«Sono Giulia Agrippina Augusta e ho raggiunto il quarantesimo anno di età. Ho imparato molto da mia madre, ma disgrazie innumerevoli mi hanno indotto ad agire con meno testardaggine, imitando la diplomazia in cui mio padre eccelleva. L’arte più importante è quella che insegna a vivere. Si ottiene una vita di potere solo imparando a usare gli uomini come mezzi. Il fuoco che nel cuore arde, fatto di pulsioni e debolezze, va nascosto nel ghiaccio. Una passione genuflessa al rigore delle regole di corte mi ha recato ormai un dominio indiscusso, nonostante le resistenze di chi a me tutto deve: mio figlio Nerone.» Una biografia scritta come l’autobiografia di una donna che fu nobildonna e imperatrice.
Per tutta la vita Jean Baudrillard si è misurato con la tradizione del pensiero razionale occidentale, cercando di prenderne le distanze. L'ossessione millenaria della filosofia per la realtà e il tentativo di eliminare dal mondo l'apparenza e l'illusione si sono rivelati un vero fallimento: oggi tutto si presenta ai nostri occhi come il regno del simulacro e della simulazione. Con lo sviluppo delle tecnologie digitali, la realtà sociale che conta è quella inquadrata da un qualche obiettivo. Sullo schermo del cellulare la nostra rappresentazione mediatica diventa sempre più importante, mentre la confusione tra il reale e l'immaginario aumenta. La razionalità non sopporta questo paradosso, perché non tollera l'incoerenza. Il pensiero, scrive Baudrillard, "se non aspira più al discorso della verità, deve prendere la forma di un mondo da cui la verità si è ritirata". Vanni Codeluppi getta luce sul pensiero radicale del grande maestro, guidandoci nella rete dei suoi continui rimandi interni come in un ologramma, dove ciascuna parte rinvia sempre al tutto e ogni singolo elemento contiene l'informazione totale. In un dizionario che attraversa i meandri più attuali dell'opera di Baudrillard, la sua eredità si libera di ogni semplificazione e ci offre una chiave di lettura della nostra incapacità di uscire dagli inganni della ragione moderna.
Altro che fine della politica, è proprio a questo punto del trionfo dell'individuo che si scopre che il mercato non basta. E' necessario che la politica ritrovi la forza di orientare lo sviluppo e di non subire l'egemonia di un vecchio pensiero liberista che ha fatto molte vittime anche a sinistra. Nel mondo delle interdipendenze non si può essere liberi da soli, senza gli altri o contro gli altri, ma solo in dialogo con gli altri.
Quando Verdi conseguì il primo importante successo col "Nabucco", il genere di melodramma che s'era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico» e al diversivo sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici. Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irreproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell'arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decennî. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall'Opéra di Parigi. Il maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l'Opera francese, la cultura, l'ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla "Traviata", fa una distesa narrazione e interpretazione.
Peppino Impastato, assassinato a trent'anni dai mafiosi di Cinisi nel 1978, non era un "eroe solitario" in lotta contro le cosche: era un militante politico dell'estrema sinistra che aveva coagulato intorno a sé, nella Cinisi del capomafia Tano Badalamenti, un gruppo di giovani e di collaboratori che, in tempi e modi diversi, lo hanno affiancato sino alle ultime ore di vita, continuando dopo la battaglia per riabilitarne la memoria, contro il depistaggio delle indagini. Salvo Vitale, che ha condiviso il percorso politico e culturale di Peppino, ha raccolto, inquadrandoli nel loro momento storico, ricordi e testimonianze di alcuni compagni, ai quali la vicenda umana e politica del militante siciliano dell'Antimafia ha lasciato un segno indelebile.
Il 29 febbraio del 2016, alle sette del mattino, atterra a Fiumicino il volo Alitalia AZ 827 proveniente da Beirut, Libano. A bordo 93 siriani in fuga dalla guerra, in gran parte bambini. È il primo corridoio umanitario aperto dalla Comunità di Sant'Egidio, dalla Federazione delle Chiese Evangeliche e dalla Tavola Valdese: l'inizio di un'avventura straordinaria, dimostrazione evidente di un'alternativa possibile, sicura e umana, ai viaggi disperati in mare. Su quell'aereo viaggia anche Badheea, che qui racconta con parole semplici e linguaggio asciutto l'odissea della sua vita: l'infanzia nella campagna di Al Dabaa, l'inizio della guerra in Siria, la fuga in Libano per «non essere uccisi e per non dover uccidere». È una storia di disperazione e di speranza insieme, di paura e di amicizia, di violenza e di pazienza. Perché nelle parole di Badheea si riassume il grido di un popolo, quello siriano, che chiede di tornare a casa propria, in pace e sicurezza.
Sophie Scholl fu condannata dal Tribunale del Popolo di Monaco di Baviera per tradimento contro lo Stato e il Führer e ghigliottinata il 22 febbraio 1943, all'età di 21 anni. Insieme a lei vennero decapitati il fratello Hans, Christoph Probst e, due mesi dopo, Alexander Schmorell, Willi Graf e il loro professore di filosofia, Kurt Huber. Si concluse così l'avventura della «Rosa Bianca», il gruppo di cinque giovani universitari tedeschi che nel corso del 1942 e nelle prime settimane del 1943 sfidarono il regime nazista stampando e diffondendo clandestinamente in Germania e Austria sei opuscoli contro Hitler. Quei fogli raccontavano gli orrori che si stavano consumando ai danni degli ebrei, informavano delle sconfitte militari naziste - una su tutte: Stalingrado facevano appello ai grandi ideali della cultura e alle lezioni della storia, esortavano i tedeschi alla ribellione, al sabotaggio, alla diserzione. La Rosa Bianca non fu un'organizzazione diffusa, strutturata, con legami e finanziamenti internazionali, sul modello della nostra Resistenza. Fu qualcosa di diverso, si può dire di unico nella storia della lotta ai totalitarismi del '900, perché in essa il ruolo della religione cristiana fu cruciale. Quei giovani non erano animati da un'ideologia né erano interessati alla politica. Il loro sacrificio ha un significato profondamente religioso perché è un inno alla sacralità della vita di fronte alla barbarie e al disprezzo per l'uomo.
