
Una storia enciclopedica e universale: questo è il territorio in cui Diodoro si avventura per trent'anni della sua vita, nella convinzione che lo storico debba raccontare in un unica narrazione le azioni di tutti gli uomini. "La Biblioteca storica" ripercorre così le vicende della civiltà umana dalle sue origini mitiche fino all'epoca di Cesare, in cui tramontava la repubblica romana e nasceva l'impero. I primi tre libri, contenuti in questo volume, presentano come premessa alla successiva trattazione la storia, i miti e le leggende dei principali popoli del mondo conosciuto, dagli Egizi agli Assiri, dai Medi agli Indiani e ai popoli del golfo Arabico.
Da Omero a Saffo, da Eschilo a Euripide, il mito di Elena adultera percorre alcuni fra i momenti più alti della letteratura arcaica e classica. In questo brillante e paradossale discorso di Gorgia (483-380 ca a.C.) viene ribaltata l'immagine della donna colpevole, che pur stava all'origine della civiltà e dell'autocoscienza nazionale greca. Il disegno divino, l'irresistibilità dell'amore, la violenza, l'insidia trionfante della parola costituiscono le cause che tolgono all'essere umano ogni responsabilità. Così la moglie di Menelao, anche per la sua sovrumana bellezza, viene scagionata da ogni colpa, diventando fulgida icona della passività, di chi non desidera ma, al contrario, diventa oggetto del desiderio.
Nonno di Panopoli inserisce la vita di Dioniso in un vasto affresco mitologico che si propone di narrare la storia dell'umanità dall'epoca primordiale, caratterizzata dai grandi sconvolgimenti che mettono a rischio l'ordine e la stabilità del cosmo, all'ascesa al cielo del figlio di Zeus e Semele. Il suo avvento sulla terra nell'ottica del poeta scandisce la storia universale in un "prima" e un "dopo" densi di significato. L'invenzione del vino garantisce infatti all'umanità l'impulso alla sopravvivenza, in quanto la bevanda dionisiaca si salda indissolubilmente all'eros; assicura un miglioramento della vita sul piano esistenziale; dona agli uomini quella speranza in una vita dopo la morte a cui aspirava l'iniziato ai misteri dionisiaci.
Il volume (canti Xlll-XXIV) contiene la prima parte della spedizione di Dioniso contro gli Indiani: dopo due dotti cataloghi delle forze dionisiache, divise in "mortali" e "divine", si prosegue con la storia dell'amore infelice di Inno per la ninfa cacciatrice Nicea, con scontri caratterizzati da gesta paradossali e "miracoli" di Dioniso, con momenti di accoglienza del dio da parte di vari ospiti (Brongo, Stafilo), e con altri, invece, di violenta opposizione (Licurgo), fino al superamento del fiume ldaspe dopo una grande battaglia. L'introduzione è dedicata alla fortuna delle Dionisiache (e, più in generale, di Nonno), dai "nonniani" del V e VI secolo agli scrittori del Novecento.
Al "Sogno di Scipione" Cicerone ha affidato la sua utopia di un aldilà di giustizia e di perfezione intellettuale, di un mondo ultraterreno che costituisse anche un riscatto dalla corruzione affaristica e dalla degenerazione politica in corso a Roma. Nell'aldilà di Cicerone confluiscono suggestioni diverse, platoniche, pitagoriche, stoiche, e proprio questo spessore filosofico ha consentito la salvezza del Sogno, sopravvissuto al naufragio del "De republica" di cui costituiva la parte conclusiva. Da Macrobio al nostro secolo, il Sogno è stato studiato insieme come escatologia filosofica e come capolavoro di stile, il più bel brano della prosa latina.
In questo dialogo Platone affronta due temi: l'origine del mondo e la natura dell'anima umana. La realtà (o l'illusione) nella quale viviamo altro non è che il riflesso di un mondo superiore, in cui regna il puro essere, non soggetto a mutamenti o variazioni. Il nostro, invece, è dominato dal divenire ed è opera di un "demiurgo" che cercò di ripetere come meglio poteva la visione che aveva avuto di quella perfezione. Di qui tutte le contraddizioni che il filosofo deve superare per giungere alla contemplazione del Vero e del Bello. E poi le diverse inclinazioni, le contrastanti passioni cui può cedere l'anima umana, la leggenda di Atlantide, la negazione dell'invidia degli dèi per la fortuna umana, la musica e la ginnastica come medicina dell'anima.
