Il volume è la prima introduzione all'agiografia, con cui si indica il genere storiografico delle testimonianze e dei culti che riguardano la vita dei santi. L'indagine qui condotta comprende tutti quegli aspetti che hanno caratterizzato il nascere e l'evolversi del culto cristiano dei santi. Secondo una prospettiva multidisciplinare il 'campo agiografico' va ben oltre le fonti 'scritte' relative ai 'santi', che sono state a lungo l'oggetto di studio primario, se non esclusivo, fin dagli albori della disciplina. Il taglio scientifico del volume si giova delle distinte competenze degli autori, di uno storico del cristianesimo e di uno storico delle religioni; l'uno risulterà attento non solo alle problematiche dottrinali e teologiche, ma anche alle loro ripercussioni economiche e sociali, l'altro cercherà di illustrare gli aspetti filologici e comparativi, antropologici e tipologici connessi al culto dei santi.
Se la modernità è stata l'epoca delle grandi narrazioni, "Le forme elementari della vita religiosa" (1912) appartiene indubbiamente a questo tipo di opere. L'oggetto viene studiato - nell'intenzione dell'autore - in modo esaustivo a partire da un'ipotesi: la religione degli aborigeni australiani, stando all'immensa mole di ricerche condotte su di essa tra gli ultimi decenni dell'800 e gli inizi del '900, rappresenterebbe e avrebbe mantenuto nel tempo, per la semplicità dei suoi elementi costitutivi, la forma più antica di esperienza del sacro che l'umanità abbia conosciuto nella sua storia. Il legame dell'uomo con determinate specie animali e vegetali, nonché l'"entusiasmo" che i gruppi raggiungono in particolari situazioni di esaltazione collettiva, costituiscono, secondo Durkheim, il primum religioso dell'umanità su cui egli polarizza quel particolare istituto etnologico indicato come totemismo. Ora, se da un lato nella religione così concepita «c'è qualcosa di eterno», dall'altro le modalità, i meccanismi psichici e le forme religiose di rappresentazione della realtà, contengono in nuce, secondo il sociologo francese, un processo di autocostituzione e autoregolazione delle società umane che sfugge in gran parte agli individui che ne sono gli attori. E dunque il religioso rappresenterebbe il sistema generatore e fors'anche il nucleo costitutivo delle diverse dimensioni con cui si esprimono le culture umane. Da questo punto di vista, quest'opera di Durkheim può essere definita un classico delle scienze delle religioni.
Miti teogonici e fondativi, canoni etico-legali, narrazioni esemplari, testi apologetici, raccolte di precetti e compendi di ortoprassi rituale: non è possibile concepire lo svilupparsi delle grandi tradizioni religiose senza il supporto della scrittura. Lo scrivere - etimologicamente, ma ancor più allegoricamente inteso come "incidere" e "fissare incidendo" - è mediazione tra il messaggio divino e i fedeli, i quali, per il tramite del testo così fissato, possono accostarsi ai reconditi significati del mondo trascendente nel suo manifestarsi all'uomo.
In un percorso storico che si dipana dalle religioni dell'antichità (Egitto, Mesopotamia, Grecia e Roma), transita per il maturare delle fedi monoteistiche (ebraismo, cristianesimo e islam) e le esperienze mistiche delle dualistiche (zoroastrismo, gnosticismo, manicheismo), per concludersi infine nell'estremo Oriente (induismo, buddhismo e Cina antica), la presente antologia ambisce a dar conto delle ricche letterature concepite ed elaborate da tali religioni, eredità dell'indissolubile legame che ebbero con la parola scritta.
Oggi la religione è una realtà rompo complessa per poter pensare che soltanto una disciplina, qualunque sia, possa esaurirla o che il metodo scientifico, per sua natura riduzionistico, sia di per sé sufficiente a darne conto. Il post-modernismo e l'apporto di nuove discipline hanno messo in crisi la distinzione/opposizione tra spiegazione e interpretazione della religione e i dibattiti sul metodo scientifico hanno contribuito a mettere in luce gli elementi di soggettività presenti inevitabilmente nello studio critico della religione. Ma prima ancora, è radicalmente mutato, nell'ultimo trentennio, il panorama religioso, dominato oggi dal pluralismo e dal ritorno sella scena pubblica delle religioni.
