Attraversando le diverse tradizioni e sensibilità religiose, la ricerca a più mani offerta dal volume vuole provare a rispondere alla domanda: come il pensiero e la pratica ospitale possono promuovere il dialogo tra le religioni?
Dopo una descrizione del pluralismo religioso interrogato anche dal punto di vista della teologia, sarà la sapienza orientale a ricordare che l’accoglienza e la tolleranza sono virtù tipiche del mondo hindu quando l’ospite continua ad essere considerato come una divinità. Così anche la teologia musulmana quando, come recita un hadith, ricorda che: “una casa dove non entrano degli ospiti non sarà frequentata dagli angeli”. E le chiese cristiane sanno che il metro di misura del loro agire e della loro testimonianza sarà, come ricorda il vangelo, l’ospitalità ecumenica ed interreligiosa: “ero forestiero e mi avete ospitato…”. La vocazione universale delle religioni, insomma, si fonda su un’identità ospitale, messa in discussione, però, quando esse si prestano a diventare dispositivi simbolici ufficiali di politiche d’identità, come la storia del Mediterraneo insegna. E se il diritto è chiamato a promuovere la pratica dell’ospitalità, anche la teologia della creazione può riscoprire un’ospitalità fondatrice.
In continuità con una ricerca avviata da tempo ed ereditando, insieme al patrimonio interreligioso, anche il pensiero e la pratica francescana, il lavoro che qui si presenta intende indagare l’ospitalità come cifra paradigmatica. Si tratta di rileggere ogni tradizione all’interno di tale paradigma e insieme provare ad eleggere il “principio ospitalità” come cifra del dialogo interreligioso a venire. In continuità con le tradizioni religiose, ma anche e tanto più come esigenza dei tempi che viviamo. Gli autori dei diversi saggi sono convinti che un’autocomprensione cristiana in chiave di ospitalità (che promuove l’identità credente e insieme rispetta l’irriducibilità dell’altro) possa liberare e far maturare il dialogo interreligioso.
Il racconto della Torah si apre con la narrazione di un omicidio, segno della violenza ontologica radicata nell'uomo. Caino e Abele hanno il compito di rappresentare ciò che vi è di più universale nella natura umana. L'Autore mostra come alcune tradizioni interpretative abbiano favorito una lettura tipologica e ideologica in cui i due fratelli sarebbero la prefigurazione di un antagonismo eterno tra ebraismo e cristianesimo. Ma un'attenta analisi di altre tradizioni esegetiche rivela come il racconto della Genesi sia più complesso di quanto sembri e sia imperniato su un dialogo tra i due fratelli abbozzato dal primo, neppure tentato dal secondo. Abele, che tutti aspiriamo a incarnare, è anche colui che non si è mai interessato di suo fratello. La domanda del dialogo deve essere posta all'Abele che è in noi, perché è lui che, nonostante le sue presunte virtù, non rivolge uno sguardo a suo fratello. L'impellente interrogativo «Dov'è Caino, tuo fratello?» può, quindi, riassumere lo spirito del percorso che qui si propone, provando a far dialogare due tradizioni esegetiche, ognuna delle quali ambisce ad essere la discendenza di Abele.
L’incarnazione di Dio hic et nunc costituisce il culmine della storia della salvezza. Nel cristianesimo, inoltre, «storia della salvezza» e «geografia della salvezza» sono entrambe essenziali e qui in Terra Santa se ne ha l’evidenza, giacché senza geografia non vi è storia e se si prescinde dal luogo svanisce l’evento.
Qui appare chiaro come il cristianesimo non sia un’ideologia, né un mito, né propriamente un messaggio, bensì innanzitutto l’incontro con una Persona Vivente che coinvolge e trasforma totalmente l’esistenza.
Venire in Terra Santa, toccare i suoi luoghi, significa dunque sperimentare «il Luogo» stesso.
Basterebbero queste parole per risaltare l’importanza di questa Guida di Terra Santa. Bibbia, archeologia, catechesi.
È necessario accogliere il mistero della Terra Santa così com’è, abbracciarla nelle sue ferite, che possono essere trasfigurate solo dall’amore di Dio e mai dalla sola giustizia umana.
Questa terra, però, non è solo luogo di conflitti, ma è anche la culla della cultura occidentale e, in gran parte, anche di quella orientale, e per noi cristiani è ancora di più: è la terra in cui è germogliata la nostra salvezza.
