L’archeologia cristiana è quel settore della scienza che studia le testimonianze dei primi tempi del cristianesimo, concentrandosi sul patrimonio storico determinato dall’evento della fede in Cristo: edifici di culto, monasteri, catacombe, fonti letterarie e quanto contribuisce a conoscere la vita di una communitas che ha vissuto all’insegna del cristianesimo. L’intreccio tra queste testimonianze permette di cogliere una sinergia i cui risvolti denotano orizzonti ampi in ordine alla cultura e a quanto concerne una più attenta conoscenza del passato. Inoltre, la conoscenza di quei dati permette di cogliere elementi specifici che testimoniano una presenza, un pensiero e, spesso, un adattamento di elementi di fede allo specifico contesto locale, evidenziando d’altronde la continuità di linguaggi che certificano modalità di manifestazioni della fede.
Il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis ha patrocinato la presente opera nella collana Flumina ex Fontibus: il flumen della cultura classica e cristiana è costituito dalla conoscenza della storia e dei documenti che la certificano; sono queste le fontes cui è doveroso attingere perché l’orizzonte in cui si sviluppa e cresce il patrimonio culturale dell’umanità non dimentichi ciò che sta all’origine o che costituisce l’asse portante di una continuità che talora si interrompe.
La "Lettera dottrinale valentiniana" fu scritta in greco attorno alla metà del II secolo dopo Cristo, ma è giunta a noi tramite Epifanio di Salamina che l'ha riportata nel suo Panarion. Essa rappresenta un vero e proprio caso: è stata fin qui quasi completamente trascurata, pur costituendo uno dei rari documenti in lingua originale relativi allo gnosticismo antico. Lo studio di Giuliano Chiapparini ricostruisce le vicende di questa lettera, ne indaga le caratteristiche e ne analizza i contenuti così da motivare la sua valorizzazione. La lettera si presenta come una rivelazione esoterica di una dottrina gnostica valentiniana molto peculiare. L'anonimo autore illustra con precisione le 'modalità' della manifestazione del sommo dio, riorientando per i propri scopi una terminologia e un bagaglio concettuale derivati dal contesto medioplatonico e soprattutto dagli scritti neotestamentari, in particolare quelli di estrazione paolina. Propone, quindi, una rilettura della dottrina di Valentino, uno dei più noti maestri gnostici del tempo, caratterizzata, pur in un contesto protologico di natura dualistica, dalla tendenza a intendere il divino sommo in maniera molto compatta; in questo modo prende le distanze da altre interpretazioni diffuse fra i seguaci di Tolomeo, continuatore di Valentino, che sembravano inopportunamente accentuare l'ipostatizzazione delle differenti 'modalità' con cui il divino si è voluto mostrare 'senza veli'.
Questo dramma in versi di Michele Di Martino, concepito con la consulenza teologica dei carmelitani Antonio M. Sicari e Fabio Silvestri, vuole offrire al lettore un'ulteriore e originale opportunità di conoscenza di Teresa d'Avila. Nel contesto scenico la protagonista ha un interlocutore diverso fino alla sesta dimora del castello: con ognuno di essi parla degli ostacoli per il suo cammino e in ogni stanza, insieme a loro, trova la "chiave" per il passaggio successivo, fino ad arrivare al centro del castello, dove l'interlocutore è il Signore, il volto di Dio che si rivela.
Liber, quem auctor in usura discipulorum conscripsit, singulis narrationibus collocutores inducit qui, curo linguam Latinam adhibeant perpolitam, vivam, fluentem, non modo tirones grammatica facile erudiunt, sed eos quoque, qui iato validas adepti sint sermonis cognitiones, ad altiores provehunt dicendi gradus, duna multa sermocinando proferunt de potioribus monumentis per saecula asservatis, quae Romae sunt, una curo viis quibus Quirites, eximii ipsarum exstructores, utebantur ad imperii regiones et provincias petendas. Agilis rerum descriptarum sfilus, qui sermo Latinus vere hodiemus dici potest, una cum docto ipsarum contextu, alumnis, in iisdem legendis, partim vero suadet maiorem ingenii communionem, ut ita dicam, inter peculiarem Urbis naturam, qua vivunt
quaque litterarum studiis dant operam, partim autem per archaeologicorum ruderum vestigia, hic descripta, eos aptis notitiis comitatur ad inquirenda aedificia, sacras aedes, loca memoratu digna, quae ad hominum vitam sive privatam, sive publicam, aut ad cultum humanitatis olim spectarunt et, quadam ex parte, hodie quoque spectant, minime, praeterea, neglectis exquisitioribus artium operibus, aut rebus notae alicuius, quae praeclaram Romae historiam informant ab eius ortu usque ad nostram aetatem.
