Occuparci della nostra nascita per noi è impossibile, il prima ci è sconosciuto. Ma di certo, da vivi, possiamo riflettere sulla nostra morte, anche se il poi ci è ignoto. Edoardo Boncinelli racconta di avere avuto consapevolezza della morte a cinque anni, mentre a Bologna nell'immediato dopoguerra, ospite di un centro profughi allestito alla meglio in una caserma, parlava con la mamma di persone che non c'erano più. Di colpo si rese conto che anche i nonni erano destinati ad andarsene, e pianse. Da allora la morte per lui è diventata un concetto acquisito, ma non angosciante. E proprio questo gli ha facilitato l'intensa meditazione che ci regala in questo libro. Da scienziato e pensatore profondamente libero e onesto qual è, Boncinelli ne indaga tutti gli aspetti e le possibili interpretazioni con una serenità di animo e una acutezza di analisi che restituiscono a questo evento la sua naturalità, privandolo delle sovrastrutture negative. Discute con argomentazioni lucide e stringenti le consolazioni della religione, dai miti delle origini al paradiso cristiano, alle credenze più diffuse. Esamina con passione e generosità divulgativa le risorse della scienza, fino a metterci a parte delle ultime ricerche della genetica e della biologia. Infine affronta l'autentico mistero dell'universo, la coscienza, nostra assoluta unicità, sintetizzando così il suo sentimento: «Verrà la morte e non chiuderò i miei occhi».
Albert Einstein non è stato solo uno dei massimi scienziati della storia, è diventato una vera e propria icona. La sua figura suscita entusiasmo e per molti è fonte di ispirazione. C'è perfino chi tiene le sue foto appese alle pareti di casa, quasi si trattasse di un amico. Lo fa anche Etienne Klein, che sin da ragazzo ne ha subito il fascino e che in questo libro ne segue passo passo le tracce per ricostruire la storia dell'uomo e dello scienziato, con le sue vicende personali e la vita pubblica da mostro sacro della cultura, i legami di amicizia e gli amori (primo fra tutti, la ricerca). L'autore tenta di ritrovare il cittadino del mondo che è stato Einstein nei vari Paesi in cui ha vissuto, va in giro in bicicletta come faceva lui, si sdraia sui medesimi prati a contemplare il cielo, passeggia nelle stesse città (Aarau, Zurigo, Berna, Praga...) Seguendolo dalla nativa Ulm fino all'esilio negli Stati Uniti, scrive la biografia personale e appassionata di un genio della scienza, un intellettuale di rara perspicacia, uno strenuo difensore della libertà e un personaggio profondamente umano, sempre presente nell'attualità, nonostante la distanza nel tempo. Le intuizioni e le scoperte scientifiche del padre delle due teorie della relatività raccontate in modo essenziale, partendo dai luoghi stessi in cui sono state concepite.
«Conosci te stesso»: l'antico precetto, inciso sull'architrave del tempio di Delfi, esprime un desiderio comune all'uomo di ogni epoca. Eppure, il desiderio umano di conoscersi cozza con la difficoltà che ciascuno incontra nell'esplorare il proprio sé. Su questo tema un teologo e uno psichiatra si mettono in dialogo: a partire da approcci diversi ma ultimamente convergenti, i loro contributi dimostrano che ogni uomo, se vuole conoscersi, deve incrementare la consapevolezza della necessità di incontrare l'altro: si tratti dell'altro "minuscolo", cioè il fratello in umanità, o dell'Altro "maiuscolo", cioè il Dio di Gesù Cristo.
La logica si presenta, oggi, come una disciplina totalmente astratta, priva di qualunque aggancio “empirico” con l’esperienza, addirittura più della matematica che, alla fine ha a che fare con calcoli che terminano con dati numerici utili a “qualcosa” e non sempre solo con simboli vuoti. Eppure la logica, originariamente, nasce anch’essa come una scienza in qualche modo “sperimentale”... La differenza con le “scienze sperimentali” come la fisica, la biologia, ecc., consiste nel fatto che queste ultime hanno come oggetto delle entità reali “extra-mentali”, osservabili con i nostri sensi esterni, mentre l’oggetto della logica è tratto dall’esperienza “interna” (mentale, non esternamente sensibile) e studia le regole di funzionamento del pensiero, considerato indipendentemente dal suo significato, dal suo possibile riferimento al mondo extra-mentale, finendo per distaccarsene completamente. In questo nostro percorso ci interesseremo, in una prima parte, della logica aristotelica, il cui impiego è basilare anche per accostare tutte le altre, occupandoci in primo luogo della logica “formale” e in secondo luogo della logica “materiale”, nel senso di logica della “dimostrazione”. In una seconda parte vedremo come si è giunti ad introdurre l’uso dei “simboli” nella logica moderna e nella logica matematica, fino ad ottenere una sua formalizzazione totale. Accenneremo poi alle problematiche che hanno riaperto una sorta di “via empirica” anche per la logica odierna (“incompletezza” dei sistemi assiomatici) e ai più recenti sviluppi che aprono la strada a quella nuova disciplina che va sotto il nome di “ontologia formale”, riaffacciandosi così anche alla logica e alla metafisica classica.