Se da un lato, quindi, essa sembra essere ormai senza speranza per le insanabili contese di cui è teatro, dall’altro rimane paradossalmente il centro che dà vita e speranza a molti, e specialmente a ebrei, cristiani e musulmani: «Tutti là sono nati», tutti là siamo nati.
Gli autori di questa Guida di Terra Santa, d. Germano Lori e d. Francesco Giosuè Voltaggio, che ormai da molti anni vivono in Terra Santa e servono la nostra Chiesa locale, hanno compiuto un encomiabile sforzo nel ritradurre tutte le fonti dalle lingue originali, nell’inserire le ultime acquisizioni esegetiche e archeologiche, come anche nel fornire spunti catechetici preziosi per i pellegrini che vogliano fare un’«immersione» nei luoghi santi. A tal fine si sono appoggiati sul lavoro di generazioni di archeologi e di studiosi dei luoghi santi, tra cui spiccano in primissima linea i padri francescani, verso i quali mostrano un grande debito di gratitudine, essendosi formati anche alla loro «scuola»…
La Terra Santa, infatti, lungi dall’essere un posto qualunque, è il luogo in cui ha avuto origine la nostra fede, in cui affondano le nostre radici…
La presente Guida è un validissimo aiuto per far gustare al pellegrino tutto il sapore dei luoghi santi e degli eventi accaduti in essi, facilitandogli l’incontro con il Signore e attualizzando quegli eventi per la sua vita di oggi.
Leggere la Bibbia in Terra Santa non è come leggerla altrove: qui le Scritture «si aprono» e nasce gradualmente un rapporto speciale con i luoghi menzionati in esse, finché, quasi senza accorgercene, quei nomi geografici, che spesso ci sono suonati così astrusi, si legano a un luogo preciso e a un’esperienza viva di fede, è come se acquistassero un «volto». Non si tratta più di realtà lontane, bensì concrete e familiari. I luoghi santi rimangono dunque un segno fondamentale della fede e la testimonianza di quanto Dio ha compiuto con il popolo d’Israele, come anche con la vita, morte e resurrezione di Gesù e con la prima Chiesa ai suoi primordi.
In Terra Santa si impara a guardare, ascoltare, meditare, «ruminare» il significato profondo e misterioso del passaggio di Cristo, si apprende a mettersi sulle sue tracce.
(Dalla presentazione di Pierbattista Pizzaballa)
Il tempo drammatico in cui siamo immersi, aggravato ulteriormente dalla pandemia, ci impone di pensare al futuro partecipando alla costruzione di una realtà non ancora del tutto visibile, impiegando tutte le nostre risorse positive nel costruirla.
Dalle diverse tradizioni religiose quali insegnamenti possiamo recuperare per progettare un mondo dove la cura abbia uno spazio di senso in primo piano? Tutti assistiamo alla sfida che l'ambiente ci sta lanciando da diverso tempo e insieme ad essa alla crisi dell'umano che riguarda tutti da molto vicino: la corsa al consumo e al profitto che lascia indietro molte persone in diverse parti del pianeta, i beni essenziali che non sono alla portata di tutti, l'estrema povertà di molti e la ricchezza di pochi l'economia di mercato che mostra tutti i suol limiti, e l'elenco potrebbe continuare ancora mettendo in luce quale impegnativo compito attenda nell'immediato ogni persona. Le religioni sono in grado di dare un orientamento verso il futuro? Gli interventi degli esperti provenienti dalle diverse tradizioni religiose, sul tema del prendersi cura, sembrano orientarci in senso positivo per condurci a una presa di coscienza e ai posizione in concreto che vadano ad opporsi all'indifferenza e alla noncuranza verso tutto ciò che ci circonda.
Secondo le diverse religioni il primo elemento da cui partire é lo sguardo di cura che ciascuno rivolge a se stesso, esso non può mai prescindere dall'aver cura di ciò che ci circonda perché espressione della coscienza religiosa d'essere solo una parte del Tutto.
In breve
«In queste pagine esamino l’autocomprensione che la chiesa cristiana ha assunto in quanto appartenente al mondo delle religioni. Ne deriva una grande quantità di elementi costitutivi di una teologia cristiana delle religioni».
Descrizione
È passato più di mezzo secolo da quando, al concilio Vaticano II, con la dichiarazione Nostra aetate, la chiesa cattolica ha presentato in modo coerente e totalmente nuovo la sua visione del mondo delle religioni. Da un lato, essa stessa fa parte di quel mondo. Dall’altro, essa possiede una propria vocazione e collocazione: in quel mondo deve accettarsi e presentarsi come una realtà fondata sul (e dal) Dio uni-trino.
