Per la prima volta, si presentano in un unico volume le idee e il pensiero di Che Guevara sull'America Latina, con l'ausilio di molti scritti inediti e di facsimile dei testi originali. Attraverso poesie, appunti di viaggio, lettere private, discorsi pubblici, saggi, articoli, quest'antologia degli scritti del Che ricostruisce il suo intenso rapporto con l'America, basato su un profondo desiderio di affrancamento dalla tirannia. Questa aspirazione lo ha reso una delle figure leggendarie del Novecento e uno dei più importanti teorici del marxismo. Dai suoi scritti non emergono solamente l'utopia o il sogno, ma la complessità della situazione economica, politica e sociale che, per secoli, ha afflitto il suo continente. E, da questa attenta conoscenza, si fa strada la necessità di un risveglio delle coscienze e di un riscatto.
L'immagine più nota e anche più superficiale di Che Guevara è quella dell'eroico guerrigliero che ha combattuto contro l'imperialismo. In questa rappresentazione, però, si trascura spesso il rapporto viscerale che egli ebbe con la Rivoluzione cubana e lo spessore politico e intellettuale della sua ricerca teorica. "Leggere Che Guevara" ripercorre, attraverso le parole stesse del Che, le vicende della guerriglia fino al suo esito vittorioso, i primi anni al governo e l'intensa azione diplomatica per stabilire una solidarietà fra tutti i popoli sfruttati del Terzo mondo. Queste pagine mettono in luce i contributi del Che alla teoria marxista, il suo incessante lavoro per risolvere i problemi economici di un paese ancora poco sviluppato e avversato dal colosso nordamericano, la strenua difesa degli interessi di tutti i popoli asiatici, africani e latinoamericani. Il volume è diviso in quatto sezioni: la guerra di Rivoluzione cubana ( 1956-1958); gli anni al governo dell'isola (1959-1965), le opinioni del Che sulle più importanti questioni internazionali dell'epoca e una selezione di lettere, tra cui i famosi messaggi d'addio a Fidel e alla famiglia.
Il nucleare, bandiera per politiche irrealizzabili, serve solo ad allontanare i programmi sulle energie alternative.
Da alcuni anni è in corso una campagna internazionale per il rilancio dei programmi nucleari per la produzione di energia elettrica. Nel nostro paese il nucleare è stato chiuso dopo il referendum del 1987, ma la lobby nucleare ha ripreso ad esercitare pressioni per salire su questo treno. Il recente annuncio da parte del nuovo governo di una prossima ripresa dei programmi nucleari in Italia non era dunque inaspettato, ma ha comunque messo in subbuglio tutti gli ambienti interessati e un’opinione pubblica purtroppo sprovveduta o informata in modo parziale e distorto.
Una ripresa in tempi brevi del nucleare nel nostro paese non è realistica, se non altro perché in questi anni sono state smantellate le competenze e le strutture, ma l’annuncio del governo apre comunque scenari inquietanti. Non è possibile valutare la situazione e le prospettive in Italia se non si fa chiarezza sui programmi nucleari nel mondo. I “reattori di quarta generazione” vengono presentati all’opinione in termini generici come la soluzione di tutti i problemi creati dal nucleare e la base per un nucleare “sostenibile”: ma questi reattori ancora non esistono e sono di là da venire! Nel frattempo, un rilancio del nucleare aggraverebbe tutti i problemi.
Questo libro esamina tutte le problematiche (costi, tempi, rischi di proliferazione, sicurezza), sfatando in particolare i miti del “miracolo nucleare” francese e dell’insufficienza energetica italiana.
Nelle nostre società iperattive e stressate, sempre più numerosi sono coloro che giunti al momento di andare a letto fanno fatica ad addormentarsi. È una condizione strettamente connessa alla svalutazione del sonno che la modernità, con la sua smania di produrre, ha inaugurato assieme alla progressiva erosione del buio, sempre più illuminato. La veglia notturna in passato non aveva una prevalente connotazione di frustrante incapacità, di attesa ansiosa; il più antico degli eroi, Gilgamesh, soffriva di insonnia per un eccesso di energia e di voglia di agire, e quanti sono i paladini delle antiche battaglie che la notte pregustavano il piacere dello scontro mattutino? Personaggio dopo personaggio, esempio dopo esempio, Eluned Summers-Bremner cuce in un unico variegatissimo patchwork le tante forme di insonnia che la letteratura di ogni epoca e civiltà ci racconta. Dall'antica Mesopotamia all'Iliade e l'Odissea, dalla Cina all'India, dall'Europa al Giappone. Attraverso una lettura godibilissima, andiamo alle radici dell'insonnia e scopriamo che l'arte, non meno della scienza, è stata lo strumento con cui l'uomo ha cercato nei secoli di comprenderla, descriverla e superarla. I medici e i filosofi del medioevo e del Rinascimento, per esempio, la consideravano un sintomo dell'innamoramento, della melanconia, e persino della possessione demoniaca. La medicina moderna invece tende spesso ad associarla a stati di sofferenza psicologica, da cui il sempre più diffuso ricorso ai farmaci. Ma cosa facevano i nostri antenati?
