Giovanni Pascoli (1857-1912) è stato forse il più grande poeta italiano moderno: è l'orizzonte da cui muove questa nuova ricognizione che, tenendosi lontano dalle ormai abusate analisi linguistiche e psicanalitiche, riporta in primo piano uno scrittore di portata europea e dallo "sguardo cosmico" che rivoluzionò il linguaggio, i temi e le strutture della poesia del suo tempo. Questo Profilo, scritto con l'estro e la libertà di uno scrittore di vaglia come Bruno Nacci, è arricchito da un commento delle più celebri poesie dell'autore di Myricae e punta al cuore del mistero della sua poesia.
"Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo?" A partire da questo pensiero già definitivo, scritto in una lettera all'amico Oskar Pollak da un Franz Kafka appena ventenne, Mauro Covacich insegue lo scrittore praghese in un corpo a corpo tra vita e letteratura. Kafka scrive in una lingua che non era la sua, ma il tedesco dell'impero austro-ungarico imparato a scuola: "ogni lingua è un mondo. Se scegli quella di un altro, ti aggirerai tutta la vita per un mondo non tuo. E anche quando ti capiterà di rispecchiarti nelle vetrine, ti accorgerai che quel tizio riflesso non sei tu". Questa estraneità rispetto alla vita, rispetto all'amore, rispetto al padre Hermann e alla famiglia, scolpisce la scrittura e l'immaginario con cui Kafka concepisce i suoi capolavori: La metamorfosi, Nella colonia penale, Il processo. Ma anche le pagine di diario in cui annota i sogni, i libri letti, le serate con gli amici e le visite ai bordelli; e proprio in un postribolo della Trieste teresiana, Franz potrebbe avere incontrato James Joyce. Il soggiorno triestino di Kafka rivive nell'indagine letteraria di Covacich, fino agli archivi delle Generali dove la grafia del praghese sembra seguire l'alienazione di un lavoro d'ufficio che non gli lasciava tempo per l'immaginazione. Con una prosa esatta - che unisce autobiografia e racconto - Mauro Covacich affronta il suo grande amore letterario, una lunga passione cresciuta fin dall'adolescenza. Covacich segue Kafka nel vento dell'est con la complicità con cui si guarda a un fratello, rincorre le inquietudini della mente di un genio che non avrebbe voluto essere letto, e che qui rivive "la certezza di non essere una chimera".
"Beati gli idioti" è la rilettura del romanzo "L'idiota" di Dostoevskij attraverso una lente teologica: il cosiddetto Discorso della montagna riportato nei Vangeli. Il libro si compone di tre parti: un serrato confronto con i principali interpreti di Dostoevskij sull'identità profonda del principe Myskin, protagonista del romanzo; una lettura "teatrale" del testo proiettato in una dimensione scenica, passato al setaccio delle otto beatitudini evangeliche; una conclusione sul valore estetico ed etico dell'idiozia. Si parte dall'antica tradizione ascetica e spirituale dei "folli in Cristo", che si ritrova ovunque nella letteratura russa e nella tradizione ortodossa, viandanti e pellegrini alla sequela del Cristo oltraggiato e vilipeso, posti in relazione sistematica con le beatitudini evangeliche, quindi con le singole figure dei "Beati" prese in esame nel celebre Discorso della montagna. Assumendo questa prospettiva, il principe Myskin diviene il prototipo del cristiano in cammino, né Cristo né il diavolo, ma colui che, pur nella fragilità umoristica delle sue esperienze, "ci sta provando": l'avventura di un povero cristiano.
Questo secondo numero della collana Kratèr. Quaderni di culture e tradizioni spirituali è dedicato a un tema a lungo trascurato o sottovalutato negli studi sulla letteratura moderna e contemporanea, ma di rilevante interesse storico-critico: i suoi rapporti con le organizzazioni e le correnti esoteriche coeve (società rosacrociane e neognostiche, teosofismo, antroposofia e altri movimenti occultistici). In realtà questi rapporti sono molteplici e sovente strettissimi, riguardando molti dei più importanti scrittori degli ultimi due secoli. Il presente volume, che si avvale dei contributi di alcuni fra i migliori specialisti di questa tematica, costituisce al tempo stesso un primo bilancio di queste ricerche e una apertura di nuove prospettive, affrontando l'opera di numerosi autori dalla fine del '700 a oggi: Casanova, Pascoli, Yeats, Pound, Marinetti, Pirandello, Evola, Onofri, Meyrink, Cirlot, Eliade, Montale, Mishima.
