Umberto Galimberti prende le mosse dai vizi capitali: Accidia, Avarizia, Gola, Invidia, Ira, Lussuria, Superbia. Identificati come "abiti del male" da Aristotele, come "opposizione della volontà dell'uomo alla volontà divina" nel Medioevo, come espressione della tipologia umana nell'Età dei lumi, appaiono infine come manifestazione psicopatologica nel Novecento. "E così, fuoriescono dal mondo morale per fare il loro ingresso in quello patologico. Non più vizi, ma malattie dello spirito." Alla luce di questa sequenza storica, Galimberti "ambienta" i vizi nel panorama contemporaneo conflittualmente compresi fra la funzionalità (anche del male) propria dell'età della tecnica e l'urgenza dell'etica. Segue un'ampia ricognizione su quelle tendenze o modalità comportamentali per le quali suona efficace (e impropria) la definizione di "nuovi vizi": la sociopatia, la spudoratezza, il consumismo, il conformismo, la sessomania, il culto del vuoto, la voluttà dello shopping, la dipendenza dalla merce, la meccanicità del sesso hanno a che fare con il dissolvimento della personalità. Sono di fatto la negazione del modello "vizioso". Inquadrarli come vizi fa sì che si possa parlarne, onde "esserne almeno consapevoli e non scambiare per 'valori della modernità' quelli che invece sono solo i suoi disastrosi inconvenienti".
È proprio vero che - come afferma il protagonista dell'Edipo re - "mai uno potrà essere equivalente a molti"? O non è invece vero il contrario, cioè che per tutti, non solo per il figlio di Laio, è impossibile essere soltanto uno? Non è questa la sorte che accomuna, per esempio, alcuni personaggi emblematici, le cui vicende sono al centro della tragedia classica e di numerose storie attinte dal patrimonio mitologico greco-latino? Come interpretare il sacrilegio di Prometeo, l'amore di Eco e Narciso, il conflitto fra Antigone e Creonte sul cadavere di Polinice, il funesto destino di Edipo, l'identità doppia di Dioniso, se non in rapporto alla scoperta della costitutiva duplicità che caratterizza lo statuto dell'umano? Il Signore il cui oracolo è a Delfi, dice Eraclito,"non afferma e non nega, ma dà segni". Nel serrato riferimento ai principali nodi speculativi intorno a cui si articola la ricerca di Platone, Aristotele e Plotino, contaminando testi filosofici e fonti letterarie, Umberto Curi mostra attraverso quali suggestivi percorsi di riflessione sia possibile intendere talune figure chiave della cultura classica come icone dell'indissolubile connessione fra identità e alterità. Per scoprire che l'endiadi, la compresenza della dualità nell'unità, è il tratto più significativo della condizione umana.
Rimanere seduto davanti alla tela senza fare niente è quanto riferisce Giacometti del suo tentativo di ritrarre Isaku Yanaihara, professore di Filosofia francese all'Università di Osaka scelto come modello nel 1956: data ricordata dai critici come "crisi Yanaihara". Una battuta d'arresto che non si traduce nell'annullamento dell'opera ma in un nuovo sviluppo: una svolta nel percorso artistico di Giacometti che si confronta con i temi dello spazio e della profondità, adottando soluzioni diverse dalle tecniche tradizionali. Ne offrono un'acuta analisi i due testi qui presentati di Sachiko Natsume-Dubé, affiancati in appendice da alcune pagine del diario di posa di Yanaihara che costituiscono una testimonianza imprescindibile per la comprensione dell'opera dello scultore e pittore svizzero. L'esperienza dell'impossibile - ritrarre il volto di Yanaihara che non si riesce a catturare sulla tela - è la "catastrofe" e al tempo stesso la sua nuova possibilità: il tentativo di superare la prospettiva. Nella questione della tecnica pittorica è in gioco il rapporto dell'opera d'arte con il vero.
Il titolo di ispirazione socratica - Scito te ipsum - con cui l'Etica era nota fin dall'inizio, indica il ruolo centrale dell'interiorità e intenzionalità nell'analisi del problema morale. Già dalle prime battute dell'opera Abelardo definisce la colpa come "consenso del soggetto all'inclinazione naturale presente nella natura umana": non è colpa - osserva - desiderare una donna ma acconsentire al desiderio giungendo all'adulterio. All'opera appartengono anche alcune intense pagine di denuncia della corruzione della chiesa che, oramai lontana dal modello evangelico della povertà, mira solo al potere e alla supremazia temporale. In esse riconosciamo l'Abelardo maestro di Arnaldo da Brescia.
"Chiedersi 'Lacan è uno dei nuovi sofisti postmoderni?' significa porre una domanda che va ben al di là di una noiosa discussione accademica specialistica. Si può quasi rischiare un'iperbole e affermare che, in un certo senso, tutto, dal destino della cosiddetta 'civiltà occidentale' fino alla sopravvivenza dell'umanità nella crisi ecologica, dipende dalla risposta a quest'altra domanda, connessa alla precedente: è possibile oggi, nell'era postmoderna dei nuovi sofisti, ripetere mutatis mutandis il gesto kantiano ?" (Slavoj Zizek)
Porre l'attenzione sullo stile non significa sminuire il contenuto ideale e trasgressivo che un autore vuole affermare. Il contenuto di verità delle proposizioni filosofiche non è indipendente dal linguaggio che si usa per esprimerle. Nella prospettiva del libro, in dialogo con i classici del pensiero - Adorno, Heidegger, Wittgenstein -, è la lingua a servirsi dell'uomo per proseguire la sua opera di maturazione delle coscienze. All'individuo il compito di sentirsi parte di questa grammatica originaria e di declinarla secondo il proprio stile personale.
