L'opera svolge un'analisi del processo di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dalla nascita alla dissoluzione, e al rapporto con il mondo della religione; tutto ciò, chiaramente, non in maniera generalista, ma precisamente tenendo conto del pontificato di Giovanni Paolo II, del suo rapporto con le Chiese dei Paesi sovietici, e del suo personale aiuto per la loro sopravvivenza. Il tema è approfondito con professionalità e serietà scientifica in più di quaranta contributi contenuti nel volume: sono stati redatti da autori che, nella maggior parte dei casi, appartengono alle aree linguistiche interessate e che quindi hanno potuto compiere le loro ricerche in lingua originale; per facilitarne l'accesso anche al pubblico italiano, vengono proposte per la prima volta con traduzione. Anche nei casi in cui gli autori, invece, siano estranei alla materia studiata e al suo contesto culturale, la ricerca è stata condotta con la maggior cura possibile per mantenere comunque un alto livello scientifico.
Il mito di Napoleone, «l'uomo che suonava la musica dell'avvenire», continua a coinvolgere e intrigare sempre nuove generazioni. Di che cosa è fatta la sua eccezionalità? Come si è sviluppata e che cosa ha prodotto? Dopo "N." (Premio Strega 2000), che racconta i dieci mesi dell'Elba, Ernesto Ferrero ha continuato a indagarne gli aspetti che possono rivelarlo meglio e che ci toccano più da vicino: le inesauribili capacità organizzative, le tecniche di comunicazione, la progettualità visionaria, l'introduzione della meritocrazia, il culto del budget, le politiche economiche e culturali, l'attenzione per l'arte e per il libro, la rifondazione della macchina dello Stato, a partire dal Codice civile. Con una narrazione incalzante e in un fitto intreccio di storie e personaggi, il libro condensa in venti temi-chiave le ragioni di un'ascesa e di una caduta fuori misura (dalla prima campagna d'Italia all'Egitto, dalla Russia a Waterloo, all'esilio sull'isola di Sant'Elena) e i retroscena di un «sistema operativo» che fa di Napoleone il fondatore della modernità.
Il volume di Hugo Brandenburg, pubblicato per la prima volta da Jaca Book nel 2004, è diventato un'opera di riferimento internazionale sulle prime chiese di Roma, straordinario fenomeno edilizio che, a seguito dell'editto di Milano del 313 emanato da Costantino e dal coreggente Licinio, rese Roma il primo centro di espressione e diffusione di quella nuova arte che definiamo «paleocristiana». La lettura delle Scritture, la salmodia, l'omelia e il banchetto divino che caratterizzavano le riunioni e le pratiche di culto delle prime comunità - e anche dopo l'età apostolica - si svolgevano in ampi ambienti privati, o altri edifici messi a disposizione da un membro della comunità, non costituendo ancora un'associazione religiosa riconosciuta, dotata di proprio status giuridico, e non potendo possedere beni immobili. Diversamente dai templi o dagli edifici di culto pagano, sacralizzati dalla presenza del dio, il cui culto si svolgeva per lo più all'esterno, il servizio divino dei cristiani aveva sempre luogo in ambienti chiusi. Dalla fine del II secolo, con l'accrescersi delle comunità si rese necessario avere specifici spazi destinati al culto, luoghi che verranno definiti domus dei o domus ecclesiae, dal termine greco che in origine designava la comunità stessa, l'assemblea dei credenti, ai quali via via verrà attribuita la sacralità che ne farà il «tempio di Dio». Ma bisognerà attendere l'epoca costantiniana perché questi luoghi inizino a presentare una particolare fisionomia architettonica e acquisiscano nella Chiesa cristiana la fisionomia monumentale che possiamo ancora ammirare.
L'irregolarità del processo intentato a Galileo è un fatto. Nonostante l'Inquisizione si attenesse a una procedura codificata, sulle inesattezze formali del processo la storiografia moderna tedesca ha versato fiumi d'inchiostro. Ma lo sguardo dello storico passa qui dalle inesattezze formali, dalla falsificazione di documenti e dalle lacune del procedimento giudiziario, all'analisi delle stesse basi canoniche di cui si sarebbe avvalsa la sentenza di condanna. Non sono in gioco solo la violazione del diritto e la falsificazione di documenti, ma gli stessi argomenti teologici. Non è mai esistito, in realtà, un decreto di condanna dell'astronomia copernicana come dottrina eretica né un decreto di censura teologica dell'eliocentrismo - per il quale Galileo di fatto fu condannato. Così, si annoda ancora di più l'intreccio di quel processo, ove - commenta l'autore "il falsario è rimasto vittima del falso da lui stesso prodotto". A sfumare sono i contorni fra un'autorità ecclesiastica regista del processo ingannevole contro uno dei fondatori della scienza moderna, e una istituzione vittima dell'aver prestato fede per secoli a questa grande menzogna fondata su presupposti inesistenti. Il seguito della storia è ancora da scrivere, perché nell'imponderabile oscillano conseguenze e giudizi ideologici. I documenti conducono fin qui, ma la ricostruzione di questo grande equivoco spalanca nuove piste di ricerca.