Ciò che il concilio ha proclamato non ha assolutamente perso attualità. Anzi, oggi i cristiani incontrano dappertutto persone che appartengono alle religioni più diverse. Ed è ancor più necessario di ieri capirle, rispettarle, vivere con loro nella pace. Nel medesimo tempo i cristiani si sentono spronati a comprendere più in profondità il proprio percorso di fede come chiesa, per poterlo poi rappresentare in modo più convincente anche di fronte agli altri, in chiave di testimonianza.
Proprio dall’autocomprensione della chiesa cristiana come appartenente al mondo delle religioni derivano gli elementi costitutivi di una teologia cristiana delle religioni.
In un clima culturale di transizione, com’è il nostro, si tende a rovistare nel passato per trovare quei barlumi di luce che possono contribuire a portare un po’ di chiarezza. La post-modernità intesa sia come momento conclusivo del moderno, sia come dissoluzione interna dei valori della modernità, chiama sul banco degli imputati il moderno. Non è allora un caso se, a partire da questo sfondo culturale, vengano alla ribalta nel dibattito filosofico odierno, autori che offrono spunti critici nei confronti della modernità. Péguy è certamente un autore che si presta ad una tale operazione critica. La sua opera è, infatti, contrassegnata da una puntuale disamina nei confronti di ogni simbolo del mondo moderno. Sfogliando le pagine soprattutto della sua opera filosofica, si ritrovano anticipate le critiche alla modernità che hanno caratterizzato il dibattito filosofico sulla post modernità degli ultimi decenni. La pluralità delle visioni, dei modi di dire e di narrare la realtà, è spesso stata identificata come apertura alle derive relativiste e, di conseguenze, un ostacolo per la comprensione della verità. Abituati da millenni a leggere la realtà con gli schemi della logica aristotelica, del principio di non contraddizione, facciamo ancora oggi molta fatica a vedere nella posizione differente dalla nostra, nel punto di vista altro, non un limite, una limitazione, una contraddizione, ma un valore, un aspetto di verità da porre a lato del nostro, senza voler a tutti i costi produrre una sintesi. L’opera di Péguy offre notevoli spinti di riflessione in questa direzione. Il libro che presentiamo tenta di offrire una modalità nuova nell’interpretazione del pensiero di Péguy. Si vuole, infatti, mostrare come la sua impostazione filosofica, che ha nel metodo intuitivo di Bergson il punto di riferimento fondamentale, sia la chiave di lettura per comprendere la sua poetica e, soprattutto, la sua densa produzione spirituale ricca di richiami evangelici.
Paolo Cugini: Nato a Reggio Emilia nel 1962, laureato in pedagogia (Parma), filosofia (Bologna) e dottore in teologia (Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna-FTER). Dal 1998 al 2013 è stato missionario fidei donum in Brasile nello Stato della Bahia, come parroco e come professore di filosofia nella Facoltà Cattolica di Feira di Santana. È cofondatore dell’Associazione Culturale Moringa (ACMOR) che dal 2005 opera in Bahia (Brasile) per la promozione culturale e politica. Ha accompagnato la formazione del Movimento Fede e Politica nelle città di Miguel Calmon e Tapiramutà (Bahia) e del Movimento Moringa nella città di Pintadas. Ha contribuito a fondare e ad accompagnare nei primi anni il gruppo cristiani LGBT di Reggio Emilia. Si è occupato di temi legati alla filosofia francese del Novecento e della cultura postmoderna in relazione, soprattutto, al problema della Nuova Evangelizzazione. Su questi temi ha pubblicato vari articoli in riviste italiane e brasiliane. Di recente ha pubblicato: Visioni postcristiane. Dire Dio e la religione nell'epoca del cambiamento, Dehoniane, Bologna 2019; La Fuga di Elia. Riflessioni postmoderne sulla religione e il senso della vita, San Lorenzo, Reggio Emilia 2019; Chiesa popolo di Dio. Dall’esperienza Brasiliana alla proposta di Papa Francesco, Dehoniane, Bologna 2020.
