Licio Gelli, capo indiscusso della P2, la più potente e controversa loggia massonica italiana, non è stato semplicemente un grande cospiratore, appartenente a un'epoca ormai superata. Al contrario, le idee promosse dal "maestro venerabile" sono progressivamente confluite nella cultura politica dei partiti che avrebbero governato l'Italia dagli anni Ottanta in poi. In questo saggio-inchiesta, che ricostruisce la parabola della P2 al di là del mero piano giudiziario o cronachistico, si mettono a nudo - attraverso un'accurata analisi della sostanza del programma gelliano - i tanti elementi di continuità con la situazione attuale. Ne emerge un quadro sconvolgente: il famigerato Piano di Rinascita Democratica sequestrato nel 1985, appare oggi come una sorta di prontuario delle "riforme" che sarebbero state attuate nel trentennio successivo, e insieme un documento profetico in grado di descrivere i processi degenerativi avvenuti nello stesso periodo sul piano sociale, culturale e dell'informazione; una lenta e inesorabile discesa verso forme di autoritarismo "dolce"...
La guerra era iniziata, la propaganda era finita. Nel giugno 1976 il nuovo corso della guerra delle BR allo Stato era stato inaugurato dall'uccisione di Coco, Procuratore di Genova. Prima di lui il sequestro del giudice Sossi aveva rappresentato un cambio di strategia nell'azione brigatista: dall'azione dimostrativa al confronto diretto con lo Stato, che avrà il suo punto di non ritorno con il sequestro Moro.
Perché sì. Perché... fa quello che i partiti promettono da trent'anni senza esserci fin qui riusciti, trasforma un doppione della Camera in un Senato che rappresenta le autonomie, semplifica il procedimento legislativo, impedisce l'abuso dei decreti-legge e limita il ricorso alla fiducia, razionalizza il riparto delle competenze fra Stato e Regioni, ridisegna la repubblica delle autonomie, rende più efficienti le istituzioni eliminando gli sprechi, potenzia gli strumenti di partecipazione popolare o amplia le garanzie democratiche, delinea istituzioni più stabili e rende la nostra voce più forte in Europa, non tocca i principi della prima parte della Costituzione, ma anzi li valorizza, non aumenta i poteri del governo, ma anzi li razionalizza, non riguarda la legge elettorale, ma anzi la sottopone a controlli più stringenti, semplifica la vita dei cittadini e delle imprese, migliora la qualità della democrazia. Prefazione di Maria Elena Boschi. Introduzione di Massimo Rubecchi.
Il Settennato di Francesco Cossiga (1985-1992) è stato segnato da vicende di forte intensità sia in politica interna che in politica estera. Sono gli anni in cui si assiste ad un lento declino dei partiti tradizionali, una rivoluzione negata dalla classe dirigente del Paese, destinata invece a sconvolgere l'intera mappa del potere politico. Sul piano internazionale si verifica un rivolgimento epocale con il crollo del muro di Berlino nel 1989 e la successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica. Un importante e cruciale passaggio della storia repubblicana, che nel diario di Ortona trova una inedita dimensione.
Si vince e si perde ovunque, non solo in Italia. Ma in Italia, più spesso che altrove, chi è vinto non accetta la sconfitta. "Bisogna saper perdere" racconta il declino, l'uscita di scena ma anche l'horror vacui dì alcuni degli uomini più potenti del nostro Paese. Politici che sono stati alla guida di un partito, o che hanno governato l'Italia per anni. Che hanno avuto a disposizione soldi e voti. Che hanno regalato sogni e speranze, e attirato invidie e diffidenze. E che prima o poi, inevitabilmente, hanno fatto i conti con il fallimento di un progetto o la fine di una carriera. Questo libro è una storia pubblica, ma anche un diario privato. Rivela i dubbi di Umberto II e Mario Segni, il risentimento di Parri e Prodi, l'amarezza di De Gasperi, il cinismo di Togliatti, gli insuccessi di Nenni e Fini, le fughe e la pervicacia di Fanfani e De Mita, la rabbia di Craxi, l'ostinazione di Berlusconi, fino all'irruzione di Renzi. C'è chi, ieri come oggi, grida al "colpo di stato", chi invoca i "brogli", chi si scaglia contro le congiure, chi prepara rivalse e vendette, chi ostacola con ogni mezzo la sua successione e chi ostenta distacco, finge l'addio, ma prova a mantenere il controllo su poltrone e programmi. Perché, a volte, saper perdere conta molto più di vincere. E soprattutto perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità di una democrazia.
