L'ecologia politica è un campo interdisciplinare che attinge a più metodi d'indagine e indirizzi di pensiero, tra i quali assumono rilevanza le prospettive ecomarxiste, decoloniali ed eco-femministe, accanto a elementi della tradizione critica e pragmatista. Tratto comune è l'idea che tra società e mondo biofisico sussista un rapporto di influenza reciproca, che richiede un approccio congiunto alle rispettive dinamiche e al modo in cui si manifestano. Distinguendosi tanto dalle concezioni apolitiche dell'ecologia quanto dalla tradizione degli studi politici, l'ecologia politica si pone all'avanguardia nell'analisi e nella ricerca di soluzioni alla crisi ecologica. Il volume affronta i principali temi oggi alla ribalta - cambiamento climatico, sostenibilità, urbanizzazione, migrazioni, fonti energetiche e altri ancora - affidandoli ad autrici e autori di punta nei rispettivi ambiti di ricerca.
Poche settimane dopo l'incarico alla guida del Governo, durante un veloce scambio di auguri con Giorgia Meloni, Alessandro Sallusti si lascia scappare una battuta: «Peccato che un presidente del Consiglio in carica non possa pensare di scrivere un libro per raccontare i suoi progetti». E lei: «E perché non può farlo?». Sallusti, preso in contropiede, la butta lì: «Non lo so esattamente, ma ci sarà un motivo se nessuno l'ha mai fatto». Lei: «Dovresti sapere che fare quello che hanno fatto tutti gli altri non è esattamente la mia specialità». Nasce così l'idea di questa conversazione in cui Giorgia Meloni rivela la sua visione autentica della vita e del mondo. Un racconto appassionato in cui fa i conti con le sfide del presente - dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica, dalla transizione ecologica all'inflazione - e che ha il coraggio di puntare sulla responsabilità individuale, sul libero spirito d'iniziativa, sulla difesa della natura, su investimenti mirati per favorire la crescita e dunque ridurre il debito, su un'Europa protagonista nel mondo e vicina alle esigenze dei suoi abitanti, su un "Piano Mattei" in grado di portare opportunità e sviluppo in Medio Oriente e in Africa. "È fondamentale", dice Meloni a Sallusti, "che gli italiani vedano un governo che, per carità, ha i suoi limiti e difficoltà, magari fa perfino degli errori. Ma ce la mette tutta, in buona fede, con umiltà e amore. Un governo che non ha amici da piazzare, lobby da compiacere, potenti da ripagare. Che non guarda in faccia a nessuno, che non intende fregarti, che ha il coraggio di dirti anche quello che non si può fare in un dato momento o contesto." È il progetto che Giorgia Meloni sta sottoponendo al giudizio degli italiani e alla prova dei fatti, che alla fine saranno gli unici giudici indipendenti.
C'è una linea che unisce la vita di una donna nei suoi trent'anni a quella di un Paese lontano, immenso e controverso: gli Stati Uniti d'America. Questa linea attraversa metropoli, deserti, oceani e angoli di provincia e disegna mappe, ritratti, situazioni, incontri: disegna storie personali e collettive di un territorio e di un tempo che rifiutano comode definizioni e si rivelano nella loro complessità, nella dolcezza che ha bisogno della crudeltà, nella bellezza che non può stare senza l'ingiustizia. Dai campi di grano di David Foster Wallace del Midwest al confine con il Messico, dal New Jersey alle paludi della Louisiana di True Detective, dai grattacieli di New York alle strade di Los Angeles di Joan Didion, dal Texas che, come suggerisce Cormac McCarthy, custodisce "il segreto del mondo" alle vette del Colorado, questo libro è un'immersione in quell'America così familiare e al tempo stesso sconosciuta, che nutre i nostri sogni e dà forma ai nostri incubi. È il racconto di luoghi e momenti della società e della storia contemporanea statunitense che, nonostante si rispecchino spesso nella letteratura, arrivano sulla pagina in tutta la loro realtà. Ma è anche la storia di come quella donna ha ritrovato il suo personalissimo "sogno americano" nell'incontro con persone sconosciute, nel confronto con risvolti dell'attualità, nell'esplorazione di luoghi remoti e nel dialogo con i personaggi dei libri. Con "Sparire qui" Marta Ciccolari Micaldi ci porta alla scoperta degli Stati Uniti in tutta la loro struggente complessità e ci invita a perderci con lei sulle strade della solitudine, dello stupore, dell'ignoto e della libertà.