Per secoli il ruolo della donna è stato limitato alla cura dei figli, del nucleo familiare e della casa: soltanto nel periodo incluso tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si è cominciato a parlare peculiarmente di diritti delle donne, nonché di specifiche qualità femminili. Questo libro è allora un viaggio nel tempo, da cui emergono alcuni ritratti di personaggi femminili universalmente noti della civiltà greca e romana, del mondo ebraico e del cristianesimo antico, in una continua oscillazione tra mito, leggenda e realtà storica. Inoltre il volume racchiude dettagliatamente le poche testimonianze letterarie antiche inerenti alla violenza sulle donne, nonché alla violenza in generale come caratteristica ricorrente della mentalità greco-romana ed ebraica. Con il cristianesimo Gesù mostra un atteggiamento cordiale verso le donne. Poche sono infine le testimonianze del mondo antico inerenti alle donne disabili, le quali spesso nel corso del tempo sono state vittime di violenza.
Il pluralismo religioso rappresenta uno degli elementi più importanti di un cambiamento in atto, non facile da interpretare, che richiede un ripensamento dell’autocomprensione del cristianesimo.
La prima parte di questo libro tratteggia la ricaduta del pluralismo nella riflessione teologica e nel suo metodo, individuando gli itinerari che hanno condotto all’elaborazione di idee-chiave per interpretare la relazione tra cristianesimo e religioni.
La seconda si concentra sull’esigenza di individuare le coordinate principali per svolgere il compito teologico che scaturisce da un confronto aperto e critico con la riflessione del pluralismo.
Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico di università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari.
Sommario
Introduzione. 1. La teologia del pluralismo religioso: identità e metodo. 2. La teologia delle religioni. Un percorso storico. 3. La teologia delle religioni. Alcuni modelli interpretativi. 4. Teologia biblica delle religioni: l’Antico Testamento. 5. Teologia biblica delle religioni: il Nuovo Testamento. 6. La particolare universalità religiosa del cristianesimo. 7. L’evento Gesù Cristo e il pluralismo religioso. 8. Il compito della Chiesa tra dialogo interreligioso e cura della laicità. Considerazioni conclusive.
Note sull'autore
Carmelo Dotolo è professore ordinario di Teologia delle religioni alla Pontificia Università Urbaniana, dove è stato decano della Facoltà di Missiologia. Presidente della Società Italiana per la Ricerca Teologica dal 2004 al 2014 e rieletto nel 2019, è docente invitato all’Università di Urbino Carlo Bo. Alcune sue opere sono tradotte in inglese, spagnolo e portoghese. Fra le ultime uscite: Teologia e postcristianesimo. Un percorso interdisciplinare (Queriniana 2017); Dio, sorpresa per la storia. Per una teologia post-secolare (Queriniana 2020).
L'esperienza del Trascendente è così radicata nel cuore dell'uomo da costituire di per sé un fortissimo incentivo allo studio delle sue manifestazioni. In questa prospettiva il presente lavoro tratta il fenomeno religioso nella sua affascinante complessità, analizzando la sua varietà di simboli, miti, riti e dottrine che definiscono quel volume di esperienza che fa dell'uomo essenzialmente un homo religiosus. Il contributo, quindi, si propone di cogliere all'interno dell'amplissima pluralità di manifestazioni dell'Assoluto gli elementi unificanti, servendosi degli strumenti offerti dalla fenomenologia della religione, che ha il compito di comparare e di interpretare tali fatti così come essi si esprimono ("appaiono") all'interno della coscienza dell'uomo. La conclusione è l'esigenza indistruttibile che gli uomini hanno di legare la loro vita a qualcosa di superiore e di sacro, che è una costante storica e non si estingue neppure in contesti di forte secolarizzazione, come quello dell'uomo contemporaneo. Questi, anzi, sembrerebbe aver ancor più bisogno del sacro rispetto all'uomo arcaico, perché, diversamente dal suo antenato, la prospettiva di fondo della sua cultura è oggi ancor più precaria. Pur essendo evoluto e forte di un progresso scientifico e tecno-logico senza precedenti, infatti, l'uomo contemporaneo non solo non sa più andare oltre le barriere del tempo e della mortalità, ma non sa più dare senso e significato alla sua avventura storica, pagando a caro prezzo la disintegrazione dello slancio mistico.