"Le pagine che seguono sono state scritte, nel tempo, sotto la sollecitazione di eventi della quotidianità, che hanno indotto a rapide riflessioni. Si tratta di valutazioni su problematiche di volta in volta emergenti nella vita sociale e nel dibattito pubblico, che sono state affrontate alla luce di quella dottrina sociale della Chiesa, la quale costituisce un fattore di illuminazione nella considerazione razionale delle questioni che si pongono nella società contemporanea e nell'agire conseguente. L'origine dei brevi articoli qui raccolti, dà ragione della loro varietà e rapsodicità. Ma il lettore attento potrà sempre trarre dalla eterogeneità dei temi trattati il sottile filo conduttore che, nonostante tutto, li tiene insieme. Esso è dato dalla prospettiva di una 'vita buona' dell'uomo e della società cui, nonostante tutto, è sempre dato sperare e per la quale vale la pena lottare." (dalla presentazione)
“Non vi è niente di paradossale nel fatto che al peggiorato andamento del capitalismo avanzato e all’esplosione delle disuguaglianze al suo interno abbia corrisposto la scomparsa della sinistra, semplicemente perché è stata proprio quella scomparsa la causa fondamentale del generale deterioramento delle condizioni economiche e sociali nel continente”.
Totale liberalizzazione della circolazione internazionale dei capitali, delle merci, della manodopera; mercato del lavoro deregolamentato; banca centrale indipendente dai governi; detassazione dei redditi da capitale e fine della progressività del sistema impositivo; pareggio del bilancio; ridimensionamento della spesa pubblica; privatizzazione delle industrie di Stato e dei servizi sociali: il successo del liberismo non avrebbe potuto essere più completo.
Il libro riconduce le proporzioni di questo successo in Europa e i suoi esiti economici e sociali – cambiamento delle condizioni distributive, rallentamento del processo di accumulazione, aumento della disoccupazione e dell’esclusione sociale – al fenomeno della scomparsa della sinistra nel continente.
Si mette in luce come oggi l’ostacolo principale alla rinascita di una sinistra capace di ricollocare al centro della sua attenzione le grandi questioni economiche e di classe sia rappresentato dalla generale subalternità, radicatasi nel continente nel corso di oltre un trentennio, nei confronti della cultura economica dominante.
"Le sto chiedendo di continuare a essere uno scienziato attivo dentro e fuori il laboratorio, le offro la possibilità di farlo potendo intervenire e contribuire ai lavori del Senato della Repubblica." Elena Cattaneo, biologa famosa in tutto il mondo per i suoi studi sulla corea di Huntington, una malattia neurologica causata da un gene mutato, non dimenticherà mai le parole dell'allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando nel 2013 le annunciò la decisione di nominarla senatrice a vita. Da allora la sua esistenza è profondamente mutata e la sua attività scientifica si è arricchita di una funzione pubblica e istituzionale fondamentale per poter restituire alla scienza, troppo spesso bistrattata e abbandonata a se stessa, un ruolo di primo piano nel nostro paese. Lo testimoniano le pagine di questo libro, in cui l'autrice racconta i primi tre anni trascorsi in aula, affrontati con la stessa dedizione riservata al lavoro di ricerca in laboratorio, ma soprattutto con lo stesso metodo e gli stessi principi, nella salda convinzione che "i valori scientifici dell'oggettività, oltre all'allenamento al pensiero critico, avrebbero reso migliore il mio apporto al paese come senatrice". Abituata al lavoro di squadra, Elena Cattaneo è affiancata da un gruppo di esperti con competenze in diversi ambiti, dal diritto parlamentare ai rapporti con le istituzioni e con gli istituti scientifici.
