Questo libro focalizza l'attuale stato della liturgia, soprattutto alla luce del marasma liturgico venutosi a creare dopo il Concilio Vaticano II: non di rado infatti si registrano differenze a livello di diocesi se non addirittura di parrocchie. Quante delle norme indicate dal magistero ecclesiale sono rispettate dai celebranti e fatte rispettare dai fedeli? L'autore, da semplice fedele osservante, scandaglia momenti e aspetti della liturgia cattolica, traendone debite riflessioni e fornendo interessanti proposte operative, al fine di evitare gli abusi e restituire alla liturgia la sacralità che le compete.
«Preghiamo»: così chi presiede le celebrazioni si rivolge spesso alla comunità. Di che si tratta? Le preghiere «rituali» della liturgia a volte sembrano disturbare le nostre preghiere «personali», spesso non vengono nemmeno ascoltate. Eppure hanno un valore unico e una funzione singolare, che sovente sfuggono anche a chi frequenta abitualmente la messa. Queste preghiere ci offrono parole quando non sappiamo che dire, ci scaldano il cuore quando anche i sentimenti sono muti. Aprono a Dio e accordano le voci dei presenti. Sono parti fondamentali del rito, ci ricordano un intero vangelo ed esprimono i travagli di una vita. Un libro per comprendere il valore e il significato delle preghiere più importanti della messa, le preghiere della chiesa, delle comunità radunate: le «nostre» preghiere. Un libro semplice, rivolto a tutti coloro che desiderano vivere sempre più intensamente il momento dell'Eucaristia.
Questo insieme di testi rappresenta un contributo alla ricerca nell'ambito dell'antropologia rituale. In una vera e propria escursione poetica nell'universo della liturgia, questi scritti colgono la complessità dell'esperienza liturgica accostandola come una dinamica che si gioca a più livelli e nella quale si intrecciano riferimenti di tempo e di spazio, aspetti sensoriali, visivi, sonori, olfattivi. Sostando sui riti, sui gesti, sulle cose con uno sguardo rinnovato dal concorso delle scienze umane, l'autore ci aiuta a ripensare l'esperienza liturgica in quanto pratica della fede.
La liturgia è di per sé una realtà che suscita stupore, si esprime con le labbra, si traduce in atteggiamenti del corpo e fa uso di parole, di gesti, di cose, di segni e di simboli. Tuttavia, molti di questi segni e gesti sono divenuti estranei non solo per chi non crede, ma anche per coloro che frequentano di tanto in tanto le nostre chiese. Questo volume, il primo di una collana dedicata alla riscoperta della liturgia, vuole proprio aiutare a prendere coscienza della ricchezza insita nei segni e gesti che il sacerdote e l'assemblea compiono durante la celebrazione eucaristica. Il senso di questi gesti viene colto nella loro evoluzione storica e soprattutto nel loro significato spirituale ed esistenziale. La liturgia infatti altro non è che quella scuola di fede dove il credente impara a cogliere lo spirituale nel materiale, l'invisibile nel visibile. Nell'umanità della liturgia si manifesta tutta l'umanità di Dio: questo libro ci aiuta a vivere questo mistero.
Nel contesto liturgico, il silenzio è quel luogo dell'anima dove ognuno resta solo col suo Signore. Il silenzio liturgico rinvia immancabilmente a quell'interiorità, mia, ma più grande di me, dove Dio mi invita. Il silenzio liturgico è dunque come un incrocio spirituale. A partire dalla riforma liturgica voluta dal Concilio, si è cercato di dare un posto al silenzio perché lo si considera, come vedremo, una delle modalità di partecipazione attiva, perché permette ai fedeli di associarsi intimamente al mistero celebrato. Questo libro ha l'intenzione rispondere alle domande sull'essenza, i tempi, i modi e le ragioni del silenzio liturgico.
La santità dell’Eucarestia e la grandezza del mistero per il quale Dio ne affida la celebrazione ad uomini che, benché per grazia sacerdoti, rimangono pur sempre segnati dal limite, rende urgente proporre qualche riflessione ed un richiamo sulla necessità per ogni fedele – compresi quindi i sacerdoti – di esaminarsi per vedere se, accostandosi all’altare, siano “rite dispositus”, secondo quanto insegna e richiede la Chiesa. Inoltre, l’identità sacerdotale fa del ministro ordinato un intercessore privilegiato ed un uomo atto ad offrire il culto liturgico pubblico gradito a Dio.
L’intento di questo lavoro è quello di mostrare come la disciplina derivi dalla dottrina della Chiesa, ed il suo rispetto, con adesione cordiale di vita, altro non sia finalizzata che ad una vita, ad un ministero santo e, quindi, fruttuoso e santificante non solo per il sacerdote, ma anche per l’intero popolo di Dio.
«L’opera Sacerdos alter Christus affronta due questioni che potrebbero apparire molto diverse ma che, tuttavia, hanno un punto in comune. Si tratta infatti di due obblighi che definirei “vitali” nella vita e nel ministero sacerdotale: da una parte, la celebrazione frequente della S. Messa e, dall’altra, la preghiera quotidiana e integrale della Liturgia delle Ore. Si tratta di uno studio canonico ben documentato, dalla grande profondità spirituale, accompagnato da una bibliografia esaustiva che sottolinea un aspetto essenziale del sacerdozio: la preghiera deve irrigare, nutrire e fecondare la vita e il ministero sacerdotale nel suo insieme; la vita interiore del sacerdote è pertanto l’alfa e l’omega dell’esistenza spirituale di colui che è alter Christus, riprendendo il titolo dell’opera.»