Con una penna affilata e un'intelligenza scintillante, Calvino ha tessuto trame narrative che sfidano i confini della realtà e si inoltrano in mondi fantastici e surreali. Il nucleo centrale del saggio è l'idea che Calvino ha della letteratura, intesa come poetica di confine e "sfida al labirinto", cioè alla complessità del reale. Fasoli analizza quindi le tematiche dell'opera calviniana: Le città di Calvino (quelle biografiche: Torino, Parigi, Roma; quelle letterarie: Le città invisibili). Le ambiguità della storia. L'uomo del Novecento (con i tratti dell'incompiutezza, della fuga dalla realtà, dell'inconsistenza). La crisi della forma romanzo. Il lascito spirituale e letterario.
La cultura italiana ha radici millenarie e una grande capacità di universalizzarsi, e ha regalato al mondo architetti, pittori, scultori, musicisti e scrittori unici e straordinari. Questo libro intende introdurre il lettore ad alcuni classici della letteratura italiana: sarà, per così dire, una sorta di "viaggio letterario" in Italia. Per brevità, ho selezionato soltanto alcuni autori per me particolarmente significativi: Dante, Manzoni, Collodi, De Amicis e Guareschi. Le loro opere offrono uno spaccato della storia e della società dell'Italia del loro tempo, e dimostrano la possibilità di dialogo, di comprensione e di convivenza tra persone di diversa sensibilità culturale: un dialogo reso possibile, a mio avviso, dal profondo humus cristiano del Paese. Ma al di là di queste ragioni oggettive, ho scelto questi testi anche perché sono i miei classici, quelli che mi hanno accompagnato nel corso della vita, e la cui lettura mi ha lasciato qualcosa. Sono certo che potranno essere molto utili anche a quanti finora non hanno avuto occasione di accostarsi ad essi.
È il 1968, uno degli anni più inquieti dello scorso secolo. Pier Paolo Pasolini lavora alla sceneggiatura di un film dedicato a Paolo di Tarso. La pellicola, commissionata dalla San Paolo Film, non vedrà mai la luce, nonostante la stesura di due versioni del soggetto. La storia del cinema ha dovuto così rinunciare a un'opera che si annunciava audace e visionaria, in cui la vicenda di Paolo veniva trasportata a metà degli anni Sessanta, tra Parigi, New York e Londra, ma in cui le parole dell'Apostolo delle genti - come già per il Vangelo secondo Matteo - sarebbero state fedeli allo scritto neotestamentario. Carlotta Ciarrapica e Andrea Bizzozero ricostruiscono in queste pagine la vicenda del film mai realizzato, raccontandone genesi, sviluppo e abbandono, intrecciando la storia di tre diversi Paolo: il santo, il regista e il papa, Paolo VI, che ebbe anch'egli un suo ruolo nella storia. Il volume riporta inoltre, in versione integrale, le due stesure del soggetto scritte da Pier Paolo Pasolini.
Si è scritto molto sulla libertà, da parecchi secoli e spesso con acume. Questo libro vuole dimostrare che la libertà tende all'amore, e che questa verità riveste un'importanza enorme nella vita di ogni uomo. Siamo stati creati liberi per amare e, quando non raggiungiamo questo fine proprio della libertà, ci troviamo di fronte a un fallimento esistenziale. Tutti desideriamo una vita piena, felice, realizzata. Il criterio per raggiungerla risiede nel fare tutto liberamente e per amore. La tesi è molto semplice, come lo sono tutte le grandi verità. Metterla in pratica è assai più complicato. Nel pensiero contemporaneo sovrabbondano concezioni della libertà lontane da questa, dove essa è concepita come una mera capacità di scelta tra diverse possibilità, o come prerogativa dell'individuo di fare ciò che vuole senza altro criterio che i suoi desideri e i suoi capricci. Molte volte si contrappone la libertà all'impegno, al dovere, all'obbedienza e all'osservanza di alcune norme di condotta. Scopo di queste pagine è incoraggiare il lettore a un concetto più alto di libertà. In questo sforzo di raggiungere un concetto più elevato di libertà, ci vengono in aiuto i classici della letteratura universale: essi descrivono in maniera plastica il cammino della libertà umana verso l'amore, quel processo di liberazione dell'amore che è stato seminato nel cuore dell'uomo. I classici sono lì a ricordarci una serie di valori a cui l'umanità ha aspirato fin dal principio, e che meritano di essere salvaguardati e custoditi. Parlano di cose che penetrano nel cuore dell'uomo e lo commuovono. Un classico è un libro che, benché sia stato scritto secoli fa, ha ancora qualcosa da dirci. E può farlo perché ci parla di cose come la verità, la bellezza, il bene e l'amore, ovvero quelle categorie esistenziali che ci riguardano più da vicino. I classici possono condurci a intravedere la verità, a provare il desiderio di esercitare la virtù, ad apprezzare quella bellezza che ci riempie l'anima. Sono in grado di trasformare la vita dei lettori, schiudendo insospettati orizzonti di amore e di libertà.