«Non c'è cosa, nemmeno la più infima del mondo, che non sia connessa agli anelli della catena e tutto si collega nel suo segreto». Moshe Idel indaga qui i contenuti di questo segreto, riconsiderando il rapporto fra il misticismo ebraico e i rituali tradizionali dell'ebraismo. Mentre le impostazioni classiche della ricerca leggono gli insegnamenti cabalistici principalmente dal punto di vista teologico, la proposta di Idel è di "partire dal basso", dalle pratiche rituali e dalla loro trasformazione in tecniche per il raggiungimento di un contatto con il divino. "Catene" e "corde" intessute di lettere e nomi ebraici attraversano l'universo, permettendo ai mistici di ascendere ai livelli più alti e di attirare in basso la potenza divina. Le dinamiche della vita religiosa ebraica vengono così reinterpretate nei circoli cabalistici e hassidici mediante l'immaginario di un "mondo incantato", presieduto da forze divine che non risiedono solamente nelle sfere più alte, ma possono essere colte nella recitazione del Nome divino, nello studio della Torah o finanche nella voce della preghiera.
Lo Zoroastrismo è una delle più antiche religioni viventi. Le sue tradizioni più remote possono essere fatte risalire almeno al VI secolo prima della nostra era. In questa storia millenaria, ha conosciuto profonde e talora radicali trasformazioni, che non ne hanno però mutato la natura caratteristica di religione etica. Alle origini, la tradizione ha voluto vedere l'opera di un profeta il cui contorno storico in buona parte continua a sfuggirei: Zaratustra, ovvero Zoroastro secondo la nomenclatura occidentale. Lo Zoroastrismo è anche noto come Mazdeismo, dal nome della divinità suprema di tale culto, Ahura Mazda, il "Saggio Signore", o come "Parsismo", una designazione però inadeguata perché si riferisce unicamente alla comunità zoroastriana dei Parsi dell'India, formatasi in seguito all'emigrazione forzata sopravvenuta con l'islamizzazione dell'Iran. Il contributo dello Zoroastrismo alla storia religiosa dell'umanità è fondamentale: dal dualismo etico alla concezione della storia della salvezza, dalla profetologia all'escatologia (la resurrezione dei corpi e il giudizio individuale). [...] Il libro ricostruisce nella prima parte le fasi di questa storia millenaria mentre la seconda è dedicata a presentare il pensiero zoroastriano e la sua espressione rituale. Nella terza si illustra la sua condizione contemporanea, rappresentata in particolare dal Parsismo. (Giovanni Filoramo)
"I principi etici del confucianesimo, garanti del 'buon governo' e della 'società armoniosa', hanno caratterizzato per oltre duemila anni la vita dell'immenso impero cinese, garantendo una sostanziale stabilità al paese. Oggi vengono riscoperti dal governo cinese, in una situazione di profondo cambiamento, per rafforzare il proprio consenso interno. Per comprendere il nuovo corso cinese, oggi al centro dell'attenzione internazionale e destinato a modificare radicalmente le strategie politiche e gli equilibri di potere all'interno come all'esterno della Cina, con conseguenze significative sulla vita dei cinesi e in prospettiva anche della nostra, è indispensabile comprendere il ruolo chiave che la cultura tradizionale, incentrata sui valori confuciani, ha svolto nella storia del paese. Questa introduzione al confucianesimo da parte di un'autorità in materia costituisce la guida più sicura. Il libro ricostruisce le grandi tappe del sistema di pensiero che si ispira a Confucio (551 a.C.-479 a.C), dalle origini alla situazione attuale. Il confucianesimo classico formula i presupposti di una vita fondata su una profonda unità basata su un principio di armonia, regolata da solidi principi etici, plasmata da un'accurata educazione che prevede l'apprendimento e l'interiorizzazione dei valori tradizionali ereditati dal più remoto passato e attualizzati da ogni generazione grazie a un confronto con le necessità sociali contingenti." (Giovanni Filoramo)
