
Va di moda sostenere che oggi in Occidente, allontanatasi l'ondata secolarizzatrice, siamo pacificamente immersi in una nuova epoca religiosa post-secolare. Ma questa lettura semplicistica dice solo una parte della verità. Dalferth ci mette sull'avviso: la fede dei cristiani sin dalle origini ha inteso rendere profano il mondo, operare una critica della religione e delle religioni, dare nuova forma alla vita umana alla presenza di Dio. Per il cristiano ciò che conta è rendere presente e attuale il Padre di Gesù Cristo in tutti gli atti vitali, lasciandosi alle spalle la semplicistica alternativa tra vita religiosa e vita non-religiosa. Decisiva non è dunque la differenza tra sacro e profano nel mondo, ma la distinzione - nello spazio mondano - tra una vita che al Dio trascendente si orienta (fede) o non che invece non lo fa (incredulità). Vivere religiosamente non è buono in sé e per se; dipende da come si è ciò che si è e da come si fa ciò che si fa. In estrema sintesi: la vita cristiana, immersa in un mondo profano, si vuole radicalmente orientata alla Trascendenza: Dalferth approfondisce criticamente questa consapevolezza, in chiave sia filosofica sia teologica.
È possibile una filosofia cristiana dopo Heidegger? La fenomenologia di Jean-Luc Marion può essere una risposta a questa domanda. La fortuna di questo filosofo contemporaneo ha ampiamente valicato le Alpi. In Italia sono già apparse raccolte degne di nota sui suoi scritti e sulla sua visione filosofica. Dal filosofo parigino sono state recepite le indagini sull'indolo e l'icona, le categorie della fenomenologia della donazione, le analisi del fenomeno erotico, gli studi sui grandi nomi della fenomenologia. Sono rimasti però in sordina l'impianto generale e il punto cardinale della sua ricerca filosofica: la ricerca su Dio attraverso un radicale rinnovamento dell'apologetica. A tale compito si presta il presente volume. Esso si offre come uno strumento di equipaggiamento: non pretende di sostituire la lettura di Marion, ma vuole suscitarla, incoraggiarla e sostenerla. Presentando la sua ricerca bibliografica, la sua idea innovativa di filosofia (cristiana), il suo dialogo poliedrico con le fonti e offrendo un glossario dei termini principali, vuole aiutare ogni lettore ad attraversare la sapiente architettura della meditazione di Marion cogliendone la ricchezza e la profondità, alla scoperta di una filosofia che - meditando sulla soglia - costruisce un'apologetica volta non più a dimostrare l'esistenza di Dio ma a suscitare il grato riconoscimento della sua donazione discreta e generosa. Perché in lui tutti noi già viviamo, ci muoviamo ed esistiamo.
"La democrazia si è formata quando si è passati, dalla convinzione che tutti sono uguali per certi aspetti, all'idea che tutti sono uguali per tutti gli aspetti (siccome tutti sono parimenti liberi, tutti si credono assolutamente uguali); per contro, l'oligarchia ha tratto origine dal fatto che, dall'essere alcuni diversi per un certo aspetto, credono di esserlo per ogni aspetto (poiché certi sono disuguali nella ricchezza, sono convinti di esserlo in ogni senso). Ecco allora che gli uni, ritenendosi uguali, si arrogano il diritto di partecipare in ugual misura a tutti i beni; e invece gli altri, convinti della loro diversità, pretendono per sé sempre di più, essendo appunto quel "di più" il segno di questa diversità." E quel che scrive Aristotele all'inizio del Libro V. La "Politica" di Aristotele nasce come "guida completa per capi politici e per cittadini attivi", ma ben presto il lettore si accorge che ad Aristotele non interessa una semplice analisi scientifica delle forme di governo, bensì la domanda, già posta nell'Etica Nicomachea: "Qual è il sommo bene per l'uomo?". E appunto di competenza dello studio della politica affrontare tale problema etico. La Fondazione Valla dedica alla nuova grande serie della "Democrazia in Grecia" sei volumi, dei quali questo è il secondo. Essa costituirà a più vasta antologia del pensiero greco sulle forme di governo dalle origini all’età ellenistica. Curata dai maggiori esperti internazionali del campo, la collezione costituirà un contributo fondamentale alla storia della civiltà politica dell’occidente.
