Nei doveri e nei diritti di cittadinanza vi sono certamente l’educazione civica e quella finanziaria e al risparmio che, purtroppo, le istituzioni (chi più chi meno) non insegnano sufficientemente ai cittadini, a cominciare dalle giovani generazioni.Il Lessico finanziario di Ghisolfi è anche un utile stimolo per gli autodidatti di queste materie per essere più in grado di compiere delle scelte sempre più consapevoli negli investimenti di ciascuno.
(Antonio Patuelli)
Beppe Ghisolfi , nato nel 1949, è Vicepresidente e Tesoriere del Gruppo Europeo delle Casse di Risparmio ESBG e Consigliere di amministrazione dell’Istituto Mondiale WSBI. Giornalista televisivo, è stato direttore responsabile di numerose testate. Per i tipi di Aragno ha pubblicato Manuale di educazione finanziaria (2014), Banchieri (2018).
Siamo sicuri che la crisi italiana, il declino della classe media, gli stipendi che non bastano ad arrivare a fine mese, l'aumento del numero dei poveri siano tutti problemi riconducibili alla moneta unica e ai vincoli che ci pone Bruxelles? Per capire il fenomeno del "neuroscetticismo" occorre addentrarsi nel fantasioso mondo della propaganda no euro, andare a smontare uno per uno gli argomenti dei "profeti" sovranisti che descrivono il paradiso di un ritorno alla lira e di un'Italia finalmente fuori dall'Unione. Perché la "traversata" sarebbe un disastro e non è vero che l'unica soluzione rimasta per essere competitivi è la deflazione salariale. Non è vero che la riconquistata sovranità ci renderebbe totalmente liberi e ci permetterebbe di risolvere tutti i problemi stampando moneta. Non è sempre vero che chi ha una valuta nazionale sta meglio di noi (basta guardare a lavoratori e classi medie negli USA e in Gran Bretagna, per non parlare del Venezuela). E non è vero nemmeno, come sostengono alcuni politici e sedicenti economisti, che possiamo fare a meno degli investitori stranieri e pensare all'autarchia in un mondo finanziario irrimediabilmente globalizzato. Leonardo Becchetti ci spiega come districarci tra bufale più o meno "primitive" e leggende infondate o inconsistenti, fornendoci una cassetta degli attrezzi efficace. Strumenti utili ad avanzare proposte concrete e soluzioni percorribili per i problemi dell'Italia, e infine lanciare un manifesto per un'Europa nuova, solidale, sostenibile, generativa, felice.
L'impresa, strumento di crescita economica e di sviluppo, è anche luogo dell'identità e dell'appartenenza, agente essenziale di trasformazione sociale e civile. Un attore consapevole dei processi di innovazione che dall'economia si allargano alla società. Una risorsa, in tempi di tensioni, rancori, ascensore sociale bloccato e disuguaglianze. In una stagione di crisi delle democrazie liberali e delle relazioni tra democrazia e cultura di mercato, sarebbe riduttivo pensare all'impresa esclusivamente come a una macchina che genera profitto. Ecco perché diventa rilevante parlare di «impresa riformista», ovvero l'impresa come soggetto «politico» attivo. «Politico» non certo nel senso delle politics, gli atti concreti di governo e di attuazione di riforme, ma in quello della policy, i progetti, le strategie economiche, sociali, culturali. Non «un partito delle imprese», ma l'impresa come soggetto che vive nella società e che contribuisce a determinarne le trasformazioni. Da ascoltare e non ostacolare, nei suoi processi di costruzione di lavoro e sviluppo. Sta purtroppo crescendo nel paese un diffuso clima anti-imprese, che trova alimento in ambienti di governo. Un clima sbagliato, in contrasto con gli interessi di fondo dell'Italia, nel contesto di una grande riforma necessaria dell'Europa. La via è quella di una scelta di cultura e di pratica d'impresa che va oltre l'orizzonte del pur indispensabile fare profitti e lega, al valore per gli azionisti, l'impegno su un sistema di valori d'innovazione positiva, attenzione ambientale, solidarietà, responsabilità sociale.
