Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l'ambiente che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità che, misurandosi sui soli criteri della funzionalità e dell'efficienza, non esitano a subordinare le esigenze dell'uomo alle esigenze dell'apparato tecnico. Inconsapevoli, ci muoviamo ancora con i tratti tipici dell'uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela verità: la tecnica funziona. E poiché il suo funzionamento diventa planetario, questo libro si propone di rivedere i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si nutriva l'età umanistica e che ora, nell'età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dismessi o rifondati alle radici.
Nel secondo dei due anni di seminario dedicati da Jacques Derrida alla pena di morte, analisi e ricerche si dilatano fino a raggiungere il cuore di domande solo in apparenza distanti dalla pena capitale: cosa significa pensare il «vivente»? E il sangue, il «concetto» di sangue? Sarà mai possibile una «storia del sangue»? E poi ancora: cosa vuol dire «amar vivere»? Protagonisti di questo interminabile dibattito che incrocia necessariamente la questione della giustizia saranno Kant e Hegel, interrogati anche a partire dalle posizioni assunte nei confronti della tradizione della «legge del taglione» a cui vengono consacrate pagine di rara profondità. Ma il discorso non si ferma qui e, sempre all’insegna dello scavo dei moventi del suo stesso costituirsi, convoca imperativamente Freud (e il suo allievo Reik) per interrogare la trasformazione del diritto criminale operata dalla psicoanalisi. In queste lezioni che contribuiscono a tratteggiare – senza chiudere nessun confine – l’interminabile storia del «delitto » e del «castigo» che vertebra la società degli uomini, Derrida non concede tregua all’incalzare di questioni che si raccolgono nella domanda che attraversa e rilancia altrimenti tutte le altre: cos’è un desiderio?
Cento anni separano il "Tractatus theologico-politicus" di Spinoza (1670) dal "Système de la nature" di d'Holbach (1770), alba e tramonto di un'epoca. Un'epoca in cui si è cercato di dare una veste filosofica nuova a quella ribellione contro la teologia che è sempre stata latente, in varie forme, nella cultura occidentale, ma che soltanto tra Sei e Settecento ha raggiunto una piena visibilità e una piena consapevolezza di sé. Meteora della modernità, l'ateismo filosofico ha una sua storia, non indegna di essere raccontata, che si dipana spesso nell'ombra e quasi sempre in forma parassitaria come reazione all'imperante pensiero teologico. In realtà, c'è stato un vero e proprio ateismo filosofico, nel pensiero moderno, soltanto finché c'è stata una teologia filosofica degna di questo nome, e cioè dall'età cartesiana fino a Kant. Rompendo con una tradizione millenaria, Cartesio aveva rivendicato la possibilità di una conoscenza "chiara e distinta" di Dio, aprendo la strada a una teologia nuova, che intendeva assurgere al ruolo di scienza al pari della fisica e della matematica. Ma così come si era reso Dio oggetto di scienza, lo si era anche reso oggetto di analisi e critiche prettamente scientifiche; e così come, da quel momento in poi, lo si poteva affermare scientificamente, lo si poteva negare con altrettanta scientificità: Dio era diventato falsificabile.
Le conferenze raccolte in questo volume sono la cupola della filosofia dell'essenzialismo di Sossio Giametta, un sistema a posteriori sviluppato liberamente e solo alla fine riportato alla sua scaturigine sistematica. Quando tutto sembrava (all'autore) essere stato detto, nuovi rami sono spuntati dal tronco e hanno arricchito la chioma dell'albero: riflessioni innovative, per non dire rivoluzionarie, sul mondo, sul Bene, sulla Natura, sulle tre missioni essenziali di Nietzsche, sulla metafisica dell'amore sessuale - perla della filosofia schopenhaueriana -, su Gesù, la Chiesa e il Cristianesimo, sul Dio lontano dei laici, sulla finis Europae, sul problema fondamentale delle neuro-scienze e sul dissidio odierno tra scienza e umanità.
Questa ampia antologia degli scritti in prosa di Ezra Pound è la sola che l'autore abbia fatto in tempo ad autorizzare tre mesi prima della morte. Che tratti di poesia, di religione o di economia, la sua voce parla "dal naufragio di Europa", dalla "terra devastata" della cultura occidentale, che forse nessuno come lui ha attraversato con assoluta lucidità e altrettanto assoluta visionarietà. Solo Pound - ha detto una volta Eliot - è capace di vedere tutte le figure del passato come contemporanee: Omero e Cavalcanti, Dante e Mussolini, Mani e Browning, Persefone e Woodrow Wilson, Confucio e Arnaut Daniel sono per lui ugualmente vivi e ugualmente significanti. Per questo l'ABC dell'economia non è meno importante dei principi dell'arte della poesia e la critica, tuttora attuale, del sistema bancario, "che strozza i popoli attraverso la moneta", va di pari passo in queste pagine con una limpida introduzione agli assiomi della religione e della filosofia. Che il poeta che aveva percepito con più acutezza la crisi della cultura moderna abbia dedicato un numero impressionante di opuscoli alla critica della "denarolatria" e dell'usura è, in questo senso, perfettamente coerente. "Gli artisti sono le antenne della specie. Gli effetti del male sociale si manifestano innanzitutto nelle arti. La maggior parte dei mali sociali sono alla loro radice economici".