Una raccolta di dichiarazioni di Matteo Salvini da giornali, radio e tv, comizi e canali social. Una scoppiettante biografia politica dagli anni Novanta a oggi con le sue ossessioni, politiche e non, le sue mirabolanti giravolte, e i segreti della spregiudicata strategia comunicativa del Capitano.
Beethoven è stato una figura smisurata, supremo genio musicale e cumulo di contraddizioni, di comportamenti eccessivi, descritto dalla critica come l'emblema stesso dell'artista romantico o come un illuminista. Ma Beethoven è stato soprattutto un tedesco: e in questa biografia Buscaroli ne sovverte l'immagine abituale alla luce delle fonti e dei documenti. Ne esce un ritratto completamente nuovo che racconta la famiglia, il rapporto con i musicisti del suo tempo, il carattere, le malattie, gli amori, il sentimento e gli scopi dell'arte. La biografia diventa così chiave di revisione di un'immagine stereotipata, illuminista per non dire giacobina, dell'artista, dell'uomo e di tutta l'età seguita alla "révolution".
Perché alla fine del 1999 non fu possibile costruire un corridoio umanitario per far rientrare in Italia da Hammamet Bettino Craxi, gravemente malato, e farlo operare e curare in un centro specializzato senza che fosse arrestato? «La mia libertà equivale alla mia vita», dirà fino all'estremo il leader socialista per spiegare il rifiuto di accettare il carcere e la decisione di restare in Tunisia, dove muore il 19 gennaio 2000. Nel resoconto della trattativa, oltre ai familiari del leader socialista si affacciano il governo, il Quirinale, il Vaticano, l'America e la CIA, i magistrati di Mani pulite e i socialisti dispersi dall'inchiesta su Tangentopoli. Il caso Craxi rappresenta l'ultimo scorcio del Novecento italiano, sospeso tra la caduta del Muro di Berlino, il crollo della Prima Repubblica e l'alba dei poteri forti che s'impongono all'inizio del nuovo secolo.
Maria Cervi ha solo 9 anni quando padre e zii vengono fucilati a Reggio Emilia dai fascisti. Ancora adolescente, inizia ad affiancare il nonno Alcide nel percorso di testimonianza grazie al quale il martirio dei 7 fratelli Cervi diventa presto un simbolo della Resistenza italiana ed europea. In queste pagine viene ripercorso il cammino di Maria dalla bambina che era alla donna eccezionale che è diventata, memoria pubblica di una famiglia fuori dal comune, senza negarsi e senza proteggersi da niente. «Di Antenore e degli altri fratelli Cervi, di papà Alcide, delle donne che rimasero e ripresero a vivere», scrive Veltroni nella sua prefazione, «si è detto molto e molto sappiamo. Qui, a emergere in pieno è il cammino intrecciato di profonda umanità e comunque pieno di ostacoli di una bambina costretta a diventare grande e in fretta, molto in fretta. Con il ricordo di un papà "dolce e di poche parole", quando la sua esistenza era semplicemente quella di una "bimba felice in famiglia felice". Con la "salvezza" rappresentata dall'impegno politico e dall'affermarsi in lei di quel "dovere morale di rendere conto"». Volume pubblicato in collaborazione con l'Istituto Alcide Cervi. postfazione di Luciano Casali.
Né icona marxista, né frutto della guerra fredda: Fidel Castro, l’ultimo Re cattolico, è il più coerente erede, nell’età contemporanea, della cristianità ispanica in America Latina.
Galiziano e cubano, gesuita e comunista, la sua parabola umana e politica è la continuazione ideale dell’eterna lotta della Spagna cattolica contro l’illuminismo prima e la modernità liberale poi, figlie del mondo protestante.
La sua biografia, la sua formazione, il suo universo morale, il suo immaginario politico e sociale, il suo regime, esprimono la concezione organica del mondo tipica di quel retaggio; il suo viscerale odio per il liberalismo, la democrazia rappresentativa, le libertà individuali, l’economia di mercato e i paesi occidentali ne sono il naturale corollario.
Fidel Castro emerge in questo volume come un leader religioso, più che politico; come Re e Pontefice di un ordine confessionale che fuse ciò che il liberalismo aveva separato: politica e religione, individuo e comunità, Stato e società.
La natura totalitaria del suo regime non imitò gli alleati socialisti, ma fu frutto spontaneo della matrice antiliberale del populismo latino: falangismo, peronismo, chavismo sono i suoi più stretti parenti. Il suo Stato fu uno Stato etico dedito a catechizzare i fedeli e convertire gli infedeli con la croce della sua fede e la spada dei suoi eserciti. Il suo comunismo è un’utopia cristiana, culminata nell’invocazione dell’unione di cristiani e musulmani contro il peccato liberale e capitalista. Aveva promesso prosperità, morì intonando lodi alla povertà evangelica: il frutto dei suoi disastri economici.