Il presente lavoro di ricerca, che si propone di esaminare il pensiero cristologia e trinitario di Giovanni di Scitopoli, si è mosso lungo due direttrici: da una parte, lo sviluppo del dogma cristologico fra i concili di Calcedonia del 451 e il Costantinopolitano II del 553, con l'emergere di nuovi spunti nella comprensione teologica del Verbo incarnato, pur in una fondamentale continuit? con il quarto concilio ecumenico; dall'altra, l'accoglienza e l'interpretazione nella compagine ecclesiale della prima metà del VI secolo di quel corpus di testi di recente composizione, che con finzione pseudoepigrafica erano stati attribuiti a Dionigi l'Areopagita e che quindi erano stati fatti risalire direttamente all'età apostolica. Ora, Giovanni di Scitopoli si colloca nel punto di intersezione di queste due direttrici, in quanto egli è allo stesso tempo il primo scoliasta del Corpus Dionysiacum e uno dei principali esponenti di quel rinnovamento cristologico comunemente denominato "neocalcedonismo".
Il testo contiene la traduzione italiana, con introduzione e note di commento, della lettera-trattato “De videndo Deo” di Agostino di Ippona (la n. 147 dell’epistolario). La traduzione è condotta sul testo dell’edizione critica di riferimento, curata da Alois Goldbacher nella collana del Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum (vol. 44, pp. 274-331). I temi principali affrontati nel testo di Agostino sono: la diversa autorità delle Scritture, dei vescovi e dei teologi; la differenza tra credere e vedere e il rapporto di entrambi questi atti con il sapere; il confronto tra la visione angelica di Dio, la visione dei beati nella vita futura e le apparizioni di Dio ai patriarchi; la superiorità della vista mentale su quella fisica.
Severo (465 circa-538), patriarca di Antiochia dal 512 al 518, può essere considerato uno dei principali teologi di lingua greca vissuti tra V e il VI secolo. Nel 536 le dottrine di Severo furono dichiarate eretiche dal Sinodo di Costantinopoli, e l’imperatore Giustiniano stabilì che nessuno potesse né possedere né ricopiare le opere di Severo. Questa condanna portò alla perdita pressoché totale degli scritti di Severo in lingua originale. L’Omelia sulla Risurrezione (Omelia 77) riveste un’importanza fondamentale all’interno della produzione del patriarca antiocheno, poiché si tratta dell’unica omelia di Severo a essersi conservata interamente in greco, a fronte di centoventiquattro omelie, oltre a molte lettere ed opere teologiche e polemiche, conservate solo in traduzione siriaca. Sul modello delle Quaestiones ad Marinum di Eusebio di Cesarea, Severo cerca di risolvere alcune apparenti incongruenze contenute nel racconto evangelico della Risurrezione di Gesù (il momento in cui le donne andarono al sepolcro; la questione delle “quattro Marie”) e discute di altre questioni ad esse correlate (i “fratelli di Gesù”; il luogo dell’Ascensione). Vengono qui presentati il primo profilo in lingua italiana sulla vita, la cristologia e le opere di Severo, e l’Omelia 77 in prima traduzione italiana.
Le Conversazioni con i padri - «una definizione compiuta e ponderata della teologia monastica»: J. Leclercq - sono uno dei fondamenti della tradizione ascetica: una delle opere più ricche e tuttavia più attente alle concrete possibilità (intellettuali, fisiche, psicologiche) del cristiano - e del monaco - a cui viene chiesto di crescere ogni giorno, senza eroismi ma anche senza alibi. In queste importantissime pagine, due giovani monaci, Cassiano e Germano, ripercorrono in una sorta di "diario" spirituale il lungo viaggio - realmente percorso, sul finire del IV secolo - tra i maggiori esponenti dell'ascesi egiziana. I dialoghi con questi autorevoli maestri, fedelmente riportati, definiranno il profilo ideale del vero asceta, percorrendo così il primo, decisivo passo nel cammino del nascente monachesimo d'Occidente.
Il dolore per la morte di una persona cara è una delle esperienze più decisive nella vita, preludio e anticipo della morte che tutti affronteremo. In Cristo risorto questo male è diventato un passaggio, l’incontro decisivo con Colui che ci ha amati per primo, il Padre delle misericordie. La comunione con Lui, infatti, ci permette di vivere le esperienze della vita quotidiana – con le sue gioie ma anche le fatiche e le tante piccole/grandi morti di ogni giorno – come un incontro con il Signore e con i fratelli e come una palestra per crescere nella capacità di amare gratuitamente. Questo è ciò che realizza lo Spirito santo in noi, se accogliamo docilmente la sua azione. Proprio per questo san Giovanni Crisostomo in questa bellissima omelia, per la prima volta tradotta in italiano, può dire: dov’è Cristo, lì c’è il paradiso.
Si dirige a chi desidera nutrire la propria vita spirituale, ad appassionati di letture patristiche, a coloro che desiderano affrontare nella fede l’esperienza del lutto. Teste semplice accessibile a ogni persona.
