Sono passati quasi dieci anni da "Un angelo tra i capelli", tradotto in oltre venti lingue nel quale Lorna si presentava ai suoi lettori annunciando la missione affidatale: ricordare al mondo che non siamo soli perché abbiamo tutti un angelo custode che veglia su ciascuno di noi. Oggi Lorna sente che è giunto il momento di approfondire con la delicatezza, la sensibilità e la sincerità tipiche della sua scrittura, temi e argomenti che finora aveva solo accennato. Così, aprendo il cuore al racconto toccante dell'incontro con il marito Joe, scomparso nel 2000, Lorna ci parla del ruolo che gli angeli hanno nelle nostre vite e si sofferma in particolare su quello dei nostri cari, anime del Paradiso a cui è permesso di farci brevi visite, e su come possiamo interagire con loro. Non solo. Forte di tutte le esperienze vissute sin da quando era bambina, Lorna ci parla dei suoi incontri con l'Arcangelo Michele, con l'Angelo Elia, soprattutto ci spiega come possiamo avvicinare Dio e gli angeli con la preghiera, come possono aiutarci e cosa chiedono. Perché sono intorno a noi e possono soccorrerci in ogni istante: basta avere la forza e la purezza d'animo per riconoscerli e, ovviamente, saper ascoltare le loro parole.
I risultati raggiunti da Raffaele Guariniello nei processi sulle morti alla ThyssenKrupp e sul caso Eternit hanno segnato uno straordinario passo in avanti nella sicurezza sul lavoro. Sono solo i due capitoli più recenti della carriera in magistratura, dedicata principalmente alla salute dei cittadini e dei lavoratori, che Guariniello rievoca in questo libro tanto sconvolgente quanto importante. Il racconto di episodi clamorosi - dalla prima intuizione di un decesso per amianto all'incontro con un Pantani già "dopato" molti anni prima della tragica fine; al sopralluogo alla Thyssen la notte stessa del rogo - si alterna alle lucide riflessioni sui princìpi di diritto e di umanità che lo hanno condotto a scontrarsi con i poteri forti in nome di una missione: quella di porre la salute cittadino al di sopra di qualsiasi altro interesse.
Quando nel 1826 l'esploratore Alexander Gordon Laing arrivò a Timbuctù, primo europeo a mettervi piede, scopri che la capitale del Mali era da secoli il cuore intellettuale dell'Africa subsahariana, un luogo di straordinaria ricchezza culturale nel quale era fiorito un tesoro inestimabile di testi religiosi, di algebra, fisica, medicina, giurisprudenza, botanica, geografia, astronomia, persino di educazione sessuale. Testi preziosi anche perché vergati con varietà di stili calligrafici, di inchiostri e colori. È questo immenso patrimonio di manoscritti - recuperati rocambolescamente in tutta l'Africa da Abdel Kader Haidara, archivista e bibliotecario - che improvvisamente, nel 2012, si ritrova minacciato dall'avanzata della jihad. I fondamentalisti prendono Timbuctù, impongono la Sharia, distruggono le vestigia degli antichi templi e diventa chiaro che anche i manoscritti saranno dati alle fiamme. Per salvarli Abdel Kader recluta un manipolo di coraggiosi bibliofili e organizza un'incredibile operazione alla Monuments Men: oltre 350.000 manoscritti vengono nascosti in casse e bauli, portati al sicuro su carretti trainati da muli, contrabbandati oltre i posti di blocco. E quando a Timbuctù arrivano i militari francesi, nel gennaio 2013, la gran parte del tesoro è in salvo. "La biblioteca segreta di Timbuctù" è una storia vera, che si legge come un romanzo e che afferma il valore della cultura come unico baluardo possibile contro la barbarie del fondamentalismo.
La scoperta della musica davanti alla porta (chiusa) della cameretta del fratello maggiore; i primi concerti, ai matrimoni, con il professore di latino; il cabaret con i Trettré nella Napoli fervida degli anni Settanta, quella della Smorfia di Massimo Troisi, quando ancora era uno studente di architettura (ma cos'è l'architettura se non musica congelata, diceva Goethe). E poi l'incontro con Gino Paoli, il primo Sanremo nel 1986 sotto la neve con Zucchero, il "pronti-partenza-via" con Elio e le Storie Tese dieci anni dopo, la partecipazione ad Amici di Maria De Filippi, fino all'hashtag diventato virale nei giorni del Festival 2016, #usciteVessicchio. Ma dal giorno in cui una goccia d'olio si stacca da una pizza mangiata fortunosamente in macchina e cade beffarda sui suoi pantaloni, Peppe Vessicchio ha iniziato a domandarsi se la musica fosse tutta lì. O se piuttosto non fosse giunto il momento di smontare il giocattolo per capirne il meccanismo; per realizzare fino a che punto può arrivare il suo potere benefico; per verificare se, considerato che le mucche del Wisconsin producono più latte ascoltando Mozart, tutti gli organismi viventi reagiscono positivamente quando gli armonici si combinano in modo naturale. Musica armonico-naturale, appunto. Questa è la forma che insegue Vessicchio. Questa è la base dei suoi esperimenti sulla terra, sul vino, e di quelli appena cominciati sugli uomini. "La musica fa crescere ¡pomodori", nato dalle conversazioni con Angelo Carotenuto, è un saggio pop autobiografico sul talento, sulla passione e la capacità di trasferirla, sulla cura, sugli effetti straordinari; dell'armonia nelle nostre vite.
«Vedere un essere umano che realizza un sogno è una cosa meravigliosa. Come andare sulla Luna o scoprire l'America: questo è il motivo per cui noi siamo qui.» Sono parole di Tamara Lunger, la giovane e fortissima alpinista altoatesina che nel febbraio 2016 ha tentato con Simone Moro la vetta del Nanga Parbat in invernale. Lui l'ha raggiunta, mentre lei, a soli 70 metri dalla cima, ha rinunciato. Stava male e ha ascoltato la "voce interiore" che le diceva di scendere, con la consapevolezza che, se invece fosse andata oltre per amor di gloria, avrebbe poi avuto bisogno d'aiuto per scendere, magari mettendo in pericolo i compagni di cordata. Ma chi è questa donna capace di imprese finora tentate solo da uomini? Che cosa la spinge a sfide estreme? In questo libro Tamara si racconta parlando dell'impresa del Nanga, ma scavando molto anche nel proprio mondo e dentro di sé. Ne scaturisce una personalità dirompente che, cresciuta a profondo contatto con la Natura, abituata fin da piccola a mettersi alla prova nello sport, coltiva la passione per l'alpinismo come un modo per trovare se stessa. Certo, essere una donna in un ambiente finora quasi solo esclusivamente maschile ha un prezzo: al campo base bisogna farsi valere, dimostrare che si è capaci di sforzi "da uomini" e magari anche tenere a bada alpinisti «che sembrano marinai appena scesi da una nave»... Ma Tamara, forse anche grazie a un pizzico di follia davanti ai pericoli, vive l'alpinismo come un modo per migliorarsi costantemente, essere in armonia con il cosmo. Per lei la sfida in montagna ha infatti anche qualcosa di spirituale, la avvicina a Dio. E le dona la felicità.
