In questo breve libro, un filosofo francese pone una domanda semplice: a un ateo, o comunque a un non credente - quale Jullien è - che cosa ha da insegnare il cristianesimo? E in genere, qual è il suo insegnamento universale, che prescinde dall'essere credenti? Il libro si divide in brevi capitoli dai titoli perspicui: «È possibile un evento improvviso» che cambia la vita di ciascuno di noi e il corso della storia - questo infatti è il significato della rivelazione; «Che cosa significa essere vivi» e cioè davvero vivi, vivificati dall'esperienza e dalla conoscenza, e non semplicemente "viventi": per far questo, secondo il cristianesimo, non bisogna «coincidere con sé stessi», ma essere sempre in qualche misura distaccati da sé, aspirare sempre a qualcosa di più; «la verità al servizio della vita», come necessaria per un soggetto che si voglia pienamente vivo: non lo si può essere se non ci si pone il problema della verità; la capacità di esistere fuori dall'immediata realtà e di aprirsi al futuro e alla considerazione dell'altro.
Predomina ancora una visione del periodo dell'Umanesimo che ne esalta, da un lato, i valori estetico-artistici, e tende a ridurne, dall'altro, il pensiero a elementi retorico-filologici. Massimo Cacciari ci fa capire come le cose siano più complesse e meno schematiche, e come la stessa filologia umanistica vada in realtà inserita in un progetto culturale più ampio nel quale l'attenzione al passato è complementare alla riflessione sul futuro, mondano e ultramondano. Dunque una filologia che è intimamente filosofia e teologia. E i nodi filosofici affrontati dagli umanisti (che in quest'ottica non iniziano con Petrarca o con i padovani, ma con lo stesso Dante) sono difficilmente ascrivibili a sistemi armonici o pacificanti, secondo una visione tradizionale del Rinascimento. C'è un nucleo tragico del pensiero umanistico, fortemente «anti-dialettico», in cui le polarità opposte non si armonizzano né vengono sintetizzate.
La leggendaria figura di Niccolò Machiavelli, - pensatore, teorico, interprete profondo e appassionato degli avvenimenti politici e statuali del suo tempo, - viene in questo libro ricollocata nella sua dimensione più umana e nel moltiplicarsi senza fine delle sue vocazioni. Ne esce un personaggio a tutto tondo, in cui corpo e cervello, intelligenza e passioni, invece di muoversi su binari paralleli e non comunicanti, convergono e continuamente si fondono fra loro. Il fascino di una ricostruzione condotta con questi criteri consente di cogliere meglio, e con maggiore concretezza, anche lo svolgimento processuale di un momento importante, anzi decisivo, della storia italiana, quello che Asor Rosa definisce la «grande catastrofe»: quando, in un breve volgere di anni (1492-1530), si sarebbero determinati e forgiati i destini della Nazione fino ai nostri giorni. «Il pensiero non è spirito, è materia, al pari del corpo: ed esattamente come il corpo funziona e agisce... Non esiste nella storia operazione più esemplare di quella che Niccolò Machiavelli ha perseguito e realizzato nel senso che ho cercato testé di descrivere. Non esiste: per questo siamo così pieni di ammirazione e d'invidia. Invece di separare e magari di contrapporre le due cose, le ha fuse. Di conseguenza: quando si giudica il suo pensiero, si chiama in causa il suo corpo. Quando si chiama in causa il suo corpo, la sua materialità, - anche quella apparentemente più episodica e transeunte, - se ne ricava l'impressione e la persuasione di un poderoso organismo pensante, che abbraccia tutto senza sforzo (senza sforzo? Sí, è questa l'impressione che se ne ricava) e diventa una cosa sola con il testo o l'episodio storico che sta narrando e descrivendo. Frutto anche questo, oltre che del genio machiavelliano, di quel complesso di ragioni e di forze, che siamo soliti considerare tipiche del cosiddetto grande "Rinascimento italiano"? Sì, non c'è dubbio: ma questo non fa che aumentare l'impressione di globalità che l'esperimento machiavelliano esprime e contiene».
