Marco Lodoli non è soltanto uno scrittore, ma anche un insegnante, un professore nelle scuole superiori. Ogni giorno, in presa diretta si incontra e scontra con la scuola, con gli studenti e con il diffìcile e appassionante mestiere di insegnante. In "Il rosso e il blu" abbandona la finzione narrativa e, attraverso brevi ma folgoranti osservazioni, affronta i molti "cuori ed errori" che sono disseminati nella scuola italiana, e di cui è testimone quotidiano, esprimendo così il suo punto di vista sui tanti temi che entrano nel dibattito pubblico sull'educazione scolastica e i giovani di oggi: dal momento topico dell'esame di maturità alla piaga emergente del bullismo; dalla straniarne e defatigante esperienza delle gite di classe al problema della droga. Dall'angoscia degli studenti per il loro futuro, alla sintonia magica che talvolta si crea con il loro professore. Si delinea cosi un percorso mai scontato, dove la chiarezza espressiva è contemperata dalla profondità di giudizio. Gli errori della scuola sono solo un aspetto della questione. Non avrebbero senso e importanza, se dietro di essi non ci fosse la passione, insomma i cuori.
Sul finire degli anni cinquanta del secolo scorso, si avviò a Londra un acceso dibattito sollecitato dal libro di Charles Snow sulle cosiddette due culture, vale a dire sull'ostilità tra scienziati e letterati. Il dibattito è tuttora in corso e l'interrogativo sulla presunta ostilità resta aperto, ma nel frattempo ecco che è entrata sulla scena una nuova dicotomia, quella fra due realtà: la fattuale e la virtuale. Due realtà, dunque, in contrapposizione o forse in complementarità alle due culture? Una storia antica ma ancora oggi attuale, che si interseca con i problemi emergenti sulle due realtà: quella effettiva e quella che i mass media ci comunicano e alla quale siamo spinti a credere indipendentemente da quanto stia accadendo. Due realtà che tendono ad ampliare la distanza che sempre più le caratterizza, da quando la globalizzazione dei saperi e la rivoluzione delle alte tecnologie hanno portato alla diffusione senza più controlli della comunicazione di massa e del contesto virtuale che essa è in grado di costruire. Come restituire veridicità alla conoscenza minata dalle distorsioni indotte proprio dalle comunicazioni di massa, tipiche del mondo nel quale consumiamo la nostra esistenza? Forse ritornando al dubbio sistematico, quel dubbio che già Cartesio aveva introdotto come metodo di apprendimento. O andando alla riscoperta di esperienze consolidate che ancora oggi ci possono fornire esempi innovativi, in grado di illuminare i difficili sentieri del sapere.
"I centocinquanta anni di Unità d'Italia sono anche centocinquanta anni di 'questione meridionale'. Ci rassegneremo a tenercela per sempre, questa questione, considerandola una specie di caratteristica nazionale ineliminabile? Oppure vogliamo provare finalmente a invertire la rotta?". Renato Brunetta - economista e ministro - analizza i motivi delle difficoltà e dei fallimenti antichi e recenti, e prova a stilare un'agenda per il Sud: alzare il tasso di certezze ed efficienze, di legalità e fiducia; far funzionare finalmente lo Stato, per i compiti che gli sono davvero propri, in modo da garantire la competizione e il mercato; coniugare il federalismo con una vera ed efficace regia nazionale; aprire il Mezzogiorno agli scenari di una nuova prospettiva europea. L'Europa, soprattutto nell'attuale situazione di crisi mondiale, è interessata a un processo strategico di integrazione di un'area mediterranea "allargata" che abbracci i paesi mediterranei in senso stretto, quelli del Mar Nero, fino al Golfo Persico. In un quadro di equilibri europei riassestati a favore dell'area economica in espansione del Mediterraneo e non sbilanciati verso il Baltico, il Mezzogiorno assumerebbe un ruolo cruciale di cerniera, calamitando interessi, risorse e investimenti. È in questo quadro che la questione meridionale si presenta in una nuova luce, per la prima volta come un'opportunità non solo per se stessa ma anche e soprattutto per il Nord e per l'Europa.
Com'è possibile non spaventarsi davanti a un bilancio allarmante come quello dell'automobile (costo di vite umane, guerre per il petrolio, inquinamento, destrutturazione sociale ecc.)? Quasi fossimo prigionieri di una gigantesca follia collettiva, sembriamo incapaci di uscire dal girone infernale in cui noi stessi ci siamo infilati. Le soluzioni proposte sono peggiori dei rimedi e non affrontano mai i problemi essenziali. L'automobile non è compatibile con una gestione sana del nostro ambiente. Troppo spesso è usata in modo irrazionale e passionale. Ma tutto quello che ci accade non è un caso. Attraverso degli esempi concreti, Marcel Robert ci mostra come la scelta di vivere senza auto possa essere fatta tanto a livello collettivo quanto individuale. E tale scelta si fa via via più pressante nel momento in cui cominciamo a valutare le conseguenze sull'ambiente del nostro modo di vivere. Il punto non è più sapere se questa scelta va compiuta, bensì quando avremo finalmente il coraggio di compierla.