Come vivere felici? Non c'è problema più sentito fra i Greci e non c'è filosofo che non abbia offerto la sua soluzione. Ma nessuno può raggiungere Plotino quanto a originalità e radicalità. Impegnandosi in un confronto serrato con la filosofia dei secoli precedenti (Epicuro, gli stoici), il trattato "Sulla felicità" offre una sintesi delle migliori soluzioni proposte dalle scuole greche e si avvia lungo una strada che molti altri avrebbero in seguito percorso, rivelando la linea di continuità che unisce la filosofia greca e il pensiero dei secoli successivi. Da Platone a Dante, da Aristotele a Spinoza e oltre, la filosofia ha l'ambizione di comprendere il senso ultimo delle cose, realizzando così la natura profonda di quell'animale razionale che è l'uomo. Perché è solo se sapremo appagare il nostro desiderio di conoscenza che potremo capire chi veramente siamo. Ed è solo capendo chi siamo, riscoprendo la nostra origine divina e il nostro legame con il tutto, che potremo finalmente trovare la strada che conduce alla felicità, una meta che solo l'ignoranza fa sembrare lontana.
La tesi di un antisemitismo filosofico in Heidegger, tornata in voga con la pubblicazione dei Quaderni neri a cura di Peter Trawny, appare per nulla innovativa se si tiene conto delle precedenti campagne diffamatorie condotte da Victor Farias e Emmanuel Faye e si entra nel merito dei testi heideggeriani. In questa analisi ci guida Francois Fédier - con saggi scelti, frutto di un ventennio di studi su Heidegger e la questione ebraica, e un'intervista inedita di Stefano Esengrini - mostrando la marginalità del pensiero politico heideggeriano, nelle sue cadute e rettifiche, rispetto alla grandezza speculativa del filosofo. Heidegger va compreso alla luce dell'analitica del Dasein: l'esserci che è condiviso da tutti gli uomini ed è agli antipodi di una ideologia della razza, essendo l'apertura originaria che ci precede ma in nessun modo predestina. Un'apertura che si svela in maniera peculiare nell'opera d'arte.
L’ingratitudine e la riconoscenza sono tratti salienti degli intricati rapporti umani. L’una è prova di arroganza e disprezzo, l’altra di amicizia indissolubile. Se l’ingratitudine evoca i motivi del tradimento, la riconoscenza sancisce la benevolenza verso chi ci ha aiutato, spesso senza chiedere nulla in cambio. Oggi il dissolversi delle buone maniere evidenzia il logoramento delle più elementari consuetudini relazionali. Si è ingrati senza più accorgersene, si è riconoscenti quanto basta per ottenere favori, all’insegna dei più impliciti rapporti di scambio. Il libro, rivisitando in profondità i due sentimenti e le loro moralità contrapposte, penetra in esse per riproporle alla nostra riflessione. Non tace al lettore le pieghe oscure di due esperienze emotive tra le più eluse e trascurate della vita di tutti noi.
Da dove nasce il fallimento della corrente di pensiero che ha causato la tragedia totalitaria? Il nesso del marxismo con la tradizione filosofica e con il totalitarismo è uno dei nodi teorici cruciali dell’opera di Hannah Arendt. L’autrice spiega qui i motivi che l’hanno spinta a occuparsi del pensiero marxiano, delle sue idee sul lavoro, sulla violenza e sul cambiamento del mondo, e afferma che Marx consente di chiarire quali tratti della tradizione filosofica mostrano un’aria di famiglia con la “mentalità totalitaria”. Con le sue ambivalenze, Marx risulta una figura chiave per la comprensione della catastrofe totalitaria del ventesimo secolo e il ripensamento critico del pensiero politico occidentale.
