Fare bene il Bene è il motto che può sintetizzare lo spirito della Venture Philanthropy (VP), oggetto di questo libro. I due autori hanno qui concettualizzato le possibilità di innovazione gestionale offerte al sistema della filantropia e del mecenatismo dall'adozione delle pratiche della VP, che prevedono di introdurre nel settore non profit l'uso delle regole ideate e sperimentate con successo dal mondo del venture capital. Il testo, oltre a trattare in una prospettiva macroeconomica e gestionale la VP, porta esempi di realizzazioni di successo nel nostro Paese. Sullo sfondo è sempre presente la potenzialità che potrebbe esprimere il sistema delle fondazioni di origine bancaria, attraverso un uso estensivo e coordinato delle nuove pratiche. Il lavoro si conclude con una proposta progettuale innovativa per consentire il mantenimento di un elevato livello di welfare in presenza di significative riduzioni di spesa pubblica, ma pure il miglioramento della qualità delle prestazioni: insieme un documento di politica economica e di indicazioni gestionali e di governance.
L'impresa è un formidabile fattore di sviluppo socio-economico e culturale. E altrettanto decisiva è l'economia imprenditoriale e di mercato. Negli ultimi decenni, invece, abbiamo assistito al rapido predominio di una visione completamente opposta, quella dell'economia finanziaria e di rapina. Da questa è indispensabile liberarci. Per questo difficile ma essenziale compito è necessario riunire le forze di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, energie, dottrine, esperienze, abbattendo muri che ci isolano e ci soffocano, come quelli tra macro economia e micro economia, cultura tecnica e cultura umanistica, conoscenza superspecialistica e conoscenza generale dell'uomo e della società. È necessario gettare ponti, ricercare ciò che unisce passato e futuro, passando attraverso un presente meno mediocre e vile di quello in cui ci aggiriamo disorientati e sgomenti. Come disse Karl Popper: "Noi possiamo fare qualcosa per il futuro. Forse possiamo fare poco, ma ciò che possiamo fare dobbiamo farlo". Prefazione di Gianfranco Dioguradi Postfazione di Stefano Zamagni e Carlo Orlandini.
Qual è il segreto di un promotore di successo? Quali sono i comportamenti adatti per raggiungere gli obiettivi? Quali sono le capacità che in un contesto come quello attuale possono fare la differenza? Come posso pianificare la mia attività in modo strategico? Come posso incrementare l'efficacia della mia attività? Come posso creare relazioni efficaci con i miei clienti? Queste sono solo alcune delle domande alle quali abbiamo cercato di rispondere in questo libro. Non teorie, ma il risultato di una ricerca attraverso una serie di interviste, dei fattori di eccellenza del moderno promotore finanziario. Una cassetta degli attrezzi. Strumenti di immediata e concreta applicazione con l'obiettivo di creare "consapevolezza" in modo da essere in grado di analizzare comportamenti funzionali e disfunzionali per avere la possibilità di scegliere che promotore vogliamo essere o diventare. Conoscere se stessi, possedere se stessi e trasformare se stessi. È proprio questo a cui dovrebbe tendere ogni individuo: imparare progressivamente a conoscersi, a capirsi, ad accettarsi, a scoprire le proprie potenzialità, a vivere con la totalità del proprio essere, diventando sempre più consapevole della sua fondamentale libertà e possibilità di gestione creativa e responsabile.
Gli stati sono sostituiti, nella disciplina dell'economia, da istituzioni sovranazionali; l'ordinamento nazionale è parte di quello comunitario, al quale deve adeguarsi; il diritto comunitario finisce per stabilire le teste di capitolo del diritto pubblico dell'economia: sono solo alcuni degli importanti mutamenti con cui si è chiuso il secolo XX. In questo complesso sistema, quali sono i rapporti tra Stato ed economia in Italia? Come si sono sviluppati dall'Unità a oggi? Quale parte hanno l'Unione europea e la globalizzazione nella modificazione di tali relazioni? Accanto a un bilancio storico dell'intervento economico nel suo assetto tradizionale, i capitoli di questo volume forniscono una attenta analisi dei rapporti attuali Stato-economia e seguono le trasformazioni e le prospettive aperte dalle politiche dell'Europa unita. Questa quinta edizione, diretta e coordinata da Sabino Cassese, è il frutto di una completa revisione del precedente manuale.
