L'opera rappresenta una risposta ai momenti di difficoltà vissuti dall'uomo moderno, categoria nella quale rientrano anche i consacrati. Nella prima parte del volume vengono affrontati i problemi che emergono sia nella vita consacrata che in quella della società attuale. Nella seconda parte, invece, il lettore trova le risposte e gli esempi forniti dalla stessa vita consacrata. Il concetto che emerge è che le persone consacrate sono chiamate ad attingere la luce da Cristo per illuminare a loro volta il mondo odierno, che si trova a vivere nella disperazione.
In una società plurale come la nostra, c'è spazio per i preti? La loro figura ha ancora qualche futuro o appartiene irrimediabilmente al passato? Senza di loro la comunità cristiana può vivere e dare il proprio contributo alla società civile? Che cos'è la vocazione sacerdotale? Come e dove matura? Qual è il suo compito? Quali le risorse e quali le difficoltà? Il cardinale Scola, in occasione dei venticinque anni di episcopato, raccoglie in questo volume alcuni dei suoi interventi ai seminaristi e ai preti milanesi con lo sguardo rivolto al futuro, alla ricerca del volto del prete del terzo millennio, fino in fondo fedele al Vangelo e, perciò, ai suoi contemporanei. Consapevole che vivere la vita come vocazione significa viverla "con, per e come Gesù", l'arcivescovo di Milano invita tutti noi a riscoprire la bellezza di un'esistenza spesa come quotidiana testimonianza di amore per Cristo e per la Chiesa al servizio del popolo cristiano e di tutti gli uomini.
La Compagnia di Gesú, nata nel secolo della Riforma e della Controriforma per combattere le eresie, abolita nel Settecento illuminista, riportata in vita nell'Ottocento romantico e reazionario, impegnata infine nelle tragedie del XX secolo, ha svolto ruoli diversi nel tempo. Ha accolto personalità tra di loro in vivace contrasto ma questo non ha impedito che nel corso dei secoli la parola "gesuita" continuasse a evocare un tipo umano speciale: sofisticati maestri di finzione e di doppiezza. Fu facile per critici e avversari giocare ogni volta sul luogo comune della distanza tra l'inarrivabile modello di Cristo e le difettose, parziali imitazioni di chi si fregiava del suo nome. Distanziandosi da tali stereotipi Adriano Prosperi racconta chi furono in realtà i primi gesuiti e come ne fu costruita la speciale coscienza di "chiamati" da Cristo a essere i nuovi Apostoli del mondo moderno. Lo fa attraverso l'analisi delle loro "autobiografie" che mettono in luce il rapporto tra la vocazione, la chiamata divina, e l'arbitrio umano nell'ascoltare e nel rispondere ad essa: un territorio oscuro, pieno di incidenti imprevedibili, dominato dalla resistenza umana.
Studio multidisciplinare sulla formazione dei presbiteri italiani di oggi, che esamina il tema dal punto di vista teologico, storico e scientifico, facendo soprattutto ricorso a intuizioni e metodi propri delle scienze umane. Questo tipo di analisi permette di rilevare elementi interessanti che sono propriamente dinamici, attinenti al "prima" e all'"attorno" al seminario, e le ripercussioni che hanno nella vita e nella spiritualità dei seminaristi. Emerge con chiarezza che il seminarista non è solo una monade psichica impegnata in un processo interno di integrazione di valori umani e trascendenti, ma una persona (con tutte le implicazioni che questo termine riveste nel personalismo) inserita in un contesto specifico e con una propria storia di vita.
Nel contesto socioculturale odierno è cresciuta, in molti Istituti Religiosi, la coscienza della necessità di un ascolto dei contributi delle scienze umane che, se assunti in una visione integrale della persona, offrono la possibilità di realizzare un percorso formativo più adeguato. Questo libro propone alcuni spunti di riflessione. dal unto di vista psicologico, per comprendere i dinamismi psichici della persona e, in particolare, della persona che attua una specifica scelta di vita consacrata.
Lo scopo è di evidenziare alcune implicante psicologiche dell'opzione di seguire Cristo secondo i consigli evangelici, cercando di integrare contenuti disciplinari inerenti all'ambito della psicologia dinamica, della psicologia della religione e della psicologia sociale.
Il libro, finora unico nel suo genere, raccoglie storie di donne consacrate che hanno subito un abuso sessuale in tempi diversi della loro vita da preti e consorelle di comunità. Ed è la testimonianza di come si possa riemergere dalle ferite e ricominciare a vivere. L'intento è anche di portare alla luce ciò che si trova in quest'angolo buio della realtà della Chiesa. «Il tono della presentazione delle storie delle donne consacrate è forte, la presa di posizione è molto chiara e drastica, e questo è comprensibile non solo perché l'autrice ha ascoltato e ha accompagnato le donne abusate che parlano della loro esperienza, ma anche perché questo testo vuole svegliare la coscienza e motivare a rompere il silenzio», scrive nella presentazione il gesuita Hans Zollner, preside dell'Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana e membro della Pontificia commissione per la protezione dei minori. «I racconti riportati in questo libro e la descrizione del cammino di accompagnamento mettono in evidenza la complessità dei vari fattori che contribuiscono a infliggere ferite e a creare situazioni di enorme dolore e disperata solitudine».Tra le diverse prospettive di lettura se ne propongono due particolarmente importanti: quelle dell'integrazione e quelle delle domande pedagogiche che interpellano.