Un inconsueto e inedito legame familiare unisce un grande direttore del Corriere della Sera, un drammaturgo che ha scritto la Tosca e una talentuosa attrice nipote di Lev Tolstoj. Questo è il romanzo di quelle vite, di quegli intrecci, che coprono molti decenni tra '800 e '900, in una saga storica e letteraria che racconta per la prima volta una famiglia che ha cambiato l'Italia.
È stato il più potente e misterioso servizio segreto italiano. Campagne di disinformazione, depistaggi, doppiogiochismi, provocazioni: nulla è mancato nella storia dell'Ufficio Affari riservati. Eppure, una ricostruzione dell'attività di questo organismo non è mai stata scritta, tanto che ancora oggi gran parte dell'opinione pubblica ignora perfino che sia esistito. Questo libro colma finalmente il vuoto e, attraverso una corposa mole di documenti inediti, frutto di approfondite ricerche d'archivio, ripercorre la storia dei servizi segreti del Ministero dell'Interno, concentrandosi soprattutto sull'influenza che ebbero nelle vicende nazionali tra l'immediato dopoguerra e gli anni di piombo, e fornendo nuove e significative rivelazioni su alcuni dei principali misteri italiani, dalla strage di piazza Fontana al golpe Borghese. Dalla ricostruzione emerge per la prima volta con completezza d'informazioni la figura di Federico Umberto D'Amato, sotto la cui direzione i servizi segreti del Viminale raggiunsero a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta l'apice del loro potere. Anima nera della Repubblica per i suoi detrattori, il più geniale uomo d'intelligence che il paese abbia mai avuto, per i suoi sostenitori, D'Amato trasformò l'Ufficio Affari riservati in un moderno organo di spionaggio, dotato di una rete di infiltrati senza precedenti, sempre in bilico tra legalità e illegalità. Le ombre che gravano sull'attività della struttura ai tempi della direzione di D'Amato sono comunque pesanti. A cominciare dal suo ruolo nella drammatica stagione della strategia della tensione.
Subito dopo la morte in croce di Gesù di Nazareth, i suoi seguaci iniziarono a essere perseguitati. Fino al IV secolo il cristianesimo rimase una religione a rischio di estinzione, esposta non solo agli attacchi di intellettuali romani e greci, ma anche alla brutale persecuzione delle autorità: Pietro e Paolo sarebbero stati giustiziati a Roma, e l'imperatore Nerone avrebbe usato i cristiani come torce viventi per illuminare i suoi giardini. Altri cristiani furono condannati a finire sbranati dai leoni nel circo o altrettanto crudelmente puniti per la loro fede. Il volume spiega le ragioni di questa antica fase di persecuzione, illustra martiri e apostati, persecutori e perseguitati, e offre un panorama di un mondo di fede che oggi ancora, dopo duemila anni, è parte costituiva dell'immagine di sé della Chiesa.
La storia è un affare di famiglia. Dai Tolomei alle grandi famiglie dell'Impero Romano, dai Tudor ai Borbone, dai Borgia ai Romanov La storia è fatta dai popoli. E indubbiamente è vero che è stato il sacrificio degli umili e il sangue di migliaia di innocenti a costruire il destino dell'umanità. Eppure, gli uomini hanno sempre avuto bisogno di una guida per costruire grandi imprese. E senza i desideri di gloria e di ambizione dei regnanti, non avremmo avuto le Piramidi, la gloria delle antiche civiltà, il Rinascimento e gli splendori della moderna tecnologia. Questo libro racconta la storia dei personaggi che si sono posti - per abilità o per lignaggio - a capo di interi popoli, analizzando le loro famiglie e il loro destino: battaglie e conquiste, violenze e incredibili gesti di umanità, passioni e intrighi, splendori e miserie. Partendo da Babilonia, attraverso le correnti del tempo, dalle grandi città del mondo antico - Alessandria, Roma, Costantinopoli - raggiungeremo la Grande Muraglia, il Fujiyama, il Sacro Monte dell'Impero giapponese e i bianchi templi di Tenochtitlan. Un libro per conoscere la storia dell'umanità attraverso le gesta di chi l'ha guidata. Tra le dinastie descritte nel libro: I sovrani Cassiti di Babilonia, I Tolomei, La dinastia dei Qin, La dinastia Giulio-Claudia, Gli imperatori adottivi, La dinastia persiana sassanide, La dinastia macedone, I Capetingi, Gli Hohenstaufen, I Plantageneti, I Tudor, I Borgia, La dinastia Moghul, Gli Asburgo, I Savoia, I Borbone, La dinastia dei Qing-Manciù, Gli Hohenzollern, La dinastia imperiale giapponese, I Romanov, La dinastia azteca.