Un proverbio indiano recita: "qualunque cosa tu dica dell'India, è sempre vero anche il suo contrario". Schiacciati da tanta complessità, gli occidentali hanno spesso scelto di racchiudere un oceano sconfinato di differenze nelle piccole ampolle dei loro stereotipi. La spiritualità esercitata fino allo sfinimento, il fatalismo arreso di fronte al dolore di vivere, la povertà estrema degli umili inflitta dai potenti come un destino. Finché, con gli anni novanta, ecco farsi strada nell'immaginario occidentale l'ultimo dei clichés: l'India sfavillante, l'India che cresce, l'India del Pil da primato, la terra delle stelle di Bollywood, dei supermanager dell'informatica appena trentenni. Un'immensa minoranza, di oltre cento milioni di persone, fa tendenza nel mondo. Ma intanto, l'altra India, quella degli ottocento milioni di esseri umani che vivono con un dollaro al giorno, quella dell'analfabetismo femminile di poco inferiore al 50%, è rimasta uguale a se stessa? Mariella Gramaglia è vissuta un anno nel subcontinente. Dopo un lungo impegno nel femminismo, nella politica italiana e nelle istituzioni, ha scelto di dedicarsi a progetti di solidarietà e di promozione dei diritti. Questo è un diario di vita, di ricerca, di lavoro. Attraverso incontri, vicende pubbliche e dettagli della vita quotidiana, cerca di saggiare la temperatura del suo legame con l'India e della sua comprensione di quel mondo. Il volume è arricchito dalle fotografie di Laura Salvinelli.
I cinesi in Italia sono la comunità più numerosa d'Europa: erano duemila nell'82, ventimila dieci anni dopo, sessantamila nel 2000, oggi sono 150mila. Venivano da un paese poverissimo, lontano, isolato dalla storia. Oggi arrivano dalla superpotenza che con il suo boom economico incanta, inquieta e sta trasformando il pianeta. Chi sono i cinesi in Italia? Sono la comunità di immigrati meglio inserita nel nostro tessuto produttivo. La più tranquilla, la più dinamica, ma la meno conosciuta del paese. Perché dei cinesi non si sa veramente nulla. Dietro la gran quantità di luoghi comuni ("Non muoiono mai", "Servono carne di cane nei ristoranti") le storie e le testimonianze raccolte rivelano un popolo ottimista, che vede un futuro davanti e che ha voglia di costruirselo. Un reportage dall'Italia di oggi, da Torino a Matera, passando per la provincia, Milano, il ricco Nordest, Prato, Roma, Napoli. Osservando la comunità cinese, emerge anche un'immagine particolare dell'Italia: un Paese stanco, rassegnato e spaventato, che guarda con sospetto chi scommette sulle proprie capacità e investe nel lavoro e nelle nuove generazioni.
Torna in edizione economica una delle pietre miliari degli studi danteschi. La raccolta degli "Studi su Dante" contiene i saggi che Erich Auerbach ha scritto dal 1929 fino alla vigilia della morte. In questi scritti definisce l'importanza del concetto di "figura" nella cultura tardo-antica e ricostruisce il complesso rapporto tra struttura e poesia nella "Divina Commedia". L'autore giunge al risultato allargando l'indagine a tutta la civiltà cristiana e mostra come l'intelligenza di Paolo, Tertulliano, Agostino o Bernardo di Chiaravalle sia propedeutica e necessaria per una lettura "globale" del capolavoro dantesco.
Chi è stato e cosa ha rappresentato per tante generazioni di lettori Alberto Moravia? Nell'intervista di Nello Ajello, Moravia definisce la sua posizione politica e la sua concezione della scrittura e del ruolo dell'intellettuale, che salda il momento artistico a quello dell'impegno civile: "Per me l'arte è la ricerca dell'assoluto, la sola degna dell'uomo. È una funzione meramente negativa, non si può strumentalizzarla". La sua testimonianza si svolge senza intervalli, dai suoi esordi come scrittore scomodo sotto il regime fascista al periodo travagliato del dopoguerra, dal Sessantotto a quel 1978 così carico di tensioni ideologiche e sconvolto dal caso Moro. Scrive Nello Ajello, nella nuova premessa al libro, che "il lettore vedrà allinearsi in capitoli portanti le idee di Moravia in merito alle cose del mondo, sulle quali - egli insisteva per precisarlo - si sentiva in dovere di intervenire in quanto cittadino più che come scrittore. Il cittadino Moravia, questa intervista ne dà la riprova, era sempre prodigo di risposte, fecondo di formule, ricco di intuizioni abili o geniali. Dal canto suo lo scrittore Moravia viveva rispetto a quella sua prima natura una vita parallela, perso dietro sogni, metafore, personaggi. Su tutto domina una consapevolezza d'artista imprescindibile dalla sua figura. "Se ho provato vere soddisfazioni" si legge al termine della chiacchierata, "è stata la letteratura a procurarmele".