Uno studente universitario e una professoressa discutono, in un 'dialogo socratico', del populismo. I chiostri dell'Università Cattolica di Milano fanno da sfondo al loro intenso scambio di idee, in cui si avvicendano argomenti storici, economici, sociologici, politici nel tentativo di circoscrivere un fenomeno che si rivela sfuggente. Ideologia 'sottile', capace di combinarsi con altre ideologie 'piene' come il socialismo, il liberalismo o il nazionalismo, il populismo ha un'ampia dimensione storica (se ne trovano tracce in molte epoche, da Giulio Cesare in poi) e geografica (dal Sud America all'Europa). Spesso ha rasentato il totalitarismo e mantiene sempre un rapporto conflittuale con le democrazie rappresentative. Diversi sono i 'fattori di domanda' che spingono la gente a richiedere politiche di protezione (globalizzazione, diseguaglianze, crisi del welfare, flussi migratori), così come i 'fattori di offerta' che stimolano la nascita di leader carismatici, movimenti e partiti populisti. Il libro li affronta affidando al personaggio dello Studente le domande che tutti vorremmo porre sull'argomento e alla Prof il compito di spiegare con rigore scientifico ma insieme con disponibilità e passione civile questo fenomeno sempre più rilevante nella politica di oggi.
Accountability, trasparenza, governance: termini che si affacciano oggi anche sul versante dell'amministrazione del patrimonio ecclesiastico. Una loro esatta comprensione si impone per evitare fraintendimenti e strumentalizzazioni, nonché per vincere resistenze culturali alla loro applicazione. La trasparenza va intesa come un meccanismo di responsabilizzazione (accountability) di chi è chiamato a garantire la corretta gestione (governance) del patrimonio ecclesiastico. Lo sviluppo della accountability incrementa la trasparenza dell'organizzazione e dà ragione della governance adottata. Una accountability intelligente non si limita a mostrare dati contabili, ma comporta un'attività di ricerca ed ascolto delle esigenze dei christifideles, di racconto accurato dell'attività intrapresa, anche per fornire indicatori utili per una vigilanza sulla governance.
Al di là degli slogan e delle contrapposizioni spesso utili solo a fini mediatici, emerge con assoluta evidenza la necessità di comprendere i termini reali di problemi fondamentali che investono l'economia, la crescita del paese e il benessere dei cittadini. Debito, deficit, crisi bancarie, riforma dell'Unione europea, spread: questo libro indaga meccanismi e dinamiche politiche ed economiche con le quali ci confrontiamo ormai quotidianamente, attraverso una conversazione a tutto tondo, non priva di inediti retroscena, con uno dei protagonisti dell'economia e della politica italiana e internazionale degli ultimi anni. Un racconto franco e realistico delle vicende che hanno attraversato la scorsa legislatura, delle cose fatte e delle occasioni mancate, cui si accompagna un'analisi dettagliata delle misure messe in campo dal nuovo governo, con l'attenzione rivolta alle proposte e agli scenari futuri. Uno sguardo «dal di dentro» che sfata molti luoghi comuni e si concentra sul problema numero uno del nostro paese, la bassa crescita. Il sentiero imposto dal nostro elevato debito pubblico resta tale, ma si può e si deve andare oltre con una visione del futuro e con politiche adeguate.
Gestire i propri risparmi è sempre di più di un lavoro, a tratti addirittura una guerra che va combattuta utilizzando gli strumenti giusti. Immagino che avrai sognato più volte di ottenere rendimenti a doppia cifra, ma quante ore di studio e di ricerca hai speso per raggiungere questo obiettivo?
Qualunque sia la tua risposta hai capito che sui mercati finanziari nessuno regala niente per niente. Informarsi e acquisire conoscenza però non significa necessariamente che l'investitore si debba cimentare con il fai da te perché potrebbe limitarsi a stimolare con domande intelligenti il suo consulente finanziario di fiducia.
Questo libro è pensato proprio per tutti quegli investitori che non vogliono firmare deleghe in bianco. Non c'è bisogno di essere guru o esperti per leggerlo, è ricco di immagini illustrate che guideranno il lettore attraverso la conoscenza guidata di terminologie complesse quali asset allocation o absolute return fino a ieri appannaggio solamente di pochi eletti.
Una raccolta di contributi a firma di studiosi autorevoli e qualificati a commento del documento Oeconomicae et pecuniariae quaestiones. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Il documento, «frutto di una feconda collaborazione tra i due dicasteri, ha inteso rispondere ad una crescente e anche preoccupata esigenza di orientamento etico, in un campo, come quello economico-finanziario, che negli ultimi anni ha subito trasformazioni e sviluppi per certi aspetti drammatici, coinvolgendo ampie fasce della popolazione e non solo gli operatori del settore» (dalla Prefazione di Mons. Giacomo Morandi).