In questo saggio del 1878, uno dei pochi che vide pubblicati in vita, Peirce presenta la sua celebre massima pragmatica: "Consideriamo quali effetti, che possono avere concepibilmente conseguenze pratiche, noi pensiamo che l'oggetto della nostra concezione abbia. Allora, la concezione di questi effetti è l'intera nostra concezione dell'oggetto". Quello di Peirce è un pragmatismo che insiste sul possibile uso futuro delle nostre conoscenze, le quali non sono proposizioni assolute e incontrovertibili, ma idee sottoposte a un controllo mai definitivo sulla base delle loro concepibili conseguenze pratiche. La traduzione e l'approfondito commento di Antiseri ci guidano alla scoperta del pensiero del padre del pragmatismo e ci indicano la via da seguire per aiutarci a rendere chiare le nostre idee...
L'uomo non può essere né ereditato né venduto né donato; non può essere proprietà di nessuno, perché egli è, e deve rimanere, proprietà di se stesso. Egli porta nel profondo del suo animo una scintilla divina, che lo innalza al di sopra dell'animalità e lo fa concittadino di un mondo di cui il primo membro è Dio stesso, scintilla divina che è la sua coscienza. Questa gli comanda in modo assoluto e incondizionato di volere questo, di non volere quello; e ciò liberamente e di propria iniziativa, senza alcuna costrizione fuori di lui (da Rivendicazione della libertà di pensiero).
Disponibilità, allusività, sbieco, defissazione e trasformazione silenziosa: cinque concetti del pensiero cinese, qui "proposti" alla psicoanalisi in un'originale rilettura della pratica analitica che intende recuperarne aspetti (operazioni fondamentali che si svolgono in seduta) scarsamente teorizzati. Questo confronto con la cultura cinese - come nello stile di Jullien - ha senso perché si dimostra il solo capace di produrre quell'estraniamento che permette al pensiero psicoanalitico di scoprirsi nel proprio "impensato"; ne emergono quelle "opzioni a priori" che orientano, limitando, ogni prodotto della cultura occidentale e che la psicoanalisi può, a questo punto, trascendere, accedendo a spazi di cura finora non compiutamente esplorati.
Questo Dizionarietto si rivolge a chi intende cimentarsi per la prima volta con dei testi filosofici in lingua tedesca; ma ci si augura che possa essere un utile strumento di consultazione anche per chi, pur essendo pratico della lingua, voglia avvicinarsi alla terminologia filosofica o per chi, dovendo leggere o tradurre un'opera di filosofia, si trovi davanti alla difficoltà di scegliere una soluzione piuttosto che un'altra. Si tratta insomma di un agile strumento di lavoro che ha la piccola ambizione di servire per lo studio della lingua di Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Marx, Herbart, Nietzsche, Heidegger, Carnap... e per la lettura dei testi filosofici in originale. Nella compilazione si è cercato di fornire una scelta ampia di termini, accompagnati dalla versione italiana, avendo cura di tenere conto dell'uso ormai consolidato nelle traduzioni correnti. In alcuni casi, oltre alla traduzione del lemma, si è scelto di illustrarne meglio il significato, sia all'interno dell'opera di un singolo filosofo, sia sottolineando il differente uso che dello stesso termine fanno pensatori diversi.
Perché Dante ha scritto la "Commedia"? Per amore. Mantenere una promessa d'amore, fatta nell'ultimo capitolo della "Vita Nuova", è la ragione per cui, secondo Etienne Gilson, l'altissimo Poeta di Firenze ha deciso di impegnarsi nell'impresa del suo capolavoro. Ed è anche, indirettamente, la ragione per cui ha scritto il "Convivio", documento incompiuto del periodo di "trenta mesi" dedicato da Dante allo studio della filosofia. Dunque, l'obiettivo era dire di Beatrice quello che mai non file detto d'alcuna, cioè fare della donna amata un'anima del cielo in grado di disporre del poeta latino Virgilio e del mistico cristiano Bernardo di Chiaravalle, entrambi inviati in aiuto di Dante nel suo viaggio nell'aldilà. Il poeta perciò studia come vivono angeli e beati nell'oltremondo, nel regno di Dio dove ormai la sua donna è per l'eternità. Divenuto così esperto di filosofia e teologia, dopo i canonici studi letterari di grammatica, Dante assume il ruolo di pacificatore fra le due grandi culture "nemiche" del Medioevo, quella retorico-letteraria e quella della filosofia Scolastica, che aveva il suo fulcro nell'Università di Parigi. E così diventa anche il più originale, straordinario poeta del suo tempo. studioso di cultura filosofica medievale, Etienne Gilson dedicò a Dante nel settimo centenario della nascita, il 1965, questi nove saggi, mostrandone il legame indissolubile, vitale sorgente d'ispirazione, con la "bambina di Firenze".
Un libro costruito intorno alla parola "silenzio" e ai mille preziosi modi in cui questa dimensione incrocia l'esperienza di ciascuno. Un libro per riscoprire il silenzio e imparare a praticarlo, per ritrovare un ascolto profondo e una parola vera sul mondo e sulla nostra vita.