Si apre la caccia alla borsa di Mussolini, ricolma di documenti selezionati e custoditi gelosamente dal Duce, che da quel materiale si ripropone grandi vantaggi politici. Nel dopoguerra si favoleggia di importantissime lettere di Vittorio Emanuele III, Adolf Hitler, Dino Grandi, Pietro Badoglio, De Gasperi e soprattutto di Winston Churchill. "Per l'Italia valgono più di una guerra vinta" aveva confidato il Duce al gerarca Alessandro Pavolini. Dopo il crollo del fascismo, i documenti autentici si mescolano alle contraffazioni, dando vita a campagne scandalistiche che appassionano gli italiani. Le misteriose lettere riguarderebbero l'entrata in guerra dell'Italia nel 1940 e l'accordo segreto secondo cui, in caso di sconfitta della Gran Bretagna, Mussolini avrebbe mitigato le pretese di Hitler al tavolo della pace in cambio di concessioni territoriali. Ma cosa conteneva veramente quel carteggio? E cosa nasconde il lucroso mercato di apocrifi maturato nel dopoguerra? Che credito meritano i clamorosi documenti apparsi sulla stampa negli anni Cinquanta e che divennero oggetto di negoziazioni, ricatti, speculazioni tra Italia e Svizzera, Germania e Regno Unito? Luogo di stampa: Milano.
Sono decenni, ormai, che la Resistenza è sottoposta a uno scrutinio costante da parte di storici, ma anche di giornalisti e opinionisti. E se una volta poteva essere provocatorio fare le pulci al mito dei partigiani e parlare di guerra civile mettendo sullo stesso piano le fazioni in lotta, oggi molta di questa vulgata è diventata un sottofondo dato quasi per scontato. Il rischio è che ci dimentichiamo, e le giovani generazioni non sappiano mai, quanto di nobile, puro e davvero all'altezza del suo mito c'è stato nella lotta partigiana. Nel settantesimo anniversario della Liberazione, Giovanni De Luna ha voluto mettere di nuovo a punto un'immagine della Resistenza che si stava offuscando. Con grande efficacia, De Luna ha scelto una storia, un luogo, alcuni personaggi: un castello in Piemonte, una famiglia nobile che decide di aiutare i partigiani, la figlia più giovane, Leletta d'Isola, che annota sul suo diario quei mesi terribili ma anche meravigliosi in cui comunisti e monarchici, aristocratici e contadini, ragazzi alle prime armi e ufficiali dell'ex esercito regio lottarono, morirono, uccisero per salvare la loro patria, la loro libertà, il futuro di una nazione intera. Mesi in cui, tra il cortile della sua villa di famiglia e le montagne tutt'attorno, si formò veramente quell'unità che diede origine al mito della Resistenza.
Un evento che vide coinvolti 66 milioni di tedeschi e 9 milioni di ebrei, e che ebbe come esito finale lo sterminio di due terzi di questi ultimi. Nel trattare l'Olocausto, il libro pone l'accento su entrambi i popoli: non solo dunque la messa a punto ideologica e pratica della politica antisemita del nazismo, ma anche la reazione assai varia degli ebrei alla persecuzione. Questa edizione aggiornata fornisce nuovi approfondimenti sul ruolo svolto nell'Olocausto dai non tedeschi, sul dibattuto nesso tra Olocausto e modernità, sull'emergere dell'Olocausto come oggetto di dibattito storico.
Nei settant'anni che ci separano dalla fine della seconda guerra mondiale sono stati pubblicati innumerevoli studi sull'evento che ha segnato e condizionato le dinamiche politiche, i sistemi di valori, le ideologie, le aspirazioni individuali e le utopie collettive del nostro tempo. Ma finora nessuno aveva scelto come angolo visuale per osservare le rovine di quella catastrofe - e i semi di rinascita che ne germogliarono - l'"anno zero", cioè i pochi mesi d'intervallo tra la resa delle potenze dell'Asse e l'alba del "dopo". Ian Buruma restituisce appieno il clima di quella "illuminata e fiduciosa mattina" che seguì il silenzio delle armi, animato dal cortocircuito psicologico di un'umanità divisa tra euforia e fame, tra desiderio di vendetta e voglia di dimenticare, tra ansia di riscatto sociale e faticoso superamento di antichi odi - culturali, etnici, di classe. La ricostruzione di Buruma tocca tutti gli aspetti di quel breve e decisivo periodo: il destino dei sopravvissuti ai lager nazisti, la formazione dello Stato di Israele, la tragedia del popolo polacco passato da una schiavitù a un'altra, il sacrificio degli ideali della resistenza antifascista (in Francia come in Italia) sull'altare dei nuovi equilibri geopolitici, il contraddittorio processo di epurazione dei "collaborazionisti", il futuro riassetto del Vicino Oriente, l'inizio della guerra civile in Cina e l'occupazione alleata del Giappone.
