"Ho cercato la mia strada molto a lungo. In etnologia sono un completo autodidatta. Una prima rivelazione l'ho avuta per ragioni inconfessabili: smania d'evasione, desiderio di viaggiare." Queste parole di Claude Lévi-Strauss riassumono il senso di "Tristi Tropici", resoconto delle spedizioni compiute dall'autore nel Mato Grosso e nella foresta amazzonica. Quando Lévi-Strauss, nel 1934, arrivò a Sào Paulo per ricoprire la cattedra di sociologia all'università, il suo interesse per l'antropologia era ancora una passione non concretizzata. Una volta giunto in Brasile, la curiosità per le culture indigene e il desiderio di visitare un paese in gran parte inesplorato lo spinsero a organizzare una serie di ricerche "sul campo". Entrò così in contatto con le tribù autoctone, potè conoscerne direttamente le usanze e la vita quotidiana. Di ritorno da quel lungo viaggio, Lévi-Strauss lasciò calare il silenzio su quell'esperienza: non una parola che ricordasse le difficoltà, i rischi che gli incontri con civiltà indigene gli avevano procurato. Quindici anni più tardi, decise di raccontare ciò che aveva visto e vissuto. E nel 1955 uscì questo saggio, che cambiò per sempre i destini dell'antropologia ma che è soprattutto un racconto vivo dove si intrecciano descrizioni degli uomini e della natura, aneddoti, considerazioni filosofiche e narrazione dell'avventura quotidiana del ricercatore.
Chi sono le Donne Selvatiche? Perché
è necessario, per le donne e anche per gli uomini, recuperare il rapporto con l’istintuale e la terra che la cultura occidentale ha quasi completamente smarrito?
Claudio Risé e Moidi Paregger guidano
i lettori alla (ri)scoperta dell’archetipo universale della Donna Selvatica, presente nelle saghe diffuse lungo tutto l’arco alpino e soprattutto nella mitologia del nord Europa, e delle energie del femminile naturale molto spesso mortificate da una società che si rifiuta di riconoscerle.
Questa nuova edizione di Donne Selvatiche, rivista dagli autori e arricchita da un capitolo dedicato a Maria, la madre del Signore, diviene così un tassello essenziale per
un processo di rigenerazione del femminile, per ritrovare la tranquilla sicurezza e benessere dell’orientamento di vita naturale.
Claudio Risé, psicoterapeuta e psicoanalista, lavora da trent’anni sulla psicologia del maschile e sui problemi derivanti dalla crisi della figura paterna. Con le Edizioni San Paolo
ha pubblicato, tra gli altri: Il Padre l’assente inaccettabile (2003), Cannabis. Come perdere la testa e a volte la vita (San Paolo 2007), La crisi del dono (San Paolo 2009), Felicità è donarsi (San Paolo 2014).
Moidi Paregger, medico a Bolzano,
ha una formazione in medicina antroposofica e omeopatica, e una in psicologia analitica. Da anni conduce una ricerca sulle narrazioni tradizionali delle Donne Selvatiche delle Alpi, con pubblicazioni anche in lingua tedesca.
Marc Augé esplora in questo libro il gran teatro del bistrot con tutti i suoi attori. Considerato con gli occhi dell'etnologo, il bistrot è il regno delle relazioni "di superficie" quelle in cui il gesto dello scambio importa assai più di ciò che lo motiva. Un grande bistrot nell'ora di punta è un luogo straripante di vita, di emozioni, in cui si scambiano parole per non dire nulla, gesti appena accennati, occhiate passeggere. Spazio relazionale ma anche spazio letterario: Maigret sarebbe impensabile senza le soste al bistrot. La Francia ha esportato in tutto il mondo questo modello di civiltà: da quel nome sprigiona ovunque il carattere amabile che ne contrassegna l'immagine. Non pura immagine, tuttavia: il bistrot è un oggetto del paesaggio urbano che rivendica di possedere una propria storia, una geografia e, d'ora in avanti, anche una propria etnologia.
