Uccidere una persona significa sopprimere un mondo intero. Un mondo pieno di gente che da quel momento è condannata all'ergastolo del dolore. Vittime. Una volta e per sempre. Perché quel male si attacca al cuore e peggiora quando, come troppo spesso accade, a quell'ingiustizia se ne aggiungono altre. Cosa possiamo fare noi per loro? Perché lo sguardo della legge e della società riserva maggiori tutele ai colpevoli? Questo libro contiene i dialoghi con i parenti di chi è stato strappato prematuramente alla vita: Paola Pellinghelli, mamma del piccolo Tommaso Onofri, i parenti delle Vittime della Uno bianca, che dopo vent'anni soffrono ancora. E altri uomini e donne che, con quel poco che rimane di un'esistenza spaccata, lanciano un grido: non dimenticatevi di noi. La giustizia è un nostro diritto!
"Non sono uno storico né un saggista: il mio, come ho detto, è un libro-sfogo,legittimamente disordinato,che non esita qua e là a farsi favola,immaginando un mitico passato di glorie durante il quale l'Italia fu la "civiltà"e gli altri si chiamarono ‘barbari’".
Servili, bugiardi, fragili, opportunisti: il mondo continua a osservarci stupito e a chiedersi donde provengano, negli italiani, tante riprovevoli inclinazioni, tanta superficialità etica e tanta mancanza di senso di responsabilità. Colpa delle stelle? del clima? della natura beffarda che ci avrebbe fatti così per puro capriccio?
In questo suo nuovo libro, sciolto e affabulatorio nella forma quanto ruvido e penetrante nella sostanza, Ermanno Rea ci trasporta indietro nel tempo alla ricerca delle origini stesse della "malattia", del suo primo zampillare all'ombra di quel Sant'Uffizio che, nel cuore del secolo xvi, trasformò il cittadino consapevole appena abbozzato dall'Umanesimo in suddito perennemente consenziente nei confronti di santa romana Chiesa.Dopo oltre quattro secoli, la "fabbrica dell'obbedienza" continua a produrre la sua merce pregiata: consenso illimitato verso ogni forma di potere (tanto meglio se dal cuore marcio, dal momento che la Controriforma – ci spiega l'autore – sa essere sempre molto indulgente con se stessa e con i propri alleati e sostenitori). Da allora nulla è più cambiato: l'italiano si confessa per poter continuare a peccare; si fa complice anche quando finge di non esserlo; coltiva catastrofismo e smemorante cinismo con eguale determinazione. Dall'Ottocento unitario al fascismo, dal dopoguerra democristiano alla stessa dinamica del compromesso storico, fino alla maestosa festa mediatica del berlusconismo, il proverbiale "Mario Rossi" ha indossato la stessa maschera del Girella ossequioso: viva il potere! viva i ricchi! viva la Chiesa!
Saggio, pamphlet, sfogo, invettiva, manifesto, La fabbrica dell'obbedienza è un libro di straordinaria lucidità e saggezza, una riflessione che diventa sbrigliata ricognizione storica, appassionato atto di accusa, istigazione al pensiero.
Un grande "no" scolpito nel tempo dei "sì" più vischiosi che la società civile italiana abbia mai conosciuto.
In una veloce e appassionante conversazione con Antonio Nicaso, Nicola Gratteri ritorna ad approfondire un fenomeno criminale di portata internazionale che dopo lunghi e colpevoli ritardi, inizia finalmente a essere percepito nella sua vera dimensione. La crescita e la fortuna di questa mala pianta viene raccontata attraverso temi ed eventi cruciali. Gratteri riesce nonostante tutto a trovare parole, al tempo stesso caute e appassionate, di speranza e di fiducia nella migliore Calabria, evocata anche attraverso reminiscenze familiari e fatta di gente onesta, sobria e laboriosa.
Questo libro è una battaglia, perché la cultura non abbandoni la nostra vita e prima di ogni altro luogo la nostra scuola, rendendo il futuro di tutti noi un deserto. È anche un atto di accusa alla mia generazione, che ha compiuto alcune scelte disastrose e non manifesta oggi il minimo pentimento. Infine, è la mia personale preghiera ai giovani, perché scelgano loro, in prima persona, la vita che vorranno, ignorando ogni pressione, sociale e soprattutto famigliare. E perché, in un mondo che li vezzeggia, li compatisce, e ne alimenta ogni giorno il vittimismo, essi con un gesto coraggioso e rivoluzionario si riprendano la libertà di scegliere se studiare o no, sovvertendo tutti gli insopportabili luoghi comuni che da almeno quarant’anni ci governano e ci opprimono.