Fra le confraternite islamiche occupa una posizione particolare la Naqshbandiyya, le cui origini centroasiatiche (XIV sec.) ne hanno favorito una estesa penetrazione in paesi di lingua non araba, come la regione indiana e il Turkestan cinese. Tratto peculiare di questo Ordine è l'importanza straordinaria attribuita alla pratica dell'"orientazione del cuore del discepolo verso il maestro" che gli permette, in una sorta di percorso spirituale capovolto in cui si progredisce a partire dalla fine, di raggiungere sin dall'inizio quello stato spirituale che le altre confraternite sufi si prefiggono come loro scopo ultimo. Complementare a questa disposizione interiore dell'allievo è la pratica con cui il maestro imprime il proprio influsso spirituale su di lui, così da trasmettergli il patrimonio che ha a sua volta ricevuto dai suoi predecessori, lungo una catena iniziatica che risale allo stesso Profeta e quindi a Dio. Il maestro, impadronendosi del discepolo, dispiega il suo potere soprannaturale: è in grado di stornare da lui una malattia assumendola su di sé, ma anche di uccidere un personaggio ostile con la sola volontà o ancora di modificare il proprio aspetto esteriore a seconda delle circostanze. Padroneggiando magistralmente una ricca messe di fonti arabe e persiane con la prospettiva distaccata dello studioso, Meier approfondisce l'intreccio dinamico di questi due elementi che sconfinano nell'ambito del "meraviglioso" islamico...
La storia delle religioni dell'impero romano si è limitata sinora a fornire descrizioni dei singoli culti e delle singole religioni, isolando la presentazione del giudaismo e/o del cristianesimo da quella del culto dell'imperatore, dei culti pubblici ufficiali, delle altre innumerevoli forme di religiosità che pullulano nell'impero nei primi secoli dell'era cristiana. Questo libro osserva invece la religione imperiale come uno spazio unitario e dinamico, che interagisce con lo spazio periferico e provinciale attraverso una serie di mediatori e peculiari forme di comunicazione. Emerge in modo nuovo e illuminante la trasformazione del fenomeno e del ruolo sociale della religione che l'impero romano conobbe tra I e IV secolo, da strumento di tematizzazione personale delle contingenze umane (malattia, insicurezza, morte) e di costruzione dell'identità politica pubblica, a unità articolata dove si condensano stili di vita, processi di definizione di gruppi identitari e legittimazioni politiche. Questa prospettiva è il frutto di una ricerca decennale, volta a individuare, in chiave archeologica, storica, antropologica, i meccanismi di base di quella trasformazione e i modelli con cui è descritta. Ne risulta un quadro nuovo di un mondo religioso in continuo mutamento, in cui il rapporto con il cristianesimo acquista una nuova luce, dal momento che le "religioni" e i "culti", piuttosto che essere in competizione fra loro, intrecciano i loro simboli a seconda delle aree...
L'esoterismo è ormai considerato dagli specchi come un campo specifico della cultura occidentale. Per secoli le correnti esoteriche antiche e moderne (ermetismo, gnosticismo, alchimia, teosofia, occultismo..) hanno incarnato una visione del mondo di tipo olistico, incentrata sulle nozioni di corrispondenze universali, natura vivente, immaginazione creatrice, in cui microcosmo e macrocosmo sono l'uno lo specchio dell'altro, e i vari livelli di realtà comunicano tra loro attraverso una fitta rete di intermediari angelici e simbolici.
Nella prima parte del volume, che si configura come un'aggiornata introduzione allo studio accademico dell'esoterismo, Antoine Favre fa il punto della ricerca internazionale sulla questione, mentre nella seconda tratteggia un aspetto fondamentale del pensiero esoterico: la nozione di "immaginazione creatrice", intesa sia come organo di conoscenza illuminante ("gnosi") sia come strumento di azione magica del reale.
