La teoria della causalità di Avicenna (Ibn Sīnā, m. 1037) è dominata dal concetto neoplatonico di flusso emanativo (in arabo fayd). Tutti i piani del sistema avicenniano ne sono interessati: quello metafisico, quello naturale, e quello intellettuale e quindi gnoseologico ed etico. Sulla base di un’ampia scelta di testi, questo volume analizza la definizione del concetto di ‘flusso’ e le sue diverse applicazioni. Ne risulta uno studio corposo in cui, per la prima volta, le idee essenziali al pensiero avicenniano (possibilità, materia, esistenza, creazione, emanazione, bene, natura, caso) – e le difficoltà cui esse danno luogo – vengono discusse sullo sfondo dei due momenti fondamentali che l’idea di flusso è chiamata a spiegare: quello dell’origine, e perciò dell’esistenza stessa del mondo in relazione al suo Principio, e quello del funzionamento, ossia delle dinamiche che dello stesso mondo spiegano la vita.
Oltre a un’ampia bibliografia, il volume, diviso in cinque capitoli, comprende due appendici, rispettivamente sulla terminologia e sull’opera di Avicenna, e l’indice dei passi tradotti.
Olga Lizzini insegna Philosophy in Islam alla Vrije Universiteit di Amsterdam. È autrice di diversi saggi sul pensiero teologico e filosofico della tradizione medievale araba e arabo-latina, pubblicati su riviste italiane e straniere. Ha curato la prima traduzione italiana della Metafisica di Avicenna (in edizione trilingue, a cura di O. Lizzini e P. Porro, Milano 2002; II ed. 2006) e la sezione di angelologia filosofica islamica del volume Angeli (a cura di G. Agamben e E. Coccia, Vicenza 2009).
La filosofia politica di Miguel Abensour si definisce «critica» perché non smette mai di interrogarsi sul problema del dominio e della servitù volontaria, che spinge gli uomini ad accettarlo. In queste pagine compare inoltre una dimensione utopica e si presta molta attenzione a coloro che - per usare le parole di Marx - hanno saputo dar vita all’«espressione immaginativa di un mondo nuovo». In forme diverse, e attraverso l’analisi delle opere di Claude Lefort, Hanna Arendt, Pierre Leroux ed Emmanuel Levinas, Abensour propone un confronto serrato fra democrazia e utopia: entrambe sono considerate una via d’uscita, un’evasione verso l’alterità, al di là della compatta opacità del potere, che ha trovato la sua drastica espressione nei totalitarismi del Novecento e riaffiora nei governi neoautoritari dell’Europa attuale. La democrazia non può essere pensata che come insorgenza al di là dei poteri istituiti e critica radicale dell’ordine esistente, restituendo al termine il significato rivoluzionario che aveva alle sue origini e strappandolo alla banalizzazione corrente.
Questo libro individua nell’idea dell’aggiunta il tratto costitutivo della cultura europea e - più radicalmente - il genoma teoretico della realtà. Plotino invitava a battere tutto intorno per tirare via le cose aggiunte; il Bene, che "conclude" il suo sistema, non è però ciò che resta, una volta eliminato il mondo, ma quello che dona tutte le aggiunte. La messa in opera di quel precetto ha dunque in Plotino una curvatura ironica e paradossale.
In nessun luogo più che nell’idea di SS. Trinità diviene chiaro il nesso indissolubile di essere e aggiunta. L’immensa pretesa che l’Unico, proprio essendo e restando Uno, sia tuttavia Tre, individua nel concetto di Dio una tensione esplosiva, un sovrappiù impossibile che Anselmo, Tommaso e Duns Scoto hanno indicato. L’essere, però, è aggiunta solo in forza del Bene. Se il Bene fosse semplice perfezione, ad esso non potrebbe aggiungersi niente, perché ogni aggiunta o non sarebbe tale, o sarebbe nociva. Ma il Bene è perfezione in quanto bontà (non viceversa), il che richiede di "definirlo" come la Regola, o il Fondamento, con aggiunta. La commozione del Bene è appunto questa capacità inaudita di aggiungere, di fare stare ancora qualcosa in uno spazio che, per definizione, è saturo e inemendabile.
Il modello aggiuntistico si concepisce dall’inizio alla fine come un pensiero della liberazione, anche in senso politico. L’emancipazione, l’uscita, non può però consistere mai nella mera eliminazione delle cose aggiunte, piuttosto in un trattamento di esse, che le raccolga come significati, ma ne faccia girare il senso complessivo nella direzione del Bene - il che è appunto quanto la tradizione ha pensato con il concetto di "provvidenza".