Vito Teti ha sempre un viaggio qua intorno da raccontare, un volto nascosto da nominare tra le righe di un saggio, un ritaglio di vita minuta da incorniciare con tutte le sue scoloriture. "Terra inquieta" è un libro che è tanti libri insieme, e tutti servono a qualcosa: uno racconta di Calabrie mobili che crollano e franano; l'altro di uomini che sperano futuro cercando l'America, ma cercandola incontrano la storia; l'altro ancora di donne che ascoltano in sogno i consigli di san Giorgio per vincere ogni drago, di uomini che i santi li portano a spalla per sacralizzare la polvere e il mare che siamo, di giovani laureati che partono perché l'ultimo lavoro non pagato è un'umiliazione ormai intollerabile. Ma in "Terra inquieta" c'è pure gente che resta tentando di salvare rovine e pilastri di cemento che si alzano al cielo, per farne qualcosa che vive. In questo vagare per spazi vasti e insieme profondi lo scrittore di "Maledetto sud" raccoglie ogni mollica, mentre l'antropologo de "Il senso dei luoghi" prova una teoria capace di dare forma al sussulto imprendibile della Calabria. Così nasce "Terra inquieta", una storia di linee che ricostruisce la necessità e l'ossessione per la mobilità di una regione contadina eternata dal tempo circolare dei greci, spezzata dalle catastrofi, che però sempre ritenta nuove circolarità per non mutare sguardo su di sé, infine la Calabria moderna, quella che naviga in linea retta verso un tempo migliore...
Il volume presenta i risultati di una ricerca volta a ricostruire l'interpretazione di alcuni dei più importanti organi di tutela dei diritti umani delle Nazioni Unite riguardo ai diritti culturali. In occasione dell'elaborazione del diritto di partecipare alla vita culturale, sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dal successivo Patto Internazionale per i diritti economici, sociali e culturali, si fece riferimento a una concezione 'materialistica' di cultura, secondo cui questa sarebbe riconducibile esclusivamente alle espressioni più nobili ed elevate dell'attività artistica e intellettuale dell'uomo (arte, letteratura, musica). A fronte di questa limitata definizione, la dottrina giuridica ha sviluppato un'intensa riflessione giungendo a elaborare una nozione particolarmente estensiva di diritti culturali che si fonda su una concezione 'antropologica', secondo cui la cultura ricomprende tutte le attività che caratterizzano il modo di vivere di una persona o di un gruppo e che risultano strettamente connesse alla loro identità. Attraverso un'analisi della prassi di alcuni degli organi di tutela dei diritti umani delle Nazioni Unite, il testo cerca di evidenziare che, sulla scorta della riflessione dottrinale, tali organi - e in particolare il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali - sono giunti ad accogliere una nozione antropologica di cultura...
Lo stilitismo, che costituisce il tema del presente lavoro, viene generalmente ritenuto una delle più bizzarre (e 'aberranti') esperienze ascetiche. Praticato in Siria a partire dal V secolo d.C, veniva esercitato sulla sommità di una colonna: ivi lo stilita soggiornava per decenni, fino al termine della vita. Era caratterizzato da una serie di pratiche motorie che - pur apparendo ispirate a devozione religiosa - sembrano per molti versi rappresentare la risposta a pulsioni interne all'asceta. L'alternarsi incessante di una postura eretta immobile e di prosternazioni si colloca, per lo stilita, su di uno sfondo di giustificazioni e di valori (e dei relativi vissuti) che ben si configura come una 'spiritualità del corpo'. Una spiritualità, tuttavia, religiosamente inspiegabile, senza alcun legame con le Sacre Scritture o con l'insegnamento della Chiesa: come se in questi soggetti, che pure apparivano interamente rivolti a Dio, la pratica della colonna fosse qualcosa che essi facevano per se stessi.
Il volume raccoglie gli interventi e altri saggi relativi al quarto Seminario Internazionale organizzato nel novembre 2013 dall'Archivio "Julien Ries" per l'Antropologia simbolica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano). Il 2013 è stato l'anno della morte del grande storico delle religioni belga e l'Archivio ha deciso di dedicare il suo consueto Seminario annuale all'approfondimento del significato della sua opera, tenendo conto delle sfide che la "nuova antropologia religiosa fondamentale" si troverà a vivere nell'immediato presente e nel prossimo futuro. Resistendo a ogni tentazione meramente celebrativa, si è voluto restare fedeli il più possibile allo spirito del pensiero di Ries il quale, nel corso della sua lunga vita da studioso, non ha mai separato l'analisi della storia delle religioni e l'attenzione per le scoperte della paleoantropologia da un'insistente e originalissima interrogazione sulla natura dell'uomo in quanto tale. I contributi raccolti in questo volume, oltre a fare il punto sulla nozione di homo religiosus e sulla conseguente idea di antropologia simbolica, vogliono altresì indicare alcune prospettive di applicazione di una disciplina ricca di sviluppi possibili.
