Questo volume presenta la Storia dell'Arte medievale con un approccio innovativo, incentrato sulle origini culturali, sul contesto storico e sui presupposti tecnici dell'opera artistica e architettonica. L'obbiettivo è di restituire il più fedelmente possibile le intenzioni di costruttori, artisti e committenti, il loro retroterra culturale, il loro orizzonte di significato, le condizioni materiali che definivano la loro azione. Il coordinatore del volume, Paolo Piva, ha coinvolto eminenti studiosi italiani e tedeschi in un progetto in cui fossero condivisi questi orientamenti metodologici di fondo. Il risultato di questo lavoro è un libro capace di offrire illuminanti chiavi di lettura al millenario percorso dell'arte medievale (dal 300 al 1300 d.C.) senza la pretesa di descriverne puntualmente ogni fase ma con l'ambizione di rivelarne le fondamentali coordinate.
Chi percorre la storia della liturgia, in più occasioni si è trovato di fronte a documenti che testimoniano la vitalità dell'antica Chiesa di Aquileia, il cui più noto esponente è senza dubbio il vescovo Cromazio, vissuto tra il IV a il V secolo. Aquileia è stata una di quelle Chiese locali che ha saputo esprimere la fede anche attraverso un proprio linguaggio liturgico. Il rito aquileiese, con la testimonianza di forme liturgiche peculiari, costituisce un segno eloquente di una vitalità che ad un certo punto ha cessato di esistere, confluendo nel rito romano. Il grande patriarcato aquileiese, che si estendeva fino in Baviera, in Austria, nella Slovenia e in Croazia, già nel sec. XV era stato smembrato, e progressivamente aveva perduto quella vivacità a vantaggio di un nuovo ordinamento territoriale delle Chiese, in particolare del ruolo di Venezia. Presentazione di Manlio Sodi e postfazione di Giuseppe Cuscito.
Nel secolo XX, le 226 diocesi italiane hanno lavorato intensamente nella costruzione di nuovi complessi edilizi, chiese e opere parrocchiali per offrire luoghi d'incontro religioso e sociale alla comunità che, lasciando le montagne e le aree meno dotate di servizi, si costituivano nelle periferie urbane e nei piccoli e medi centri della penisola. Fino a pochi anni fa di questo vasto cantiere erano noti solo alcuni casi, riferibili a diocesi come Torino, Bologna, Genova, Milano e ad architetti di fama come Giovanni Muzio, Giovanni Michelucci, Ludovico Quaroni, Roberto Gabetti e Aimaro Isola. Ora, grazie al censimento promosso dalla CEI, è possibile conoscere in modo analitico quante e quali chiese sono state costruite nell'arco del secolo appena trascorso, in quali diocesi e regioni (come illustra l'ampio repertorio fotografico che impreziosisce questo libro). In alcuni casi, come Milano e Roma, siamo di fronte a numeri imponenti: nella diocesi di Roma sono state costruite più di 300 complessi parrocchiali e più di 400 a Milano. Ma si può dire che tutte le diocesi, in tutte le regioni, si sono attivate. Resta ora da completare il quadro e da approfondire caso per caso, studiando da vicino le storie delle comunità, i loro rapporti con gli architetti, il profilo delle architetture, più di cinquemila, che sono ormai entrate a far parte del paesaggio italiano.
L'insieme delle ville e dei giardini che dal Medioevo a oggi identificano il paesaggio italiano costituisce un settore del nostro patrimonio vasto e importante, che è stato oggetto di studi specialistici spesso monografici, in molti casi riferiti a città o regioni, oppure incentrati su aspetti particolari del gusto e della cultura di un'epoca o riflesso di determinate committenze.
Questo volume offre per la prima volta uno sguardo complessivo su tutta la Penisola, individuando i diversi filoni tematici che permettono di collegare giardini e ville della Sicilia a quelli della Liguria o del Veneto: ad esempio i giardini esoterici, quelli concepiti come scenografie teatrali, le fortezze austere non più necessarie alla difesa e quindi ingentilite da aiuole e boschetti, le residenze regali e i giardini sull'acqua. Di ogni tema viene illustrata l'evoluzione e la diffusione sul territorio con saggi esaustivi, sulla base di riferimenti storici anche di carattere iconografico. A complemento dei saggi, gli esempi di ville e giardini più significativi e interessanti sono documentati mediante schede specifiche con un ampio corredo fotografico che permette la comprensione delle peculiarità di ognuno di essi.
Cinque secoli fa una lettera di Leonardo da Vinci parte da Genova per Costantinopoli, l’odierna Istanbul. È forse la risposta alla richiesta di progettare un ponte. In quell’epoca, le due città sono al vertice delle relazioni tra Oriente e Occidente, come spesso è accaduto nella storia, e sulle onde del Mediterraneo scorre il confronto tra turchi e genovesi, una realtà di lunga durata in cui si possono cogliere le molte, sottili sfumature di un costante e caleidoscopico panorama di incontri. In questa prospettiva, il geniale ponte progettato (e mai realizzato) da Leonardo da Vinci per il sultano Bayezid II e il centro di Galata – prima genovese e poi turca – diventano il simbolo di un rapporto mai interrotto tra due mondi.