L’esortazione «conosci te stesso» è stata a lungo e da più parti ripresa nel corso della storia del pensiero, assumendo carattere paradigmatico in termini morali e filosofici. Il motto, scritto sulla facciata del tempio di Apollo a Delfi per ricordare all’uomo la propria finitezza nell’approssimarsi al dio, fu assunto da Socrate quale perno del suo sistema filosofico. Esso ha attraversato nei secoli la cultura occidentale con influssi di enorme portata e, sotto certi aspetti, senza paragoni. Ne è la dimostrazione quest’opera di Pierre Courcelle, dedicata alla straordinaria Wirkungs-geschichte del precetto delfico, ricostruita attraverso i testi essenziali a esso riferiti, da Senofonte e Platone fino al secolo XII, con uno sguardo anche agli autori moderni e contemporanei. Ciò consente di individuare la linea di trasmissione del «conosci te stesso» nel passaggio dall’antichità pagana alla prescolastica cristiana, da una riflessione strettamente filosofica a una dimensione metafisico-teologica che va oltre l’orizzonte socratico. Nell’ambito di questa continuità, il lavoro di Courcelle mette in luce e distingue le tematiche, i percorsi e i progressi della riflessione antropologica sulla grandezza e sulla miseria dell’uomo ponendosi come fondamentale riferimento per chiunque sia interessato alla storia della conoscenza umana.
Pierre Courcelle (1912-1980) ha condotto le sue ricerche, dal punto di vista storico e letterario, procedendo dall’antichità classica fino al Medioevo. I suoi studi si sono rivolti, in particolare, a sant’Agostino, a sant’Ambrogio, a Boezio, all’eredità pagana e agli sviluppi cristiani del precetto delfico «cognosce te ipsum». Tra le sue opere ricordiamo: Les lettres grecques en Occident de Macrobe à Cassiodore (1948); Les Confessions de saint Augustin dans la tradition littéraire (1963); La Consolation de philosophie dans la tradition littéraire (1967), Lecteurs païens et chrétiens de l’Énéide (1984).
Da sempre considerato una delle figure più affascinanti del paganesimo tardoantico, per il suo sogno impossibile di riportare in auge gli antichi dèi in un mondo già permeato dal cristianesimo, l’imperatore Giuliano l’Apostata per lungo tempo non ha goduto di buona fama presso gli storici della filosofia. Il presente volume è un’esplorazione sistematica alle radici del suo pensiero, ricostruito dai molteplici spunti presenti nei discorsi, nelle lettere e nei frammenti dell’opuscolo “Contro i Galilei”. Attraverso un confronto dettagliato con le dottrine dei filosofi del lll-V secolo, Maria Carmen De Vita intende restituire a Giuliano la sua esatta collocazione nel panorama del neoplatonismo tardoantico e, soprattutto, verificare come l’aspetto più discusso del suo breve periodo di governo, ossia la controversa lotta ai Galilei, non sia che la “pars destruens” di un progetto più impegnativo, comprendente, nelle intenzioni del “princeps”, una “pars costruens” altrettanto ambiziosa: l’istituzione di una nuova teologia liturgia ellenica in cui gli antichi culti, riproposti in una cornice metafisica largamente ispirata al neoplatonismo, possano offrire una valida alternativa alla dirompente originalità dei monoteismo cristiano.
Un invito alla filosofia partendo dalle sue motivazioni - esistenziali, religiose, etiche, scientifiche, politiche - e dal sentimento che l'anima: la meraviglia. Una meraviglia che diviene domanda sul mondo e su quanto in esso accade e si rigorizza nel metodo dialettico-confutatorio di Socrate, Platone e Aristotele.
Filosofare è partire dalle opinioni consolidate su un argomento per saggiarne, di domanda in domanda, la verità. Filosofare è un "domandare tutto che è tutto domandare".
Un libro per chiunque voglia accostarsi a un sapere che - dialogando con i classici - ha a cura l'essenza dell'uomo: l'uso consapevole della ragione.
Enrico Berti è ordinario di Storia della Filosofia all'Università di Padova.
Una delle difficoltà nella stesura della Biografia intellettuale di un filosofo si presenta nel tentativo di sistematizzare ciò che, per definizione, è in divenire: il pensiero. Quando però si cerca di ricostruirne l'evoluzione, nei suoi nodi teoretici frequentati per una vita, il modello biografico pare venir meno. È il paradosso del pensiero il cui movimento, in Ludwig Feuerbach (1804-1872) come perlopiù nelle menti speculative, si dà nel costante interrogarsi su un unico problema, nel suo caso sul rapporto filosofia/religione: un confronto di lungo periodo, che si dipana sotto il segno di vita, morte e immortalità; essenza, storia ed esistenza; individualità e empiria; uomo, natura e naturalismo. Temi, affrontati nei capitoli del volume, che prendono sul serio una problematica - l'essenza del cristianesimo - e ne diventano punti di osservazione, secondo un modello ermeneutico auspicato da Feuerbach medesimo, che fa del domandare l'essenza stessa della filosofia. Questa biografia riesce da una parte a restituire un volto complessivo di Feuerbach, con ampi riferimenti a lettere, scritti del periodo giovanile e inediti - risultato di uno studio più che trentennale e della consultazione del Nachlass -; dall'altra a metterne in discussione i punti teoretici più critici e le opinioni dominanti. Un'opera di riferimento per la storiografia, destinata a riscrivere la stessa interpretazione del filosofo tedesco.