Quanto realmente conosciamo le persone che amiamo? Mi sono reso conto, ultimamente, che una delle persone più importanti della mia vita custodiva pensieri, parole, vissuti, storie a me inedite. Dopo diversi tentativi mancati, sono riuscito a convincere mia madre che, a cinquantacinque anni, fosse arrivato il momento di imparare a scrivere e leggere gli sms e le mail; tuttavia più le parlo e più la osservo interagire con questi strumenti virtuali, più, forse, mi rendo conto che alla base di questo suo sforzo ci siano solo un grande desiderio di dialogo e un’ulteriore dimostrazione d’amore che una madre compie per adattarsi ed entrare in contatto con i propri figli. Questo scambio di messaggi, questo nostro tenderci la mano ci ha consentito di raccontarci e ricostruire la trama delle nostre storie, tra gioie e dolori. Ho ripercorso insieme a lei la perdita di mio padre, sofferenza che oggi mi aiuta a vivere da protagonista la mia vita, con un sorriso autentico e un’estrema gratitudine verso il cielo.
Quella di Moro per il Nanga Parbat è una folgorazione, una scintilla scoccata sulle pagine dei libri che Simone leggeva da ragazzino, dove si narravano le imprese straordinarie di alpinisti come Albert Mummery, Hermann Buhl e Reinhold Messner che su quella montagna avevano lasciato una traccia e in certi casi, tragicamente, anche la vita. Con il tempo la scintilla si è ravvivata fino a diventare una passione travolgente, un amore vero e proprio per una cima maestosa che, nel tempo, aveva continuato a respingere molti alpinisti. Nell'estate del 2003 finalmente Moro può toccarne con mano le pareti e il suo tentativo di raggiungerne la vetta fallisce. Ma non è affatto la fine del sogno, anzi è solo l'inizio di un corteggiamento paziente, durato tredici anni, che l'autore racconta in questo libro. Tredici anni e tre tentativi invernali fatti di imprevisti, sorprese, nuove vie e nuove cordate, valanghe e bufere di neve, crepacci, grotte di ghiaccio, venti a 200 chilometri orari e cieli limpidi... Ma soprattutto fatti di scalate compiute un passo dopo l'altro, con la tenacia che serve a non mollare e con il rispetto costante per la montagna, la natura e i limiti dell'uomo.
Un capolavoro assoluto come la Gioconda non è solo un quadro da ammirare affascinati dagli occhi che sembrano vivi e dalla magia del sorriso. In realtà è un viaggio nella mente e nelle emozioni di Leonardo. È una porta che si spalanca su un luogo e su un'epoca indimenticabili: Firenze (ma anche Milano, Roma, Mantova, Urbino) e il Rinascimento. Già dall'Ottocento e fino a oggi, è stato detto e scritto moltissimo su Leonardo e su Monna Lisa, un artista e un ritratto su cui si ha sempre l'impressione di non sapere abbastanza. Per andare a conoscere entrambi e svelarne l'eterno fascino, Alberto Angela ha scelto una chiave completamente nuova: lascia che sia la Gioconda a "raccontarci" Leonardo, il genio che l'ha potuta pensare e realizzare. Partendo da ogni dettaglio del quadro e ricostruendo le circostanze in cui Leonardo lo dipinse, scopriamo così che il volto della Gioconda, levigatissimo dallo sfumato, non ha ciglia né sopracciglia (un dettaglio importante nella storia narrata in queste pagine). O che il suo vestito ha molto da dirci sulla moda del tempo, ma anche sulle abitudini e sull'economia della Firenze di inizio Cinquecento. O, ancora, che le sue mani non sarebbero state possibili senza approfonditi e sorprendenti studi di anatomia. O che il segreto del paesaggio va ricercato nel nuovo tipo di prospettiva "aerea", ideato da Leonardo. La Gioconda può raccontarci queste e molte altre cose sul suo autore.
"E adesso sotto con il resto." Terminava così il primo libro di Alex Zanardi, del 2003. Allora sembrava una boutade perché Alex, dopo il terribile incidente automobilistico del Lausitzring in Germania, era sopravvissuto contro le previsioni di tutti (gli avevano persino dato l'estrema unzionel) e aveva perso le gambe. Già, il resto. Ma quale resto? Al suo posto, molti si sarebbero "accontentati" di essere ancora a questo mondo. Invece, Alex si è inventato una nuova vita che, se possibile, è più elettrizzante della prima. Lo ha fatto grazie al suo spirito, un prodigioso, indefinibile cocktail di serenità e ironia, forza incrollabile e voglia di divertirsi. II tutto annaffiato da una straordinaria dose di umiltà. In queste pagine si scoprono, episodio dopo episodio, tutte queste doti che infondono in chi legge entusiasmo e speranza. Qualche esempio? Alex riesce a costruirsi una nuova carriera sportiva semplicemente perché... si ferma all'autogrill. Vede per puro caso una handbike legata sul tetto di un'automobile e via... E ancora: affrontando I'lronman delle Hawaii, la gara di triathlon più sfiancante del mondo, sostiene - con un'onestà oltre ogni limite - di essere "avvantaggiato" perché la maratona è più pesante per chi ha le gambe. "Volevo solo pedalare" ripercorre tredici anni di vita eccezionale, raccontata come se si trattasse della normalità, ma affrontata sempre con il sorriso sulle labbra e la passione nel cuore.
Venerdì 6 marzo 2015, Spanish Fork, Utah. Jennifer, venticinque anni, è appena stata a cena da suo padre e sta tornando a casa quando perde il controllo dell'auto. La macchina sbanda, finisce capovolta nel fiume, Jennifer muore sul colpo. Il mattino successivo l'agente Tyler Beddoes è da poco giunto sul luogo dell'incidente con la sua squadra quando improvvisamente una voce di donna richiama la sua attenzione tra le lamiere. La voce non può certo essere quella di Jennifer, ma non può essere neppure quella della sua piccola Lily, di soli diciotto mesi, miracolosa mente illesa e sospesa a testa in giù al buio, a pochi centimetri dall'acqua fredda del fiume. Da questo episodio di cronaca che ha colpito e commosso l'America partono Ptolemy Tompkins (che per primo ha raccontato la straordinaria vicenda di Eben Alexander, protagonista e autore di "Milioni di farfalle") e Tyler Beddoes per costruire una vera e propria inchiesta sugli angeli, tanto emozionante quanto documentata e ricca di testimonianze. Cosa sono davvero? È corretto attribuire loro sembianze e caratte-ristiche umane? Si manifestano esclusivamente alla vista o la loro presenza può essere percepita anche attraverso gli altri sensi? Sono solo presenze benefiche o esistono anche i demoni? E ha senso parlare di angeli custodi?
