Voce" e il ritorno nell'alveo materno del "Corriere". Sullo sfondo di queste e altre vicende, viene rivisitata - nei suoi chiaroscuri l'intera storia politica dell'Italia novecentesca. Ove spicca un battagliero Montanelli, conservatore sì, ma anche libertario e anticlericale, non esattamente quel "bieco reazionario" dipinto per anni da certa vulgata.
"Alla notizia della morte di Annibale, Scipione era stato colto da una sensazione presaga: non gli sarebbe sopravvissuto a lungo. Non gli era stato amico, il Cartaginese; era stato il più grande e il più nobile dei suoi nemici e le loro vite si erano intrecciate più e più volte, legate sempre con il filo doppio del destino, quasi che l'esistenza dell'uno traesse motivo e giustificazione da quella dell'altro." Scipione e Annibale: antagonisti, affini, speculari. Giovanni Brizzi racconta le loro vite tangenti in un saggio storico che ha il passo del romanzo.
Un protagonista della cultura del Novecento, una figura complessa e luminosa, un artista versatile e geniale, un eretico... Questo è stato Pier Paolo Pasolini, ma non solo: per la vita che ha condotto e per la morte che ha incontrato, Pasolini è stato anche un simbolo della società italiana e dei suoi cambiamenti. Ecco perché la biografia scritta da Nico Naldini, che ne fu il cugino, è tanto preziosa. Perché mescola, con lucida sobrietà, ricordi personali e ricostruzione documentata, spirito analitico e commozione; e ne disegna un ritratto volutamente essenziale. Riemergono così, da un passato ancora tanto vivo, le estati friulane dell'infanzia, il rapporto con la madre e l'indomabile vocazione pedagogica, l'amore per la semplicità dei conladini e la "competenza in umilia". E poi, subilo dopo, le prime tensioni politiche, la scelta militante del comunismo e la sofferenza per la morte del fratello Guido, nella strage di Porzus. E quindi, nella piena malurità artistica, la scoperta di Roma e delle sue periferie, la capacità tutta pasoliniana di entare in contatto con il mondo dei "miseri" e delle borgate. Fino a quella terribile morte violenla, che in troppi hanno voluto circondare di mistero e che Naldini interpreta invece nella sua lineare essenzialità, senza alcuna concessione ai complottismi.