Hoc modo, aduilescentes vel diligentem linguae subtilitatem discunt, vel argumenta varium genus, vel technicas ipsas definitiones quae, e. g., ad architecturam pertinent necnon ad lexicon sculptorum et pictorum, quorum fabriles rerum appellationes raro leguntur rariusque explicantur in operibus ab antiquis scriptoribus exaratis. His omnibus additur accurata scribendi facilitas qua singulae sententiae effictae sunt una cum frequentibus verborum quorundam interpretationibus, Italico sermone propositis, quas auctor inter sententiarum membra opportune inseruit, id est, post voces singulas, aut peculiares ab eo electas locutiones intellectu difficiliores, accentibus quoque adiunctis, quibus non pauca vocabula muniuntur, quotienscumque eorum pronuntiatus magis arduus legentibus videri potest.
Ideo, haec scriptorum collectanea, cum antiquis tum recentioribus fontibus innixa, sibi proponunt ut non modo Lyceorum alumni, sed etiam Athenaeorum auditores, funditus percipiant quanti momenti sit praeterita novisse, ad praesentia, quae vivendo experiuntur, subtilius interpretanda, siquidem litterarum Latinarum hereditatem, cum Romanorurn historia coniunctam, ad ipsorum necessitates traducere etiamnunc haud exigui lucri sit.
M.P.
Studio sul "De Trinitate" di Ilario di Poities: col suo carattere speculativo e il suo ampio respiro teologico, il testo dimostra quanto Ilario sapesse sollevarsi al di sopra della polemica per una ricerca volta all'approfondimento delle verità della fede e per una risposta il più possibile esauriente al problema religioso del suo tempo.
La preghiera cristiana per eccellenza, nell'ormai classico commento del grande scrittore alessandrino. L'alessandrino Origene è uno dei più originali Padri della Chiesa di lingua greca. Tra i suoi numerosissimi scritti figura anche il celebre Commento al Padre Nostro, nel quel l'Autore si propone di "considerare quanta potenza racchiuda la preghiera suggerita dal Signore", come egli stesso dichiara programmaticamente nell'incipit. Un testo nel quale Origene dispiega tutta la sua finissima sapienza esegetica e manifesta il suo pensiero. In particolare trova piena espressione il suo ottimismo pastorale che prevede la salvezza finale di tutti: "Il peccatore, infatti, dovunque si trovi, è terra in cui in qualche modo si trasformerà se non si pente; chi invece fa la volontà di Dio e non trasgredisce le spirituali leggi di salvezza, è cielo".
Il pensiero di Agostino percorre il tempo ed esplora tematiche quanto mai attuali. Agostino ha vissuto in un’epoca caratterizzata da drammatici conflitti religiosi che, pur nella evidente distanza storica, presenta elementi comuni con la nostra. L’Ipponate si è interrogato sulle radici di tali conflitti e sulla possibilità di elaborare un metodo per la loro composizione. Il volume contributi rileggono, nella prima parte i rapporti di Agostino con il manicheismo con ricchezza straordinaria di documentazione riguardo alle fonti del manicheismo al tempo di Agostino e il vissuto autobiografico. Seguono alcuni approfondimenti specifici. Nella seconda parte si riapre il dossier della dolorosa polemica con i donatisti, esplorandone un momento cruciale nella conferenza di Cartagine del 411. Attraverso l’esame approfondito di due prospettive conflittuali – così diverse e insieme così interconnesse – è possibile cogliere la riflessione di Agostino, sullo sfondo di una società attraversata da spinte disgregatrici e da pulsioni tribalistiche, abbandonata a se stessa da una politica inerme.