È possibile tracciare in un'unica, serrata narrazione la «storia materiale» dell'universo dal big bang all'evoluzione della coscienza di Homo sapiens? Sì, lo è, se al compito - ambizioso ai limiti dell'azzardo - provvede uno scienziato come Jim Baggott, con il suo approccio al contempo rigoroso e affascinante. Ricorrendo alle più recenti acquisizioni di tutte le discipline funzionali all'impresa - astrofisica e biologia evoluzionistica, cosmologia e genetica -, Baggott risale infatti, in puntuale successione cronologica, a tante «origini» correlate e distinte, ognuna inquadrata come una sequenza chiave: dalla formazione dello spaziotempo e della massa-energia, pochi istanti dopo il big bang, all'apparizione della luce, dalla genesi delle galassie fino al progressivo delinearsi della «nostra» porzione di universo con la nascita del sistema solare e della Terra. Nell'ambiente caldo e umido di quest'ultima si creeranno le condizioni per l'origine forse più misteriosa e imperscrutabile, quella della vita. Il manifestarsi dei primi organismi terrestri unicellulari, circa quattro miliardi di anni fa, innesca quel processo evolutivo che culminerà nell'emersione di Homo sapiens: un percorso lungo e tormentato, «interrotto a più riprese dalle imprevedibili brutalità del caso» - ere glaciali, eruzioni vulcaniche, impatti con asteroidi -, responsabili di periodiche estinzioni di massa. Non c'è romanzo di avventura più imprevedibile.
«Perché esiste qualcosa anziché il nulla?» Questa antica domanda, ripresa molte volte nel corso della storia da tanti filosofi e pensatori, ci impone di meditare su quella che sembra essere in assoluto la più profonda di tutte le questioni, la distinzione tra essere e non-essere, tra ciò che esiste e il nulla, il punto da cui tutto il resto deriva. Nelle mani di un fisico, però, la domanda assume un valore del tutto inaspettato, come si vede leggendo questo coinvolgente, intenso e breve libro. Per Newton e la sua legge della gravitazione universale era necessario che esistesse a priori uno «spazio», un palcoscenico dentro il quale si potesse sviluppare il dramma della materia e delle sue leggi. Questo spazio era di per sé teoricamente «vuoto» e veniva occupato dai corpi fisici, che vi subivano «forze» precise. Proprio su questo ci fu un famoso e lungo contenzioso tra lui e Leibniz, e da quella polemica nacquero i primi problemi - filosofici e fisici, a un tempo - sul concetto stesso di spazio. Con Maxwell, anni dopo, le cose si fecero ancora più problematiche, dal momento che la nascita del campo elettromagnetico riempiva lo spazio «vuoto» di «qualcosa». Qualcosa che non era l'etere, come inizialmente qualcuno aveva proposto. Le cose peggiorarono radicalmente con Einstein e il suo spazio-tempo curvo, nel quale la trama stessa della realtà si deforma in relazione alle masse presenti; ed è difficile curvare qualcosa che non c'è. Il colpo di grazia all'idea stessa di vuoto lo ha dato infine la meccanica quantistica, specie con la teoria quantistica dei campi, nella quale il vuoto diventa in effetti un luogo piuttosto vivace. Per quanto strano possa sembrare, insomma, il «nulla» è «qualcosa».
Perché dormiamo? E quali vantaggi ne traggono l'individuo e la specie? Cosa accade nel cervello e alla coscienza durante il sonno e mentre sogniamo? Gli attuali ritmi lavorativi e l'allungamento del tempo dedicato allo svago ci spingono a considerare il sonno una perdita di tempo un lusso. Avvalendosi dei più significativi risultati della ricerca neuroscientifica, il libro illustra meccanismi che lo regolano e le sue funzioni, i danni provocati dalla sua deprivazione e le patologie a esso associate. Scopriamo così i benefici che la salute e la società ottengono da un sano dormire.
La storia dei trionfi scientifici spesso lascia in ombra quella, ancora più significativa, degli errori commessi lungo il cammino: le false partenze e i numerosi smarrimenti, le interpretazioni errate e le teorie bislacche. Nel vasto panorama storico, i momenti luminosi per la scienza sono pochi e si presentano a lunghi intervalli: Pitagora, Aristotele, Archimede, Bacon, Galileo, Newton... Durante i periodi "stagnanti" della storia umana, teorie scientifiche errate e le loro conseguenti applicazioni sono divenute, in mano a istituzioni, chiese, tribunali e governi, strumenti per conseguire interessi personali e scopi tutt'altro che nobili. Rendendoci conto di "ciò che avrebbe potuto essere", comprendiamo la decisiva importanza degli errori e delle occasioni perdute. Una summa degli impedimenti scientifici in astronomia, geologia, geografia, fisica, matematica, chimica, zoologia, fisiologia, neurofisiologia, antropologia, psicologia, medicina. La trattazione si divide in due parti, dedicate rispettivamente all'evoluzione delle idee sull'Universo e sull'Uomo, e conferisce una maggiore importanza agli errori "moderni" perché più impressi sulla retina dell'occhio dell'autore e dei suoi contemporanei. La storia dei trionfi dell'uomo che pensa non dovrebbe oscurare quella dell'uomo che erra, riconoscendo i suoi obblighi verso il passato e procedendo arditamente verso l'avvenire.