Quando Penny Dahl chiama l'agenzia Finders Keepers nella speranza che possano aiutarla a ritrovare la sua figlia scomparsa, Holly Gibney è restia ad accettare il caso. Il suo socio, Pete, ha il Covid. Sua madre, con cui ha sempre avuto una relazione complicata, è appena morta. E Holly dovrebbe essere in ferie. Ma c'è qualcosa nella voce della signora Dahl che le impedisce di dirle di no. A pochi isolati di distanza dal punto in cui è scomparsa Bonnie Dahl, vivono Rodney ed Emily Harris. Sono il ritratto della rispettabilità borghese: ottuagenari, sposati da una vita, professori universitari emeriti. Ma nello scantinato della loro casetta ordinata e piena di libri nascondono un orrendo segreto, che potrebbe avere a che fare con la scomparsa di Bonnie. È quasi impossibile smascherare il loro piano criminale: i due vecchietti sono scaltri, sono pazienti. E sono spietati. Holly dovrà fare appello a tutto il suo talento per superare in velocità e astuzia i due professori e le loro menti perversamente contorte.
Per la prima volta tradotti in italiano, i racconti di Filipowicz arrivano ad assumere una valenza universale pur attraversati di motivi e contesti autobiografici - la guerra, la natura, la provincia - che diventano la leva per riflettere sull'essere umano, indagato dallo scrittore polacco con rara acutezza. Colpisce la capacità di questo pittore dell'anima di creare atmosfera e costruire tensione drammatica. Temi come il dovere, la dignità, la fedeltà agli impegni, l'eroismo sono trattati con una leggerezza profonda, pensosa ma priva di pathos, che fa venire in mente Wislawa Szymborska, sua compagna per quasi un quarto di secolo.
Jakub Frank è un giovane ebreo di origini oscure che da un villaggio polacco parte alla volta di un mondo che vuole cambiare. Il mondo sta già cambiando, in verità: siamo alla metà del Settecento e nuove idee sconcertanti e attraenti guadagnano terreno tra salotti e accademie. Jakub invece lavora con la gente, tra la gente: viaggia per l'Impero ottomano e quello asburgico, seduce con la parola e la persona, si offre, anima e corpo, come nuovo messia, sfolgorante di verità, eccentrico, irresistibile. I suoi seguaci farebbero - e alla fine faranno - qualunque cosa per lui: cambiano nome, casa, religione, identità. E lui da capo naturale diventa un tiranno sottile, suadente e imperioso, manipolatore. Creerà la sua corte e diventerà amico dell'Imperatrice, conoscerà la gloria, la prigionia, il lusso, la malattia, l'esaltazione, lo sconforto, senza mai negarsi niente, senza mai fare un passo indietro, trascinando con sé e con la sua famiglia il popolo di innocenti e reietti, fedeli e opportunisti che si è scelto e che spinto da ragioni diverse resta con lui fino alla fine. La parabola di un uomo eccezionale - Jakub Frank è veramente esistito - disegnata con minuzia contro uno scenario mobile, una commedia-tragedia corale in cui gli individui hanno tutti il loro momento alla ribalta. In quest'opera straordinaria, frutto di anni di studi, scavi e scoperte, Olga Tokarczuk rivisita i temi che da sempre le sono cari - i vagabondaggi, i confini e il loro senso, la storia grande e le storie piccole - con l'immaginazione, gli scarti sorprendenti e la capacità di indagine dell'animo umano che sono i suoi tratti di grande scrittrice. Un romanzo epico in cui smarrirsi e ritrovarsi, un viaggio nel tempo e fuori dal tempo, come quello di Yente, la vecchia che incontriamo nelle prime pagine e che aleggia - letteralmente - su tutta la storia, testimoniando ogni cosa dal luogo di presenza assente in cui si trova. Come lei, anche noi lettori siamo investiti del potere di vedere tutto, ascoltare tutti. E vorremmo che questo omaggio immenso al valore della parola e del racconto non avesse fine.
Un paradosso percorre le nostre società liberali: con forza viene stigmatizzata ogni forma di dipendenza, avvertita come minaccia alla libertà del soggetto, e nello stesso tempo molti tipi di dipendenza, e non solo nella forma patologica dell'addiction verso sostanze, esercitano oggi come non mai una potente seduzione. E questa contraddizione non risolve, ma anzi cristallizza un problema che mette a rischio delle vite. Sempre attenta alle sfaccettature della condizione umana, Nathalie Sarthou-Lajus propone di superare il dualismo avidità/astinenza, dissolutezza/ascesi, per cercare un modo nuovo di comprendere e affrontare le nostre dipendenze liberandoci dall'alternativa troppo semplicistica tra libertà e alienazione. Del resto, già Platone ci aveva fornito la preziosa nozione di pharmakon, veleno e medicina insieme: un'ambivalenza su cui riflettere per capire la complessità della dipendenza senza demonizzare chi cade nella sua vertigine. La dipendenza è un debito contratto nei confronti di un 'prodotto', sia esso una droga, un'attività, una persona. Ma, a ben pensarci, il debito caratterizza tutta la comunità umana, e non solo in senso negativo: è ciò che crea il legame, anche simbolico. Nasciamo e subito dipendiamo da altri, e nel gioco del vissuto di questa dipendenza si forma e si dispiega la nostra identità. Accanto all'angoscia del proprio possibile annullamento, sperimentiamo anche un benefico allargamento dell'io. L'ideale stoico dell'indipendenza totale è estraneo da subito alla condizione umana, al bisogno che abbiamo gli uni degli altri. Può allora esistere, dice Sarthou-Lajus, una 'dipendenza felice', che mantiene il legame con il mondo e ci permette di vivere con gli altri e per gli altri, dalla cui esperienza possiamo peraltro partire per un percorso di vicinanza e di comprensione dell'addiction. Un'altra vertigine, opposta a quella dell'autodistruzione, da assaporare nella poesia come negli affetti, nella cura reciproca come nella fede.