Una diocesi più estesa dell'Italia. Un impegno religioso e civile che dura da oltre 50 anni a fianco degli ultimi, gli indios, i lavoratori rurali, i senza terra. Un'opera, instancabile e quotidiana, in favore della giustizia, dei diritti e del rispetto del creato. Un'azione pastorale che gli è costata varie minacce di morte e addirittura un attentato, cui è scampato per miracolo (il missionario che lo accompagnava è rimasto ucciso). Oggi deve muoversi con la protezione di una scorta. I giorni di Erwin Kräutler, roccioso vescovo di origine austriaca da sempre impegnato in Amazzonia nella regione del fiume Xingu, ci restituiscono un'esperienza di Chiesa missionaria che annuncia il Vangelo della dignità e della liberazione per tutti, in particolare i poveri e gli oppressi. E che per questo mette a rischio la propria vita. In queste pagine, tumultuose come le acque del "suo" Xingu ma limpide di fede, dom Erwin racconta di sé, della sua gente, della sua passione per il Regno in mezzo alla foresta più bella del mondo, ai pericoli dei "seminatori di morte" che lo attaccano per il semplice fatto di "voler salvare l'Amazzonia per amore delle future generazioni".
L'Autore, con l'aiuto di numerosi esempi, propone una rilettura della storia delle tecnologie che contraddice i comportamenti e le interpretazioni di Galileo e contro i tradizionali discorsi falsificatori che ci condannano a un destino già scritto.
Un ghostbuster si aggira per l'Europa: l'antiziganismo. Come ogni razzismo, l'antiziganismo combatte un fantasma, gli "zingari", che esso stesso ha evocato. Ma, come in ogni caccia ai fantasmi sociali, esso ha bisogno di corpi materiali e tangibili su cui far presa: così, in tempi e luoghi diversi, suoi capri espiatori sono state e sono quelle persone che si addensano in una nuvola identitaria e si dicono rom, sinti, manus, calons, travellers, romanicel... Questi soggetti a volte soccombono, a volte sfuggono, a volte si adattano, a volte vincono, ma la loro vita terrena è votata all'autodifesa e la loro intelligenza deve essere quotidianamente dedicata al contenimento dell'antiziganismo che li perseguita; vi devono investire energie individuali e collettive. Quando l'antiziganismo offre loro delle pause, la tranquillità li rende finalmente cittadini.
Nando Pagnoncelli, volto noto per la sua collaborazione con il giornalista Giovanni Floris nelle trasmissioni "Ballarò" e poi "Di Martedì", offre in questo libro una lettura del nostro Paese con analisi e interpretazioni che descrivono le profonde modificazioni che interessano l'animo e i modi di pensare degli italiani. Lungo un arco di tempo che ripercorre gli ultimi 50 anni, l'autore si chiede come siano cambiati i bisogni e le aspettative, i desideri ed i progetti delle persone, in Italia. Il punto di partenza è il referendum sul divorzio del 1974, evento che ha spaccato in due la popolazione e che è andato ben oltre la data in cui si è consumato, assumendo la caratteristica di simbolo di una nuova epoca che si apriva. Da qui prende le mosse anche la postfazione di don Roberto Fiorini per una riflessione sulla Chiesa in Italia dove la comparsa sulla scena di papa Francesco ha dato la stura a un dibattito reale e pubblico.
Dopo un secolo nel quale le ideologie hanno cercato di cancellare qualunque forma di trascendenza dalla vita degli uomini e dopo il fallimento della cosiddetta teologia della morte di Dio, si moltiplicano i segnali di quello che è stato definito un ritorno del sacro. Le grandi tradizioni spirituali e religiose sembrano aver ritrovato un ruolo nella vita delle persone e per la prima volta nella storia sono facilmente accessibili anche in luoghi molto lontani da quelli della loro maggiore diffusione. In tale contesto appare sempre più necessario riflettere sulla possibilità di una sintesi, o, quanto meno, di un incontro fra tradizioni, sapienze e concezioni del mondo differenti. In questo suo libro, che è innanzitutto un viaggio attraverso le forme in cui si è espressa e si esprime la spiritualità, Javier Melloni suggerisce un atteggiamento di apertura verso tutti gli apporti, per condividere le ricchezze che ciascuno di essi può offrire e affrontare in modo nuovo le sfide che l'eterno desiderio di capire sé stesso, il mondo e Dio, pone all'uomo contemporaneo.