Tutta l'umanita del Crisostomo nell'esortazione al cammino di conversione.
È la prima volta che vengono tradotte in italiano dai testi originali le tre raccolte complete degli Inni Pasquali, di Efrem il Siro, il grande poeta e teologo, vissuto nel terzo secolo dell'era cristiana, che cantano il mistero dell'Agnello immolato, descritto attraverso i due grandi libri della Scrittura e della natura. L'opera è quindi un contributo importante alla riscoperta di uno dei massimi poeti della prima cristianità e di un capolavoro della letteratura innografia cristiana. Il curatore. I. De Francesco, ha messo in evidenza la fine tessitura biblica degli inni e il tipo di ermeneutica messa in opera da Efrem, che subisce gli influssi delle due grandi scuole esegetiche del tempo: Antiochia e Alessandria.
La memoria ha un ruolo fondamentale nella costruzione dell'identità, tanto personale quanto collettiva. Attraverso il ricordo un gruppo umano acquisisce coscienza della sua persistenza nel tempo e condividendo questa percezione di sé rinsalda la coesione interna. Anche i cristiani dei primi secoli si sono trovati in questa situazione: il ricordo e la continua riproposizione degli eventi connessi a Gesù di Nazaret, riconosciuto come Signore e Cristo, fu un elemento fondamentale e imprescindibile per forgiare la loro identità, sia quella personale che quella comunitaria. Alla luce di queste dinamiche i testi raccolti in questo volume, opera di 50 autori diversi, hanno evidenziato i dispositivi messi in atto nell'età patristica per conservare la memoria: dalla tradizione orale alle opere scritte, soggette a riscritture e interpretazioni attualizzanti, dalla liturgia ai monumenti materiali.
Prima pubblicazione in Italia dell'epistolario completo della Stein Della ricca corrispondenza di Edith Stein, sono tradotte in questo volume tutte le lettere (che ci sono rimaste) del periodo che va dal 1916 - la prima è scritta all'indomani della sua tesi di dottorato - fino al 14 ottobre 1933, data del suo ingresso nel Monastero delle Carmelitane Scalze di Colonia. Alle lettere scritte da lei si aggiunge un certo numero di lettere a lei indirizzate, e di documenti che la riguardano; sono invece escluse le numerose lettere indirizzate a Roman Ingarden, raccolte nel quarto volume della collana. Tutto questo materiale, per la massima parte finora inaccessibile in italiano, ci introduce con immediatezza nel suo vissuto prima di assistente di Husserl attenta a tenere in vita i rapporti tra i fenomenologi del gruppo di Gottinga, poi di formatrice delle sue allieve di Spira e di Münster, di conferenziera stimata e ricercata nel mondo universitario cattolico, fino alle lettere del 1933, piene di dolore per la persecuzione antiebraica ormai palese, ma anche di letizia perché le si spalancano finalmente le porte del Monastero.
INTRODUZIONE
1. Cenni sulla «questione areopagitica»
Nulla si sa ancora di preciso, nonostante i tentativi compiuti da vari studiosi moderni, sull'identità di colui che, sotto il nome di Dionigi l'Areopagita, il discepolo di san Paolo ricordato in Atti, 17, 34, compose quell'insieme di scritti — la Gerarchia celeste, la Gerarchia ecclesiastica, i Nomi divini, la Teologia mistica, dieci Lettere che è comunemente noto come Corpus Areopagiticum (o Dionysiacum). Il Corpus viene menzionato ufficialmente per la prima volta nell'incontro tra cattolici calcedonesi e monofisiti Severiani avvenuto a Costantinopoli nel 532: per provare l'ortodossia della loro dottrina monofisita, i Severiani si richiamarono, oltre che ad altri autori, anche a Dionigi l'Areopagita. Rispose loro Ipazio, vescovo di Efeso, negando apertamente l'autenticità dei suoi scritti.