Oggi siamo testimoni di migrazioni di massa che portano milioni di individui a spostarsi in terra straniera, poveri, senza conoscere la lingua del paese in cui forse approderanno, respinti o drammaticamente, talvolta tragicamente, emarginati e dunque di fatto esiliati.
E' cercando di definire questa dimensione, che questo libro, cha ha la struttura di un'indagine e di una narrazione, cerca di attraversare alcuni territori, soprattutto letterari e artistici, che sono profondamente segnati dall'esilio.
La cura costituisce la qualità essenziale della condizione umana, ma non è qualcosa che ci appartiene, come il corpo e la mente; è il nostro esserci, il nostro modo di stare nel mondo con gli altri, al quale siamo chiamati a dare forma. L'esserci è una tensione continua a ricercare quello che è necessario per conservare la vita, per farla prosperare e per guarire le ferite ricevute. L'autrice riflette sull'arte di esistere, intesa come capacità di dare senso al tempo e di condurre una vita autentica a partire dalla conoscenza della propria interiorità, che si può raggiungere solo mediante il confronto con il mondo esterno. Riattualizzando il senso della cura di sé, fondamentale nell'antichità ma oggi sintomo di individualismo e di ripiegamento interiore, ne sottolinea la valenza etica e sociale, facendo proficuamente dialogare i pensatori dell'età classica con la fenomenologia del Novecento.
Lo studio qui presentato è la ripresa e l’approfondimento di alcuni articoli pubblicati nel decennio scorso.
Plotino, filosofo platonico del III secolo d.C., ha ridato slancio alla filosofia che si era dispersa in tante questioni settoriali, ha fatto dei testi di Platone un punto di riferimento costante ed ha inglobato nella loro rilettura anche molte argomentazioni aristoteliche e stoiche, ha ricuperato la creatività presocratica e rinnovato l’instancabile interrogare di Socrate. Con lui iniziano i tre secoli fecondi del neoplatonismo, un platonismo che ingloba in sé anche Aristotele e non ignora la tendenza alla sistematicità come nelle riflessioni etiche degli stoici. La filosofia è elevata a via della salvezza, religione dell’intelligenza, ascesi delle virtù, ricupero della dignità umana. La filosofia è minacciata dal misticismo religioso e insidiata dalla tentazione di arrendersi allo scetticismo. Plotino è profondamente mistico ma non lascia prevalere sulla ragione il turbinio delle fantasie come nelle correnti gnostiche, è fortemente dialettico ma senza cadere nell’arroganza della ragione come negli stoici e negli epicurei, è un instancabile ricercatore che non si disperde nell’erudizione sterile come nei sofisti del proprio tempo.
Il fondatore del neoplatonismo, che si sentiva solo un sincero platonico, ha offerto alle riflessioni filosofiche una nuova potente prospettiva, la totalità della realtà vista alla luce dell’Uno che la trascende e la vivifica, rende l’uomo consapevole della propria inquietudine e della propria dignità nel forte legame naturale con la dimensione divina, la possibilità di superare le innumerevoli articolazioni del male senza farne una divinità alternativa come nel contemporaneo manicheismo, di riscoprire le vie per ritornare alla propria origine. Plotino può essere considerato un simbolo di come l’incontro tra le diverse culture rende molto più creativa la mente umana: un egiziano che è filosofo greco e cittadino romano, un platonico che studia Aristotele e rielabora concetti stoici, un ispirato che non cala dall’alto le sue sentenze ma le discute dialetticamente per consolidarle, un mistico che esalta la ragione ma la apre al trascendente.
