Il presente volume, curato da Carlo Felice Casula e Pietro Sebastiani, è un tributo alla figura e all’impegno del cardinale Achille Silvestrini – tra i principali protagonisti della diplomazia vaticana –, di cui si evidenziano, anche attraverso testimonianze e interviste da lui rilasciate, grande umanità, cultura, passione per la storia, azione diplomatica e competenza nella politica italiana.
Pubblicato, nel centenario della sua nascita, per iniziativa dell’Associazione culturale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace, il testo è composto dalle relazioni (di Giuseppe Conte, Pietro Parolin, Gennaro Acquaviva e Carlo Felice Casula) della conferenza, A 45 anni dagli Accordi di Helsinki, il Cardinale Silvestrini e la Ostpolitik vaticana, tenutasi a Roma il 14 settembre del 2020, e da una ricca appendice con 10 Documenti, tra i quali quelli inerenti la Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa, le modifiche al Concordato Lateranense e la promozione delle Chiese orientali.
La legge 194 del 1978 depenalizza, entro regole precise, l'interruzione volontaria di gravidanza, abrogando il Titolo X del codice penale di matrice fascista. Approvata a pochi giorni dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, segna anch'essa una profonda cesura con il passato. È con questo passato che il volume si confronta, andando oltre la mera storia della legge. La complessità di una questione che innerva costantemente la società e la sfera del politico viene delineata a partire da una periodizzazione innovativa che, pur incentrata sull'intero arco dell'Italia repubblicana, evidenzia continuità e rotture con l'età liberale e fascista. Attraverso fonti eterogenee, fino a oggi poco valorizzate, e l'analisi di dibattiti, politiche e pratiche, il libro offre un punto di vista inedito sulla storia contemporanea, consentendo una più accorta lettura del presente.
Grecia, 400 a.C. Pericle, tiranno di Atene, incarica il celebre scultore Fidia di concepire un'opera monumentale per onorare Atena. Nasce così il Partenone, nel quale Fidia colloca un'enorme statua della dea creata utilizzando ben 1137 chili d'oro. In realtà Fidia, d'accordo con Pericle, nasconde l'oro in un luogo segreto, come riserva per i tempi difficili che attendono la città. Ma presto gli ateniesi iniziano a sospettare e il destino dello scultore e del tiranno è segnato. E tutto quell'oro rimane nascosto per secoli... Gran Bretagna, 1802. I collaboratori del diplomatico britannico Lord Elgin incappano in una scoperta sconvolgente: sulla scorta di enigmatici indizi, riescono a individuare l'oro perduto degli dei e spogliano l'Acropoli delle sculture di Fidia. Sulla via del ritorno in Inghilterra, la nave che trasporta i reperti si inabissa nei pressi di una piccola isola, che diventa teatro della più imponente impresa di ripescaggio subacqueo dell'epoca. Ma anche scenario di trame e intrighi letali che vedono gli inglesi scontrarsi con le spie di Napoleone e i temibili servizi segreti del Papato. Oggi. Saranno Oswald Breil e Sara Terracini a provare a risolvere l'enigma della scomparsa e a ricercare l'oro modellato da Fidia, così da riportarlo a casa prima che l'avidità umana lo celi di nuovo al mondo intero. Attraverso un lungo viaggio nella Storia, Marco Buticchi ripercorre un mistero che unisce epoche lontanissime, dall'Antica Grecia agli anni di Napoleone. Sulle tracce di un tesoro di inestimabile valore, verranno svelate verità sepolte da millenni.
La questione antropologica è oggi più che mai urgente in tutti gli ambiti. Che cosa è l'uomo? Meglio, chi è l'uomo? Varie sono le risposte, spesso tra loro inconciliabili. Eppure il presente e il futuro dell'uomo, nonché del pianeta in cui vive, dipendono non poco dalle risposte di cui si occupa l'antropologia teologica. In tale orizzonte il volume presenta in particolare il pensiero di Chiara Lubich, offrendo alcune novità dal punto di vista metodologico e contenutistico. Dopo un'introduzione sulla persona e l'opera letteraria della Lubich, vengono esaminati i contenuti più importanti della sua concezione antropologica, alla luce della specifica metodologia dell'autore: una "metodologia dall'interno", che si differenzia da quelle che la tradizione teologica ha definito "dall'alto" o "dal basso". Ne deriva la constatazione di quanto pertinente sia per l'antropologia della Lubich l'attributo a essa associato di "trinitaria".