Dove è più facile aprire un'impresa? In un paese dove si possono fare affari con relativa semplicità. Nella classifica della Banca Mondiale, l'Italia è all'820° posto, dopo il Kazakhistan, la Serbia, la Giordania e la Colombia. Merito della nostra infernale burocrazia. Un giornalista prova a diventare imprenditore. Segue i corsi di primo soccorso, quello antincendio, quello sulla prevenzione degli infortuni. Frequenta commercialisti e avvocati. Informa le "lavoratrici gestanti" dei rischi che corrono - ma solo quelle "di età superiore ad anni 15". E poi c'è l'Asl con tutti i regolamenti sull'igiene e l'obbligo di installare e numerare le trappole per topi (non basta il topicida vogliono fare una statistica?). C'è persino il decalogo che insegna quando bisogna lavarsi le mani. Compra centinaia di marche da bollo, compila (e paga) un'infinità di bollettini postali. Sei mesi dopo e con centomila euro di meno, apre finalmente l'attività: un piccolo negozio di pizza d'asporto. Ma a quel punto si trova a dover fare i conti con i cosiddetti "lavoratori" e con i sindacati. Dopo due anni infernali, chiuderà bottega. L'eccessiva rigidità nei rapporti di lavoro porta a un eccesso di flessibilità? Le leggi troppo restrittive spingono inevitabilmente verso l'economia sommersa e il lavoro nero? Sono i temi di discussione in questi mesi caldi, mentre si parla di riforma della Legge Biagi. Quello di Gigi Furini non è un trattato di economia del lavoro. È il resoconto di due anni impossibili...
L’India è una miniera inesauribile e stratificata: di religioni, di miti e fiabe, di costumi, di arte. Ha sempre attirato l’Occidente, per qualcosa di inconfondibile e prezioso: l’intensità delle sensazioni, il legame diretto con il divino, il moto perpetuo della vita associato all’immobilità della contemplazione. Giuliano Boccali racconta i tanti volti di un Paese sospeso sul filo dei millenni.
L’India è l’unico luogo al mondo dove si può assistere ancora oggi a un rito seguendone con precisione il cerimoniale su un testo scritto oltre 2500 anni or sono. È il luogo dove l’ininterrotta continuità della tradizione – una tradizione che supera i tre millenni – fa sì che il presente e l’attuale si intreccino al passato in un groviglio inestricabile, generato dalla narrazione inesausta delle meraviglie su cui poggia l’universo, e noi con esso. Questo libro è il viaggio in un mondo fantasmagorico e contraddittorio di cui Giuliano Boccali rivela le molte sorprese, in netto contrasto con gli stereotipi che lo identificano tradizionalmente: dalle religioni alla teoria politica, dai poemi epici immensi, come il Mahabharata e il Ramayana, alle raffinate strofe classiche, dalle coppie di amanti divini che affollano le pareti dei templi agli asceti coperti di cenere immersi nella meditazione, fino alle incredibili storie dei film di Bollywood.
"Che cos'è la vita se non ciò che un uomo pensa durante il giorno? Questo è il suo fato e il suo padrone". Scrivere una "Storia naturale dell'intelletto" fu il progetto, mai realizzato secondo i suoi desideri, di tutta la vita di Emerson. Ci restano solo i testi postumi e incompleti delle sue conferenze sull'argomento, ora finalmente tradotti in italiano. In "Poteri e leggi del pensiero", rappresentativo della sfida di fondare l'idealismo trascendentale su rispettabili basi scientifiche, Emerson riconosce che ancora non confidiamo nei poteri ignoti del pensiero e che i pensieri hanno una vita propria, indipendente dalla nostra volontà: così all'inizio ci possiedono e solo più tardi, se diveniamo consapevoli dei "fatti spirituali", arriviamo a possederli e a non essere più dei "bruti ammassi sballottati dal Fato". E abbiamo una guida - l'Istinto - la quale ci viene data nella misura in cui ne facciamo uso. Non mostra gli oggetti, ma ci mostra la via. E che cos'è l'Ispirazione? È l'istinto - il cui stato normale è passivo - messo in azione: "la scintilla che prorompe in fiamma". Persuadere il forte istinto a smuoversi, e a compiere il suo miracolo, è lo scopo di ogni saggio sforzo. Con "Memoria", infine, Emerson ci ricorda che senza questo "angelo custode" tutta la vita e il pensiero sarebbero una successione senza alcun rapporto. E che persino la memoria corta dipende dal pensiero poco profondo.