Questo libro è il "sequel" di Cristiani contro, uscito con l'Editrice Tau nel 2017 e il sottotitolo: "I grandi 'dissidenti' della letteratura italiana da Iacopone a Umberto Eco". È venuto il momento di aggiungere altre dodici grandi voci di poeti e narratori che dal Trecento ai nostri giorni hanno raccontato la loro esperienza in rapporto al mistero di Dio, al cammino spirituale e istituzionale della Chiesa e alla dimensione del sacro in generale: Dante Alighieri, Nicolò Machiavelli, Torquato Tasso, Giovanni Verga, Grazia Deledda, Clemente Rebora, Cesare Pavese, Mario Pomilio, Luigi Santucci, Italo Alighiero Chiusano, Alda Merini e Andrea Camilleri. Il criterio di scelta e di proposta rimane lo stesso: scrittori e scrittrici che hanno donato alla pagina un approccio problematico e complesso ma sempre originale e creativo al "problema religioso", anche al di là della rispettiva posizione ufficiale o ufficialmente riconosciuta. Lungo questo sentiero, le sorprese e perfino i colpi di scena non mancano certamente. Un ateo o un agnostico può leggere proficuamente i romanzi dei cattolici Pomilio o Santucci e viceversa un cattolico può accostarsi con fiducia a quelli di Pavese e Camilleri. L'esperienza umana, unita alla sincerità e alla coerenza intellettuale, diventa grande letteratura e la grande letteratura non ha confini. Così, spesso lo scrivere "contro" è scrivere "per": per una umanità rinnovata, veramente libera, che fa della fede una dimensione da rispettare profondamente o da vivere in tutta la sua purezza e in tutta la sua credibilità. Resta anche l'invito a scoprire e a riscoprire questi autori in modo autonomo e creativo, senza pregiudizi di nessun tipo; a leggere le loro poesie e i loro romanzi (a volte poco noti o dimenticati) come un grande contributo di civiltà e una inesauribile, fantastica avventura.
In un esercizio di "teologia comparata" o comunque di confronto attento e fecondo, l'autore propone una lettura originale della felicità navigando tra diverse proposte religiose. Mentre la felicità orientale insiste sulla liberazione interiore e sulla negazione dei desideri, l'ebraismo prima e il cristianesimo poi interpretano la libertà non come "uscita" dal mondo, ma come sua trasfigurazione: sono esperienze di felicità, ad esempio, anche l'amore e la gioia per la terra, le feste, la convivialità...La felicità però non è a buon prezzo. La sua scuola è la sofferenza come sa la ..sapienza orientale e quella raccontata con l'esperienza di Giobbe; essa ancora diventa motivo di scandalo per tutti coloro, come denuncia l'ebreo Gesù, che intendono la felicità come mantenimento dei propri privilegi, impedendo agli altri, specialmente ai poveri, di essere felici, cioè di vivere una vita degna e piena.
L'autore ci accompagna in un viaggio • affascinante e per nulla scontato attingendo al pozzo della sapienza spirituale di diverse tradizioni culturali e religiose. Confermando, in fondo, che quella sorgente può dissetare tutti anche se ognuno pratica percorsi differenti.
Insegnamento prezioso anche per il dialogo interreligioso che invita le religioni ad essere una "buona novella": beatitudine non come negazione, ma come trasformazione di vita.
Xabier Pikaza
Nato a Orozko (Paesi Baschi) nel 1941, teologo e pensatore cattolico, specializzato in teologia biblica e storia delle religioni. Intende il cristianesimo come esperienza fondamentale di comunione e dialogo tra uomini, popoli e culture.
È stato religioso dell'Ordine della Mercede e cattedratico dell'Università pontificia di Salamanca
(1973-2003), dove ha insegnato fenomenologia della religione e sacra Scrittura. È sposato con M. Isabel e si dedica a investigare e dirigere corsi di religione, cultura e cristianesimo.
Tra i libri che ha pubblicato: ApocaIipsis (Verbo Divino, Estella 1999); Antropologia biblica (Sigueme, Salamanca 2005); Diccionario de las tres religiones (Verbo Divino, Estella 2008); Gran Diccionario de la Biblia (Verbo Divino, Estella 2007); Historia de Jesus (Verbo Divino, Estella 2015) e Comentarios a Marcos y Mateo (Verbo Divino, Estella 2013 e 2017).
Il declino delle religioni nelle società occidentali non equivale alla scomparsa della vita religiosa. L'uomo moderno possiede una spiritualità che non è più regolata dalle istituzioni religiose ma dal desiderio personale. Ma è possibile raggiungere il Mistero del mondo, abbandonando i sentieri tracciati dalle grandi tradizioni religiose? Senza conoscere la grammatica del sacro non si rischia di trasformare il dialogo con l'Altro in un narcisistico monologo dell'ego? Uno strumento per comprendere l'«esperienza religiosa» in un contesto segnato dal pluralismo etnico e culturale.