La maggior parte degli italiani non è abituata a pensare alla lunga storia del proprio Paese (tra Medioevo e Rinascimento, Controriforma e Risorgimento) anche come storia degli ebrei che pure, fin dall'epoca romana, lo abitarono ininterrottamente. Né, al contrario, la vitalissima storia ebraica nella nostra penisola è di solito concepita come parte integrante della storia italiana: la si pensa piuttosto come la parabola speciale di una minoranza emarginata, isolata, perseguitata; passiva di fronte agli eventi della 'Grande storia' o colpita in negativo da essi in ondate ininterrotte di antisemitismo. Germano Maifreda rovescia questo paradigma, sostenendo che conoscere la storia degli ebrei è indispensabile per capire la storia d'Italia nel suo complesso. Ripercorrendo, anche tramite documenti inediti, tante vicende piccole e grandi nell'arco di diversi secoli, l'autore dimostra che il passato italiano nei diversi ambiti (politico, economico, sociale, culturale, religioso) può essere visto con occhi nuovi se si tiene conto dell'azione costruttiva di donne e uomini ebrei; nonché delle influenze reciproche e delle tante forme di interazione avvenute tra loro e tutti gli altri abitanti della penisola.
Questa è la storia di tre vite che si intrecciano indissolubilmente. Una storia di clandestinità, di estenuanti bracci di ferro e di colpi di mano. Di tre uomini che, combattendo contro i nazifascisti, il 25 aprile 1945 provano a rifare un paese da capo. Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri e Luigi Longo sono nati a pochi chilometri e a pochi anni l'uno dall'altro, con retroterra differenti, biografìe politiche e culturali diversissime, eppure con un destino comune. Pochi ricordano i loro nomi di battaglia: il generale Valenti, comandante del Corpo volontari della libertà, e i suoi due vice, Maurizio e Italo, alias comandante Gallo. Un militare, un azionista e un comunista che il 26 agosto del 1944 si incontrano per la prima volta, in clandestinità, e si stringono la mano. Senza sapere cosa succederà nei mesi successivi, senza sapere dove saranno e se ci saranno, alla fine di tutto, otto mesi dopo. E chiedendosi chi di loro sarà ai posti di comando, al momento dell'insurrezione. Sono ore che segnano una delle rotture più profonde della storia italiana, quelle in cui i vertici della lotta di liberazione si incontrano con i gerarchi di Salò in Arcivescovado, a Milano. Tutto intorno alla trattativa divampa l'insurrezione, mentre alla radio si sente una voce calma e determinata che intima ai fascisti: «Arrendersi o perire».
«Dire senso di nazionalità, significa dire senso di individualità storica. Si giunge al principio di nazione in quanto si giunge ad affermare il principio di individualità, cioè ad affermare, contro tendenze generalizzatrici ed universalizzanti, il principio del particolare, del singolo. Per questo, l'idea di nazione sorge e trionfa con il sorgere e il trionfare di quel grandioso movimento di cultura europeo, che ha nome Romanticismo.» (Federico Chabod)
Nato da una breve lezione estemporanea tenuta dalla professoressa Herrin ad alcuni operai che, durante i lavori di ristrutturazione del King's College, le chiedevano che cosa fosse la storia bizantina, questo libro riesce a raccontare Bisanzio nell'età antica e nel medioevo in una forma semplice e appassionante per chiunque. Per molti secoli l'impero bizantino è stato un luogo in cui cristianesimo, romanità ed ellenismo hanno formato uno straordinario impasto politico e culturale, che ha raccolto l'eredità storica dell'impero romano e l'ha integrata con gli influssi provenienti dall'Est europeo e dal mondo arabo. A Bisanzio nacquero istituzioni come la diplomazia e la burocrazia civile, o fenomeni religiosi come il monachesimo. E sempre a Bisanzio e alla sua passione per la letteratura greca dobbiamo la preservazione delle opere classiche e la loro riscoperta quando, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, numerosi studiosi bizantini invasero pacificamente l'Italia e diedero impulso alla nascita dell'Umanesimo e del Rinascimento. Coniugando rigore scientifico e divulgazione, questo libro restituisce all'impero bizantino il suo ruolo nella formazione dell'Europa moderna, troppo spesso trascurato nella percezione comune.