"Infinito è il numero degli stolti" scrisse un traduttore dell'"Ecclesiaste" fraintendendo il testo originale. E dimostrando di essere lui stesso uno stolto. Fu poi Einstein che, nel riprendere il medesimo concetto, affermò: "Due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana, ma sull'universo ho ancora dei dubbi". C'è dunque un punto su cui il pensiero religioso e quello scientifico concordano: come dimostra l'esperienza quotidiana di ciascuno di noi, la stupidità - ovvero l'incapacità di interpretare lucidamente la realtà, e di reagire in maniera adeguata alle diverse evenienze - è comunissima e pervade ogni ambito, dalla filosofia alla finanza, dall'amore alla pubblicità. Per difendersi da questo pericoloso fenomeno, occorre riconoscerlo tempestivamente e saperlo classificare. Ecco perché Piergiorgio Odifreddi ci offre questo utilissimo dizionario (talvolta necessariamente alquanto impertinente) in cui, con logica sempre stringente, smaschera molte fra le più fastidiose manifestazioni di stupidità. Spaziando tra scienza, cultura, attualità e vita di ogni giorno, ci parla di medicina e vaccini, rilegge autori classici da Dante a Sartre, ci mette in guardia dalle assurdità del politically correct e ci insegna a prendere le distanze da ciarlatani e fattucchiere (ma anche dai banchieri).
"Siamo soli nell'universo?" è una domanda che lascia un senso di vertigine a chiunque. Amedeo Balbi, nato all'alba degli anni '70, se la pone fin da quando era bambino. All'epoca erano tanti gli stimoli che potevano suscitare questo genere di curiosità in una mente giovane ed entusiasta: il ricordo recente della corsa allo spazio culminata con lo sbarco sulla Luna nel 1969, ma anche la serie Spazio 1999 del '76, Guerre stellari del '77, Goldrake del '78.... Oggi, a distanza di quarant'anni, Balbi è un astrofisico e, quando ammira il cielo stellato con stupore immutato, si pone sempre la medesima domanda. Che cosa potrebbe dire a quel ragazzino degli anni '70 per non deluderlo? Non c'è ancora una risposta definitiva: sì o no. Però, la scienza ha fatto formidabili balzi in avanti e oggi abbiamo molti elementi nuovi per orientarci in quel luogo pieno di mistero e meraviglia che è l'universo. Questo libro è un volo emozionante, con qualche deviazione tra filosofia e storia della scienza, alla scoperta di queste ultime acquisizioni: fra le altre cose, Balbi ci dà un'idea realistica - e da far scoppiare la testa! - delle distanze siderali, ci spiega in quali particolari condizioni possa fiorire la vita (magari finora non l'abbiamo cercata al posto giusto!) e ci elettrizza facendoci seguire le sonde nello spazio e rivelandoci l'esistenza di un numero incommensurabile di pianeti extrasolari.
Da Parigi a Bruxelles, i terroristi, inneggiando ad Allah, hanno seminato morte e paura negli ultimi mesi, ma qual è la reazione dei tanti musulmani che vivono oggi in Europa? A risponderci in questo libro è la voce, fermissima e dolce, di Chaimaa Fatihi, una ragazza di 23 anni, nata in Marocco e cresciuta in provincia di Mantova, studentessa di Legge. Cittadina italiana di seconda generazione, musulmana, fiera di essere parte integrante della nostra società nonostante abbia spesso dovuto fare i conti con i pregiudizi contro la religione islamica. La stessa ragazza che, all'indomani della strage al Bataclan, ha scritto una lettera aperta ai terroristi che è stata ripresa in prima pagina da "la Repubblica" e poi da diverse altre testate. Ebbene, verso i terroristi, i musulmani come Chaimaa provano orrore e si sentono in prima linea per combatterli, unendosi in un formidabile esercito di coraggio e non violenza. Chi uccide non è un vero fedele dell'Islam - una religione basata sui valori della pace e della gentilezza -, ma un efferato criminale. Leggendo la storia di Chaimaa, scopriamo come abbia raggiunto l'obiettivo dell'integrazione senza rinnegare la propria cultura d'origine e, allo stesso tempo, capiamo quanto in comune ci sia fra lei e una sua coetanea di famiglia da sempre italiana.
Sedersi al bar di Traversetolo per giocare una mano di scopone scientifico con il vecchio Tito, detto "Il Migliore", è impresa che richiede coraggio, nervi d'acciaio e talento. Anche per chi è abituato a sfide sportive di altissimo livello. Ma il solo talento basta per conquistare grandi vittorie? O piuttosto è necessario un capo che spinga i propri uomini oltre i loro limiti, che abbia il carisma per farsi seguire, che sappia tutelare e valorizzare il lavoro del gruppo, gestire le sconfitte e le vittorie? E soprattutto: capi si nasce o si diventa? È questa la domanda centrale dalla quale muove Gian Paolo Montali per analizzare i meccanismi di leadership con il suo stile unico, nello stesso tempo profondo e ironico, semplice e ricco di riferimenti e aneddoti. E, facendo ricorso alla sua straordinaria esperienza di uomo di sport e di azienda (cinque Scudetti, sedici coppe, un Mondiale, due campionati europei e un argento alle Olimpiadi in venticinque anni di pallavolo, prima di sedere nel Consiglio di Amministrazione della Juventus ed essere Direttore generale della Roma), svela i suoi segreti, introduce concetti innovativi come quelli di impollinazione e contaminazione, smentisce tanti luoghi comuni che vorrebbero il buon capo autoritario e tutto d'un pezzo, o che "squadra che vince non si tocca".
"Un uomo guida nella notte: ha quasi quarant'anni, è in fuga e si sente braccato. Non è dove dovrebbe essere, a qualche decina di chilometri di distanza, nella sala parto di una clinica. Una donna dà alla luce un bambino: è stata lasciata sola, ma sa di non potersi lamentare. Lei ha responsabilità ancora più gravi." Comincia come un thriller dei sentimenti "Chi ama non sa", il primo romanzo di Gianna Schelotto, brillante prova d'autore per una profonda conoscitrice delle relazioni umane. Un bambino non cercato né desiderato arriva a sconvolgere la vita di Luca e Alice, due single immaturi come li si sarebbe definiti un tempo, i quali però, anziché sposarsi e intraprendere un'esistenza (forse) infelice, decidono di sperimentare un'altra via, un modo diverso di interpretare la famiglia. La loro scelta, all'inizio, va a turbare tutti gli equilibri fra parenti, stanando un padre rimasto assente per qualche decina d'anni, suscitando dubbi e sospetti in una zia, evocando fantasmi dalla memoria di una madre. Ma l'amore non si distrugge, semplicemente muta forma. E infatti il giorno del battesimo... In questo romanzo Gianna Schelotto costruisce una trama corale e movimentata, cesella le emozioni e accompagna i personaggi in un percorso di crescita: ne nasce così una storia illuminante sull'evoluzione dei legami familiari nella nostra epoca. Una storia che racchiude in sé un messaggio prezioso: tutti possiamo imboccare nuove strade per la felicità.