La fenomenologia, teorizzata da Husserl alla fine dell ºOttocento, rappresenta una corrente fondamentale nella filosofia contemporanea. Nel corso dei decenni si √® progressivamente diffusa in tutti i continenti, influenzando discipline non filosofiche: dapprima la psicologia e la psichiatria, per poi coinvolgere il teatro, la letteratura, l ºarchitettura, la medicina, le scienze infermieristiche, la psicologia sociale, l ºecologia.
Il volume propone un ºintroduzione alla fenomenologia intesa come analisi riflessiva. Essa viene affrontata non in senso storico, attraverso la presentazione di temi o autori appartenenti a questo filone teoretico, ma come metodo applicabile a qualsiasi ambito di esperienza, sia diretta che indiretta. L ºautore distingue due stili filosofici: l ºargomentazione, prevalente nella filosofia analitica contemporanea, e l ºanalisi riflessiva che, a suo giudizio, √® propria della fenomenologia. Scopo di questo lavoro √® familiarizzare con il metodo fenomenologico e quindi migliorare le proprie abilit√† riflessive e teoretiche.
Il testo, gi√† tradotto in diverse lingue e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, ha un intento pedagogico ‚Äì ogni capitolo si conclude con degli esercizi ‚Äì ma non √® orientato limitatamente ad un pubblico di studenti, bens√¨ a chiunque voglia imparare ad analizzare e a riflettere. La prima met√† del lavoro presenta gli strumenti del metodo fenomenologico mentre i capitoli finali si concentrano su alcuni ambiti particolari dell ºesperienza quali il credere, il valutare ed il volere.
Lester Embree √® William F. Dietrich Eminent Scholar in Philosophy presso la Florida Atlantic University. Ha studiato presso la New School for Social Research con Dorion Cairns e Aron Gurwitsch, discepoli di Edmund Husserl. Ha insegnato presso la Northern Illinois University (1969-1974) e la Duquesne University (1974-1990). Autore di oltre 200 pubblicazioni, ha diretto per vent ºanni il Center for Advanced Research in Phenomenology e curato la Encyclopedia of Phenomenology (Kluwer 1997). √à fondatore della Organization of Phenomenological Organizations (OPO), che raccoglie 160 organizzazioni filosofiche di ispirazione fenomenologica.
Giambattista Vico è il filosofo italiano più significativo dell’epoca moderna. Considerato spesso un precursore, dimenticato a tratti dalla critica, incompreso durante la vita, egli è stato colui che prima e più di tutti ha portato la storia nella riflessione filosofica e ha elaborato una gnoseologia, alternativa a quella cartesiana, imperniata sul principio del verum-factum.
Il volume ricostruisce la visione vichiana dell’uomo e della storia, considerando in particolare il ruolo e il significato di Dio e della trascendenza. I capitoli del testo si occupano dei tre momenti più significativi della produzione di Vico: la metafisica e l’antropologia come emergono dal De antiquissima e dal Diritto universale e quindi la Scienza nuova, in cui si ritrova la visione della storia come luogo della tensione fra libertà e provvidenza. La vera “rivoluzione” vichiana è il costituirsi della scienza storica, l’attribuire valore e centralità alla storia, liquidata spesso come inaffidabile sul piano della conoscenza, in quanto costitutivamente effimera e mutevole. Nella fedeltà all’orizzonte epistemologico del principio del verum-factum, Vico concepisce invece la storia quale luogo autentico del fare e quindi del conoscere umano; allo stesso tempo essa manifesta una vera e propria “teologia filosofica”, in quanto nella conoscenza storica l’uomo può compiutamente, sotto forma di scienza, conoscere quel Dio che altrimenti resterebbe sconosciuto sul piano della ragione, essendo per lui impossibile muovere dalla realtà naturale.
Antonio Sabetta, dottore in teologia e filosofia, è docente incaricato di teologia fondamentale presso l’Università Lateranense e l’ISSR “Ecclesia Mater”, di cui è preside e dove insegna anche teologia filosofica. È inoltre docente a contratto presso la Libera Università «Maria SS. Assunta» - LUMSA di Roma. Studioso della modernità, di Giambattista Vico, del rapporto tra cristianesimo e postmodernità e delle tematiche liminari tra filosofia e teologia, oltre a diversi saggi in testi e riviste scientifiche internazionali ha pubblicato le seguenti monografie: Teologia della modernità (Cinisello Balsamo 2001), I “lumi” del cristianesimo. Fonti teologiche in G. Vico (Roma 2006), Dal senso cercato al senso donato. Pensare la ragione nell’orizzonte della fede (Roma 2008), L’esistenza di Dio tra (in)evidenza e “probabilità” (Roma 2010). Ha anche curato l’edizione critica del volume di A. Rosmini, Risposta ad Agostino Theiner (Roma 2007).