Seconda edizione riveduta e ampliata
DESCRIZIONE: Quello che negli ultimi due secoli si è usato chiamare «gnosi» o «gnosticismo» è un fenomeno di estrema complessità perché presenta una miriade di manifestazioni fra le quali non esiste un comune denominatore ma soltanto alcune parziali somiglianze e altrettante irriducibili differenze, né esiste un’unica causa scatenante ma tanti diversi fattori che hanno contribuito a produrre ora l’uno ora l’altro dei suoi aspetti. […] Quello che più importa per noi è però arrivare a una comprensione del fenomeno sotto il profilo del pensiero, cioè il suo concetto. Ma il concetto non sta in un nome o una definizione astratta bensì appare in tutto il movimento con cui dispiega l’articolazione delle proprie forme rappresentative, a prima vista così diverse fra loro, dove procede guadagnando in profondità mediante la negazione, emergendo dalle fratture e contraddizioni, e in questo senso che vorrei chiamare hegeliano, non analitico-formale, io parlo di una «logica» complessiva del pensiero gnostico.
(dalla Premessa)
COMMENTO: Un libro di riferimento per gli studi sul pensiero gnostico, che fa vedere come questo concetto sia radicato nell'antichità e si evolva in età moderna. È un manuale per chi si occupa di filosofia e storia della religione, ora ampliato e aggiornato.
ALDO MAGRIS è ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Trieste. Autore di numerosi studi di argomento sia antico e tardo antico sia contemporaneo, principalmente nel campo della filosofia della religione, ha pubblicato di recente presso la Morcelliana Il Manicheismo. Antologia dei testi (2000), La filosofia ellenistica. Scuole, dottrine e interazioni col mondo giudaico (2001), Nietzsche (2003), Destino, provvidenza, predestinazione. Dal mondo antico al cristianesimo (2008), Il mito del Giardino di ‘Eden (2008) e Trattati antichi sul destino (2009).
COLLANA: Scienze e Storia delle Religioni n. 16
Alcuni testi della letteratura ebraica parlano senza imbarazzo di una pluralità di volti e nomi di Dio, spesso associando la realtà suprema ai tratti fisici e psichici della persona umana. Ma dove conduce questa rappresentazione visiva, polimorfica e antropomorfica? E come si coniuga con il divieto dell’immagine che fonda l’Israele biblico? Un Dio che si rappresenta in più modi pare contraddire il luogo comune di un pensiero ebraico anti-mitico, cui è sottesa la distanza di YHWH, Dio unico e trascendente. È questa complessità di significati ad essere messa in gioco negli studi del Novecento e soprattutto degli ultimi anni, una problematica di cui il volume presenta le linee di ricerca e gli sviluppi più importanti, anche rintracciando nuove possibili letture delle forme e passioni di Dio, focalizzate sulla letteratura rabbinica ma aperte a tutto il mondo ebraico tardo-antico e medievale. Nella convinzione di fondo che l’identità culturale del giudaismo si sia costruita, fra grandi tensioni interne ed esterne, elaborando un codice linguistico di immagini e narrazioni concrete e cercando modulazioni sempre nuove delle (insopprimibili) figure del divino nell’immaginario e nel discorso esegetico.
Il sacro, pubblicato per la prima volta nel 1917 e qui presentato in una nuova edizione a cura di Aldo Natale Terrin, è uno dei libri più letti e discussi del XX secolo. Vissuto nella stessa "armonia dei contrasti" con cui è descritta l'esperienza religiosa, nacque in un contesto "teologico" di apertura alla scienza delle religioni ma fu per lo più disconosciuto dalla teologia; mostrò un impianto filosofico divenuto paradigmatico ma fu in molti casi discriminato dai filosofi della religione...
Nella storia religiosa del mondo mediterraneo tardo-antico che cosa si intende con «monoteismo» e «politeismo»? Queste categorie, da secoli familiari alla disciplina storico-religiosa, sono attualmente oggetto di dibattito proprio in rapporto alla storia religiosa di quell’ambiente culturale e di quel periodo storico in cui si è compiuto un confronto, configurato per molti aspetti come un drammatico scontro dagli esiti decisivi per tutta la cultura occidentale, fra due visioni religiose. Da una parte il «politeismo» come insieme delle antiche tradizioni religiose dei popoli dell’oikouméne mediterranea fondate sulla credenza in un variegato orizzonte di potenze divine, oggetto di culto da parte degli individui e delle comunità, e dall’altra il messaggio cristiano, radicato nella fede giudaica nell’unico Dio creatore, che – a partire dall’«invenzione» del termine «monoteismo» nel XVII secolo – è definito appunto «monoteistico».