Costruire è una cosa grande.
È innanzitutto avere uno scopo e condividerlo insieme ad altri.
Il costruire è per la propria vita
e per quella di altri.
L’uomo costruisce e nel farlo edifica sé stesso.
Un percorso dentro l’esperienza del costruire, dialogando con i maestri di ieri e di oggi, da Vitruvio a Libeskind, passando per Torroja, Gio Ponti, Nervi. Dalle cattedrali del medioevo al completamento della Sagrada Familia, dagli acquedotti romani ai moderni ponti a grande luce, dalle piccole abitazioni in legno e terra ai grattacieli delle megalopoli di oggi. Dalla pietra alla stampa 3D, passando per il calcestruzzo e l’acciaio.
Un’occasione per immergersi nella grande eterna sfida, quella dell’uomo costruttore, rendendo tutti partecipi della sua evoluzione.
"Dobbiamo chiederci che cosa deve essere oggi la cattedrale, in una chiesa non più 'reggente' la società; in una comunità cristiana che è in missione, che vuole raggiungere gli uomini e le donne là dove sono, non avendo più la possibilità di convocarli. E in una chiesa che si vuole sinodale, cosa significherà la cattedrale?" (Enzo Bianchi). Il modo più autentico per conservare il patrimonio artistico e architettonico è quello di abitarlo integralmente per renderlo sempre più vivo, facendo di esso il simbolo di una chiesa capace di stare nell'oggi della storia. Il XVI Convegno liturgico internazionale di Bose attraverso i contributi di storia, architettura, arte e liturgia espone le ragioni scientifiche, culturali e teologiche per comprendere il valore e il significato delle cattedrali, il loro compito e la loro missione oggi.
Un volume che raccoglie gli scritti di Leonardo che illustrano le sue osservazioni sul mondo in cui viveva, impreziositi da splendide immagini tratte dal «Codice Atlantico» e dalle altre principali raccolte, come quelle degli archivi del Vaticano o della Biblioteca reale di Windsor.
A cinquecento anni dalla morte, Leonardo da Vinci incarna ancora in modo esemplare l'ideale di intellettuale del Rinascimento e del genio. Artista, matematico, fisico, architetto, ingegnere e molto altro ancora: impossibile non rimanere affascinati dalla sua instancabile analisi del mondo che lo circondava e dalla capacità di tradurre queste osservazioni in una serie infinita di invenzioni, molte delle quali anticipano di secoli la modernità. Il risultato di questa attività incessante di studio è condensato in una produzione enorme di schizzi, disegni e annotazioni che costituiscono un patrimonio inestimabile, disperso dalle vicissitudini storiche in tutto il mondo. In questo volume sono raccolti per la prima volta insieme gli scritti di Leonardo che illustrano le sue osservazioni sul mondo in cui viveva – dai fenomeni naturali come la visione, la luce, il funzionamento dell'occhio umano o lo scorrere dell'acqua di un fiume, alle annotazioni pratiche sulla pittura o la scultura o su come si debba costruire una stalla o erigere una fortezza inespugnabile – impreziositi da splendide immagini tratte dal «Codice Atlantico» e dalle altre principali raccolte, come quelle degli archivi del Vaticano o della Biblioteca reale di Windsor. Una vera e propria "finestra" aperta sulla mente di un genio, sul suo lavoro e su un'epoca in cui i confini fra le discipline erano ancora incerti e venivano gettate le fondamenta del mondo moderno.