Plotino esalta la bellezza del mondo sensibile contro il disprezzo degli gnostici, rivede il modo di considerare la materia, modo spesso fraintesi da vari studiosi eppure fondamentale per comprendere come Plotino possa considerare il mondo sensibile non una prigione dell’anima ma un capolavoro della provvidenza divina. Il classico dualismo platonico tra anima e corpo non diventa disprezzo del corpo, nonostante le contrapposizioni dialettiche, ma porta alla riscoperta della bellezza autentica del corpo che favorisce il ricupero ancora maggiore della ricchezza dell’anima. La prima Via per il ritorno all’Uno, la via etica, consiste nella pratica delle virtù. L’essenza delle virtù sta nella purificazione dell’anima per accrescere in essa la libertà che la rende sensibile alla bellezza superiore. Le due Vie che risvegliano l’anima dal torpore della mediocrità sono la Via della bellezza che porta a rinnovare la vita per tutti gli uomini e la Via dell’amore che rinnova tutti i viventi. La Via della dialettica richiede una buona maturazione nell’etica, il gusto della bellezza proprio dell’artista e lo slancio interiore tipico dell’innamorato.
Virtù, bellezza, amore e dialettica sono le diverse Vie all’Uno. Queste diverse Vie non arrivano direttamente all’Uno ma solo alla sua soglia; oltre quella soglia non funzionano né le argomentazioni della ragione né le intuizioni dell’intelletto, né il fascino della bellezza né lo slancio dell’amore, se non sono stati previamente purificati in modo radicale in ulteriore procedimento: la semplificazione.
Maurizio Marin, nato a Casoni di Mussolente (Vicenza) nel 1955, è ordinario di Storia della Filosofia Antica all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Oltre a numerosi articoli e diversi volumi frutto dei convegni organizzati nell’Istituto di Scienze della Religione nella Facoltà di Filosofia, ha pubblicato Il fascino del divino (LAS 2000) e L’estasi di Plotino (LAS 2007).
Profezia e utopia, due categorie fondanti dello sviluppo dell’Occidente moderno. La tensione dialettica che le ha caratterizzate nel corso dei secoli e il dualismo istituzionale che si è creato tra potere religioso e potere politico hanno permesso all’Occidente la conquista delle sue libertà, dallo stato di diritto alla stessa democrazia. Oggi, sbiadito ormai ogni progetto utopico, il declino dell’Europa non può essere letto solo come corruzione delle regole e delle istituzioni, ma come conseguenza di una crisi di civiltà.
Nel Gioco della verità si delineano la forma e gli effetti di una svolta entro la cornice intrecciata di Semiotica ed ermeneutica, che costituisce l’ambito tematico del primo volume delle Opere di Carlo Sini. Forte dell’eredità che gli veniva dalla tradizione ermeneutica e da quella pragmatista, testimoniata già dagli scritti degli anni Settanta raccolti nello Spazio del segno(vol. I, tomo I delle Opere), l’Autore inaugura qui un cammino del tutto originale, che gli permetterà di ripensare le modalità, i limiti e le possibilità del fare filosofico. Composte a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, le pagine del presente tomo propongono infatti un’alternativa forte agli esiti nichilistici e relativistici a cui la filosofia ermeneutica italiana e internazionale stava pervenendo nello stesso giro di anni. L’alternativa al relativismo non si configura però, nella filosofia di Sini, come un nostalgico rimpianto o un caparbio ritorno a improbabili verità assolute; l’alternativa consiste piuttosto nell’impresa di elaborare una nuova concezione della verità stessa, in quanto occasione e provocazione per il sapere filosofico. Non più intesa come corrispondenza logica tra essere e pensiero, ma come esperienza sempre determinata, incarnata e situata, la verità ha in sé tanto la parzialità della propria collocazione storico-pratica quanto la pienezza del senso con cui, in quella esperienza, il mondo si configura senza residui. Senza residui (perché, in ogni esperienza, è tutto il mondo a prender figura di verità), ma nella sempre rinnovata apertura di una differenza: il differire del mondo nelle figure del suo stesso accadere. La prospettiva che così si inaugura restituisce alla filosofia un compito, oggi quanto mai attuale, di comprensione cosmologica e di responsabilità politica, come via di uscita sia dal qualunquismo relativistico sia dal dogmatismo ottuso, che sono gli epigoni gemelli della crisi di senso da cui sono stati segnati gli ultimi decenni del Novecento.