Attraverso una serie di sondaggi in ambienti diversi si dimostra in queste pagine che le due categorie classificatorie mantengono validità se usate come strumenti euristici per individuare e circoscrivere analogie specifiche tra alcuni fenomeni storici, ma non costituiscono le uniche griglie onnicomprensive entro cui situare le molteplici esperienze religiose che percorrono questa fase storica. Esse in ogni caso non trovano nella distinzione e opposizione fra l’«Uno» e i «molti» il solo né il preminente criterio per la definizione delle rispettive identità tipologiche.
COMMENTO: L'attuale dibattito tra le categorie di monoteismo e politeismo nel mondo tardo-antico, alla luce di nuove interpretazioni, da parte di una delle maggiori studiose di storia delle religioni.
GIULIA SFAMENI GASPARRO è ordinaria di Storia delle religioni nell’Università di Messina. I suoi interessi scientifici riguardano le religioni del mondo antico e tardo-antico, in particolare i culti misterici, greci e orientali, l’ermetismo, la magia e i fenomeni oracolari e profetici. Anche il cristianesimo dei primi secoli è oggetto delle sue ricerche, con preminente attenzione allo gnosticismo, all’encratismo e al manicheismo. Tra gli ultimi volumi: Oracoli Profeti Sibille. Rivelazione e salvezza nel mondo antico (2002); Misteri e teologie. Per la storia dei culti mistici e misterici nel mondo antico (2003); Problemi di religione greca ed ellenistica. Dèi, dèmoni, uomini: tra antiche e nuove identità (2009). Per la Morcelliana ha pubblicato Agostino. Tra etica e religione (1999).
I lavori di Asin Palacios, di Corbin, di Izutsu hanno fatto conoscere al pubblico occidentale la singolare figura d’Ibn ‘Arabî. Nato in Andalusia nel 1165, morto a Damasco nel 1240, colui che è stato soprannominato Al-Shayk al-Akbar – il Maestro spirituale per eccellenza – esercita da otto secoli una grande influenza sulla mistica islamica, suscitando al contempo presso gli avversari del sufismo, ancora oggi, attacchi di una violenza estrema.
Se i tratti principali della metafisica d’Ibn ‘Arabî cominciano a essere conosciuti, la sua «agiologia» non è stata fino ad oggi che solo parzialmente esplorata e costituisce la prima formulazione globale e coerente, nel pensiero islamico, di una dottrina della santità che ne definisce nell’insieme la natura e la funzione e precisa i criteri di una tipologia dei santi fondata sulla nozione di eredità profetica. Essa inoltre chiarisce il problema controverso dell’origine del «culto dei santi».
L’opera di Michel Chodkiewicz, basata su un’analisi minuziosa dei testi, presenta i dati essenziali di quest’aspetto dell’insegnamento di Ibn ‘Arabî, un insegnamento in cui l’esposizione teorica non è mai separabile dall’esperienza visionaria che la ispira. Esso si conclude con una descrizione dettagliata in due fasi – ascesa verso Dio, discesa verso le creature – del viaggio iniziatico il cui compimento fa del santo il necessario mediatore tra il Cielo e la Terra: così la fine dei santi non è che un altro nome della fine del mondo.
L’Islam nel Novecento ha conosciuto un’intensa attività interpretativa sul Corano, non inferiore a quella “medievale”. Ciò per la ragione che, nell’età contemporanea, i musulmani si sono dovuti scontrare e confrontare con la civiltà e la cultura europee, apportatrici della modernità. Come reazione ad essa e per spianare la strada alla riforma e al rinnovamento, il Corano deve essere inteso come un testo della prassi. La parte più originale dell’esegesi musulmana contemporanea, a parte quella più tradizionalista e conservatrice o quella più strettamente filosofica, cerca di scoprire la dimensione pratica del Corano, la sua capacità di modificare la struttura della realtà e di rivoluzionare i rapporti umani. Il Corano è la base per un rovesciamento della stessa epistemologia religiosa onde porre al centro dell’esperienza del sacro un Dio teleologico, un Dio che è il fine dell’agire umano.
