Pensato e realizzato da due fra i principali studiosi dell'Antico Testamento e ampiamente utilizzato da docenti e studenti in tutto il mondo, finalmente viene pubblicato anche in Italia il libro che adotta un metodo moderno nel descrivere il contesto storico, politico, sociale, religioso e culturale in cui l'Antico Testamento è stato scritto. L'opera esamina altresì i principali generi letterari biblici: storia della creazione, testi legali, testi per il culto, narrativa, letteratura profetica, sapienziale, apocalittica ecc. L'agile linguaggio del testo e la struttura accuratamente organizzata in scansioni logiche schematiche rendono facile la lettura e lo studio. Si presenta così come il manuale ideale per le lezioni introduttive dei corsi biblici: illumina la letteratura anticotestamentaria, mostrando come è stata modellata dagli eventi, spiegando le strutture sociali e ricostruendo le idee religiose e intellettuali delle antiche civiltà e culture in cui gli scritti dell'Antico Testamento sono stati realizzati.
Un agile saggio dedicato all’Antico Testamento e ai
46 libri che lo compongono,
con informazioni di carattere generale e chiavi di lettura delle singole sezioni e opere.
«La Bibbia non è una semplice raccolta di libri dell’antica cultura ebraica, né un prontuario di “risposte divine” adatte alle diverse circostanze della vita.
La sua comprensione richiede
di entrare con pazienza nello spessore storico della rivelazione divina e della sua ricezione da parte dei credenti».
Una riflessione biblica, essenziale e umanissima, di Bruno Maggioni; uno scavo filosofico, acuto e appassionato, di Lucia Vantini.
Tanti sono i libri sulle donne nella Scrittura. Questo si distingue perché segue una pista originale: quella offerta dalle voci e dai silenzi delle donne nell’Antico Testamento. Ben documentata, conoscitrice delle antiche lingue orientali, l’autrice non si accontenta di facili letture ‘femministe’, ma scava nei testi alla ricerca del loro significato più autentico. Evita facili sovrapposizioni o applicazioni perché la nostra società è diversa dal mondo antico.
Senza invadenza, lascia la parola alle donne che cantano e danzano (c’è anche un paragrafo sui canti delle prostitute), che in silenzio soffrono l’oppressione (c’è anche un paragrafo sul primo stupro femminile della storia) e che godono per il dono della maternità.
Insomma, non solo un libro di studio, ma anche e soprattutto un libro di passione e di condivisione.
Questo dettagliato Commento all'Ecclesiaste, attribuito per lungo tempo a San Gregorio Agrigentino, nella recente edizione critica del 2007 è presentato come dello PseudoGregorio di Agrigento. Negli anni immediatamente successivi, la ricerca filologica ha permesso di identificare come suo autore Metrofane (912 ca.), metropolita di Smirne, già noto come uno degli avversari di Fozio. Nonostante l'evo bizantino inoltrato, Metrofane continua la tradizione esegetica dell'Ecclesiaste che risale a Origene e interpreta il testo sapienziale come «libro della fisica», ovvero libro della conoscenza della natura, per la cui meditazione l'uomo può liberamente determinarsi per il suo bene. Nel commento ai primi versetti dell'Ecclesiaste, Metrofane scrive che questo libro sapienziale tratta «dell'ordine e dello stato di quasi tutti gli enti e fenomeni della natura e inoltre anche della bontà o della malvagità della facoltà volitiva degli uomini». Il Commento deve dunque essere valutato come un logos unitario, dove le singole sentenze dell'Ecclesiaste non soltanto sono commentate dettagliatamente attraverso equivalenze sintattiche, ma sono anche inserite nella trama di un disegno d'insieme circa la fisica. Il testo dell'Ecclesiaste diviene, in tal modo, un discorso epidittico sulla fisica cristiana, un discorso che però a volte s'invola in considerazioni più prettamente teologiche o - come preferisce l'autore - «mistiche».
Un sussidio che nasce in un'atmosfera di preghiera, come corso di esercizi spirituali sul Cantico dei Cantici, vero tesoro dell'Antico Testamento e metafora di ogni vocazione. Il percorso che si snoda nel testo prevede un cammino in sette tappe (sette giorni). Ogni tappa ha uno scopo ben preciso: la prima tappa ci aiuta a riappropriarci dei desideri profondi del cuore, vero motore della vita spirituale; la seconda ci guida a esplorare il Cantico dei Cantici per poterlo pregare; la terza ci invita «alla scuola del gusto», accompagnati da sant'Agostino; la quarta ci immerge nella misteriosa relazione coniugale del profeta Osea; la quinta ci porta al pozzo per incontrare una donna di Samaria; la sesta ci pone una domanda: «Chi è lo sposo?», per giungere alla contemplazione dell'amore nell'ultima tappa. Il Cantico dei Cantici diventa, per chi ha il coraggio di inoltrarsi nelle sue meraviglie, fonte di vita, giardino di pace, profumo dello Sposo.