Abbiamo bisogno di un femminismo che dia la priorità alle vite delle persone. Davvero la massima realizzazione per le donne è quella di arrivare a occupare posti di potere nelle gerarchie delle grandi aziende capitaliste? È quel che ci dice il femminismo liberale, che aspira a rompere il soffitto di cristallo, mentre non si preoccupa affatto delle esigenze della stragrande maggioranza delle donne. Esigenze come la lotta contro lo sfruttamento sul lavoro e i diritti sindacali; il riconoscimento della loro fondamentale funzione di cura dei figli, caricata sulle donne in favore della massimizzazione dei profitti; il diritto alla salute e a un ambiente non inquinato; la lotta contro ogni forma di razzismo e guerra. Oggi che il sistema di valori liberisti è in crisi e stiamo vivendo una nuova ondata femminista internazionale, abbiamo lo spazio per creare un altro femminismo: anticapitalista, antirazzista ed ecosocialista. Cinzia Arruzza, Tithi Bhattacharya e Nancy Fraser sono state tra le principali organizzatrici dello sciopero internazionale delle donne negli Stati Uniti.
La filosofia è un'attività naturale. Ci accompagna in ogni nostro gesto e decisione. Se esistesse un contapassi filosofico, ci direbbe che c'è filosofia anche nella scelta di uno spazzolino da denti, di un cibo o di una vacanza, nel tragitto che affrontiamo per raggiungere il posto di lavoro e nella cerchia di amici che decidiamo di frequentare. Il problema dunque non è "se filosofare", bensì "quanto e come filosofare". Ognuno di noi lo fa tutti i giorni, sebbene non consapevolmente e con metodo. Ciascuno ha un identikit filosofico che lascia le sue tracce in ogni circostanza che ci troviamo a vivere: qual è il vostro? Scopritelo grazie alle schede di autovalutazione che l'autrice vi propone. Con esempi tratti dalla realtà, e accompagnati dagli insegnamenti dei grandi maestri del pensiero, emergerà la vostra filosofia di vita dominante, e non potrete più fare a meno di esercitare la mente in senso filosofico e trarne vantaggio. La filosofia infatti è riflessione, consolazione, speranza, perfino gioco. Ci insegna a controllare i nostri impulsi e a calmare le angosce; ci porta a conoscerci meglio, diventare più forti, dominare il nostro orizzonte mentale e affinare le nostre capacità spirituali e intellettuali. Ci guida al rispetto della nostra umanità e di quella degli altri, a saperci adattare ai fatti e agli eventi, e a interpretarli rettamente. E infine ci insegna che tra le tante scelte a nostra disposizione ce n'è sempre una "più giusta".
L'orizzonte valoriale dischiuso dalla conoscenza affettiva è un importante ambito di ricerca per l'epistemologia, l'etica, la politica e la teologia. Le emozioni contribuiscono alla definizione del valore dell'oggetto al quale si riferiscono ed esprimono l'orizzonte dí significato all'interno del quale il soggetto che sente, pensa e agisce costituisce la propria identità in relazione con il mondo. Le emozioni svolgono un ruolo centrale nella creazione di giudizi di valore e hanno la capacità di attivare processi motivazionali, in quanto sono inserite in una costellazione di funzioni conoscitive, dall'immaginazione all'aspirazione, dal sentire corporeo alla deliberazione.
Il termine "filosofia" nella tradizione araba è peculiare e interseca i campi della teologia, della mistica e della politica. Inoltre, sebbene la tradizione filosofica araba sia essenzialmente musulmana, non pochi filosofi "arabi" per nascita e lingua furono cristiani o ebrei. L'intendimento degli autori è di fornire un lessico di riferimento per chi si affaccia allo studio della filosofia araba e contemporaneamente di compilare una piccola "enciclopedia" del pensiero arabo-islamico che consenta al lettore non solo di reperire la terminologia, ma soprattutto di comprenderla nel suo significato storico e teoretico.