Tra il 1934 e il 1944 Adolf Hitler e Benito Mussolini si sono incontrati diciassette volte. Molto si è scritto sulle relazioni fra i due dittatori, ma fino a oggi nessun libro aveva tracciato un resoconto dettagliato di tutti i loro colloqui. Che cosa si sono detti? Di cosa hanno discusso? Su quali presupposti si fondava il loro rapporto? Basandosi sui documenti conservati negli archivi diplomatici di Italia e Germania, Pierre Milza racconta passo dopo passo tutti gli incontri, rispondendo a queste e ad altre domande. Ma ancor più importanti per la ricostruzione sono state le testimonianze di chi ministri, diplomatici, interpreti - ha partecipato a quei colloqui. Pagina dopo pagina, l'autore rivela le intese, i bruschi voltafaccia, i dubbi e i segreti che hanno alimentato il lungo sodalizio. E grazie alla rievocazione di questi momenti, così importanti per il destino dell'Europa e del mondo intero, possiamo comprendere meglio come e perché due personaggi tanto diversi siano stati in grado di trovare un accordo e una complicità nel crimine più mostruoso che abbia mai macchiato la storia dell'umanità.
Il recente colpo di Stato di Kiev è stato l'ultimo atto di una strategia messa in atto per spingere l'Ucraina nella Nato e quindi per preparare il terreno alla definitiva disintegrazione della Russia come Grande Potenza. Dopo aver assistito a questo tentativo di minare le basi geostrategiche della sicurezza russa, Putin è tornato con maggior forza a promuovere un'azione in grado di ricostituire la sfera d'influenza di Mosca nelle regioni dell'ex Unione Sovietica e di dimostrare alla comunità internazionale che l'"Orso russo" possiede ancora artigli forti che gli consentono di tenere a bada i suoi avversari. Sfidando la Russia nel suo cortile di casa l'Occidente ha dato il via a una crisi globale destinata a minare per i prossimi anni la possibilità di costruire un pacifico ordine mondiale.
Se fosse un "filmino di famiglia", la globalizzazione muoverebbe i primi passi nel 1973, anno in cui l'economia Usa rallenta e inizia il processo che porterà alla deregulation degli scambi commerciali internazionali. Alessandro Volpi percorre - un fotogramma dopo l'altro - la storia della globalizzazione, le prime "turbolenze" e il pericoloso fidanzamento con la finanziarizzazione, un rapporto perverso che porta all'esplosione della crisi nell'estate 2007. Questo libro, dedicato ai cittadini attenti, ma anche a studenti e studiosi, è lo strumento ideale per comprendere il nostro "presente storico": l'autore non solo segue la parabola della globalizzazione, ma racconta le sue dinamiche economiche e politiche, ne misura le conseguenze sul destino di persone e popoli e delinea un quadro in cui non solo è urgente restituire il primato alla politica ma è necessario un ardito superamento delle logiche nazionali.
"Il gladio spezzato" affronta il tema del collasso e della fine dell'esercito della Repubblica sociale italiana; la ricerca, condotta tramite indagini su bibliografia e documentazione d'archivio inedita, mette a fuoco gli eventi dell'ultima settimana di guerra in Italia (25 aprile - 2 maggio 1945). Dallo studio emerge come al momento in cui il gladio (la mostrina dell'esercito di Mussolini) si "spezzò", poco o nulla era stato programmato per gestire la resa della repubblica fascista; ci furono quindi ingenuità, voltafaccia, doppi giochi, ma anche atti di estremo coraggio e talvolta dimenticate azioni a difesa degli interessi nazionali. Il tutto mentre i nazisti osservavano quanto accadeva ai loro alleati ad oltranza con l'indifferenza di chi ha separato la propria sorte da quella di chi andava incontro alle inevitabili rappresaglie successive ad ogni guerra civile.