La vita è divisa in due da una linea d'ombra. Succede a tutti di varcarla. Nasciamo dal calore di un amore, se siamo fortunati cresciamo sostenuti dai genitori e da altri affetti, se lo siamo ancora di più queste relazioni continuano a darci sicurezza anche nell'età adulta. Ma, prima o poi, arrivano i lutti, le certezze si polverizzano, i legami si sciolgono. E, da un giorno all'altro, passiamo dall'essere figli al non esserlo più, ci ritroviamo orfani al mondo, soli nell'universo. È successo anche ad Anna Cherubini che, in un periodo relativamente breve, ha perso un fratello, poi la madre e infine il padre. Si è familiarizzata con la parola "morte". E, messa spalle al muro da queste vicissitudini, ha avvertito fortissima l'esigenza di abbandonarsi ai ricordi. Ne è nato un memoir potente ed emozionante che racconta di un padre funzionario del Vaticano, testardo e ruvido ma innamorato dell'arte e della lirica, di una madre che aveva le sue fragilità eppure era capace di sacrifici che oggi le donne non sanno più fare, di un fratello che voleva volare e purtroppo si è perso nel cielo, di un altro fratello che si perse a piazza San Pietro ma ora canta e salta negli stadi, delle anziane e particolari zie, della Bellezza della musica e di quella di Roma.
L’Isis stringe l’Occidente nella morsa del terrore. È ormai una banalità dirlo; quel che non è banale è comprendere che genere di fenomeno sia e, di conseguenza, come potremmo contrastarlo o almeno contenerlo. Dopo aver studiato approfonditamente le vite e i profili degli autori di tutti gli attentati in Nord America e in Europa, da quello della metropolitana di Londra ai fatti recenti di Parigi, Alessandro Orsini, uno dei massimi esperti in materia, ci offre una visione lucidissima e destinata a rovesciare molte idee consolidate. Parte da una tesi sconvolgente: l’Isis è l’organizzazione terroristica più fortunata al mondo. Perché? Quanto a forza militare, non è in grado di competere con l’Occidente. Eppure è potuta diventare man mano più temuta e pericolosa perché le potenze che avrebbero dovuto combatterla sono venute a trovarsi in una sorta di paralisi, dovuta alla paura o a miopi giochi di equilibrio politico. L’altro grande punto di forza dell’Isis è il fenomeno, sempre più pervasivo, della radicalizzazione: come può accadere che tanti giovani, di diversa estrazione, in Medio Oriente e nel ricco Occidente, si trasformino in inafferrabili, sanguinari soldati della Jihad? Illuminandoci i loro oscuri percorsi biografici, svelandoci i veri volti di individui come i fratelli Kouachi che hanno massacrato la redazione di «Charlie Ebdo», Orsini ci permette di entrare negli schemi mentali che muovono l’Isis. Solo così possiamo tentare di dare una risposta alle domande che più ci turbano: dobbiamo avere paura? ci sono dei modi per placare l’ondata terroristica? l’Occidente e il suo benessere saranno inesorabilmente spazzati via?
Se dovessimo raccontare la Storia dell'umanità utilizzando dieci immagini, una di queste sarebbe certamente la Basilica di San Pietro: non solo è un luogo simbolo della cristianità, ma rappresenta la suprema sintesi di duemila anni di arte e scienza, creatività e potere. È un'immagine per noi talmente familiare che spesso non ci domandiamo nemmeno quali papi e artisti l'abbiano voluta, progettata e costruita, né come sia diventata quell'incredibile scrigno di capolavori che, nella sua magnificenza, ogni anno torna ad affascinare sette milioni di visitatori. Eppure seguire l'evoluzione di San Pietro nel tempo, come ci dimostra Alberto Angela in questo libro che abbina illustrazioni a un racconto, è un viaggio senza pari nella Storia che svela anche vicende poco note e curiosità inedite. Tutto comincia nel I secolo d.C. quando l'apostolo Pietro viene crocifisso a testa in giù sul Vaticanum: qui c'era il circo di Nerone e, accanto, si stava sviluppando una vasta necropoli che sarebbe rimasta sepolta per secoli prima di tornare alla luce nel 1939. Come fu possibile? Nel IV secolo Costantino decise di costruire una grande basilica sul luogo del martirio di Pietro e... interrò la necropoli: nasceva così la chiesa più importante della cristianità, ricca di tesori e teatro per secoli di ogni genere di eventi come l'incoronazione di Carlo Magno.
Piero era sicuro di diventare un maestro di musica, Ignazio cantava con passione ma di certo non pensava al successo, Gianluca cantava solo per se stesso, perché lo faceva stare bene. Insomma, la musica era nel futuro di tutti ma nessuno dei tre avrebbe mai immaginato che il 25 aprile 2009 il destino avrebbe bussato alla porta facendo "nascere" Il Volo, che in pochissimi anni ha raggiunto fama internazionale e i primi posti in classifica in Italia e nel mondo. Dopo aver trionfato a Sanremo 2015 e conquistato l'America, Piero, Ignazio e Gianluca aprono il diario dei ricordi più personali e privati e ci portano nei loro luoghi del cuore intrecciando le voci, complici e divertite, per svelarci come è cominciato tutto. Chi erano e cosa facevano prima di arrivare in tv a "Ti lascio una canzone" e dare vita al Volo? Come hanno scoperto l'amore per la musica? Ma Piero, Ignazio e Gianluca ci raccontano anche della loro vita di oggi tra concerti in giro per il mondo, aneddoti di backstage e sale di registrazione, tra viaggi infiniti con l'Italia sempre nel cuore e i progetti di domani... e di quella volta in cui, a Miami, hanno rischiato di diventare un duo... "Un'avventura straordinaria" è il primo libro ufficiale del Volo, una storia di passione e impegno, il viaggio di tre ragazzi partiti dalla provincia e arrivati tutto d'un fiato sul tetto del mondo. Perché nessun luogo è lontano quando hai talento e la forza di inseguire i tuoi sogni.
Tutto ebbe inizio con un cambiamento epocale: il trasloco di Brignano all'ultimo piano di un palazzo che ne conta più di venti. Da lì Enrico, scrutando l'infinito, si sentì invaso dal desiderio di conoscere. D'altro canto, solo poco prima ai li mortacci dei facchini rumeni, carichi di casse di libri, non aveva forse risposto: "Fatti non foste a viver come brutti ma per seguir virtute e canoscenza"? Ecco, quindi, che sbocciarono in lui mille domande. Da dove si origina il tutto? Ma è nato prima l'uovo o la gallina? Dio c'è e non si vede, o ce fa e non ci sente? Come siamo diventati sette miliardi e duecentonovantaquattro milioni di persone? E, soprattutto, dove stiamo andando? In "Ci siamo evoluti bene" Brignano si cimenta a rispondere alle grandi domande che l'uomo si pone dalla notte dei tempi, ripercorrendo la storia della nostra specie dalle pitture rupestri agli smartphone, dall'invenzione del fuoco allo sbarco sulla Luna, dal baratto di mammuth alla speculazione finanziaria. Ne nasce un flusso di riflessioni esilaranti, e insieme un po'serie, su di noi e sul mondo che ci circonda.