Il libro nasce dall'esperienza di vita dei presbiteri, spesso chiamati a tenere insieme, in una sintesi non facile, vicende e sentimenti assai contrastanti. È consueto, per esempio, passare repentinamente da situazioni di gioia e di festa ad altre di lutto e di lacrime, oppure da attestazioni di gratitudine a critiche graffianti. I preti, inoltre, sperimentano la divergenza tra la bellezza di ciò che annunciano e la povertà di quel che riescono a mettere in pratica. È possibile armonizzare queste situazioni contraddittorie? San Paolo, nei suoi scritti, sembra rispondere affermativamente facendo ricorso ad alcune espressioni paradossali che diventano strumento di indagine teologica e chiave di lettura dello stesso ministero, debolezze e peccato compresi.
«Quello che sta davanti a voi è un uomo perdonato. Un uomo che è stato ed è salvato dai suoi molti peccati. Ed è così che mi presento. Questo "peccatore" vestito di bianco non ha molto da darvi o offrirvi, ma vi porto in dono quello che ho e quello che amo: Gesù, la misericordia del Padre»>.
Papa Francesco si è presentato con queste parole ai detenuti del rigido carcere boliviano di Palmasola, nel corso del suo viaggio in Sudamerica del luglio 2015. In modo analogo, nell'ormai famosa intervista concessa a padre Spadaro per Civilta Cattolica, ha affermato: «Io sono un peccatore.
Questa è la definizione più giusta. E non è un modo di dire, un genere letterario».
Un pontefice che rivendica il primato dell'esperienza del proprio peccato chiama in causa due aspetti dell'identità sacerdotale: la figura del prete penitente, che vive nella verità la consapevolezza della propria fragilità, e quella del prete confessore, che desidera riversare sul fratello peccatore, né più né meno come lui. la misericordia che egli ha sperimentato. Su questi terreni si gioca oggi il senso profondo dell'identità dei sacerdoti e la stessa riforma del clero che prefigura quella dell'intera Chiesa.
“I sacerdoti santi sono peccatori perdonati e strumenti di perdono. La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza; non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti.(...) Preti così non s’improvvisano: li forgia il prezioso lavoro formativo del Seminario e l’Ordinazione li consacra per sempre uomini di Dio e servitori del suo popolo. (...) Del resto, fratelli, voi sapete che non servono preti clericali, il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione”. (dal Messaggio di Papa Francesco alla 67a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana: Assisi, Novembre 2014).
Il libro affronta un tema particolare, la bellezza, su cui sono presenti oggi sensibilità opposte: da un lato uno scadimento inquietante del senso estetico, dall'altro una sorta di nostalgia della bellezza come esigenza insopprimibile. Il testo costruisce attorno a questa domanda di bellezza, che è assieme ricerca del vero e del bene, la proposta vocazionale, quale risposta a questa nostalgia, che consente al giovane chiamato di realizzarsi nella bellezza del progetto di Dio, Bellezza somma. Perché Dio è bello, e bello è lodarlo e ancor più servirlo. La crisi vocazionale è anche conseguenza dell'averlo dimenticato. Per arrivare a questo traguardo, dopo aver definito le caratteristiche della bellezza (misteriosa e drammatica, luminosa e disarmata), propone una pedagogia generale della bellezza, che consiste in un cammino di evangelizzazione dei sensi, per dare loro un significato autentico e profondo; e poi una pedagogia vocazionale della bellezza, per rendere il chiamato, ovvero ogni credente, sempre più sensibile, evangelicamente sensibile alla bellezza, e capace quindi di fare una scelta di vita ad essa ispirata. Bella dev'esser dunque, non solo corretta e fedele, la testimonianza di chi lo segue e lo annuncia, per testimoniare che seguire Gesù rende belli come lui. La Bellezza salva il mondo e la Chiesa, perché chiama ogni vivente a realizzarsi secondo la propria bellezza: unica, singola, irripetibile.
«Scrutare gli orizzonti della nostra vita e del nostro tempo in vigile veglia. Scrutare nella notte per riconoscere il fuoco che illumina e guida, scrutare il cielo per riconoscere i segni forieri di benedizioni per le nostre aridità»: le parole del documento Scrutate - redatto dalla Congregazioneper gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica - inquadrano le pagine del volume, che contiene un'ampia riflessione sul carisma francescano considerato preziosa risorsa per le questioni vitali della Chiesa e della società del nostro tempo.
Une autre invitation pour la Vie consacrée. Fixer le regard au coeur de notre vie; s'interroger sur notre recherche de Dieu; réfléchir sur la dimension contemplative de notre époque, pour reconnaitre le mystère de grâce qui nous guide, nous passionne, nous transfigure. Le désir retentit: Pose-moi comme un sceau sur ton coeur (Ct 8,6). Le cri mystique que reconnait l'Aimé, beau, comme aucun des enfants de l'homme, comme puissance d'amour, féconde l'Eglise et rassemble dans la cité humaine les fragments égarés de la Beauté.
"L'Amour authentique est toujours contemplatif" (Pape Francois).