Il testo intende rendere omaggio a Carlo Ferdinando Russo che nel maggio 2002 ha compiuto ottant'anni. Russo ha lasciato una traccia durevole negli studi di greco: soprattutto Aristofane, Giuliano, Omero. Perciò in questo piccolo libro sono raccolti tre studi esemplari, che riguardano appunto quegli autori. Uno, quello giulianeo, è dello stesso Russo. Si è voluto così significare quanto il suo lavoro sia stato innovativo, e anche rimettere in circolazione un saggio di spiccata finezza logico-stilistica, "nascosto" da quasi quarant'anni in «Belfagor».
In questo libro lo storico ripercorre quella terra - l'Acaia - che aveva dato in un remoto passato il suo nome a tutta la Grecia, quando Achei e Troiani combattevano sotto le mura di Ilio. È un viaggio pieno di malinconia, dove al ricordo della gloria passata si mescola la tristezza per il presente e la consapevolezza che quella terra dove gli dèi parlavano agli uomini è stata invasa, sconvolta e ridotta in schiavitù prima dai Macedoni e poi dai Romani. Città, divinità della terra, dei boschi e del mare, l'oracolo di Ermes, a Fare, che dà ancora i suoi responsi ambigui ai mortali; e poi le statue: quelle dell'età arcaica dallo strano e crudele sorriso e quelle dell'età classica che rappresentano gli dèi sotto spoglie umane.
All'idea che il mondo non abbia valore di per sé, Epicuro oppone il suo meccanicismo e il suo "materialismo"; all'idea che la vita umana non abbia senso, il filosofo greco oppone il suo ideale di felicità tutta mondana; alla concezione della scienza come contemplazione di verità eterne, Epicuro oppone quella della scienza come progressivo strumento di liberazione dai timori e dalla superstizione religiosa. La traduzione di Ettore Bignone è condotta sull'edizione del testo greco curato da Usener.
I "Carmina Burana" (una raccolta di circa 250 componimenti poetici rinvenuti in un codice risalente al XIII secolo) costituiscono uno dei momenti più significativi della poesia del Basso Medioevo. Conosciuti soprattutto per la riduzione musicale che ne fece Carl Orff, sono spesso liquidati come canti goliardici dedicati ai temi della taverna e dell'amore carnale. In realtà i "Carmina Burana" costituiscono un documento importantissimo per ricostruire alcuni momenti della storia medievale vista dalla parte dei "chierici", gli studenti che si trasferivano da un'università all'altra e riversavano in questi testi la loro contestazione nei confronti delle autorità e della Chiesa.
Monica Centanni, docente all'Università Ca' Foscari di Venezia e studiosa di drammaturgia antica e di storia della tradizione classica, propone le sette tragedie complete di Eschilo (I persiani, Sette contro Tebe, Le supplici, Prometeo incatenato e la trilogia dell'Orestea) in una nuova traduzione, da lei stessa curata sulla base del testo, presentato a fronte, stabilito nel 1998 da Martin West.
Marco Gavio, soprannominato Apicio, è passato alla storia come il più grande esperto di gastronomia dell'antichità. Alle raffinatezze culinarie egli dedicò la sua vita e anche il suo patrimonio, peraltro ingentissimo, fino a quando, secondo la testimonianza di Seneca, si ridusse in povertà e si suicidò. L'opera a lui attribuita, "De re coquinaria", rivela l'evoluzione dei gusti alimentari e insieme lo stile di vita della classe dominante romana fino alle soglie della caduta dell'Impero. Il testo, accompagnato da note sulle singole ricette e sugli ingredienti citati, è preceduto da un'introduzione che illustra le curiose abitudini culinarie degli antichi inquadrandole nel contesto storico e linguistico delle diverse epoche considerate.