Noi dobbiamo a Ronchey alcuni dei migliori saggi apparsi negli ultimi trenta o quarant’anni nella carta stampata, non soltanto italiana.
— Indro Montanelli
Alberto Ronchey è stato uno degli intellettuali più importanti nel panorama italiano del secondo Novecento, capace come pochi di incarnare, con un giornalismo concentrato sui fatti e distante dalle ideologie, quello stile “anglosassone” che oggi sembra scomparso dalle pagine dei quotidiani.
Nei lunghi anni della sua attività ci ha raccontato l’unione Sovietica di Chruščëv, la Berlino divisa dal muro, l’America di Kennedy e la questione meridionale. Ha inventato formule ormai parte del patrimonio comune, come il “fattore K” per il Partito comunista e la “lottizzazione” della Rai.
In questa conversazione Pierluigi Battista riesce a tirare fuori il meglio dell’esperienza e dei ricordi di Ronchey, facendoci guidare attraverso le svolte e le crisi che hanno segnato gli ultimi sessant’anni della nostra storia e regalandoci il ritratto vivo di un grande uomo: il leggendario perfezionismo, il disincanto, il rifiuto delle mode, e quel desiderio insaziabile di capire e raccontare il mondo.
WikiLeaks negli ultimi tre anni ha letteralmente sconvolto il mondo dell’informazione e le sue regole producendo più scoop del Washington Post negli ultimi trenta, dal video sull'uccisione di civili iracheni da parte di elicotteri Apache americani, alla recente diffusione di una ingente mole di dispacci riservati della diplomazia USA. Tutti documenti che non sarebbero mai venuti alla luce senza WikiLeaks.
Ma cosa c'è dietro questo sito creato nel 2006 dall'hacker australiano Julian Assange, i cui server custodiscono come in una cassaforte inespugnabile i dossier segreti inviati da gole profonde a cui viene garantito il più completo anonimato? Chi vaglia e decide cosa deve essere reso pubblico e cosa no? Quali nuovi scoop si prepara a diffondere?
E chi è Assange, questo enigmatico e controverso Robin Hood dell'informazione, bestia nera del Pentagono e di molti governi e servizi segreti, che predica l'assoluta trasparenza ma la cui vita e attività restano avvolte in una cortina impenetrabile di mistero?
Daniel Domscheit-Berg è la persona più adatta per condurci dietro le quinte di WikiLeaks e svelarci per la prima volta i molti segreti del suo fondatore. L'informatico tedesco infatti è stato per tre anni il numero due dell'organizzazione, che ha lasciato nel 2010 per via di contrasti insanabili con Assange, di cui era il braccio destro e che poi ha accusato di una gestione dittatoriale e poco limpida del sito che ne ha tradito la vocazione e lo spirito originari.
Proprio perché continua a credere fermamente nel progetto, Domscheit-Berg ha deciso di raccontare la storia di WikiLeaks come nessuno l'ha mai letta. E vuole essere sicuro che i futuri informatori sappiano in che mani stanno per consegnare i loro segreti.
Si tratta di una selezione di scritti su alcune figure chiave della letteratura tedesca. Scritti durante l'esilio americano, i saggi scoprono una tradizione diversa da quella fissata dalla letteratura nazionale. La maliziosa ironia di Heinrich Heine, la lotta esistenziale di Franz Kafka con le idee del mondo della vecchia Europa, si ricompongono lungo la corrente della "tradizione nascosta" che è quella della coscienza ebraica, della esclusione che non rinnega la propria storia in cui il futuro era precluso dal passato. Accanto ad essi, altre figure che hanno illuminato con il loro scrivere i tempi oscuri della loro epoca: l'intelligenza erudita e ribelle di Walter Benjamin, il poeta e politico Bertolt Brecht e un piccolo e gustoso ritratto di Charlie Chaplin.
