L'11 ottobre del 1960 inizia il primo ciclo sperimentale di Tribuna elettorale della Rai. I partiti ed i leader entrano nelle case e nei locali pubblici di un'Italia animata da una grande passione ideologica e una diffusa partecipazione alla vita politica. Le Tribune della Rai, che nel 1964 diventano una rubrica permanente, rappresentano un momento importante del progetto di educazione degli italiani alla nuova cittadinanza repubblicana e democratica, realizzato dal Servizio Pubblico su mandato del Governo e del Parlamento. Il programma, nelle sue diverse formule ed edizioni - conferenze stampa, appelli, dibattiti, tavole rotonde - dà spazio alla parola politica ed ai suoi protagonisti, sempre rispettandone ed esaltandone l'importanza, il ruolo, l'autorevolezza. Le Tribune sono una perfetta "macchina scenica" e un "grande spettacolo" - termine a lungo non gradito ai politici ma ben chiaro agli uomini di televisione - che rispondono alle esigenze e agli interessi di una democrazia basata sulla funzione indispensabile dei partiti. Le fotografie delle Tribune provenienti dall'Archivio fotografico della Rai documentano gli allestimenti e i protagonisti, la scena e il fuoriscena, di un programma che per oltre trent'anni ha segnato la vita politica e il costume italiani tanto da diventare oggetto di satira, attraversando gli anni del boom e del centrosinistra, del compromesso storico e della violenza, del pentapartito e del riflusso nel privato, sino alla crisi della prima Repubblica.
Breve analisi del rapporto tra cristianesimo e social network. Il web non è un luogo "a parte" dalla vita di tutti i giorni, ma parte integrante della quotidianità di tanti. Essere presenti su internet da cristiani non significa introdurvi temi religiosi, ma avere uno "stile" di apertura e dialogo.
Internet non appiattisce affatto il mondo. Semmai è il mondo a nutrire la Rete di complessità, diversità, ricchezza, tanto che sarebbe opportuno parlare ormai di reti, al plurale. L'attenzione di tutti è rivolta ai grandi protagonisti americani del business, da Amazon a Google, ma Frédéric Martel nel suo nuovo libro cambia la prospettiva e scopre come nel mondo non faccia che crescere il numero dei connessi non anglofoni, che piegano la Rete alle loro necessità locali e rafforzano siti e servizi come Yandex e VKontakte in Russia, Baidu, Alibaba o Weibo in Cina, Orkut in Brasile o Taringa in Argentina. Per questo, "Smart" è un'inchiesta sul campo: per studiare le reti di oggi, Martel ha viaggiato in lungo e in largo, dal Messico al Libano, dalla Russia all'Egitto, da Gaza al Brasile, oltre ovviamente agli Stati Uniti e alla Cina. "Non volevo fare un libro troppo teorico: le conclusioni dicono una cosa precisa, ma ci sono arrivato alla fine di una lunga ricerca. Ho incontrato centinaia di persone e credo che questo dia una certa freschezza al racconto. Le reti sono fatte di persone calate in una realtà per niente virtuale, mi piaceva guardarla con i miei occhi e poi descriverla."
Francesco, maestro di vita. Maestro spirituale anche del vivere in Internet? Pare proprio di sì, nonostante gli 800 anni che ci separano da lui. Francesco è maestro di reti e di relazioni, il suo chiostro è allargabile al web e la sua esperienza umana e spirituale può aiutare ad abitare questo ambiente di indiscusse potenzialità e ingannevoli trappole disumanizzanti. Un decalogo per interagire pastoralmente in Internet con spirito francescano: spunti, riflessioni e strumenti operativi, per trasformare le connessioni in relazioni, laboratori di significati e incontri evangelizzanti. Una proposta di webpastorale e di cyberspiritualità francescane per vivere Internet in questa inquieta età secolare in modo generativo.