Storica rivista dell'Ateneo dei cattolici italiani, "Vita e Pensiero", sin dalla fondazione nel 1914, si è proposta come autorevole luogo di confronto e dibattito per la cultura del Paese. Nella consapevolezza che quella che stiamo vivendo è per tutti una stagione ricca di opportunità e rischi, da affrontare con coraggio intellettuale e gusto per la ricerca del vero, dal 2003 "Vita e Pensiero" è stata ripensata nell'impostazione grafica e nel lavoro redazionale. Oltre a temi quali lo sviluppo tecnologico e economico, il progresso delle neuroscienze e della genetica, i nuovi paradigmi della politica e delle relazioni internazionali, l'evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, dedica una particolare attenzione all'attualità, ospitando articoli e interventi di docenti dell'Università Cattolica e di significative voci "esterne", capaci di offrire chiavi di lettura originali sui fenomeni sociali e culturali di oggi e di domani.
Che cos'è la supervisione? Come si svolge? Chi può condurla? Basato su esperienze e ricerche condotte nel tempo, il volume risponde a queste domande affrontando con rigore metodologico il tema della supervisione e delle sue implicazioni nella pratica del servizio sociale. Attraverso la presentazione di riflessioni teoriche, anche in prospettiva internazionale, e di casi empirici, il testo illustra criticamente gli elementi salienti del processo metodologico di supervisione, alcuni strumenti e tecniche, e gli snodi cruciali per una sua efficace applicazione. Rivolto a professionisti, supervisori, dirigenti dei servizi sociosanitari e studenti, colma una lacuna presente in letteratura in una fase cruciale per l'Italia, considerando che la recente normativa ha inserito la supervisione all'interno dei Livelli essenziali delle prestazioni in ambito sociale (LEPS).
Un boss mafioso si rivolge alla psicoterapia. Un serial killer uccide altri serial killer per soddisfare la propria sete di sangue. Un professore di chimica si scopre abilissimo nella produzione di droga. Sono Tony Soprano (I Soprano, HBO, 1999-2007), Dexter Morgan (Dexter, Showtime, 2006-2013) e Walter White (Breaking Bad, AMC, 2008-2013), personaggi moralmente riprovevoli a cui la "nuova serialità" ha affidato il ruolo di protagonista. Ma su di loro grava un pesante interrogativo: come può lo spettatore apprezzare personaggi che violano costantemente i nostri principi morali? Figure che, nella vita reale, condannerebbe senz'appello? «Il libro di Margrethe Bruun Vaage, tradotto qui per la prima volta in italiano, intercetta questo dibattito, rilanciandolo in modo polemico. Mentre fino agli anni Novanta le narrazioni seriali erano per lo più dominate da strutture manichee, la televisione della "terza golden age" punta su strutture complesse e modali, abitate da personaggi difficili, intricati e moralmente ambigui. [...] Il libro è un invito a operare un aggiornamento della cassetta degli attrezzi al fine di comprendere, tramite uno svelamento dei meccanismi di funzionamento testuale e psicologico dell'antieroe, perché la serialità complessa ha preso il sopravvento nell'immaginario del nostro tempo» (Dalla Prefazione di Damiano Garofalo).
"Alice nel paese delle meraviglie", il grande classico nato dalla penna di Lewis Carroll, nella trascinante versione in ottave romanesche di Graziano Graziani. «De botto, immezzo all'erba, c'è 'n fruscio,e da le fratte sbuca 'na figurabianca e pelosa che strillava: "Oddio! È tardi, è tardi!" - e poi co' gran premura pija er fugone e lancia 'no squittio. Co' un ber panciotto d'ottima fattura era vestito a modo e co' puntijo, ma quant'è vero Iddio: era 'n conijo!».