Ormai i giovani danno per scontato che le uniche possibilità di cominciare a lavorare saranno temporanee e poco garantite, mentre molti lavoratori stanno facendo i conti con la possibilità che tutta la loro vita professionale sia all'insegna della precarietà. Ma cosa significa questo per la società nel suo insieme? Dopo aver presentato il precariato come classe di massa emergente, e potenzialmente pericolosa per la stabilità politica, nel suo precedente libro ("Precari. La nuova classe esplosiva"), Guy Standing compie qui un passo ulteriore, approfondendo il discorso sul tipo di politiche progressiste necessarie per ridurre le ineguaglianze e l'instabilità caratteristiche dei precari nelle nostre società. Le idee di Standing sulla condizione, sempre più globale, dei precari e le conclusioni a cui è giunto sono state ampiamente riprese da intellettuali come Noam Chomsky e Zygmunt Bauman, da attivisti e uomini politici. In questo autentico programma politico per una nuova sinistra, ricorda come i diritti, politici, civili, sociali ed economici, siano stati negati al precariato, favorendo nuove forme di sfruttamento e mettendo a rischio la democrazia, e sottolinea la necessità di riconsiderare la nozione stessa di "lavoro", il fondamento del contratto sociale e l'idea di cittadinanza. Mettendo al centro di questo suo manifesto dei diritti di libertà, sicurezza ed eguaglianza, il tema, caldo e ineludibile anche in Italia, del reddito minimo garantito.
L'opera di Charles Fourier (1772-1837) sviluppa una filosofia della ricchezza e una critica dell'industrialismo e del commercio che prefigurano gli eccessi dell'economia di mercato e anticipano la riflessione socialista. Leggere il suo pensiero alla luce di una problematica - la decrescita - che gli è in parte estranea, si rivela quindi attività feconda, che consente di esplorarne una parte finora non indagata. Senza negare i paradossi dell'opera di Fourier, Chantal Guillaume ne sottolinea la critica controcorrente del "capitalismo termo-industriale".
L'insostenibilità congiunta di pessime pratiche e mezzi fittizi per contrastarle ha trovato in Serge Latouche un analista affilato e conseguente, determinato a snidare l'impostura economica ovunque si rintani, nelle parole e nelle cose. Latouche addita il nostro vizio capitale nel vivere irresponsabilmente all'insegna dell'eccesso. Troppo di tutto: troppa produzione, troppo consumo, troppa rotazione dei prodotti, troppa obsolescenza, troppo scarto; e, insieme, troppa disuguaglianza, troppa disoccupazione, troppo saccheggio di risorse naturali, troppo inquinamento di ogni genere (biochimico, mentale, visivo, acustico). Ma a essere tossica, senza appello, è la nozione stessa di crescita ovunque si sia incarnata, nell'ultraliberismo del capitale globalizzato o nel produttivismo del socialismo reale. Dopo il fallimento delle politiche sviluppiste, anche nella versione cosiddetta "sostenibile" - ultimo, pericoloso abbaglio, secondo Latouche -, ci resta un'unica alternativa, ossia l'utopia concreta di una società governata da una logica di decrescita, che alleggerisca l'impronta ecologica, metta fine alla predazione, stringa un rapporto di parternariato con il Sud del mondo, rivitalizzi gli aspetti conviviali dell'esistenza. Un vagheggiamento irrealizzabile? Nient'affatto. Fino a che non imboccheremo la strada della decrescita serena, l'eccesso di benessere continuerà a coincidere con l'eccesso di malessere.
"Poche sono le politiche pubbliche che hanno bisogno di analisi accessibili e spassionate quanto l'immigrazione. In questo libro voglio scuotere le posizioni che si sono ormai polarizzate: da un lato l'ostilità nei confronti dei migranti, intrisa di accenti xenofobi e razzisti, ampiamente diffusa tra i comuni cittadini, dall'altro lo sprezzante ritornello delle élites liberali, condiviso dagli studiosi delle scienze sociali, secondo cui la politica delle porte aperte è un imperativo etico che in più garantisce grandi benefici."