I Quaderni Francescani editi dall'Associazione Cardinal Peregrosso raccolgono gli Atti dei Convegni che si tengono con cadenza annuale a Pozzuolo Martesana (MI), nella antica chiesa di S. Francesco, sorta alla fine del XIII secolo per volere del cardinale Pietro Peregrosso. Il Convegno del 2021 ha voluto ricordare l’ottavo centenario della morte di Dante; attraverso i contributi di fra Paolo Canali, di Paolo Bartesaghi e di Mons. M.
Ballarini, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Anche il prof. E. Fumagalli, emerito di Letteratura italiana presso l'Università di Fribourg in Svizzera, ha voluto essere presente nella pubblicazione con un suo saggio inedito
Cos'hanno in comune Fleabag e Doc, Wanda Vision e La regina degli scacchi, The Morning Show e This is Us, Black Mirror e Don Matteo? La lettura interpretativa proposta dagli autori del volume, ognuno con un diverso profilo professionale e focalizzato su una serie in particolare, si addentra nell'analisi delle narrazioni di queste e altre serie, e offre la possibilità di vederle come i tasselli di un unico mosaico: quando si uniscono emerge infatti un'interessante immagine di chi siamo e cosa desideriamo. «Nella finzione narrativa di tutto il mondo c'è una grammatica universale, una struttura profonda che vede gli eroi affrontare i problemi e combattere per superarli. (...) Universalmente le storie si focalizzano sulle grandi difficoltà della condizione umana. Trattano il sesso e l'amore, la paura della morte e le sfide della vita. E trattano il tema del potere: il desiderio di esercitare influenza e di eliminare l'asservimento. (...) perché le storie si concentrano intorno ad alcuni grandi temi, e perché rispettano in maniera così costante la struttura basata sul problema? Perché seguono questa impostazione e non tutte le altre che potrebbero avere? Penso che la struttura basata sul problema riveli una delle funzioni principali dello storytelling: suggerisce che la mente umana sia stata modellata per le storie, così che possa essere modellata dalle storie. (...) cerchiamo sì le storie perché ci piacciono, ma la natura ci ha progettati per amarle affinché potessimo fruire del vantaggio derivante dal fare pratica. La finzione narrativa è un'arcaica tecnologia di realtà virtuale specializzata nella simulazione di problemi umani» (Jonathan Gottschald, L'istinto di narrare. Come le storie ci hanno resi umani). Contributi di Giulio Maspero, Eleonora Recalcati, Armando Fumagalli, John Paul Wauck, José María La Porte, Giulia Cavazza, Enrique Fuster, Rafael Jiménez Cataño, Andrea Claudia Valente, Federica Bergamino, Jorge Milán Fitera, Tobia Campana, Gema Bellido.
Marco Ballarini ci offre una originale lettura della Commedia dantesca. Nelle "celesti liturgie" che pervadono il Paradiso di Dante, due elementi fondamentali sono la danza e il canto. La danza è qui espressione di una liturgia che non è più "sacramento" o attesa, ma certezza, gioia piena, ordine ed equilibrio. Le anime godono eternamente della visione di Dio e rendono grazie attraverso il gesto armonioso, frutto esso stesso dell'armonia che regna nella perfezione divina. Ci sono poi i canti, che nella Commedia si susseguono di cielo in cielo. Sono canti corali, anche se ogni anima sembra preservare la propria individualità nella beatitudine che la fonde con l'intera corte celeste. E con i beati prega anche Dante pellegrino.
Il latino è una lingua nobile e concisa, ricca e armoniosa, piena di maestà e dignità, chiara e sempre pregna di significati. Con queste parole San Giovanni XXIII nel 1962, all'interno della Costituzione Apostolica "Veterum Sapientia", lodava le proprietà del latino e ne raccomandava la promozione all'interno della Chiesa. I professori del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, preconizzato in quella costituzione, ne ricordano l'attualità, attraverso i brevi saggi che compongono il libro, per mostrare come il latino sia una lingua immortale, incessantemente usata nel corso dei secoli, veicolo di cultura e di fede, strumento di unità tra gli intellettuali di ogni popolo.