Nel 787 d.C., nel pieno dello scontro dottrinario sull'iconoclastia, l'imperatrice d'Oriente Irene convoca il secondo Concilio di Nicea. L'intento è dirimere la dibattuta questione del culto delle immagini sacre. Esaminando le ragioni avanzate da iconofili e iconoclasti il Concilio definirà un elemento importante nell'esperienza di fede del Popolo: l'arte è capace di portare con efficacia davanti agli occhi la storia della pagina Sacra. L'icona diviene così strumento utile alla vita nuova donata nel Battesimo. L'arte sacra è viva e, in quest'ottica d'intercomunicazione, è formulata una nuova ipotesi in un passaggio definito "dal teologico al teologale". L'arte entra nella vita del credente e al tempo stesso la vita e le esperienze del credente, attraverso l'arte, possono esprimersi nel linguaggio teologico. È proprio a livello teologale - quello dove avviene l'incontro con Cristo, dove la teologia si salda con la vita - che l'uomo può trovare la sua massima espressione. Il volume segue la trama argomentativa degli atti del Concilio ed espone i principali argomenti esposti contro la fazione iconoclasta, fornendo uno sguardo completo sulle vicende e tratteggiandone i successivi sviluppi dogmatici.
Le "reliquie" si impongono - siano esse resti corporei oppure oggetti appartenenti alla persona in vita - come veicoli della sacralità: un valore aggiuntivo che la comunità stessa conferisce loro. E se il "sacro" nasce come prodotto culturale determinato da una scelta umana, esso non preesiste come una categoria a priori. L'originalità di questo testo si delinea, da un lato, nel mostrare l'attualità del concetto di sacro come fonte di interpretazione della religiosità contemporanea - con attenzione agli sviluppi antropologici - e, dall'altro, come investigazione sul campo in vari conventi in Francia e in Italia, attraverso l'analisi del caso storico riguardante la beatificazione della duchessa bretone Françoise d'Amboise (1427-1485). In queste pagine si assiste - e l'occasione è il ritrovamento di un documento relativo a una reliquia della duchessa posseduta dal Carmelo di Vannes - a una sorta di "metamorfosi": la studiosa da asettico ricercatore diventa "mediatore" della pratica sacra, perché condivide con le monache una vera scoperta. Il lettore, introdotto nel mondo conventuale, è guidato a decodificare i processi sociali e simbolici che suscitano e alimentano il valore sacrale della reliquia: inaspettati significati si celano dietro i gesti delle religiose che "fabbricano" l'oggetto, nelle pratiche che lo definiscono e negli scritti che ne autenticano la verità.
Il tema dell'archivio emerge con sempre maggiore centralità nelle pratiche artistiche ed espositive del presente. Al gesto selettivo di una narrazione unilineare si contrappone la proliferazione policentrica degli archivi, alla storia con le sue gerarchie precostituite il decentramento di una geografia dei molteplici punti di vista. Marco Scotini ha contribuito in maniera decisiva al consolidamento di tale prospettiva attraverso il suo lavoro teorico e l'organizzazione di mostre di grande rilievo. L'inarchiviabile presenta una riflessione complessiva sull'estetica dell'archivio a partire non dall'applicazione di astratti principi teorici ma da un percorso di confronto con opere e artisti, lungo un itinerario che partendo dall'Italia si estende all'Europa orientale, all'Africa e all'Asia. Dai dialoghi con Harun Farocki, Vyacheslav Akhunov e Marko Pogacnik alle analisi su uno spettro di pratiche artistiche - che dalla "differenza italiana" si aprono sugli spazi della decolonialità, chiamando in causa il lavoro di figure quali Piero Gilardi e Ugo La Pietra, Laura Grisi e Marcella Campagnano, Ivan Kozaric, Mao Tongqiang e Meschac Gaba - l'archivio diviene la prospettiva attraverso la quale costruire narrazioni controegemoniche in grado di restituire alle pratiche artistiche una vocazione critica.