A settant'anni dalla nascita, la nostra Repubblica sembra vivere il tempo malinconico dell'autunno. Maurizio Viroli legge le tappe fondamentali della storia d'Italia, dalla discesa in campo di Berlusconi fino alle riforme renziane, individuando un filo conduttore rappresentato dal progressivo sfaldamento delle istituzioni repubblicane. Cosa può fare chi non vuole arrendersi? Attraverso un itinerario di storia e memoria, l'autore ci invita a riprendere la via dell'impegno e a ritrovare il vero spirito repubblicano.
"Sapete chi sono - chi sono veramente, intendo - gli uomini e le donne che Matteo Renzi ha piazzato in tutte le posizioni strategiche del Paese? E, soprattutto, avete idea di quali sono gli interessi - i reali interessi - che il Giglio magico sta portando avanti? (...) Questo libro vi porta dietro le quinte della commedia renziana e vi svela gli intrecci tra finanza e politica, le relazioni internazionali nascoste e gli affari condotti finora a vostra insaputa." (Maurizio Belpietro)
La fine dei regimi autoritari di destra e di sinistra e la crisi del neocapitalismo liberista hanno restituito credibilità a una visione della politica in grado di intrecciare, senza indebiti unilateralismi, libertà e giustizia, individuo, società e Stato, principio di sussidiarietà e principio di solidarietà. Sta in questo la ragione principale dell'attualità del cattolicesimo democratico, che è essenzialmente un modo di stare nella politica, facendo riferimento a presupposti valoriali che affondano le loro radici nel concetto di "persona" e nel riconoscimento della sua assoluta dignità. La politica, che rifugge dalle logiche individualiste e collettiviste, diviene così il luogo della mediazione tra istanze personali e sociali e di esercizio di una democrazia partecipativa che ha come obiettivo il perseguimento del "bene comune".
Una profonda trasformazione politica e sociale ha investito il nostro paese negli ultimi vent’anni. Un cambiamento che non poteva non coinvolgere il mondo dell’associazionismo, la parte più attiva e sensibile della società civile. Impegnate in molteplici attività, le reti associative favoriscono la diffusione della cultura democratica e della solidarietà sociale, rafforzando i legami fra le persone e l’efficacia delle politiche pubbliche. Fino agli anni novanta, la loro azione era strettamente intrecciata con quella di altri attori politici, in primo luogo i partiti. Il crollo che li ha travolti avrebbe dovuto trascinare con sé anche le associazioni; al contrario, ci si è rivolti alla società civile come alla principale risorsa per rinnovare la politica, cooptando gruppi dirigenti e mettendola al centro del dibattito pubblico. In un contesto del tutto nuovo, sono cresciute le responsabilità delle associazioni, indotte ad andare oltre le tradizionali funzioni di «scuola di democrazia», per supplire in modo diverso ad alcuni dei compiti storicamente svolti dai partiti e dalle istituzioni pubbliche. Questo libro, frutto di un lavoro collettivo, ricostruisce la storia della partecipazione associativa in Italia, da Tangentopoli a oggi, considerando in particolare un’area molto ricca di reti associative come quella lombarda. Lo fa con un approccio sociologico, che scava nei pensieri e nei comportamenti dei singoli cittadini impegnati in gruppi, comitati, club, centri sociali, cooperative, movimenti e associazioni. Speciale attenzione è dedicata alle disuguaglianze di genere, alla dimensione religiosa e al rapporto dei volontari con la cultura politica della sinistra. Interviste, sondaggi e osservazioni raccolti nel corso di vent’anni sono usati per delineare il profilo, le differenze e le trasformazioni nel tempo degli attivisti di tutti i settori associativi. Ne emerge una storia unica della partecipazione sociale, e di ciò che ha offerto alla democrazia in Italia.