Uno strumento unico e riccamente illustrato: la storia millenaria del giardino in occidente
Dalle lontane origini mesopotamiche alla rinnovata coscienza attuale della necessità di pensare il mondo come un giardino affidato alla responsabilità di tutti, si svolge l’avventura di pensiero e di vita sociale che questo libro presenta. Attraverso il giardino ellenistico e romano e poi quello medievale, il lettore è condotto all’innovazione del giardino rinascimentale italiano. Questo, pur continuando l’immagine medievale di hortus conclusus, costituisce una svolta quanto a disegno e tecnica di realizzazione e diviene un modello da imitare in tutta Europa. Spazio di rappresentanza e di loisir, è anche luogo di studio e di sperimentazione scientifica. Nella Francia d’ancien régime la dimensione del giardino come luogo di esercizio pratico e simbolico del potere viene sottolineata con la forza del rigore formale che Versailles, Fontainebleau, le Tuileries impongono a tutti i sovrani europei, dalla Prussia all’Italia. Ma tanto uso porta a vedere i limiti del formalismo alla francese: cadono i confini del giardino e oltre essi si inizia a vedere il paesaggio, una natura non più ostile e separata. È la grande stagione del paesaggismo, che inizia in Inghilterra per diffondersi altrove e impone una diversa riflessione sul rapporto tra artificiale e naturale, sugli elementi che compongono giardino e paesaggio, sul recupero dell’antico e l’introduzione di finto antico, sull’assunzione di apporti esotici e la costruzione di architetture apposite come padiglioni e belvedere. Le nuove forme di urbanesimo introdotte dall’Ottocento impongono però anche di ripensare la forma del giardino, vuoi come ridotta espansione verde delle abitazioni suburbane, vuoi come parco aperto a tutta la cittadinanza. Il volume segue poi il destino di questa ricchissima varietà di apporti nell’America tra Ottocento e primo Novecento, dove la diversa scala degli spazi selvaggi e delle urbanizzazioni impone soluzioni e collegamenti inediti, che si riflettono poi nell’esperienza europea del Novecento. Il percorso del libro si conclude nei nostri anni, quando va in frantumi la separazione tra giardino e paesaggio e il giardino penetra nella città in modi finora impensati, come la trasformazione di viadotti abbandonati in giardini pensili, la creazione spontanea di verde urbano in spazi di risulta e la trasformazione di pareti di grandi edifici urbani in muri vegetali. Oggetto di grandi sperimentazioni, il tema del giardino si presenta oggi in tutti i livelli e gli ambiti della vita sociale come riflessione e invenzione del modo di rapportarsi con la natura, teso tra la progettazione della comunità degli abitanti e l’autorappresentazione degli architetti paesaggisti e della comunità politica.
Nel cuore dell'America ci sono città sull'orlo della dissoluzione. Assomigliano, sempre di più, a campagne post-urbane. Un nuovo paesaggio che nella cintura di ruggine - la cosiddetta Rustbelt, che si estende dal Midwest fino a parte del Nordest del paese - è diventato molto comune. Con le fabbriche e i negozi del suburbio abbandonati, distrutte dagli incendi e dalle rivolte razziali degli anni Sessanta e Settanta, da queste città è fuggita più della metà degli abitanti. Lasciandosi alle spalle macerie e popolazioni immiserite, che ogni giorno lottano per la sopravvivenza in un ambiente sempre più ostile. Dalle praterie urbane di Youngstown, dove l'amministrazione comunale si è ormai ridotta a pianificare con zelo l'autodistruzione della città, all'industria del riciclo e della decostruzione di Buffalo, dove attivisti visionari smontano con dovizia e con amore ciò che resta della città; dai deserti alimentari di Detroit e Philadelphia, dove sono scomparsi negozi e supermercati e gli abitanti si organizzano con geniali intraprese agricole, fino alle città come New York che puntano sull'agricoltura urbana, per costruire città più sostenibili grazie a un perfetto metabolismo naturale. Questo è il racconto di territori e popolazioni che non fanno parte delle rappresentazioni consolidate a cui siamo abituati, storie di persone che inventano nuovi modi di vita in ambienti in cui a essersi dissolta - forse per sempre - è la società contemporanea per come la conosciamo.
Creare produce conoscenza, costruisce ambienti e trasforma vite. L'antropologia, l'archeologia, l'arte e l'architettura sono tutte modalità di creazione che, in questo libro Ingold mette in relazione. Superando la concezione dell'arte e dell'architettura come compendi di opere da analizzare in chiave antropologica o archeologica, Ingold ripensa l'atto di creazione come un processo in cui artefici e materiali sono in corrispondenza reciproca nella generazione della forma. 'Making' presenta una serie di considerazioni sul significato del creare cose, sui materiali e la forma, la natura del design, la percezione del paesaggio, la vita animata, la conoscenza personale e il lavoro manuale. Le riflessioni di Ingold attingono a esempi ed esperimenti che spaziano dall'industria litica preistorica all'architettura delle cattedrali medievali, dai tumuli circolari ai monumenti, dal volo degli aquiloni all'intreccio di corde, dal disegno alla scrittura.
Come l’essere umano è intrinsecamente legato al corpo che abita, così anche la grazia di Dio ha bisogno di situarsi nel tempo e nello spazio per “accadere”.
E anche se nel cristianesimo gli spazi rituali sono ormai relativi, ovvero non costituiscono più la sostanza della liturgia, ne defi niscono comunque la qualità. Per questo meritano ancora che gli si riservi una certa cura. È ciò che cerca di fare Giuliano Zanchi con questo libro in cui ci offre una rassegna di quelli che lui stesso defi nisce “luoghi della grazia”. Perché, per usare le stesse parole dell’Autore, «predisporre la consistenza di un altare, di un ambone, dare forma a un’assemblea, disegnare luoghi di passaggio, illuminare lo spazio non sono esercizi puramente ornamentali [...]. Non si tratta semplicemente di arredi. Ma di luoghi della presenza».
Attraverso un’analisi storico-artistica delle forme si cercherà quindi di comprendere l’importanza di questi luoghi anche per il presente, svelando l’evoluzione teologica di cui sono segno.