È ancora possibile vivere nelle aree demograficamente rarefatte, con pochi bambini, sempre meno donne in età fertile, lavoro introvabile, tanti anziani e con una dotazione di servizi pubblici in contrazione? Si può abitare in comunità ormai rinsecchite, in paesi sempre più ostili al benvivere, nell'Italia fuori Italia, dove i diritti della Costituzione sono calpestati quotidianamente? Un'ampia ricerca empirica nella Calabria interna - l'estremo dell'Italia estrema - testimonia che in questi luoghi si continua ad abitare, a fare progetti, a manifestare bisogni, a sognare. C'è ancora vita. Ci sono famiglie con figli piccoli che hanno deciso di restare. Tanti giovani che hanno scelto di continuare a risiedervi e tanti altri che resterebbero se si creassero le condizioni per fermarsi. E soprattutto ci sono anziani, il più delle volte soli, che restano perché da sempre radicati in quelle terre e che mantengono vive relazioni sociali di prossimità e minute economie. Si può aspirare a un futuro diverso da quello contratto e cupo delle tendenze demografiche e dell'indifferenza istituzionale, se si rovesciano i vincoli in opportunità: la rarefazione demografica come alternativa alla congestione urbana; la lentezza come guadagno di tempo per abitare lo spazio; le pluriclassi per mettere a punto nuovi metodi didattici; la distanza dai poli di servizi per sviluppare forme di mobilità e accessibilità diverse, diagnostica innovativa e cure mediche adeguate. Serve uno sguardo partigiano per riconoscere i cittadini che hanno scelto di restare, la loro voglia di continuare a vivere in contesti appartati, diversamente appaganti. Serve dare potere decisionale e assicurare la rappresentanza politica ai residenti. Serve il coraggio delle sperimentazioni per porre domande alla società intera, perché sostenere la qualificazione della vita in aree rarefatte significa anche rendere meno fragile la ricchezza nelle aree dense. Servono politiche dal basso e dall'alto per far diventare strategie, progetti, azioni le visioni di futuro che - come gli acini dell'uva puttanella - maturano anche in questi luoghi.
In tutto il mondo, negli ultimi trent'anni, imprese private e governi si sono affidati sempre più spesso a società di consulenza per ricevere consigli sulla propria gestione o sugli orizzonti strategici da perseguire. L'esito è stato disastroso: l'affidamento delle nostre economie a società come McKinsey & Company, Boston Consulting Group, Bain & Company, PwC, Deloitte, Kpmg ed Ey non ha soltanto bloccato l'innovazione, ma ha reso sempre più opaca e meno trasparente la responsabilità politica e aziendale. L'industria della consulenza ha messo in atto un vero e proprio inganno nei confronti di governi svuotati e avversi al rischio e di aziende che si preoccupano unicamente di massimizzare il valore per gli azionisti. Un inganno reso possibile dall'enorme potere che queste mega società esercitano attraverso contratti e reti di relazione ampie - consulenti, lobbisti e outsourcer - e dal presentarsi come i veri detentori di competenze e capacità oggettive. Questo libro rompe il silenzio sulle società di consulenza mostrando come indeboliscono le imprese, infantilizzano i governi e distorcono l'economia. A riprova degli esiti disastrosi del loro operato, vengono portati casi internazionalmente significativi, tra cui - ed è solo un esempio - i tragici fallimenti dei governi nel rispondere in modo adeguato alla pandemia di Covid-19. Il risultato è un'analisi originale e sorprendente che ci porta a conoscere il cuore pulsante dell'economia contemporanea.
«Dovevo fare i conti prima o poi con Nerone. Lo avevo già affrontato di lato, semplificandolo nel male, similmente a come si tende sempre più a fare semplificandolo nel bene», confessa Andrea Carandini. Chi si è occupato di Roma antica non può evitare di confrontarsi con quell'uragano che è stato Nerone. Per interpretare una personalità del passato romano fuori misura, come quella di Nerone, occorre con una parte di sé entrare nella sua logica, mentre con l'altra avversarla, evitando la soluzione facile e deludente del tiranno democratico e individuando i modelli a cui s'ispirava. Un progetto ambizioso che Andrea Carandini porta a compimento, dopo aver scritto la biografia della madre Agrippina, anch'essa in prima persona.
Le passioni e i sentimenti, lo sappiamo, hanno un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Ci fanno compiere scelte improvvise, ci fanno gioire e soffrire. Alimentano un fuoco che non può essere spento. Passioni e sentimenti certamente mossero le donne e gli uomini che scelsero la strada della ribellione e della Resistenza durante la guerra. Possiamo comprenderle davvero noi che viviamo un altro tempo e un'altra storia? È quanto prova a fare Chiara Colombini, cogliendo, attraverso diari, lettere e carteggi, queste passioni 'in diretta', nel loro erompere durante quei venti mesi, tenendo sullo sfondo ciò che solo lo svolgersi della storia ha permesso di razionalizzare. In un tempo condizionato dall'eccezionalità che deriva dall'intreccio tra guerra totale, occupazione e guerra civile, i partigiani si innamorano, coltivano ambizioni, si accendono di entusiasmo o si arrovellano nell'insoddisfazione. Una condizione in cui, oltre alla vita, è in gioco ciò che si è scelto di essere. E, a quasi ottant'anni di distanza, emerge intatto il fascino di quell'esperienza così centrale per la storia di questo paese, la sua dimensione di profonda umanità, il prezzo pagato da uomini e donne direttamente nelle loro esistenze, il loro lascito.