(Dalla Presentazione di S. Em.za il Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti)
Perché i riti? Incidono nella vita? Quale importanza possono avere se a contare sono la fede, la testimonianza e la carità? E poi: perché celebrare è un'«arte» per tutta la comunità? Celebrare, partecipare ai riti della chiesa non è un affare del clero o di pochi volontari. Interessa tutti perché la ritualità è parte non secondaria dell'essere uomini e donne, impregna la vita. Quando celebriamo non siamo come gli attori a teatro, ma compiamo gesti e parole che «prendono» la mente e il cuore e ogni volta ci trasformano, ci rigenerano, ci ritemprano. Un saggio rivolto soprattutto ai non adetti ai lavori per scoprire l'importanza del rito e del celebrare.
Quando la preghiera e un’intensa meditazione sulla Sacra Scrittura si incontrano con un amore sincero e appassionato per la divina liturgia, non possono che nascere opere dal respiro universale ed eterno come L’Anno liturgico dell’abate Guéranger. Scritto e pubblicato tra il 1841 e il 1866, non era più disponibile in italiano. Questa edizione rinnovata nella forma e nella traduzione ha il merito di colmare questo vuoto e di restituire alle mani di addetti ai lavori e semplici fedeli un patrimonio profondamente attuale, di analisi, spiegazioni e meditazioni sui sacri testi e sulle forme liturgiche. La ricchezza e la profondità di questi scritti rimangono tuttora per molti versi insuperate. Nella sua millenaria sapienza, la Chiesa ha saputo fare di ogni gesto, di ogni parola, di ogni momento liturgico un segno intriso di significato teologico e spirituale, che potesse condurre più facilmente e sicuramente l’anima a gustare la gioia dell’incontro profondo con Dio. Oggi, in un tempo in cui la cura della Bellezza nella liturgia ha lasciato il passo alla superficialità, quando non alla sciatteria, le parole del Guéranger sapranno nuovamente condurre il lettore a riscoprire quel tesoro di sublimità inestimabile racchiuso in ogni atto di culto divino. Nel presente volume sono raccolte le meditazioni relative al Tempo di Quaresima, di Passione e il Proprio dei Santi relativo a questo periodo.
Libro con patelle e illustrazioni tradizionali.
Solo con la prima Lettera ai Corinzi compare il mandato di reiterare l’ultima cena narrata dai vangeli sinottici. È dunque da attribuire a Paolo la forma di questa tradizione e la sua istituzione come modello di riferimento.
Commemorazione del Signore e annuncio della sua morte, il banchetto dei cristiani viene inquadrato in questo volume nel contesto più generale dei pasti di Gesù con i discepoli, un aspetto finora poco esplorato dagli studiosi dell’origine dell’eucaristia.
L’indagine su questi testi consente di riflettere sul fatto che le celebrazioni delle Chiese di oggi dovrebbero essere, anch’esse, manifestazioni della messianicità di Gesù e quindi divenire tavole aperte a tutti, anche al fariseo e alla peccatrice.
Come rendere visibile l'invisibile? Quale ruolo possono avere i sensi nella scoperta dell'indicibile? La mistica passerebbe attraverso il sensibile? Il Medioevo si è posto queste domande con libertà e audacia insospettate in vista di entrare in dialogo con Dio attraverso il corpo. La lode sollecita, anima ed esalta la vista, l'udito, il gusto, l'olfatto, il tatto e il rito fa immergere nella contemplazione dell'invisibile, attraverso azioni, oggetti, affreschi, miniature, sculture, indumenti, libri, cose tutte attivate dai sensi...Questo libro-avvenimento, che rinnova l'approccio alla liturgia e all'arte del Medioevo, costituisce un contributo essenziale per l'antropologia cristiana.
La sequenza "Veni Sancte Spiritus", pregata in genere sotto forma di canto, affiora da circa nove secoli dalle labbra e dal cuore dei credenti. Nella sua sobria delicatezza mette in campo tutti i doni dello Spirito, il Dono per eccellenza, l'origine stessa dei doni celesti. L'orante li chiede, non li pretende, e chiedendoli svela i bisogni e le miserie umane: domanda la rugiada, svela l'aridità, implorando la luce confessa la tenebra, invocando il calore ammette il freddo. Il tono dell'inno è dolce e deciso insieme, intarsiato di immagini bibliche e ricco di metafore, segnato da confidenza e rispetto: come si addice a chiunque solleciti il dono dell'amore di Dio.
Nel terzo Millennio si sta consumando una terza svolta epocale nella storia del cristianesimo e una nuova risposta pastorale assume il carattere di urgenza. La prima svolta in epoca apostolica è stata la rinnovata coscienza della cattolicità per cui il Vangelo riguardava non solo gli Ebrei ma anche i pagani; la seconda è stata la torsione dall'escatologia imminente all'escatologia rimandata in cui, tra i tempi, la cristianità ecclesiale ha tentato di gestire la Gerusalemme della Terra con i criteri della Gerusalemme del Cielo. La terza svolta è in atto oggi, dopo il Vaticano II, e non riguarda solo la Chiesa ma anche il mondo laico secolarizzato, entrambi alle prese con la crisi della loro identità e con le altre culture che premono ai confini. Il libro tenta di dirimere il rapporto tra le principali pratiche laico-ecclesiali (la morale, il diritto, la religione, l'estetica artistica), mettendo in evidenza le loro interferenze. In questo "conflitto di pratiche", il rito può riservare sorprese positive per un'accettazione pubblica di valori condivisi. Nella crisi dell'Occidente, con le divisioni tra credenti e non credenti, tra occidentali e islamici, che tradiscono lo smarrimento di una deframmentazione senza fine di valori, memorie, autorità, credenze, il rito può davvero rivelarsi come una risorsa dimenticata da riproporre per pragmatiche condivise?