Da molti anni Warren Buffett - definito "l'oracolo di Omaha" - è ritenuto uno dei due-tre uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio stimato di diverse decine di miliardi di dollari. Warren ha comprato le prime azioni a 11 anni e da quel momento ha sempre guadagnato, arrivando ad acquisire quote importanti di multinazionali leader come Coca-Cola, The Walt Disney Company, American Express, Budweiser, Wal-Mart e Wrigley. Che cosa gli ha permesso di avere sempre successo in un mercato complesso e pieno di insidie come quello azionario? Quali sono i trucchi, i segreti e i principi di un businessman così geniale e atipico? I due autori, attraverso l'analisi di 125 "sentenze" del loro guru, delineano una mentalità e una filosofia caratterizzate in primo luogo dalla capacità di andare sempre in direzione opposta al "gregge". Ciò che conta per Buffett è investire i propri soldi in modo sicuro, comprando, al prezzo più vantaggioso possibile, società in grado di acquistare valore nel lungo periodo, che producano prodotti semplici e di largo consumo e siano gestite da manager in gamba. L'importante, secondo il miliardario americano, è non dare ascolto alle "sirene" del mercato, e non farsi infinocchiare dai "maghi" di Wall Street: promettono grandi guadagni in poco tempo, ma in realtà vogliono solo speculare sui nostri soldi.
Questo papa venuto dalla fine del mondo "demonizza il capitalismo". Sono bastate poche frasi del pontefice "contro l'economia che uccide" per bollarlo come "papa marxista". Che a fare certi commenti siano editorialisti di quotidiani finanziari, o esponenti di movimenti come il "Tea Party" americano, non deve probabilmente sorprendere. Molto più sorprendente, invece, è che siano stati condivisi anche da alcuni settori del mondo cattolico, dal momento che, come mostrano Tornielli e Galeazzi, vaticanisti fra i più accreditati nel panorama internazionale, alla base dei ragionamenti di Bergoglio non c'è che la radicalità evangelica dei Padri della Chiesa. Delle disuguaglianze sociali e dei poveri è ammesso parlare, a patto che lo si faccia di rado. Un po' di carità e un pizzico di filantropia, conditi da buoni sentimenti, vanno bene, mettono a posto la coscienza. Basta non esagerare. Basta, soprattutto, non azzardarsi a mettere in discussione il "sistema". Un sistema che, anche in molti ambienti cattolici, rappresenterebbe il migliore dei mondi possibili, perché - come ripetono senza sosta le cosiddette "teorie giuste" - più i ricchi si arricchiscono meglio va la vita dei poveri. Ma il fatto è che il sistema non funziona, e oggi viene messo in discussione da un papa che in questo libro propone una riflessione sul rapporto fra economia e Vangelo. Temi che troveranno spazio anche nella sua prossima enciclica. Con un'intervista esclusiva su capitalismo e giustizia sociale.
In Europa e in Italia la crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2008 sembra non finire mai: la Fondazione Edison continua così a occuparsene, ricostruendone la cronistoria e offrendone ai lettori un'analisi e proposte puntuali, anche con questo quarto volume, che esce dopo quelli di Marco Fortis "La crisi mondiale e l'Italia" (2009) e "Dentro la crisi: 2009-2011. America, Europa, Italia" (2011) e quello di Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis "Debito e crescita. L'equazione della crisi" (2013). La serie di articoli qui presentata copre il periodo che va dalla fine del 2012 alla prima metà del 20l4. quando nella perdurante crisi economica italiana, in cui la ripresa del Pil continua a stentare, è comparso un elemento di novità e di possibile fiducia per il futuro: l'esito elettorale del 25 maggio 2014. Dal rafforzamento del Governo Renzi, la cui determinazione è incoraggiante, l'Italia si attende riforme strutturali per rilanciare crescita ed occupazione ed una forte pressione sulle istituzioni europee per superare il rigore con lo sviluppo socio-economico.
Proseguire sulla strada dell'unione? Come? Quella che abbiamo oggi è una unione economica solo in minima parte: troppo ancora contano le decisioni dei governi, nazionali e locali, e le tante corporazioni di ogni paese. Né si può parlare di unione monetaria finché non si realizza l'unione bancaria. Allora che cosa fa difetto alla nostra "unione molto incompleta"? È mancata soprattutto - come sottolinea questo saggio - la volontà di realizzare un destino comune. Ogni unione presuppone infatti il desiderio di realizzare un bene che ci accomuna, cioè quanto si fa "per" gli altri e non solo "con" gli altri. Di qui l'importanza della solidarietà e della cooperazione, valori senza i quali il sogno europeo di venticinque anni fa rischia di svanire.