Anche se per tutto il Medioevo, sia in occidente che in oriente, l'autore del Corpus fu effettivamente venerato come il discepolo di san Paolo ed i suoi scritti, com'è noto, assunsero per questa ragione un ruolo determinante nello sviluppo della teologia scolastica e della mistica — ne subirono l'influenza, per ricordare solo alcuni nomi, in oriente Massimo il Confessore e Giovanni Dama sveno, in occidente Scoto Eriugena, Roberto Grossatesta, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Marsilio Ficino — il caso di Ipazio non rimase del tutto isolato: nei secoli successivi, specie in oriente, i dubbi sull'effettiva autenticità del Corpus continuarono di tanto in tanto a riaffiorare. Va ad I. Hausherr il gran merito di avere raccolto, in un suo breve ma erudito articolo del 1936, le testimonianze di dotti che non mostrarono di credere nell'appartenenza all'età apostolica degli scritti del Corpus: si tratta di alcuni autori del VI sec. non meglio specificati, di Fozio, di Areta, di Pietro di Damasco, di Giovanni di Antiochia, di Giuseppe Hazzaia (scrittore siriaco dell'VIII sec.) e di Simeone Petritsi (monaco georgiano del XIII sec.).
Fu però soprattutto nel Rinascimento, ad opera di Lorenzo Valla e di Erasmo, che la leggenda di Dionigi l'Areopagita cominciò ad essere sfatata in modo decisivo. Anche se non sono mancati, dal Rinascimento fino quasi ai giorni nostri, gli apologeti intransigenti dell'autenticità del Corpus, specie tra i francesi, che volevano assolutamente identificare il Dionigi Areopagita di Atti, 17, 34 non solo con l'autore del Corpus ma anche con il primo vescovo di Parigi, la tesi del Valla e di Erasmo relativa al carattere spurio degli scritti dionisiani fu adottata ed ulteriormente approfondita da eruditi del XVII sec. come il Le Quien, il Le Nourry ed il Daillé, ed è ormai universalmente accettata.
Le ricerche compiute parallelamente dal Koch e dallo Stiglmayr alla fine del secolo scorso sono valse, se non a dare un volto all'autore del Corpus, a precisare con sufficiente approssimazione la sua cronologia, giungendo a risultati che si possono ormai considerare definitivi. In due articoli apparsi nello stesso anno (1895) essi mostrarono come la parte del quarto capitolo del De divinis nominibus dedicata al problema della natura e dell'origine del male dipendesse dal De malorum subsistentia di Proclo; era così automaticamente dimostrato che l'autore del Corpus doveva essere o un contemporaneo di Proclo (morto nel 485) o di poco posteriore a lui, ed essere quindi vissuto nella seconda metà del V sec., e forse fino all'inizio del VI.
Questo libro riunisce in un unico volume tre brevi e intensi testi delle origini cristiane. Si tratta di tre piccole perle, che racchiudono la dottrina cristiana in una sintesi mirabile ed affascinante. La Didaché, composta tra il primo ed il secondo secolo dopo Cristo, può essere considerata la Summa della fede cristiana. Scritta, secondo la tradizione, dagli apostoli, raccoglie, in un continuo rimando alla Bibbia, tutto ciò che serve ad un cristiano per vivere nella "via della vita". La Lettera a Diogneto è stata scritta invece per istruire un neo-convertito sulla religione dei Cristiani. È perciò un percorso di spiegazione e di approfondimento del "mistero cristiano", interpretato come la "vera gnosi", sino a scoprire nei seguaci di Cristo "l'anima del mondo". La Tradizione Apostolica è infine una breve presentazione della prima comunità cristiana attraverso i formulari per le celebrazioni ed i riti. Uno spaccato della vita della Chiesa, della sua preghiera, della sua liturgia, colta nel suo nascere.
Sperimenta la luce del Tabor, che emana dal volto di Gesù, e condivide la gioia e lo stupore di Pietro, Giacomo e Giovanni, chi si dedica alla preghiera dell'esicasmo. L'esicasmo spesso è identificato con la preghiera continua, a sua volta identificata con la cosiddetta "preghiera di Gesù", a tutti nota soprattutto dal libro del Pellegrino russo. Per certi aspetti questa identificazione è anche vera. Ma di fatto l'esicasmo è un movimento vastissimo di ordine non solo spirituale, ma anche filosofico-teologico. Comporta una concezione antropologica biblica, e non tanto umanistica. Il vocabolo greco esichia significa calma, quiete, silenzio, raccoglimento, un significato sempre troppo ricco per poterlo tradurre in italiano. Il termine può riferirsi all'aspetto spirituale o alle condizioni esteriori che lo facilitano, o anche a tutt'e due. I monaci e i laici greci per favorire l'esichia iniziarono a praticare la preghiera "monologica", una sola preghiera contenente il nome di Gesù. Dopo il XIII secolo grazie all'influsso dei monaci del Monte Athos l'esichia indica uno stato di raccoglimento, solitudine e silenzio interiore, ricercati non solo con la vita di ascesi e di preghiera, ma anche con l'aiuto di situazioni esteriori (dato che l'uomo non è fatto di solo spirito), come tecniche psicosomatiche che mirano a facilitare la concentrazione. Gregorio Palamas, in questo testo classico dell'Ortodossia, illustra la bellezza e l'utilità dell'esicasmo. Prima edizione italiana con testo critico greco e traduzione a fronte. Testo critico di Jean Meyendorff. Introduzione, traduzione e note di Maria Benedetta Artioli.