Se la scienza moderna è stata sempre vista con sospetto e timore, indotti a volte dagli stessi comportamenti degli scienziati ma soprattutto dall’uso che è stato fatto a fini bellici delle scoperte scientifiche, non bisogna mai dimenticare che a questa stessa scienza si devono gli importanti progressi del mondo umano che ci aiutano a combattere non soltanto le malattie, ma anche e soprattutto catastrofi e miserie in ogni parte del mondo. Lo scopo che si prefiggono gli autori di questo libro è appunto quello di coniugare la ricerca scientifica con le ragioni del pacifismo, in nome di una comune lotta per la salvaguardia dei principali valori umani: una lotta laica e liberale, nel segno del rispetto di tutte le convinzioni ma che rifiuta ogni dogmatismo precostituito. Il volume si compone di una lunga conversazione fra Alessandro Cecchi Paone e Umberto Veronesi, seguita da una vera e propria storia del pensiero pacifista fra ispirazione religiosa e tradizione liberale e socialista, da San Francesco a Bertrand Russell, da Kant a Gandhi, da Aldo Capitini ad Einstein…
Il pio Rumor, l'irriducibile Fanfani, l'eterno Andreotti, l'enigmatico Moro, l'aggressivo De Mita, il monacale Berlinguer, l'ardimentoso Craxi, il tenace Almirante, l'ambizioso Spadolini... Giampaolo Pansa rimette sulla scena alcuni dei protagonisti che dal 1948 al 1989 hanno guidato l'Italia, ripercorrendo il loro tempo. Il caos delle correnti. L'alterigia dei ras locali. Il cancro della mafia. Le bombe del terrorismo, il sequestro di Aldo Moro. Il ciclone della Loggia P2. La guerra fra comunisti e socialisti. In queste pagine Giampaolo Pansa racconta come la vede un italiano uguale a molti. Allarmato dal disordine della lotta politica di oggi. E dal rischio che corre un Paese in cerca di un equilibrio sereno.
Quanto costa tornare all'energia atomica? Chi pagherà? Si tratta davvero di energia pulita, di una tecnologia avanzata? È vero che siamo l'unico Paese a mettere in dubbio il nucleare, quando tutti gli altri lo accettano senza problemi? Roberto Rossi, che segue da anni il piano governativo di rilancio nucleare, risponde in maniera semplice e diretta, grazie alla consultazione di esperti, anche stranieri, e alla lettura di documenti inediti sul programma attuativo del governo. E svela anche i nomi della nuova "cricca nucleare": perché l'energia atomica è vantaggiosa solo per chi costruisce, per chi gestisce la rete elettrica e per i grandi finanziatori. L’utente finale non ha nulla da guadagnarci.
Gli assassini del diciottenne Federico Aldrovandi, condannati in Cassazione, sono in servizio attivo in polizia. Gli assassini di Stefano Cucchi non sono ancora stati individuati. E molti altri casi, come questi, peggio di questi, non vedranno mai la luce delle cronache né, forse, di un'aula di giustizia. Intervistando parenti delle vittime e colleghi dei carnefici, magistrati e attivisti dei diritti umani, questo libro fa il punto su un fenomeno in crescita, quello della violenza e dell’impunità che dilagano tra le forze dell'ordine, uno dei sintomi più preoccupanti della deriva autoritaria del nostro Paese.
Ecco l'atteso seguito di Kitchen Confidential. Dieci anni dopo la pubblicazione del libro in cui venivano rimarcate le idiosincrasie e i pericoli che si nascondevano nell'andare a cena fuori, molte cose sono cambiate nella sottocultura degli chef. Con il suo stile sempre graffiante, Bourdain ci mostra quello che si cela nelle cucine, racconta l'attuale pessimo stato della ristorazione, e infine descrive alcuni dei grandi nomi del mondo culinario: David Chang, la giovane superstar che ha radicalizzato in questi ultimi anni il paesaggio della cucina (unendo a quello europeo il gusto asiatico), e la tanto venerata Alice Waters, la cuoca californiana che è riuscita a far seminare un orto nella Casa Bianca a Michelle Obama. Il riflesso della crisi economica sul mercato e sugli obiettivi dei grandi cuochi diventa occasione per una valutazione attenta dell'industria culinaria, tra cui l'hamburger e la cultura alimentare che lo sostiene, la pessima qualità della carne e le sue conseguenze sulla salute umana. La conclusione a cui giunge Bourdain è pertanto "meno carne ma carne migliore", ma pur sempre condita dal suo inarrivabile sarcasmo acido.