Nel tumulto assordante delle contestazioni all'inizio degli Anni Venti si inserisce questa toccante storia d'amore, quasi un bel romanzo d'altri tempi, della coppia Aguinaldo Baxiu e Ida Gentilli, alimentata quasi quotidianamente con inusitate lettere d'amore nel magico spettacolo dell'lstria appena restituita all'Italia con Trieste Pola e Fiume di dannunziana memoria. E da qui I'obbiettivo coglie il seguito esaltante nella quotidianità delle vicende familiari del principale protagonista che da viaggiante ispettore bancario, con tenacia sardo-friulana, raggiunge la vetta della carriera di condirettore della Banca San Paolo di Brescia, fondata da Giuseppe Tovini, che si distinse nel servizio sociale per generosità e autentico amore del prossimo. Anche in Aguinaldo la spiritualità del quotidiano si fuse con la trionfante azione divina degna di assurgere ai fasti della tradizione sociale della Chiesa, pur con l'evangelica discrezione per cui la destra non sappia quello che fa la sinistra. - See more at: http://www.ancoralibri.it/index.php?route=product/product&product_id=7373&search=STORIE#sthash.ckY0TxzN.dpuf
Marie Jalowicz vive a Berlino, ha 19 anni, è ebrea e quando nel 1941 muore suo padre, resta completamente sola. Con la guerra, la vita degli ebrei in Germania è diventata ancora pili difficile. Marie però non è disposta ad accettare passivamente l'arrivo della Gestapo come, quasi fossero incantati, fanno molti membri di quella comunità ebraica da cui decide di prendere, almeno psicologicamente, le distanze. E si pone un obiettivo: sopravvivere. Perché tutti ormai sanno dove conducono quei treni, sanno che alla fine di quei viaggi c'è solo la morte. Si sottrae quindi al lavoro forzato presso la Siemens, si stacca la stella gialla e, il 22 giugno 1942, entra in clandestinità. Per sopravvivere ha però bisogno, oltre che di documenti falsi, di nascondigli sicuri e di una buona dose di sangue freddo, anche di persone disposte ad aiutarla. Alcune, anche nazisti incalliti, lo faranno perché non sanno che è ebrea ed è difficile dire di no a una ventenne, altri perché mossi da idealismo politico, altri ancora per semplice senso di solidarietà umana. Per raggiungere la Palestina cercherà di sposare un giovane bulgaro, per avere un passaporto cinese, un aitante cinese. Troverà rifugio nella comunità artistica della città, convivrà con un giovane operaio olandese in casa di un'anziana donna. E mentre, quasi senza cibo, cerca di salvare se stessa, vede Berlino crollare sotto i bombardamenti alleati e infine entrare in città i soldati dell'Armata Rossa.
Più di cento sopravvissuti raccontano la loro storia, componendo un grande racconto corale dell'ebraismo italiano. Dal mondo di prima, l'infanzia, la scuola, alle leggi antiebraiche e alla conseguente catena di umiliazioni. E poi l'occupazione tedesca, gli arresti, le detenzioni, la deportazione. Complessivamente nel 1943 venne deportato circa un quinto degli ebrei residenti sul territorio italiano: oltre 9000 persone. Nella quasi totalità dirette ad Auschwitz. Ma chi erano gli ebrei italiani? All'inizio degli anni Trenta erano circa 45 000 persone; le comunità più consistenti erano quelle di Roma (oltre 11 000), Milano, Trieste, Torino, Firenze, Venezia e Genova. Comunità, in generale, fortemente integrate nel tessuto sociale del Paese, a tal punto che dopo la liberazione solo un'esigua minoranza dei sopravvissuti scelse, a differenza degli ebrei di altre nazionalità, di vivere altrove. Un mosaico di testimonianze che ha sui lettori un effetto dirompente proprio grazie al fittissimo intreccio di ricordi, traumi, sogni, rabbia, smarrimento, sensi di colpa, e persino speranza, dopo il ritorno alla vita.
Nel 1945, all'indomani della liberazione, i militari sovietici che controllavano il campo per ex prigionieri di Katowice, in Polonia, chiesero a Primo Levi e a Leonardo De Benedetti, suo compagno di prigionia, di redigere una relazione dettagliata sulle condizioni sanitarie del Lager. Il risultato fu il "Rapporto su Auschwitz": una testimonianza straordinaria, uno dei primi resoconti sui campi di sterminio mai elaborati. La relazione, pubblicata nel 1946 sulla rivista scientifica "Minerva Medica", inaugura la successiva opera di Primo Levi testimone, analista e scrittore. Nei quattro decenni seguenti, Levi non smetterà mai di raccontare l'esperienza del Lager in testi di varia natura, per la maggior parte mai raccolti in volume. Dalle precoci ricerche sul destino dei propri compagni alla deposizione per il processo Eichmann, dalla "lettera alla figlia di un fascista che chiede la verità" agli articoli apparsi su quotidiani e riviste specializzate, "Così fu Auschwitz" è un mosaico di memorie e di riflessioni critiche dall'inestimabile valore storico e umano. Una raccolta di testimonianze, indagini e approfondimenti che, grazie alla coerenza, alla chiarezza dello stile, al rigore del metodo, ci restituiscono il Primo Levi che abbiamo imparato a riconoscere come un classico delle nostre lettere.