Il viaggio, o più precisamente la metafora dei viaggio, è il tema centrale di questo libro. Un viaggio che non sottintende necessariamente uno spostamento fisico nello spazio, ma che è soprattutto evoluzione interiore, dove la meta è il proprio accrescimento spirituale. Un viaggio che il protagonista, Vittorio Ricci, si accinge a compiere quando va in pensione. Un percorso che nasce con la paura di allargare i confini della propria conoscenza, la consapevolezza dei propri limiti, la nostalgia del passato, il desiderio di cercare il "nuovo". Tutto ciò attraverso un cammino auto-formativo di conoscenza, che lo riporta al paese natio, in Toscana, da dove ha iniziato il viaggio per poi terminarlo al canto della rana con i vecchi amici d'infanzia. In questo "cerchio magico" - come alcuni definiscono il completamento dell'evoluzione del proprio pensiero -Vittorio riesce a darsi una spiegazione sul senso della propria esistenza. Come diceva Marcel Proust, "un vero viaggio di scoperta non è scoprire nuovi luoghi, ma avere nuovi occhi". Sono davvero occhi nuovi quelli di Vittorio, alla fine del suo viaggio.
Dei cinesi insediati in Italia da quasi un secolo non si è mai saputo molto, anche perché, forse, non ce n'era bisogno. Finché, a un certo punto, è cambiato tutto. Sono diventati sempre di più, hanno stravolto la faccia di molti quartieri sollevando la protesta degli abitanti. Il 12 aprile 2007, in via Paolo Sarpi a Milano, sono stati protagonisti della prima rivolta etnica nella storia dell'Italia moderna. E hanno invaso le pagine dei giornali. Ma cosa si nasconde dietro ai pregiudizi e agli stereotipi che avvolgono la più antica comunità straniera del nostro paese? Come il suo lato oscuro fatto di mafia, di riciclaggio, di ragazzini con le mannaie e di bordelli nascosti sotto centri massaggi, di schiavi-lavoratori e ambulatori clandestini - dialoga con la normalità quotidiana, fatta di lavoro, di commercio, di famiglia, di scuola, di divertimento e, ormai, spesso anche di integrazione? Mario Portanova, giornalista d'inchiesta, e Lidia Casti, documentarista che vive e lavora nella Chinatown milanese, ci guidano alla scoperta delle ombre e delle luci della Cina italiana.
Quattromilacinquecento le donne che hanno denunciato aggressioni, stupri, molestie e maltrattamenti. Centododici quelle che sono rimaste uccise. È la cronaca di un anno, ma niente più che la punta di un iceberg. Il numero reale delle vittime è agghiacciante: un milione e centocinquantamila donne maltrattate, picchiate, violentate o uccise. Tredici autrici stilano una impressionante cronologia dell'orrore, per raccontare una guerra che si fa ogni giorno più cruenta.
Cinque connotazioni per esprimere i caratteri salienti di una generazione di cui questo libro propone un percorso, una testimonianza. Fortunati, per l'evidente buona sorte toccata; a chi è nato dopo la Seconda Guerra Mondiale, che ha lacerato famiglie, distrutto città, impoverito popoli, immiserito l'umanità e sotterrato cinque milioni di ragazzi in armi. Hanno avuto più affetti, più diritti, più opportunità. Assenti, forse i più, perché inconsapevoli dei doni ricevuti e disinteressati a tutelari salvo che in qualità di consumatori. Coerenti, non pochi, perché al contrario consapevoli dell'investimento fatto dalla storia su di loro e in fondo in battaglia per non tradire. Violenti, troppi per i danni provocati agli altri, perché, tra pentimenti veri e finte persine al mito della rivoluzione è stata fatta violenza, rendendo Sofri un interprete dignitoso. Ambigui, troppi per i danni provocati a se stessi, perché sono riusciti a cucire sul tricolore al posto della croce sabauda il punto di domanda sugli irrisolti dell'Italia contemporanea.