Quando Taziano decise di convertirsi al cristianesimo egli era un apprezzato intellettuale, membro di una ristretta cerchia di uomini di cultura stimati e riconosciuti dal corpo sociale. Divenuto cristiano, allievo di Giustino di Roma, egli ne fu in qualche modo l'erede, impegnandosi intensamente nella difesa della propria fede, all'epoca derisa intellettualmente e sanzionata giuridicamente. Nel suo "Ai greci" Taziano compone un appassionato discorso rivolto a quanti si professavano assertori dell'ellenismo, inteso come patrimonio culturale prima ancora che come deposito religioso e mitologico: ribaltando i ruoli di imputato e di accusatore, egli mostra come, sotto ogni punto di vista, le Scritture e la tradizione di cui i cristiani erano custodi fedeli fossero superiori rispetto a quell'intera e millenaria cultura che aveva plasmato il mondo classico greco-romano. L'"Ai greci", qui proposto in un'accuratissima edizione, è un testo provocatorio, a tratti volutamente spigoloso: in esso si legge chiaramente la determinazione e la sicurezza di una professione di fede che vuole essere riconosciuta e che rivendica la propria dignità su un piano innanzi tutto razionale e culturale. Essere cristiani, per Taziano, non significa soltanto "credere"; vuol dire innanzi tutto "conoscere", "sapere" e "pensare".
È una antologia di passi agostiniani intorno a Maria. La Vergine occupa una posizione di primo piano nella meditazione teologica e nella parenesi pastorale di Agostino, tanto che si può dire che la sostanza del culto cattolico trova nell'opera agostiniana una delle più convinte e calde affermazioni. Una densa introduzione di Pellegrino orienta il lettore sul pensiero di Agostino sulla Vergine, quale risulta dai testi, che seguono, tratti da varie opere e numerati con riferimento alle fonti. Arricchisce il testo l'indice analitico, l'indice delle fonti con riferimento alle edizioni critiche e una selezionata bibliografia, specifica del tema trattato. Il testo è preceduto da una presentazione di Eugenio Corsini, successore di Pellegrino alla cattedra di Torino: egli illustra l'opera di Pellegrino, specialmente come studioso di Agostino.
Un rapporto di alta spiritualità fondato su una totale identità di vedute e sulla comunione ecclesiale, pur nella lontananza e nella persecuzione: questa fu la profonda amicizia tra San Giovanni Crisostomo e la diaconessa Olimpia nella Costantinopoli del IV secolo, caratterizzata da forti ferventi politici e da deleterie connivenze tra il potere imperiale e quello ecclesiastico. L'amore a Cristo e alla Chiesa li unì nel comune impegno e rese loro possibile combattere con coraggio la buona battaglia, accettandone le conseguenze con santa rassegnazione. Questo volume, dedicato alle Lettere a Olimpia, mette in luce le sfumature di una sincera e calda amicizia tra due personaggi della Chiesa delle origini, che la lontananza dell'esilio ha rafforzato e svelato nella sua salda base spirituale.
Il volume presenta le vite degli eremiti Paolo, Malco e Ilarione che Girolamo ha scritto quasi ripercorrendo, in un progetto unitario, le tappe della diffusione del monachesimo: Egitto, Siria, Palestina.
Le Vite sono opera di ricerca, di formazione, di viaggio.
I protagonisti sono personaggi che,attraverso le asperità e le tortuosità del mondo fisico, compiono un cammino interiore.
I santi asceti descritti non dimostrano di essere irraggiungibili e lontani, ma vicini al pubblico ed alle sue debolezze.
Girolamo permette al lettore di conoscere esempi non impossibili da imitare e in cui riconoscersi, soprattutto per condurre un eguale viaggio spirituale.
Nell'infuocato clima provocato dalla eresia ariana nella metà del IV sec., Ilario di Poitiers è tra i più accaniti difensori dell'ortodossia. Nel 359 scrive il Liber II ad Constantium: una supplica all'imperatore, pregandolo di autorizzare un dibattito tra lui e Saturnino di Arles, che lo aveva ingiustamente accusato di tradimento della vera fede evangelica. Un documento importante per ricostruire la posizione dei vescovi della Gallia, e più particolarmente dell'Aquitania, di fronte alla professione di fede di Nicea. Ilario fu il primo autore nella cristianità latina a comporre inni come strumento di acculturazione dottrinale dei suoi fedeli. Di tali testi ne sono giunti a noi solo tre: Cristo Dio in cui Ilario esprime la sua fede nell'unico Dio; La resurrezione di Cristo, inno pasquale affidato a una voce femminile che incarna l'anima del neofita da poco rigenerata nella Veglia battesimale di Pasqua; Le tentazioni di Cristo che mette in contrapposizione il primo e il secondo Adamo, l'Adamo terrestre e caduco con l'Adamo celeste vittorioso sulla morte e su Satana.