«Lettura, meditazione, preghiera, contemplazione. Questa è la scala dei monaci, mediante la quale essi sono sollevati dalla terra al cielo». Così scriveva Guigo II, priore della Certosa di Grenoble, intorno agli ultimi anni del XII secolo. E questo continua ad essere l'esercizio d'ascesi a cui ogni monaco certosino è quotidianamente chiamato. Questo volume raccoglie i frutti spirituali di oltre nove secoli di contemplazione e li offre al lettore d'oggi alla ricerca di uno strumento di preghiera e meditazione. Da San Bruno di Colonia a Guigo I e II, da Marguerite d'Oyngt a Nicolò Albergati e ancora a Dionigi, Lanspergio, Le Masson e, più vicini a noi nel tempo, a Pollien, Simoni, Guillerand, Poisson, i brani proposti sono suddivisi per grandi temi che guidano il lettore nel suo cammino. Alla fine del volume un indice tematico e un denso profilo biografico di ciascuno degli autori presenti consentono di attraversare le pagine del libro anche secondo itinerari personali, che lasciano a chi le legge la libertà di costruire il proprio percorso. Il libro si propone, così, come un piccolo scrigno capace di rivelare i suoi innumerevoli tesori a chi voglia coglierli con cuore puro e aperto al dialogo con l'Assoluto.
Si conclude con questo terzo volume la raccolta di testi scelti dei Padri della Chiesa Occidentale, una testimonianza di vita e di preghiera da parte di personaggi che tuttora sanno parlare al mondo contemporaneo. In questa raccolta compaiono autori più conosciuti, come Guglielmo di St-Thierry, san Bernardo di Chiaravalle, Aelredo di Rievaulx, Pietro di Celle, accanto a figure meno note ma non meno intense per spiritualità e profondità di fede. Sono pagine da leggere e gustare nel silenzio. Soprattutto sono pagine da mettere in pratica il più possibile, ciascuno nella propria condizione. Perché il fine ultimo di queste riflessioni affidate alla parola scritta è incarnarsi nell'esistenza di ciascuno, fino a trasformarla in una vita realmente nuova.
Questa indagine sulle origini cristiane abborda la materia non per tematiche teologiche ma percorrendo passo passo e per ambiti geo-culturali l'itinerario del movimento iniziato in terra d'Israele da Gesù di Nazaret e proseguito attraverso le varie tappe della sua prima espansione in ambito giudaico e soprattutto greco-romano, andando alla scoperta dei vari gruppi che si sono man mano costituiti nel suo nome. I cinque sostantivi del sottotitolo potrebbero anche essere formulati meno astrattamente con altrettanti interrogativi: chi? quando? dove? in che modo? con quali contenuti? L'interrogativo di fondo sul "perché" è sempre latente e permea tutti gli altri. L'esposizione offre una sintesi dei dati e delle problematiche in questione invitando ad approfondimenti ulteriori di quello che rimane un arazzo dai molteplici intrecci la cui tessitura non è ancora terminata.
Nella sua vasta e articolata produzione, Agostino ha raccontato e analizzato con straordinaria lucidità filosofica la condizione dell’uomo, perennemente in cerca di una verità che al contempo lo sollecita ma si sottrae al suo sguardo. Questo volume aspira a restituire, attraverso l’analisi dei momenti più significativi della biografia e della produzione agostiniane, il suo duplice profilo di uomo che ha costantemente reso testimonianza della propria esperienza di ricerca della verità e di pensatore che, proprio perché ha votato la sua intera esistenza a indagare simmetricamente la sua interiorità e l’eterno, resta sempre ‘contemporaneo’ dell’anima inquieta dei lettori di ogni epoca.