NOTIZIE SULL’AUTORE
Riccardo Bollati, nato nel 1962, è presbitero della Diocesi di Roma. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università Lateranense, insegna Dottrina Sociale della Chiesa nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Dal 1995 è a servizio della Santa Sede presso la Congregazione della Dottrina della Fede. Nel 2015 diventa Segretario Aggiunto della Commissione Teologica Internazionale.
Collabora inoltre con diverse riviste di teologia.
Lo Stato-nazione sembrava essere condannato all’irrilevanza grazie alla globalizzazione e alla tecnologia. Ora è tornato, spinto da un coro populista mondiale. Rodrik, da sempre schietto critico di una globalizzazione economica andata troppo oltre, va al di là della reazione negativa populista e offre una spiegazione ragionata dei motivi per cui l’ossessione delle élite tecnocratiche per l’iperglobalizzazione abbia reso piú difficili per gli Stati-nazione ottenere obiettivi economici e sociali legittimi a casa propria: prosperità economica, stabilità finanziaria ed equità. Egli rimprovera i globalisti per aver messo in pratica pessime scelte di politica economica, ignorando le sfumature dell’economia, che avrebbero dovuto indurre a piú cautela. Rodrik rivendica la necessità di un’economia mondiale pluralista, dove gli Stati-nazione possiedano un’autonomia sufficiente per formare i propri contratti sociali sviluppando strategie economiche pensate per i propri bisogni. Invece di invocare la chiusura delle frontiere o il protezionismo Rodrik ci mostra come ristabilire un equilibrio accorto tra una governance nazionale e una globale.
Servizio deriva da servitium, opera del servo, dello schiavo: è un atto di obbedienza, una risposta a un comando. Proviamo però a non leggerla come azione umiliante e degradante, bensì come mettersi a disposizione di qualcuno, agire per realizzare qualcosa che dia soddisfazione a più persone. La parola servizio sposta l'attenzione sull'altro per non restare chiusi nel proprio individualismo. Per questo è bellissimo utilizzarla come comun denominatore nel nostro linguaggio, anche senza renderci conto della sua portata. È come se, nello sviluppo della nostra lingua, questa parola si fosse inserita caricando di significato il nostro parlare e il nostro agire. Spetta a noi riscoprirne il significato.
In un mondo in cui ogni giorno si alzano nuovi muri e lo scontro politico si fa sempre più acceso, un nemico comune unisce destra e sinistra, populisti e democratici, reazionari e progressisti. Che siano le aziende a delocalizzare, l'«immigrazione selvaggia», la precarietà del lavoro o il diffondersi del virus Ebola, il libero mercato, il capitalismo o, nella sua definizione più abusata, il «neoliberismo» è il capro espiatorio perfetto per tempi confusi, l'elefante nella stanza che tutti, quando ce n'è bisogno, additano. A livello sia mediatico sia politico, il pregiudizio verso questo presunto ordine mondiale dipinge una realtà governata in segreto da una Spectre di economisti responsabile della distruzione di ogni garanzia sociale e di aver arricchito una ristretta cerchia di speculatori senza scrupoli, a scapito del novantanove percento del mondo. La soluzione per ovviare a queste tragedie sarebbe sempre la stessa: più leggi, più controlli, e quindi più Stato. Per sfatare la presunzione di chi pretende di saperne di più di milioni di persone che ogni giorno comprano e vendono beni e servizi, Alberto Mingardi ridimensiona il mito del mercato pervasivo e tirannico, e ripercorrendone la sua vera storia mostra come in realtà, nell'ultimo decennio, di politiche neoliberiste ce ne siano state meno di quanto si crede. Il che è paradossalmente un problema: è a quel poco di neoliberismo, infatti, che dobbiamo crescita e prosperità.
Il volume interpreta l'heritage marketing quale processo manageriale e sociale e, al contempo, definisce l'insieme di strumenti di cui si avvale per condividere la storia, la cultura e l'identità dell'impresa con tutti i suoi stakeholder, interni ed esterni. Il tema è analizzato adottando una prospettiva innovativa, di natura strategica e integrata, che auspicabilmente possa contribuire ad accrescere la curiosità e l'interesse di accademici, professionisti, imprenditori e studenti. Il volume si compone di due parti: la prima parte, teorica, è focalizzata sull'heritage marketing quale filosofia di gestione in grado di rafforzare, da un lato, il posizionamento competitivo, dall'altro, la cultura e l'identità dell'impresa; la seconda parte, empirica, presenta un'analisi di scenario tesa a verificare il grado di diffusione dell'heritage marketing nel nostro Paese e approfondisce venti esperienze di particolare interesse. Prefazione di Alberto Meomartini. Postfazione di Franco Amatori.