Quando Simone Moro comincia a scalare a soli quattordici anni, vede i grandi alpinisti, tra cui spiccano i nomi di Messner e Bonatti, come uomini forti e coraggiosi da imitare. Non conosce ancora, però, quello che più di tutti gli trasmetterà lo spirito dell'alpinismo e che diventerà per lui un fidato compagno di cordata: Mario Curnis. Simone e Mario si incontrano per la prima volta all'inizio degli anni Novanta al ristorante K2 di Bergamo, famoso punto di ritrovo per gli scalatori della zona, e da quel momento non si separano più. Cominciano ad andare in montagna insieme, partono per escursioni vicine e lontane, e intraprendono spedizioni importanti: così, nel 1999 affrontano i settemila dell'ex Unione Sovietica, nel 2000 compiono l'intero giro delle Alpi Orobie e nel 2002 conquistano la vetta più alta del mondo, l'Everest. "In cordata" è un confronto sincero tra due generazioni di alpinisti, tra due compagni di cordata, ma soprattutto tra due amici, uniti dalla stessa passione incondizionata, ma non per forza vicini nel modo di viverla. Se Moro, infatti, ha fatto dell'alpinismo una vera e propria professione, Curnis invece lo ha sempre praticato come uno svago, senza rinunciare al proprio lavoro da muratore. Questo libro è anche un limpido resoconto sull'evoluzione dell'approccio alla montagna.
Una nuova edizione del più grande classico di Walter Bonatti. Dal Monte Bianco alla Patagonia, fino alla salita in solitaria della parete Nord del Cervino, il racconto di "Montagne di una vita" procede attraverso le parole dell'alpinista affiancate dalle sue fotografie. Ad arricchire il tutto sono stati inseriti anche alcuni brani inediti tratti dai dattiloscritti autentici di Bonatti.
Quando l'Italia scoprì questa ragazzina dai capelli rossi tutta grinta ed energia, Rita Pavone aveva solo diciassette anni e una voglia infinita di cantare. Forse ancora più determinato era il papà, Giovanni, che continuava a iscriverla ai concorsi anche quando lei si era ormai rassegnata a lasciar perdere la musica per un lavoro più sicuro in una camiceria della sua Torino. La vittoria alla Festa degli Sconosciuti di Ariccia del 1962, organizzata dal futuro marito Teddy Reno, segna l'inizio di un percorso ricco di successi e soddisfazioni: le indimenticabili hit di Rita (La partita di pallone, Come te non c'è nessuno, Il ballo del mattone) sono entrate nella storia del nostro Paese, così come la sua interpretazione nel "Gian Burrasca" di Lina Wertmüller, le apparizioni in "Studio Uno" e "Stasera Rita!", quelle al cinema accanto ad attori del calibro di Totò e Giancarlo Giannini, quelle in teatro. Ma l'Italia è sempre stata troppo piccola per Rita, icona pop in anticipo sui tempi: ospite per ben cinque volte all'Ed Sullivan Show, ha riempito veri e propri templi della musica come la Carnegie Hall di New York e venduto milioni di dischi in tutto il mondo. E se mai ogni tanto si è fermata per un momento è stato solo per programmare nuove avventure e ripartire con più energia. In occasione dei suoi settant'anni, Rita ha voluto fare un regalo a se stessa ma anche a tutti i suoi fan: per questo ha ripercorso tutto d'un fiato le tappe della sua carriera.
Quante volte abbiamo davanti un bivio e vorremmo saper scegliere con il cuore? O ci sentiamo perduti e vorremmo solo una mano tesa verso di noi? O cerchiamo una risposta senza accorgerci che è sotto i nostri occhi? Proprio per questo nasce "Il libro delle risposte degli angeli": uno strumento per raggiungere la parte più vera di noi stessi, guardare la vita con occhi pieni di speranza e aprire finalmente il nostro cuore.
Quante vite diverse può vivere un uomo, quante idee possono stare dentro la sua testa, quanti sogni può sognare? Tantissimi, praticamente infiniti, se quell'uomo, anzi, quel Presidente, si chiama Massimo Ferrero ed è nato e cresciuto al Testaccio, "senza arte né parte, da 'na madre che lo lavava cor sapone de Marsiglia come fosse uno straccio, sperando di levargli di dosso l'odore dignitoso della povertà". Massimo Ferrero, per tutti er Viperetta, di strada ne ha fatta tanta, sempre con irriducibile fantasia, con passione, orgoglio, purezza e geniale incoscienza, passando attraverso un'infinità di lavori fuori e dentro il mondo del cinema. Da quando, da bambino, accompagnava il suo amico Giuliano Gemma a Cinecittà e si nascondeva nelle ceste colme di abiti di scena per respirare l'odore del set a quando, già assistente di produzione, aiutò Dino Risi a girare una scena de La stanza del vescovo in una chiesa che prima di allora era stata vietata a tutti. Fino a sfiorare una parte nel Satyricon di Fellini, a stringere la mano a Fidel Castro ("il Lider Màximo con il Massimo leader"), transitando da alcune perizie particolari nei casting di Tinto Brass... Per arrivare infine al sogno più pazzo e più bello: la Sampdoria, tanto amata che "mi ci volevo comprare una casa a Sampdoria, ma dice che non ci sono, che non è una città, ma io prima o poi la città di Sampdoria la fondo".
Questa storia comincia (male) e finisce (bene) sul Kangchendzonga, la terza vetta più alta della Terra, una delle più difficili da scalare. È una storia epica, non solo di alpinismo, ma soprattutto d'amore e di crescita interiore. Siamo nel 2009 e Nives Meroi è in corsa con altre due alpiniste per diventare la prima donna ad aver conquistato i quattordici ottomila del pianeta. Come ha sempre fatto, affronta il Kangch, la sua dodicesima cima, in cordata con il marito Romano, e senza "sconti": né portatori d'alta quota, né ossigeno. Allo stesso tempo, mentre i media spettacolarizzano l'impresa, Nives non è insensibile alla sirena della fama, che la sta trascinando in un gioco che non le appartiene... Ma, a poche centinaia di metri dalla vetta, Romano non si sente bene e si ferma. Che cosa sceglie di fare, allora, Nives? Proseguire da sola, conquistando un'altra cima utile per la vittoria, come molti le avrebbero suggerito? No, lei non esita: abbandona la gara perché non può lasciare Romano solo ad aspettare. Così si conclude il primo atto di questa vicenda. Ne seguono altri tre in cui entrano in scena la malattia, la complicità, la capacità di attendere, la voglia di reagire senza scoraggiarsi quando si prende una via sbagliata. Per giungere al lieto fine in cui il Kangch si lascia finalmente conquistare da Nives e Romano che, in un confronto leale e puro con la Natura, hanno compreso il senso profondo della vita.