Questo terzo volume della collana Famiglia e media si compone di quattro contributi. Una ricerca nel mondo delle associazioni famigliari in Argentina per studiarne la loro comunicazione; l'impatto dei videogames, della loro narrativa e del loro linguaggio presso le famiglie; un'analisi dettagliata dei temi e dell'influenza esercitata sulle famiglie da parte della popolare sitcom statunitense The Office; e uno studio su come i media rappresentano oggi le relazioni famigliari e l'immagine di famiglia che contribuiscono a diffondere. Sono quattro temi eterogenei ma legati da un unico filo conduttore secondo il quale, per fornire argomenti efficaci alle associazioni famigliari che promuovono una cultura della famiglia, è necessario studiare adeguatamente le sue rappresentazioni presso i mezzi di comunicazione, così come è necessario studiare la comunicazione delle associazioni con strumenti professionali per migliorarne l'efficienza con il loro pubblici e con i mass media.
Papa Francesco sta coinvolgendo la Chiesa, quindi tutti i singoli cristiani, in un ripensamento delle modalità di relazione con il prossimo. E fra le modalità di queste relazioni una delle prime è la comunicazione. In questo volume, che ripensa e riscrive alcuni saggi pubblicati e/o discussi in occasioni recenti, Armando Fumagalli tocca alcuni nodi della comunicazione tanto della Chiesa intesa come istituzione, quanto dell'approccio alle dimensioni comunicative e al dialogo culturale da parte dei singoli cristiani: il rapporto fra ragione ed emozioni nella comunicazione, l'uso dello storytelling, l'importanza centrale ancora oggi della comunicazione più ampiamente "popolare" che passa attraverso le forme dell'audiovisivo di massa come il cinema e la televisione, lo stile comunicativo degli ultimi tre Papi. Il volume tocca inoltre alcuni casi concreti particolarmente interessanti: un "nuovo approccio" alla comunicazione pro-life che viene da una fondazione americana e l'esperienza inglese, in rapida diffusione in diversi paesi del mondo, di Catholic voices, un team di laici, persone delle più diverse professioni, a disposizione dei media per spiegare il punto di vista della Chiesa cattolica su questioni dibattute di attualità.
"Questo libro non vuole essere un amarcord. Una raccolta di pentimenti e rimpianti. Ma un contributo alla verità. Un appello a chi sa e non dice. Anche alla malavita. C'è qualcuno che sa. Autore di una lettera anonima. Non parla perché ha paura? C'è un lungo percorso di vita da inviato, dall'Africa alla strage di Nasiriya, alle più drammatiche vicende di cronaca. Ci sono le cene di Arcore, che non sono soltanto il bunga bunga. C'è il tradimento, la paura, l'omertà di chi sa, ma tace. C'è la riflessione di Moro, sull'isola di Gerba, quando temeva che qualcuno potesse fermare - e ha fermato - il suo progetto di un governo di centrosinistra. C'è il "tavolo" attorno al quale nasceva il buongoverno. Ci sono le storie tragiche attorno ai tavoli verdi del casinò. C'è un'intervista a Massimo D'Alema, che torna come fosse attualità".
Secondo volume sulle dipendenze. La dipendenza sessuale esisteva certamente anche prima di internet. Il virtuale però esercita un fascino ancora più invasivo.
Ripensare la comunicazione è qualcosa di più che pensare ad un restyling dei percorsi formativi, ma è in primo luogo mettere in discussione lo scena­rio in cui viviamo e individuare il ruolo della comunicazione e le sue respon­sabilità. In secondo luogo, a partire da una comunicazione spesso malata e asservita ai vari tipi di potere, individuare il ruolo delle facoltà di comuni­cazione nel progettare professioni e percorsi formativi atti a preparare per­sone che sappiano far la differenza nel settore della comunicazione che necessariamente si intreccia con la vita sociale, politica, artistica, educativa e con gli altri ambiti con i quali la comunicazione opera.
La riflessione sulle teorie è importante in quanto sono frame ideologici irri­nunciabili e necessari per interpretare la stessa realtà in cui viviamo. È ine­vitabile per questo il confronto con le tecniche e le tecnologie perché sono presenti, perché cambiano continuamente, perché ci condizionano nel sapere, nel fare e nell’essere. Non è possibile prescindere dalla loro presenza, ma è urgente capire come noi interagiamo con i mutamenti tecnologici in atto e verificare il grado di coscienza delle implicazioni a livello per­sonale e sociale. Le didattiche, infine, sono irrinunciabili perché sono il ter­reno di incontro e scontro tra teorie e pratica, ed è nell’azione e nella rela­zione che si mettono alla prova non solo le teorie ma tutti i valori che rap­presentano.