Il "cattivo ragazzo" della narrativa contemporanea francese, come è soprannominato Michel Houellebecq, si accompagna per questo libro a uno dei filosofi più mediatici e alla moda del nostro tempo, Bernard-Henri Lévy: tra il gennaio e il luglio 2008 si scambiano lettere in cui parlano di molti temi, ma con un centro tematico ben presente: cosa può la cultura contro il potere? La cultura è scomoda? Attraverso un botta-e-risposta talvolta divertente, altre volte toccante, sempre sorprendente e sarcastico, i due famosi (o famigerati) scrittori francesi si provocano, si scoprono, si sfidano, in una meditazione a due che si fa intima come un diario e acuta come una riflessione filosofica. Un incontro, fra due delle personalità della cultura contemporanea più discusse di questi anni. Una sfida fra due scrittori che la pensano molto diversamente su molte cose. Una confessione da parte di due autori che hanno sempre evitato di cadere nel privato. Michel Houellebecq e Bernard-Henri Lévy ci dicono come ci si sente a essere additati da nemici pubblici. Nemici pubblici perché minacciano i luoghi comuni, nemici pubblici perché provocano il perbenismo, nemici pubblici perché indeboliscono le sicurezze in cui è comodo per tutti adagiarsi.
Il tesoriere è colui che ha in mano i cordoni della borsa di un partito. Figura tradizionalmente oscura, un po' sinistra, al punto da passare per quello che manovra non solo il denaro ma anche i segreti più turpi della politica. Mauro Agostini, tesoriere del Partito Democratico, fedele alla sua idea di politica, svolge una grande operazione di trasparenza. Non ci sono più segreti, non ci devono essere, perché, se ci sono determinazione e competenza, si può, nei fatti, fare politica in modo diverso da come siamo stati abituati a vedere. "Il tesoriere" affronta uno dei temi più caldi della politica italiana dagli anni Novanta a oggi: il rapporto tra finanziamento e partiti. Come funziona in Italia la gestione dei bilanci dei partiti? Perché i costi della politica sono così alti? Quale percezione ne hanno i cittadini? Come mai non si riesce a mettere un freno alla corruzione? Che lezione si può trarre da alcune delle grandi democrazie europee? Come si può cambiare la situazione attuale, e rinnovare l'associazione-partito dall'interno e radicalmente? A tutte queste domande Mauro Agostini fornisce risposte chiare, precise e circostanziate, con particolare riferimento alla situazione del suo partito.
Senza il pizzo non ci sarebbe la mafia. L'analisi di un fenomeno eloquente, che racconta dall'interno come Cosa Nostra, con feroce competenza, muove i suoi tentacoli nella società civile. È la più antica attività della mafia. Ponte privilegiato con l'economia legale e la politica, sistema basato su un'eccezionale organizzazione sul territorio: è il racket, il "pizzo". Uno strumento di controllo criminoso, in cui sono coinvolti attori di tutti i livelli, dal piccolo commerciante che corre a "mettersi a posto" prima ancora di ricevere minacce, all'imprenditore del Nord che arriva in Sicilia, partecipa alla spartizione degli appalti pubblici e versa regolarmente la cosiddetta "tassa Riina". Ripercorrendo la storia di Maurizio de Lucia, il magistrato che più di ogni altro ha indagato il fenomeno, questo libro svela le strutture gerarchiche, il linguaggio e le prassi di un sistema delinquenziale di impressionante complessità; ma racconta anche i segnali di rivolta che arrivano dalla Sicilia, da Palermo, a dimostrazione del fatto che la lotta al racket può cominciare solo da lì, dalla terra in cui la mafia affonda le proprie radici e continua a esercitare quasi incontrastato il proprio potere.
Questa esplorazione delle stranezze e assurdità del regno animale permette di scoprire - con il beneplacito della scienza - che reale e fantastico convivono felicemente in ogni angolo del mondo e in ogni sua creatura, mammifero, anfibio o insetto che sia. L'onisco delle cantine che beve dal sedere, gli scorpioni fosforescenti al buio, le bisce che fingono crisi di vomito e svenimenti per allontanare gli estranei, i pinguini maschi che pagano in pietre le femmine in cambio di favori sessuali: il regno animale non ha alcun bisogno della nostra immaginazione per rivelarsi straordinario. Con l'aiuto dei disegni e delle vignette dell'illustratore americano Ted Dewan, e con lo stile frizzante e il rigore scientifico che già caratterizzava "Il libro dell'ignoranza", John Mitchinson e John Lloyd fondono l'obiettività e l'autorevolezza di un manuale di zoologia con il ritmo e di un testo letterario, smentendo categoricamente lo stereotipo secondo cui imparare è noioso.