Il volume ripercorre la riflessione di Francesco Bacone sull’uomo, sulla morale, sulla politica e sulla storia cercando di chiarire la complessa ed originale elaborazione dei temi che egli assimilò dagli scritti più significativi del Rinascimento italiano ed europeo, con i quali il filosofo recepì anche il miglior dettato di quella fortunata stagione del pensiero e le energie intellettuali che gli consentirono di vestire gli abiti lustri della nascente “modernità”.
La ricerca dimostra come tali scritti e, in particolare, le opere di Machiavelli, abbiano emancipato il Londinese dall’astrattismo e lo abbiano orientato ad una percezione realistica e concreta dei fatti, incentrata sulla necessità di guardare alla “realtà effettuale” delle cose per enuclearvi i limiti e le insufficienze e per escogitare le modalità con le quali sostituire alla “vergogna dell’ignoranza” le risorse e i benefici di un sapere “pragmatico” e “utile”, forgiato sui bisogni dell’uomo e sui risultati di un’osservazione attenta e priva sia delle distorsioni personali che delle imposture.
Dalla ricerca emerge così un inedito profilo di Bacone e l’architettura complessa di idee e di soluzioni con cui egli si apriva al “moderno” e ne alimentava l’esuberante vitalità, in un rapporto dialettico di dare e di avere con le fonti rinascimentali che resta uno degli aspetti più stimolanti delle sue opere e un fatto indubbiamente nuovo nel panorama culturale del Seicento.
Masino Glauro Moretti (Chieti, 1980) ha rivolto la sua attenzione alla filosofia moderna e, in particolare, al ruolo e alle proposte di Francesco Bacone nel quadro della cultura europea del Seicento. Sul filosofo e sul suo pensiero ha pubblicato presso Studium due monografie: Scienza ed epistemologia in Francesco Bacone. Dal «Novum organum» alla «New Atlantis» (2004) e Francesco Bacone e la sapienza degli antichi. Dal mito al pensiero critico. Con testo latino, traduzione e commento (2007).
Cosa ci rivela di noi stessi e del nostro destino la percezione erotica? Ecco la domanda che l'autore, Daniele Donegà, ha tentato di esplorare, confrontandosi con il noto fenomenologo francese Maurice Merleau-Ponty. La pertinenza di una tale domanda si fa più palese in una cultura pansessuale, che ha ridotto la percezione erotica al piacere che riporta, riducendo la portata antropologica che tale percezione comporta.
Negli ultimi vent'anni del Novecento una revisione radicale e destabilizzante ha coinvolto i presupposti etnocentrici del pensiero antropologico, filosofico e politico dell'Occidente. Stava cambiando la geopolitica del pianeta e cominciava a vacillare la proiezione sulle altre culture delle nostre categorie di soggettività, storia, sovranità, cittadinanza, universalità, emancipazione. Il nuovo assetto ha sollecitato il fiorire di studi cosiddetti «postcoloniali», accomunati dalla pratica del contagio. Da allora la contaminazione fra concezioni a prima vista inconciliabili della vita associata appare più proficua dell'arroccamento difensivo, mentre il migrare di concetti e principi segue la diaspora dei corpi in carne e ossa: perde il suo connotato privativo per trasformarsi in uno stato d'elezione. Essere sempre «fuori posto» aiuta infatti a guardare il mondo e se stessi con occhi diversi. Di questo «contrabbando incontrollato di idee al di là delle linee» – secondo il motto fulminante di Edward Said – il saggio di Emanuela Fornari costituisce la prima, completa ricognizione in chiave filosofica. Non c'è linea di frattura o spostamento di confine disciplinare che sfugga alla sua indagine ricostruttiva. Nella consapevolezza che non tutto è trasferibile da una cultura a un'altra, e che va salvaguardato quel coefficiente di intraducibilità di fronte al quale è possibile solo un silenzio a più voci.
Emanuela Fornari è ricercatrice presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Roma Tre, dove insegna Ermeneutica filosofica e Filosofia sociale. Ha pubblicato, oltre a diversi saggi in volumi collettanei in riviste italiane e straniere, Modernità fuori luogo. Democrazia globale e «valori asiatici» in Jürgen Habermas e Amartya Sen (2005), di cui è apparsa l'edizione inglese nel 2007.