Secondo un trend oggi dominante nelle neuroscienze gli esseri umani sarebbero macchine biologiche, soggette alle stesse leggi fisiche che governano il mondo. Questo approccio determinista ha implicazioni filosofiche e sociali importantissime: i neuroscienziati ci stanno forse dicendo che il libero arbitrio e la responsabilità personale sono solo illusioni? La questione non è così semplice, sostiene Gazzaniga: il cervello è sì una macchina di cui si conosce in buona parte il funzionamento, ma ciò non toglie che la persona sia libera, e soprattutto responsabile delle proprie azioni. La scienza, insomma, non distrugge concetti che la filosofia ha impiegato secoli a studiare e definire; la scienza dialoga con la filosofia e l'etica, per donare a quei concetti nuovi significati, nel coraggioso tentativo di dare un senso a ciò che siamo.
La matematica affascina, ma accende anche paure. È "ostica", si dice, ma anche "sublime", e in molti pensano che sia una disciplina completamente svincolata dal mondo reale: vive e si sviluppa in un universo tutto suo, inaccessibile ai profani: un Iperuranio lontanissimo privo di contatti con la realtà. Chi leggerà questo libro di Zvi Artstein si convincerà dell'esatto contrario. Matematica e mondo reale è un libro per ognuno di noi, sia che amiamo la matematica, sia che la guardiamo con sospetto. È anche un libro sottilmente ironico, ricco di aneddoti che alleggeriscono una lettura al tempo stesso informativa e profonda. Artstein ripercorre l'intera storia della matematica, dalle origini neolitiche ai giorni nostri, mettendo al centro della sua analisi le connessioni che ogni concetto possiede col mondo reale, fino a giungere al cuore degli sviluppi matematici più moderni, dalla teoria della probabilità allo studio del comportamento umano, all'uso dei computer, che ha recentemente dato alla matematica contemporanea un potere inaudito. Il fatto che per molti la matematica sia percepita come una cosa "distante" non deve stupire, ci dice l'autore, anzi; succede proprio perché la sua struttura logica deduttiva è sostanzialmente in contrasto con gli schemi che l'evoluzione ha scolpito nelle nostre menti. La matematica è, in un certo senso, anti-evolutiva. «Se l'esperienza mostra che le tigri sono dei pericolosi predatori, la conclusione più logica è che se si incontra una tigre conviene scappare o nascondersi», scrive Artstein. Un tipico ragionamento matematico sosterrebbe invece che, benché tutte le tigri viste finora hanno divorato i nostri compagni, ciò non significa necessariamente che anche la prossima lo farà. Ma «sprecare tempo e energie in ragionamenti astratti per stabilire se quella particolare tigre ci divorerà o meno, difficilmente garantirà un successo riproduttivo apprezzabile».
Amiamo le api soprattutto perché producono il miele. Ma sono anche fra gli animali più importanti e più intelligenti del pianeta. Senza la loro attività di impollinatrici, in tutto il mondo ci sarebbero problemi per le risorse alimentari. Sono però in grado di fare di più: il loro minuscolo cervello pensa, pianifica, fa di conto e forse sogna. Le api possiedono, sorprendentemente, molte delle nostre capacità mentali. Come percepiscono i profumi e vedono i colori, come si forma la loro memoria, come apprendono regole e modelli, addirittura come riconoscono i volti, da dove derivano le loro conoscenze, che cosa sanno e come vengono prese le decisioni in quel superorganismo che è una popolazione di api: sono i grandi temi di questo particolarissimo libro. Randolf Menzel e Matthias Eckoldt parlano anche della moria delle api e del ruolo che questi insetti possono avere nel creare un sistema di allerta precoce contro gli effetti nocivi delle nostre tecnologie.
«Supponiamo di riuscire un giorno a spiegare meccanicamente l'insieme dei nostri comportamenti e delle scelte che riteniamo libere. Significherebbe la fine della moralità, della responsabilità e della vita sociale?». Fino alla seconda metà del secolo scorso eravamo convinti che i nostri atti fossero la conseguenza di libere decisioni. Biologia e neuroscienze dimostrano invece che alcuni dei nostri comportamenti, dei nostri sentimenti e delle nostre passioni sono determinati da fenomeni biologici oltre che da meccanismi sociali, psicologici e linguistici. Quando si scopre che una decisione è condizionata da uno scompenso ormonale, una disposizione genetica, un particolare contesto sociale o culturale l'idea che possiamo liberamente decidere dei nostri atti viene drasticamente rovesciata. Ma in un mondo interamente determinato possono ancora esistere libertà, vita sociale e morale? La tradizione etica di cui siamo eredi afferma che in assenza di libero arbitrio, non c'è nemmeno libertà, responsabilità e morale. È dunque possibile concepire una libertà diversa dal libero arbitrio? E pensare una diversa responsabilità e una diversa morale a partire dagli scenari e dai meccanismi che la scienza ci rivela?