"E allora?" urlo. "Allora cosa?" risponde l'arbitro. "Dico, solo punizione? A momenti mi stacca una gamba!" Comincia così, con un cartellino rosso non dato, la carriera di Nicola Rizzoli, che quel giorno del 1987 a Bologna ha sedici anni e non è l'arbitro, ma un attaccante. Ed è proprio per scoprire tutti i segreti del regolamento e poter ribattere a tono che decide di iscriversi al corso per arbitri. È l'inizio di un percorso lungo quasi trent'anni che, dai campetti di provincia e dalle trasferte in solitudine in ogni angolo d'Italia, lo condurrà al palcoscenico degli Europei 2012, a Wembley per la finale di Champions League 2013, fino al leggendario Maracaná di Rio per la finale degli ultimi Mondiali Germania-Argentina. Per la prima volta Nicola Rizzoli racconta i suoi segreti tecnici, i momenti di goliardia vissuti con i compagni di avventura, gli ineludibili riti prepartita - la playlist da ascoltare nello spogliatoio, il Vicks Vaporub da respirare a fondo per rilassarsi, lo stemma Fifa da cucire personalmente sulla divisa con ago e filo come gli aveva insegnato a fare la nonna -, tanti retroscena e aneddoti che includono campioni del calibro di Messi, Ibrahimovic, Cassano, Totti, Baggio, Maldini. Ma ricorda anche la bufera di Calciopoli, tutti i suoi sbagli, il rapporto prezioso con un maestro come Pierluigi Collina e le volte in cui è stato a un passo dal mollare tutto.
Bebe, appena diciottenne, come tutti i ragazzi della sua età ama divertirsi: andare al centro commerciale o ai concerti con le amiche, mettersi in tiro per uscire la sera... Non ci sarebbe nulla di strano se non stessimo parlando di Beatrice Vio che a undici anni, dopo essere stata colpita da una forma di meningite acuta, ha subito amputazioni a gambe e braccia. Ma per Bebe la malattia non è la fine, anzi rappresenta soltanto una piccola parentesi tra quello che era prima - una bambina con una famiglia fantastica, moltissimi amici e le "tre S" (scuola, scout, scherma) - e quello che è diventata, ovvero un'adolescente felice, con ancora più amici di prima e sempre le "tre S", ma un po' cambiate: oggi frequenta le superiori, ha ormai ricevuto il suo nome-caccia scout (Fenice Radiosa) e ha già vinto diverse medaglie in competizioni paralimpiche di scherma, anche internazionali, di altissimo livello. Eccezionale atleta e insieme ragazza scoppiettante di vita, Bebe si racconta in queste pagine che traboccano di entusiasmo: dalle gare in giro per il mondo alle vacanza all'Elba, dalle figuracce in tv alle gioie delle protesi con tacco, dai faccia a faccia con i suoi miti agli incontri motivazionali che tiene nelle piazze e nelle scuole. E dei suoi sogni. Perché dopo avere fondato con i genitori art4sport (un'associazione onlus che avvicina i ragazzi con disabilità fisiche allo sport), avere fatto la tedofora a Londra 2012 e avere gareggiato con le atlete più forti al mondo...
Fra le grandi svolte di una vita, diventare nonni è forse quella che porta con sé l'emozione più forte: una miscela dolcissima ma esplosiva di felicità e paura, trepidazione e gioia. A raccontarci, con lucidità e irresistibile brio, questa condizione dell'animo è Gino Nebiolo, che si è lasciato ispirare dai propri ricordi personali per intessere un ironico e intelligente diario familiare. Tutto comincia quando il figlio e la nuora annunciano a lui e alla moglie Cecilia l'arrivo di un nipotino. I futuri nonni sono felicissimi, tuttavia da quel momento in poi ogni passo è motivo di batticuore, equivoci, apprensione o piccole baruffe. Dalla prima ecografia all'esame di licenza media, passando per la scelta del nome e i pomeriggi ai giardinetti, i balocchi tecnologici e lo Zecchino d'Oro, i nonni vivono l'esperienza di partecipare, più o meno a distanza, alla crescita del nipote in un costante tripudio di emozioni, ritrovandosi spesso al centro di situazioni buffe se non esilaranti. "Avete contato bene le dita?" è un libro che riesce a parlare a tutte le generazioni: permette ai nonni di identificarsi e magari commuoversi, ai genitori di sorridere e riflettere, ai nipoti di divertirsi e diventare un po' più saggi.
Il colpo di fulmine ti percorre e ti abbaglia: all'inizio di una storia pensi che la vita ti riserverà solo rose e fiori, ma poi è un mazzo di broccoli quel che spesso ti resta in mano. E, in epoca vegan, questo è più vero che mai. Quando Francesco investe Alice con la bicicletta, lei anziché maledirlo ne resta folgorata: rustico ma non tamarro, longilineo ma non evanescente, scolpito ma non minaccioso. "Una di quelle creature aliene" fantastica senza sapere di essere vicina alla realtà "che potrebbero nutrirsi di lupini, alghe e segatura, e restare in forma perfetta." E così, stregata, non coglie i segnali che le preannunciano un futuro di idealismi e rinunce, come il fatto che lui arrivi in ritardo al primo appuntamento perché ha dovuto salvare un piccione ferito. O che, per "sciogliersi", non ordini uno Spritz ma un centrifugato di carote. Francesco è vegano e Alice abbandona salame e pasticcini per vestire i panni di qualcuno che non è. Convinta che, in amore come nella vita, non vinca il più forte ma chi sa adattarsi più velocemente. D'altra parte, lui sulla carta è l'uomo ideale: cucina bene, è ecologista e maestro di decrescita felice. Però, come sa bene chi l'ha provato, vivere con un supereroe implica un prezzo da pagare: essere vegani per Francesco vuol dire anche fare a meno dell'auto, dei detersivi, cucirsi i vestiti da sé... Ma di quanto si può alzare, ogni giorno, l'asticella?
Quando veniamo alla luce siamo amore puro, guardiamo il mondo per la prima volta con stupore e non possiamo che provare una gioia immensa per ciò che ci è stato donato. Purtroppo, però, crescendo ci allontaniamo da sentimenti così potenti perché la realtà dei nostri giorni è piena di sofferenza e difficoltà, e sono tante le delusioni piccole e grandi che incontriamo nel corso della vita. Tutto questo rende l'amore sempre più raro e difficile da comunicare alle persone che ci sono vicine: finiamo per chiudere il nostro cuore in un involucro di ferro, diventando insensibili per paura di stare male ancora. Ma Lorna Byrne, che vede gli angeli e comunica con loro sin da piccola, ha imparato a riconoscere l'amore che si irradia dalle persone, che brilla come ghiaccio al sole e che avvolge ognuno di noi in un'aura luminosa. E con "L'amore viene dal cielo", attraverso tanti incontri e storie vissute in prima persona, Lorna ci accompagna alla riscoperta del sentimento che muove il mondo e ci indica la strada per guarire le ferite e tornare ad aprire con fiducia il nostro cuore. Perché in fondo basta poco per illuminare di luce nuova la nostra vita e quella di coloro che amiamo.