La svolta verso la prassi dell’esegesi coranica nel Ventesimo secolo, che è l’approccio alternativo all’esegesi classica e “orientalistica”, è stata resa possibile dalla scoperta della “testualità” del Corano, dalla scoperta che esso possiede tutte le caratteristiche testuali, semiotiche o di significato proprie di un’opera letteraria o di un saggio scientifico, per cui può essere sottoposto a una indagine letteraria, sociologica, storica, filosofica, che ne faccia emergere non solo la purezza compositiva, la valenza di documento storico, la pregnanza del messaggio rivelato, ma anche con la portata teoretica del contenuto, il suo essere strumento di trasformazione storica.
Nuovi orizzonti, nuovi strumenti di indagine e di ricerca si vanno aprendo e precisando. Questo libro vuole essere soprattutto una finestra spalancata sul futuro.
I nomi degli dèi. Saggio di teoria della formazione dei concetti religiosi del 1896 costituisce, insieme ai due volumi delle Religionsgeschtliche Untersuchungen del 1889, il contributo più significativo di Usener ad una storia delle religioni fondata su di una filologia comparata che permetta di ricuperare “le tracce spirituali di un tempo scomparso”. Usener vi affronta il classico problema delle origini del monoteismo dal politeismo attraverso l’ipotesi di un triplice passaggio evolutivo. All’inizio stanno gli dèi momentanei (Augenblicksgötter) che si manifestano soltanto per un istante in eventi particolari come la semina o il raccolto per poi svanire. Vengono poi gli dèi particolari (Sondergötter), sorta di dèi funzionali che agiscono in situazioni che si ripetono regolarmente. Infine, in una fase successiva in cui il nome del dio non è più collegato con la sua funzione, compaiono i tipici dèi personali del politeismo: in essi si sono fuse differenti divinità speciali con i loro nomi particolari. In questo modo è aperta la via per la formazione del monoteismo.
(Giovanni Filoramo)
DESCRIZIONE: Il libro di Stoyanov è la presentazione più completa di un fenomeno religioso fondamentale: il dualismo e cioè quella concezione che vede l’uomo e il cosmo come il terreno di battaglia delle forze contrapposte del bene e del male. Attestato anche presso diverse popolazioni indigene, il mondo delle concezioni dualiste ha recitato una parte importante in molte tradizioni religiose sia politeiste sia monoteiste. Grazie a una non comune conoscenza delle fonti primarie e della letteratura secondaria, l’Autore ricostruisce in modo brillante la storia complessa di queste concezioni, dall’Egitto antico, con i miti di Seth e Osiride, alla centralità che il dualismo ha nella rivelazione del profeta Zarathustra in Iran, nell’Orfismo in Grecia o presso i settari di Qumran. Il cuore del libro è consacrato alla fioritura di miti dualistici presenti nei grandi sistemi dello gnosticismo e del manicheismo e alle reviviscenze medievali, testimoniate dai Bogomili in Oriente e dai Catari in Occidente. Si tratta di una storia tragica quanto appassionante. La lotta sistematica che le varie chiese cristiane hanno condotto contro gli "amici di Dio" bogomili e i "perfetti" catari, che pretendevano di porsi come i "veri cristiani", minacciandone l’esistenza, se si è risolta sul piano storico in una sconfitta tragica di queste eresie, non ne ha segnato comunque la scomparsa definitiva. Uno dei meriti maggiori del libro di Stoyanov, conoscitore profondo del mondo bulgaro e dell’est europeo, sta proprio nel ripensare la storia delle concezioni dualistiche anche alla luce delle emergenze contemporanee. Il suo libro costituisce un contributo prezioso per andare alle radici di un fenomeno che continua a gettare la sua ombra inquietante anche sul nostro mondo. (Giovanni Filoramo)
COMMENTO: La storia dei dualismi religiosi (Dio malvagio/Dio buono; mondo redento/mondo perduto...) scritta dal massimo specialista a livello internazionale, dall'antichità all'età medievale, tra ortodossia ed eresia cristiane.
La prima biografia di uno dei padri della storia delle religioni in Italia tra fine '800 e inizi '900. Con un importante epistolario per la prima volta pubblicato che getta luce sulla nascita delle scienze delle religioni in Italia, tra ebraismo e cristianesimo.