Prima opera esegetica di Ambrogio (difficoltà e soluzioni nell'interpretazione di Gen 2,8 - 3,19) che si rivela capace di utilizzare l'allegorismo di Filone in maniera originale, ed elabora una antropologia fondamentalmente serena. Prelude al dibattito agostiniano su grazia e opere, ma non guarda tanto al danno prodotto dal peccato sulla natura umana, ma piuttosto alla imago Dei, l'elemento divino. Satana non ha il potere di abbattere il nostro spirito, a meno che noi non lo vogliamo. Emerge il tema del felix culpa: il peccato ha provocato la risposta divina di un più grande amore. Il testo non è solo la riedizione economica del volume pubblicato nel 1982: è stato arricchito di un nuovo commento e aggiornato secondo le più recenti ricerche.
Il testo invita a leggere e pregare la Parola di Dio, affinché illumini il cammino di ogni persona. Il suo taglio narrativo stimola nel lettore il desiderio di accedere personalmente al testo biblico: nasce così il dialogo con il Signore. Infatti, lo Spirito che ha ispirato le Sacre Scritture è lo stesso che abita nel battezzato. Il continuo «esodo» al quale è chiamato ogni cristiano quando prende in mano le Scritture, viene percorso in questo libro attraverso la vicenda di personaggi del libro dell'Esodo: Mosè, Aronne, Giosuè, Maria, il popolo, il Faraone e... Dio stesso. Anche Lui, che non ha ricusato di farsi personaggio fra gli altri, per mostrarsi come «vicinanza» e «presenza salvifica» nella storia.
Vengono offerte: l'analisi grammaticale di tutte le forme verbali presenti, e note per un confronto critico fra testo ebraico, testo greco, latino e italiano; infine sono indicati anche i passi paralleli.
Per molti secoli il Cantico dei Cantici è stato considerato il testo-chiave della mistica cristiana dell'amore. La tradizione ebraica e quella cristiana vedevano nel poema dell'amore tra un uomo e una donna una celebrazione dell'amore di Dio per il suo popolo. Agli inizi dell'Era moderna, però, questa tradizione ha subìto una brusca interruzione: il Cantico ha cominciato ad essere inteso come una semplice raccolta di canti erotici profani. L'autore, riprendendo criticamente la discussione, commenta il Cantico versetto per versetto e dimostra come quella svolta interpretativa non trovi fondamento nel testo: il Cantico dei Cantici, uno dei vertici della poesia mondiale, è si profondamente radicato nell'ambiente della sua epoca, ma lo è anche nella Sacra Scrittura. In quanto tale, non parla solo dell'amore umano, ma evoca pure l'amore divino. L'interpretazione qui proposta ha allora il pregio di mostrare il potenziale sia teologico sia spirituale contenuto nel dialogo amoroso, attribuito a Salomone, che viene affidato a noi oggi.
«Non è la prima volta che Valentino Salvoldi si inoltra nelle pagine bibliche, spesso scegliendo quelle più "provocatorie". Qohélet-Ecclesìaste lo è, per certi versi in modo estremo e supremo, e percorrerlo esegeticamente e teologicamente è piuttosto arduo. Don Valentino ha scelto di proporre una guida di lettura tematica ricorrendo a una sorta di trittico. Nella prima tavola irrompe il vocabolo-vessillo di Qohélet, hebel/habel, "vanità"; nella seconda si incrociano dialetticamente questa "vanità" radicale con la "grazia" divina assoluta e, infine, nel terzo quadro s'intrecciano eternità e tempo, pienezza e caducità, perfezione e fragilità effimera. Il dettato è limpido, coinvolgente, appassionato e non ha bisogno di tracce che ne guidino la lettura o di analisi esplicative.» (Gianfranco Ravasi).
Articolando l'analisi narrativa con l'indagine retorica e quella intertestuale, questo studio tenta di cogliere il centro del libro di Giona nel passaggio a un nuovo modo di intendere l'esperienza profetica in Israele su una teologia aperta alla prospettiva universalistica. Il personaggio protagonista è colto come paradigma di una linea di pensiero nazionalista che, se perseguita a oltranza, rischia di mettere fine al ministero del profeta in Israele. Il racconto è colto come un tentativo audace e senza compromessi di fare autocritica all'interno del corpus dei Dodici Profeti minori per trovare una via di innovazione necessaria a orientare il cammino d'Israele alla luce dei risvolti sempre inediti della parola di Dio.