Questo libro raccoglie gli articoli scritti da Gianni Minà su Cassius Clay-Muhammad Ali dal 5 marzo 1971 ad oggi. Minà, per il Tg2 della Rai, seguiva, dall’inizio degli anni ’70, l’avventura umana e sportiva del “mito americano con la faccia nera”, il più prestigioso pugile del secolo appena trascorso. Una sorta di diario accompagnato dagli articoli, dettati “a braccio” nella notte, da Los Angeles o da Las Vegas, da Kinshasa o da Manila, al Corriere dello Sport e poi anche a la Repubblica e altri giornali. Queste cronache delle sfide pugilistiche di The Greatest con Frazier, Norton e Foreman caratterizzavano gli Stati Uniti di quegli anni, quelli del riscatto degli afroamericani, di Malcolm X, di Martin Luther King, delle conquiste de “l’altra America”, l’America che lottava per l’affermazione dei “diritti civili”. Cassius Clay, che per abbracciare la fede musulmana aveva cambiato il suo nome in Muhammad Ali, non solo fu al centro di questi eventi sportivi e sociali, ma ne fu in molti momenti uno dei protagonisti. Da allora fino a tempi più recenti quando, nel 1991, si impegnò perfino per la liberazione di alcuni cittadini nordamericani sequestrati in Iraq da Saddam Hussein. L’idea di questo viaggio, nei ricordi di quell’epoca professionale di Minà, è nata quasi casualmente dalla curiosità di sua moglie Loredana che, mettendo in ordine alcuni passaggi dello sterminato archivio cartaceo del giornalista, si è imbattuta in alcune cronache delle imprese del campione di Louisville e ne ha scoperto il fascino, segnalandolo acutamente nella postfazione. Per capire il fenomeno è sufficiente considerare che, dopo il suo rifiuto, negli anni ’60, di andare a fare la guerra in Vietnam, è stata cambiata negli Stati Uniti la legge sull’obiezione di coscienza. Minà ha sempre avuto un’attenzione particolare per campioni complessi come Maradona, Mennea, Tommy Smith, Lee Evans, Baggio e Tomba. La sensibilità sulla vicenda di Cassius Clay, anche ora che il campione è afflitto dal morbo di Parkinson, ne è la prova e conferma la singolarità del libro, che, non a caso, è introdotto da un prologo di Mina, artista somma, ma anche indiscutibile esperta di boxe.
Il 24 ottobre del 79 d.C. sembra un venerdì qualsiasi a Pompei, una città abitata da circa dodicimila persone che, come innumerevoli altre nell'Impero, lavorano, vanno alle terme, fanno l'amore. Ma alle 13 dal vicino Vesuvius si sprigiona una quantità di energia pari a cinquantamila bombe atomiche e, in meno di venti ore, sotto un diluvio ustionante di ceneri e gas, Pompei è soffocata da sei metri di pomici, mentre la vicina Ercolano viene sepolta sotto venti metri di fanghi compatti. Migliaia di uomini e donne cercano di scappare, invocano gli dèi, ma trovano una morte orribile. E solo in epoca moderna saranno scoperti alcuni dei loro corpi, contorti nella disperazione della fuga. Dopo molti anni passati a studiare la zona vesuviana, con il supporto di archeologi e vulcanologi Alberto Angela ricostruisce come in presa diretta i giorni che ne segnarono il tragico destino. Per farci respirare le atmosfere di quei momenti, individua alcuni personaggi storicamente esistiti la ricca matrona Rectina, un cinico banchiere, un politico ambizioso... - e li segue passo dopo passo, in un percorso che si può fare ancora oggi, per strade, campagne, case o locali pubblici.
Dalla nascita della Piccola Casa della Divina Provvidenza nel 1833 a oggi, le "figlie" di san Giuseppe Benedetto Cottolengo hanno intrecciato la loro presenza con le tappe più significative della storia di Torino e del nostro Paese. All'inizio si trattava un gruppo di volontarie che vivevano attorno alla figura del canonico rinunciando a tutto per dedicarsi all'assistenza di poveri, malati e bisognosi. Con il passare del tempo unirsi alla comunità delle cottolenghine ha significato, solo ed esclusivamente per le donne non abbienti, la possibilità di essere salvate da un destino di stenti e sofferenze per studiare, formarsi come individui, e offrirsi a propria volta alla società. Oltre alle opere caritatevoli in Italia, infatti, sono state moltissime nel corso degli anni le missioni delle cottolenghine fuori dai confini nazionali, prima in Africa e poi anche in America, del Nord e del Sud, e in India. Attraverso un'analisi lucida e puntuale, Suor Giuliana Galli presenta la storia della congregazione di Cottolengo nei suoi aspetti istituzionali, giuridici, economici e gerarchici, ponendo l'accento sulla figura femminile in rapporto non solo all'autorità dell'ordine, ma anche ai cambiamenti politici, culturali e sociali che hanno modificato in oltre duecento anni il ruolo e la posizione della donna in Italia.
Alice, 2 anni, disturba il fratello impedendogli di fare i compiti? Carletto non sta seduto al banco per più di dieci minuti? Francesca, da quando la nonna non c'è più, pone mille domande sulla morte? E Nicola, alle soglie dell'adolescenza, dovrebbe essere portato a ragionare sul rispetto e sulla responsabilità? Questi sono solo alcuni esempi dei mille "problemi" quotidiani che madri e padri incontrano durante la crescita dei figli. Può esistere un metodo educativo unico per affrontarli o addirittura prevenirli tutti, dalla prima infanzia ai 15 anni? Si, secondo Lucia Rizzi, ormai punto di riferimento per le famiglie italiane, ed è anche semplice, oltre che piacevole: si tratta di prendere la buona abitudine a condividere la lettura con i propri bambini e ragazzi. Dai volumetti cartonati per i più piccoli ai grandi classici come "Il Piccolo Principe", passando per le fiabe e per le storie avventurose alla "Tom Sawyer", moltissimi libri possono essere utilizzati da mamma e papà per trasmettere ai figli valori e importanti messaggi educativi. Con il suo approccio concreto, Lucia Rizzi insegna quindi a scegliere i testi più adatti per ogni età e situazione e, allo stesso tempo, mostra come porre, durante la lettura o la discussione che ne segue, le domande giuste per impostare i comportamenti corretti. Ed ecco che Alice, Carletto, Francesca e Nicola, dopo aver passato splendidi momenti di qualità con mamma e papà, si sentiranno più forti.