Nel 1921, per avvicinare i lettori alla sua opera maggiore, La stella della redenzione, che anche gli amici giudicavano di difficile lettura, Franz Rosenzweig si lasciò convincere a scrivere un testo introduttivo. Per costruirlo in modo efficace scelse la via dell'apologo, che prometteva una comunicazione più agevole con il pubblico colto, anche se avrebbe certo indispettito gli intellettuali di professione: nasceva in questo modo il volume Della comune intelligenza sana e di quella malata. La sua stessa genesi lo rende un originale momento di riflessione sulla filosofia, di cui sottolinea la «nativa» contrapposizione con l'uso spontaneo dell'intelligenza, quello che sorregge il comportamento quotidiano dell'uomo comune. In queste pagine, la cultura occidentale viene metaforicamente descritta come un paziente colpito da apoplexia philosophica acuta, innescata dal potere fuorviante della domanda (aristotelico-metafisica) «che cos'è?», e conseguentemente affetto da paralisi. Lo si potrà curare soltanto inserendolo più direttamente nella relazione con le tre grandi dimensioni entro cui si svolge l'esistenza: l'io, il mondo e Dio. È appunto questo il compito che Rosenzweig riteneva di poter affidare ad un «nuovo pensiero» ormai collocabile al di là della filosofia, la quale aveva infine compiuto (in Hegel) il suo destino, una volta attraversate le sue tre grandi fasi: l'antichità cosmologica, il medioevo teologico e la modernità psicologica.
“La strada” è un libro centrale per avvicinarsi o approfondire il pensiero di Severino, che qui indaga sull’identità dell’Occidente attraverso i due elementi che la caratterizzano: la follia e la gioia. Il più profondo tra i pensatori italiani contemporanei offre qui una somma della sua filosofia, con un linguaggio critico molto attuale, accompagnandoci in un viaggio attraverso la civiltà moderna, fatto di contrapposizioni: da un lato la forza distruttiva della follia occidentale, dall’altro la gioia come verità e fonte di liberazione dai vincoli imposti dalla nostra civiltà. Così Severino allarga in modo decisivo l’orizzonte sugli elementi che contraddistinguono la nostra società.
La Politica è un saggio di economia, di storia delle costituzioni, di dottrina dello stato, di filosofia del diritto. Ma è soprattutto la trattazione di quella che, fra le scienze che si occupano della condotta morale dell’uomo, ha una funzione strutturale, poiché fornisce gli strumenti per ordinare uno stato in cui sia possibile vivere bene (e, ultimamente, umanizzarsi). Tessendo la sua ricca trama, Aristotele tiene uniti sintesi teorica e analisi (a tratti sorprendentemente “attuale”) della realtà del suo tempo, prescrizione ideale e sano realismo. Al centro di tutto, una concezione strutturalmente relazionale dell’uomo (“animale politico”), che oggi più che mai abbiamo necessità di riguadagnare.
I Quaderni neri presentano una forma che, secondo le sue caratteristiche, risulta oltremodo singolare non solo per Heidegger, bensì in generale per la filosofia del XX secolo. Tra i generi testuali di cui solitamente si fa uso i Quaderni sarebbero anzitutto da paragonare a quello del “diario filosofico”. In essi gli eventi del tempo vengono sottoposti a considerazioni critiche e messi continuamente in relazione con la “storia dell’Essere”. Dal “tentativo” di Heidegger di riconoscere la “storia dell’Essere” nei suoi segni quotidiani nasce un manoscritto che, dall’inizio degli anni trenta fino all’inizio degli anni settanta, interpreta anche i due decenni più oscuri della storia tedesca e l’eco che ne seguì.
Gli scritti di Severino indicano un senso della "storia" profondamente diverso da quello presente nelle varie forme di cultura: nel suo significato più radicale la storia è l'infinito e sempre più ampio apparire degli eterni in ognuno dei "cerchi dell'apparire del destino della verità". Ogni cerchio è l'essenza di ciò che chiamiamo "un uomo". Gli eterni, quindi, non sono res gestae. Che esistano res gestae - cose che son fatte esistere e che escono poi dall'esistenza - è la "follia estrema". Solo gli eterni hanno Storia, solo essi possono "morire" e rimanere eterni: la loro Storia prosegue all'infinito anche dopo la loro morte. La totalità infinita degli eterni è la Gioia, la Pianura che dà spazio all'infinito, e sempre più ampio, apparire degli eterni nella "costellazione" dei cerchi.