Il convegno Ripensare la comunicazione. Le Teorie, le Tecniche, le Didatti­che si è tenuto in occasione del 25mo della Facoltà di Scienze della Comu­nicazione sociale il14-15 novembre del 2014.
Fabio Pasqualetti – Docente dal 1995 presso la Facoltà di Scienze della Co­municazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana. Insegna Musica e Comunicazione e Teoria e Tecniche dalla Radio (fino al 2012) ; Teorie e Tecniche del suono; Comunicazione e sviluppo; Opinione Pubblica e Introduzione alle Scienze della Comunicazione.
Tra le sue pubblicazioni: Lever – Pasqualetti – Presern, Dai loro frutti li riconoscerete. Comunicazione, coerenza, azione, LAS (2011); Giovani e musica. Una proposta edu­cativa, LAS (2012); Il concerto e la danza. Ritualità musi­cali giovanili, San Paolo (2014); Pasqualetti – Alvati (Edd.), Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione, LAS (2014).
Siamo circondati, sommersi dalle immagini. Dagli schermi dei computer e degli apparecchi televisivi, dai muri delle strade, dalle pagine dei giornali, immagini d'ogni genere ci seducono, ci impartiscono ordini (compra!), ci spaventano, ci abbagliano. Questo libro ci invita a guardare le immagini lentamente, attraverso alcuni esempi, notissimi e meno noti: Guernica, il manifesto di Lord Kitchener con il dito puntato verso chi guarda, il Marat di David, il frontespizio del Leviatano di Hobbes, una coppa d'argento dorato con scene della conquista del Nuovo Mondo. Immagini politiche? Sì, perché ogni immagine è, in un certo senso, politica: uno strumento di potere. Siamo soggiogati da menzogne di cui noi stessi siamo gli autori, ha scritto Tacito e sono parole indimenticabili. È possibile infrangere questo rapporto?
Tutti consultiamo le mappe di Google, interroghiamo il suo motore, condividiamo foto e pensieri su Facebook, ci lusinghiamo della nostra arguzia su Twitter, ci informiamo su Wikipedia, diffondiamo il nostro curriculum su Linkedin. A loro volta, Google, Facebook, Twitter, Linkedin, trasformano ogni nostro gesto in un dato che permette di ricostruire la nostra storia, la nostra identità e i nostri interessi meglio di quanto sapremmo fare noi stessi. I politici che vincono le elezioni (come ha insegnato Obama in America), le società i cui prodotti incontrano un larghissimo favore di pubblico (come Apple o Google), asseriscono di fondare il loro successo sulla raccolta e l'interpretazione di grandi moli di dati: i cosiddetti Big Data. Ma questo non basta. La loro convinzione è che esista un percorso irreversibile nella storia, che guida ad assumere le decisioni corrette. La società, gli uomini, l'economia, sono composti di reti, che si auto-organizzano con meccanismi che possono essere descritti da leggi matematiche. Le reti sono ovunque, plasmano gli organismi viventi, le organizzazioni sociali, gli scambi economici, le strutture urbanistiche, la letteratura scientifica. Ma le regole che le governano sono a loro volta il sintomo di un fenomeno più profondo, da cui sono configurate in filigrana: l'informazione.
Nel corso della nostra vita siamo accompagnati da alcune esperienze fondamentali che ci consentono di conoscere cosa noi siamo e cosa sono gli altri; e fra queste esperienze come non ripensare alla tristezza, alla sofferenza, alla felicità, alla solitudine, alla tenerezza, al desiderio di comunità e di comunità di destino, alla speranza, alla malattia e alla morte volontaria, e ai modi con cui entrare in comunicazione con ciascuna di queste esperienze? Ma cosa è questa parola ambivalente, "comunicazione", che entra in gioco in ogni forma di discorso e di vita? Comunicare vuol dire rendere comune (dal latino munus, dono): è dialogo, relazione. Significa entrare in relazione con la nostra interiorità e con quella degli altri, nella convinzione che comunicazione sia sinonimo di cura. Noi entriamo in relazione con gli altri, allora, in modo tanto più intenso e terapeutico quanta più passione è in noi, quante più emozioni siamo in grado di provare e di vivere.