Notizie sull’autore:
È un Padre della Chiesa e teologo del IV secolo. È stato Patriarca di Costantinopoli (l’odierna Istanbul, in Turchia). Venne deposto come vescovo della città ed esiliato per l’ostilità di alcuni membri dell’alta società e in particolare della corte imperiale. Severe, infatti, sono le sue omelie contro vizi, le tiepidezze e gli ecclesiastici troppo attaccati alle ricchezze. Il soprannome di Crisostomo, cioè, “bocca d'oro”, gli venne dato per la sua straordinaria eloquenza. È considerato, infatti, uno dei migliori oratori cristiani di tutti i tempi. È sepolto nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Una profonda amicizia, quella tra San Giovanni Crisostomo e la diaconessa Olimpia, un rapporto di alta spiritualità fondato su una totale identità di vedute e sulla comunione ecclesiale. Nello scenario della Costantinopoli del IV secolo, caratterizzato da forti tensioni politiche e da deleterie connivenze tra il potere imperiale e quello ecclesiastico, Olimpia e Crisostomo furono uniti dall’amore per Cristo e per la Chiesa, accettando le conseguenze della loro fedeltà con santa rassegnazione. Questo volume, dedicato alle Lettere a Olimpia, mette in luce le sfumature di una sincera e calda amicizia tra due personaggi della Chiesa delle origini, che la lontananza dell’esilio ha rafforzato e svelato nella sua salda base spirituale.
Esiste una relazione fondamentale tra l’organizzazione della vita monastica e la struttura intima della famiglia cristiana: la Regola di San Benedetto è un tale tesoro di sapienza, prudenza e santità che può essere riproposta come modello di riferimento applicato anche ad altri stati di vita, laicale o clericale, celibataria o coniugale. L’insegnamento del Vangelo richiama infatti tutti gli uomini a rinunciare a se stessi, a diventare cristiani e a essere santi nel contesto storico-sociale contemporaneo nel quale sono inseriti. Solo così la vita della famiglia potrà essere rivitalizzata sulla base della Regola di San Benedetto e l’insegnamento perenne della Chiesa cattolica.
Fondata nel 2004 dal Cardinale Dionigi Tettamanzi, l'Accademia di sant'Ambrogio nacque per raccogliere intorno alla Biblioteca Ambrosiana di Milano studiosi e docenti universitari di ambito milanese, italiano, e straniero, che si occupassero del Vescovo Ambrogio e del suo contesto storico-culturale. Con la sua costituzione si compiva un desiderio espresso già nel 1975 dal Cardinale Giovanni Colombo, che auspicava la creazione di un centro di studio consacrato alle figure dei Santi Ambrogio e Carlo: desiderio realizzatosi solo parzialmente con la costituzione (1976) dell'Accademia di San Carlo, "sorella maggiore" del neonato sodalizio.
L'Accademia nacque vedendo la felice convergenza di studiosi appartenenti alle più prestigiose istituzioni accademiche e culturali milanesi (Biblioteca Ambrosiana, Università degli Studi, Università Cattolica, Facoltà Teologica, Seminario Arcivescovile), ai quali si aggiunsero i cultori di scienze storiche, teologiche e patristiche provenienti da tutta Italia, dall'Europa e dagli Stati Uniti.
Un particolare legame di amicizia e collaborazione unisce l'Accademia al Monastero delle Romite dell'ordine di Sant'Ambrogio ad negus, al Sacro Monte di Varese.
Dopo lunga progettazione, l 20 marzo 2008 il Cardinale Dionigi Tettamanzi fondò la nuova Accademia Ambrosiana, destinata a raccogliere l'eredità scientifica delle due preesistenti Accademie attive presso l'Ambrosiana (Accademia di San Carlo e Accademia di Sant'Ambrogio) e allargatasi ormai ad altri ambiti della cultura, come la slavistica, l'italianista, gli studi greci e latini, il vicino e l'estremo oriente, gli sudi africani.
A partire dalla sua vocazione radicata nella città di Milano, ma aperta ad una dimensione cosmopolita, la Classe di Studi Ambrosiani dell'Accademia Ambrosiana si propone come luogo di promozione e riferimento per gli studi ambrosiani, intesi in un'accezione ampia che comprende la patristica, la letteratura, la storia civile ed ecclesiastica, l'archeologia, la teologia, la liturgia e ogni altra disciplina che possa contribuire a meglio conoscere e valorizzare l'epoca e la personalità del Vescovo Ambrogio.
Nelle finalità della Classe di Studi Ambrosiani rietrano due tipi di attività: quelle di alta divulgazione e quelle a carattere scientifico, tra cui troviamo giornate di studio e conferenze, e soprattutto - dal 2005 - la celebrazione annuale di un Dies Academicus che vede l'investitura dei nuovi membri e una giornata di studio aperta al pubblico, nella quale si coniugano l'offerta di una panoramica sugli studi recenti, l'approfondimento di un tema specifico e la visita archeologica a un monumento di epoca e interesse ambrosiani.
L'attività della Classe trova il proprio sbocco editoriale nella Collana "studia Ambrosiana".
Frutto di un profondo e accurato studio delle fonti tomiste e del pensiero antico classico e cristiano, questa nuova edizione della Somma di Teologia offre per la prima volta allo studioso un apparato critico puntuale e completo. A conclusione della pubblicazione dell’opera (in quattro tomi) nel presente volume si offrono tutti gli strumenti (Luoghi delle Sentenze; Luoghi paralleli; Supplemento; Note; Indici) e un’ampia introduzione per poter “leggere Tommaso mediante Tommaso”.
L'utilizzazione della logica, nell'ambito della Letteratura cristiana antica, trova una diffusa e fondamentale presenza non solo nella produzione di opere filosofiche ma anche di quelle a sfondo apologetico, esegetico, morale o di quelle a carattere prevalentemente antropologico o teologico-filosofico. Il presente volume, nei quattro rapidi capitoli che lo compongono, enuclea gli elementi di fondo che caratterizzano l'applicazione della logica in due autori del tardo-antico: Gaio Mario Vittorino e Agostino d'Ippona. Delle loro opere, qui trattate, ne viene fuori un quadro significativamente modificato, rispetto a quello tradizionalmente delineato dal vaglio critico della ricerca specializzata.