A partire dai modi di intendere la bellezza in Occidente, l'autrice esamina l'attrazione, il piacere e la bellezza, giungendo così a porre in luce talune aporie connesse alle suddette persuasioni estetiche. In un'epoca in cui l'unico valore che sembra ancora interessare è la bellezza, si cerca di indagare cosa essa sia, non solo nella sua dimensione estetica bensì nella totalità del suo essere. Mediante un'attenta disamina dei testi di Tommaso d'Aquino si rintracciano le coordinate per comprendere quale sia l'essenza della bellezza al di là delle diverse declinazioni analogiche.
Essere o vivere: due grandi prospettive, due modi di abitare il mondo, di accostarsi agli uomini e agli esseri che lo popolano. L'Europa guarda il mondo nella prospettiva dell'Essere, la Cina nella prospettiva del vivere. L'Europa vede cose, la Cina eventi. L'Europa pensa per individui, la Cina per situazioni. Noi pensiamo ad andare al di là, loro si preoccupano di stare "tra". Noi crediamo nella nostra libertà, la riaffermiamo in un confronto accanito con il mondo, loro scommettono sulla disponibilità di un contesto, si dispongono ad accompagnarne le tante trasformazioni possibili. Con questo libro, vera e propria summa di un lavoro trentennale, François Jullien ci accompagna in un viaggio affascinante attraverso venti tappe, venti incontri, venti coppie concettuali che, nella loro dissonanza, riaprono i giochi nelle nostre tranquille abitudini di pensiero. Perché Jullien non mira tanto a comparare e a scegliere, o magari a integrare e ricomporre le differenze tra Oriente e Occidente; mira piuttosto a produrre uno scarto, ad aprire un varco nello spazio grigio del pensiero globalizzato, a interrogare l'Europa dal punto di vista della Cina e la Cina dal punto di vista dell'Europa. A fare dell'una un'occasione e una risorsa per l'altra.
"Non in fretta si legga il libro dell'Efesio Eraclito. Stretta la via, difficile il passaggio. Profonda notte e oscurità. Ma se è guida un iniziato ai misteri, più del sole fulgente è limpido." Così raccomandava, e metteva in guardia, un anonimo antico. Quella di Eraclito è infatti una tra le più enigmatiche, ma anche più ricche di stimoli, opere filosofiche che siano mai state scritte. Questa nuova edizione si avvale di una traduzione e di un apparato critico che, in modo rigoroso e originale, mette in luce i rapporti di Eraclito con la tradizione orfico-dionisiaca greca e il pensiero e le religioni orientali.
Basta un viaggio in un paese lontano, il contatto con persone che vivono in condizioni completamente diverse dalla nostra, l'incontro con una povertà che ci appare insuperabile o con un esempio di vita ascetica in un monastero remoto per mettere in crisi le nostre risposte a tutti quegli interrogativi che accompagnano da sempre la vita dell'uomo. Ma è alla dimensione trascendente che bisogna fatalmente guardare? Non secondo l'autore, che opta per una ricerca di tipo individuale e soggettivo, nella convinzione che ciascuno abbia il diritto di realizzare il proprio modo di dare un senso all'esistenza, ovviamente senza nel fare ciò danneggiare gli altri.
Tre motivi per leggerlo: Perché è un appassionante viaggio nell'antichità gli eroi di Omero, la Grecia classica, il cristianesimo eretico - alla ricerca di risposte fondamentali per la nostra vita. Perché racconta della violenza di chi ama sentirsi sempre dalla parte del giusto, del bene, della verità. Perché Simone Weil è un esempio unico di coerenza e determinazione. Introduzione di Mario Bonazzi.
Il volume ha per oggetto l'incertezza, la natura e i limiti della politica. Problemi ai quali si stenta a dare risposte convincenti anche perché la politica, un'attività ricca di seduzioni che a causa della sua importanza suscita da sempre inesauste passioni, grandi aspettative e un'inarrestabile espansione, ha sempre offerto di sé uno spettacolo controverso se non deplorevole. Il tema del libro, prendendo atto del fallimento dei tentativi di renderla meno coercitiva ed invasiva, è quindi la possibilità di fare a meno della politica.