A sei anni Craig Warwick ha scoperto che riusciva a parlare con gli angeli e da allora non ha mai smesso di mettere il suo dono al servizio degli altri per portare il suo messaggio più importante: tutti quanti abbiamo un angelo a proteggerci, basta aprire il nostro cuore per sentirne la presenza. In questo nuovo libro Craig desidera regalarci una verità semplice ma profonda: angeli e bambini hanno così tanto in comune! Gli uni e gli altri adorano la musica, i colori, l'allegria, ma quando serve sanno essere anche molto seri, ci sono sempre vicini e ci riempiono d'amore. Partendo da questa idea Craig ci racconta come, insieme con i bambini e con i suoi amici celesti, sia riuscito a riportare la speranza nella vita di tante persone. E così conosciamo Martina, che ha otto anni e uno sguardo curioso e pieno di gioia. Craig la incontra casualmente sul treno e. con dolcezza, esaudisce il suo desiderio speciale: parlare di nuovo con l'adorato nonno Lino, che da pochi mesi non c'è più. O Simone, che è piccolo ma ha già un cuore grande e non ci pensa due volte a tendere la mano verso uno sconosciuto per donare un sorriso. O ancora Paola, una bimba di sette anni dall'energia travolgente che pur di rimanere fuori a giocare con gli amici chiede a Craig se gli angeli possono fare i compiti al suo posto...
Milano, 1976. Nel seminterrato del mitico Derby Club due giovani comici si guardano da lontano, si studiano, intuiscono rapidamente una cosa molto precisa: diversi in tutto, sono affini per umorismo e gusto della vita. Da lì a cominciare la collaborazione artistica è un attimo, e in poco tempo nasceranno i personaggi dello stralunato commissario Zuzzurro e del suo assistente carogna Gaspare. Soci, amici e anche cognati per un pezzo, Nino e Andrea hanno attraversato insieme tre decenni di spettacolo: sono stati a lezione di comicità da Gianfranco Funari, hanno animato estati ruggenti tra Forte dei Marmi e la Sardegna, hanno visto Berlusconi (allora "solo" Sua Emittenza) rimproverare Liedholm per aver fallito una qualificazione in Coppa Uefa. Ma soprattutto sono stati protagonisti di irripetibili stagioni televisive a Drive In ed Emilio, hanno incassato i complimenti di un monumento della comicità come Neil Simon per i loro adattamenti di Andy & Norman e La strana coppia, hanno vissuto trent'anni di carriera teatrale e sono tornati in tv con una partecipazione a Zelig per ricevere l'abbraccio del loro pubblico e di colleghi vecchi e nuovi. Quando Andrea Brambilla si spegne, il 24 ottobre 2013, tocca ovviamente a Nino dare la notizia: "Gaspare e Zuzzurro non ci sono più. Punto". Ed è proprio lui a raccontare in questo libro la loro storia, senza nascondere o addolcire niente, tra clamorosi successi pubblici e umanissime debolezze private, tra aneddoti e momenti drammatici.
"Mi sento inquieta, non riesco a stare ferma, quindi vado nello studio. A fare cosa ancora non so. Fisso lo scaffale, sposto i libri, come se cercassi qualcosa, e sto quasi cominciando a innervosirmi, quando intravedo una scatola di legno scuro. E un tuffo al cuore. In un attimo, mi scorrono davanti agli occhi lettere, telegrammi, biglietti, fotografie". Sono parole di Sophia Loren, la nostra attrice più amata, che fino a oggi non si era mai raccontata in un libro. Ma è stato forse l'avvicinarsi di un compleanno importante, o la casualità di ritrovare una scatola di lettere e fotografie, che ora l'ha spinta a farlo. Così è nata questa autobiografia in cui si dipana la vita di una bambina magra e scura scura, una ragazza insicura ma tanto bella "da far resuscitare i morti", una giovane napoletana che in pochi anni conquista il mondo. Quella di Sophia Loren, più che una storia, sembra una favola, compresa di balli, grandi prove e principi azzurri. Eppure, dietro la star, sorride una donna timida e determinata, che ha sofferto tanto, ha lavorato moltissimo, ha amato con passione autentica, sempre tinta di ironia. È lei a riportarci alla sua Pozzuoli dilaniata dalla guerra, alla Cinecittà dei primi kolossal americani, alla Napoli in bianco e nero di De Sica. Ma ci porta anche dietro le quinte, dove batte il suo cuore di moglie, madre, nonna, intorno alla famiglia che, da sempre, considera il suo film migliore.
Fra tutte le statue che ci sono pervenute dal mondo antico, i due meravigliosi Bronzi di Riace sono quelle che più hanno colpito ed entusiasmato il pubblico. Perché? Certamente, all'origine del loro "successo" ci sono la bellezza straordinaria e la pregevolissima fattura del Giovane e dell'Uomo maturo. Ma non solo. A contribuire al loro fascino, è anche l'aura di mistero che tuttora li avvolge. Proprio partendo dalle numerose domande rimaste aperte, Alberto Angela prova in questo libro a farci rivivere, passo dopo passo, la storia dei Bronzi di Riace, come se la rivedessimo in un film. Ecco che, prendendoci per mano, ci accompagna nell'epoca e negli ambienti da cui presumibilmente provengono, va alla ricerca dei loro autori (evidentemente grandissimi artisti: forse proprio il leggendario Fidia?) e cerca di immaginare chi potessero raffigurare questi due splendidi personaggi maschili: Castore e Polluce? Un guerriero e uno stratego? E ancora: come furono forgiati? Con quale tecnica fu possibile renderne la capigliatura morbida o le vene che appaiono sotto pelle? Ma il percorso emozionante alla scoperta dei Bronzi non si ferma qui: in quali circostanze sconosciute finirono sul fondale del Mar Ionio? Vi furono buttati da una nave in una notte di tempesta? E la nave arrivò in porto o affondò? Quando accadde? Che lingua parlava l'equipaggio: greco, latino o addirittura goto?
Himalaya, 31 luglio 1954. Alle 18 gli italiani conficcano il tricolore sulla vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo. Gli alpinisti della spedizione vengono celebrati come eroi da una nazione che sta ancora facendo i conti con le umiliazioni e la miseria derivate dall'ultima guerra. Ma la versione ufficiale sull'impresa alimenta veementi polemiche. La più importante, quella che durerà per oltre mezzo secolo, riguarda la ricostruzione delle ore che precedettero la conquista. Bonatti rischiò la vita passando la notte sul ghiaccio, all'aperto, a ottomila metri: perché? I pakistani pensarono che volesse precedere i suoi compagni sulla cima: era possibile? Compagnoni e Lacedelli, gli alpinisti che raggiunsero la vetta, dissero che le bombole di ossigeno si esaurirono duecento metri più in basso: che cosa era successo? Irriducibile e orgoglioso, Bonatti per cinquant'anni smontò le bugie che lo riguardavano e ricostruì pezzo per pezzo quella che infine verrà riconosciuta come la verità di un "giallo alpinistico" che ha emozionato il mondo. Prefazione di Rossana Podestà.