Per suor Marie-Paul Ross è tempo che nella Chiesa si parli di eros, riconoscendolo come dono di Dio e alzando quel velo di omertà che nell'ambito ecclesiale favorisce da secoli il perpetrarsi di devianze e infelicità. Contro il parere dei suoi superiori, dei vescovi e persino del mondo accademico, suor Marie è riuscita a conseguire un dottorato in sessuologia clinica, grazie anche a una speciale licenza ricevuta da Giovanni Paolo II. Oggi si batte per demolire il tabù per cui i religiosi non dovrebbero occuparsi di certi temi. Le sue idee su coppia, contraccezione, aborto, omosessualità, celibato sono in dissonanza con i canoni della gerarchia. Solo il consenso ricevuto nelle conferenze che tiene in tutto il mondo e la gratitudine di tanti pazienti, che hanno potuto beneficiare del centro di terapia sessuale che dirige, l'hanno convinta a non demordere nella battaglia. Ai tanti che la incontrano è solita ripetere: "In materia di sessualità ed eros c'è una chiusura patologica che impedisce alla Chiesa di crescere". In questo libro riassume con piglio deciso la sua filosofia, le sue teorie rivoluzionarie e i risultati di oltre vent'anni di ricerche sul campo. Con la collaborazione di Claire Baldewyns e Sébastien Délézir.
L'Autore in queste pagine espone i principi fondamentali del cristianesimo per stimolare la riflessione sui vari ambiti dell'agire libero e volontario dell'uomo affrontando alcune tematiche familiari, matrimoniali e di bioetica.
Come reagisce un uomo alla notizia della gravidanza della donna? Perché la spinge all’aborto o cerca in tutti i modi di convincerla a tenere il bambino arrivando a gesti estremi per salvarlo? Perché i maschi di oggi tacciono, o devono tacere, non riuscendo a esprimere una posizione forte sull’aborto? L’incapacità di accogliere la vita nascente è connaturata alla figura maschile o è espressione delle tendenze secolarizzate e abortiste del nostro modello culturale? Quale influenza hanno, nel ricorso maschile e femminile all’interruzione di gravidanza, le critiche condizioni economiche in cui viviamo? La non conoscenza della crudeltà delle procedure abortive alimenta il silenzio della coscienza negli uomini? La legge 194 ha un effetto diseducativo sui giovani perpetuando nei maschi il disorientamento verso la vita concepita? L’esperienza dell’aborto ha un impatto traumatico sulla psiche maschile? Se sì, chi e come può rispondere al bisogno di ascolto e comprensione di questi uomini tormentati?
L'autore
Antonello Vanni, educatore e docente di Lettere, perfezionato in Bioetica presso l’Università Cattolica di Milano, ha approfondito i temi della responsabilità e della tutela della vita umana ne Il padre e la vita nascente. Una proposta alla coscienza cristiana in favore della vita e della famiglia (Nastro 2004). Ha curato la documentazione scientifica del libro Cannabis. Come perdere la testa e a volte la vita di Claudio Risé (San Paolo 2007). Ha insegnato presso la facoltà di Bioetica dell’Ateneo Regina Apostolorum di Roma e presso l’Istituto per ricerche e attività educative di Napoli sul tema “adolescenti, media e droga“. Nel
2009 ha pubblicato il libro Adolescenti tra dipendenze e libertà. Manuale di prevenzione per genitori, educatori e insegnanti (San Paolo) analizzando le situazioni di dipendenza più diffuse tra gli adolescenti (dal tabacco all’alcol, dalle droghe alla dipendenza da Internet e cellulari) e fornendo ai genitori e agli insegnanti consigli pratici per prevenirle sulla base degli studi più aggiornati.
Sono ancora nelle mente di tutti alcuni casi che hanno turbato l'Italia: il caso Englaro, il caso Welby: casi in cui il diritto alla vita è sembrato scontrarsi col diritto alla cura, la libertà col dovere terapeutico. Su questi temi così controversi si confrontano in questo libro due voci diverse: quella di un laico - Umberto Veronesi - e quella di un credente - Giovanni Reale -, quella di un medico, impegnato nella cura del corpo, e quella di un filosofo, preoccupato per definizione dello spirito. A unirli, nel confronto dialettico delle ragioni dell'uno e dell'altro, la convinzione che la moderna medicina debba recuperare il fattore umano, come avveniva nella medicina antica, debba tenere in debito conto le sofferenze psicologiche prodotte dai mali fisici e, soprattutto, debba rispettare la libertà della scelta. Nessuno può decidere sulla vita di un uomo, e meno che mai può decidere lo Stato, per legge. L'autodecisione, per guanto riguarda la vita, è irrinunciabile. Togliere all'uomo l'autodecisione significa negargli la libertà, ossia il bene più grande che Dio gli ha dato. E per questo laici e credenti possono concordare.
Dov'è il confine tra la vita e la morte? Come assistere un malato fino alla fine"? Una visione della complessità dell'argomento e dei diversi approcci. "
Eutanasia, testamento biologico, dichiarazioni anticipate di trattamento, accanimento terapeutico, cure palliative, stati vegetativi. Da alcuni anni queste parole fanno stabilmente parte del dibattito pubblico, politico e sociale relativo al fine vita e alle condizioni di massima fragilità. L’intento di questo volume è quello di approfondire e confutare i falsi miti della “buona morte”, dando risposta fondata alle domande di senso che realizzano e costituiscono la questione antropologica. Esistono malattie inguaribili, ma non esistono malattie incurabili: la condivisione della fragilità restituisce a chi soffre la fiducia e il coraggio a chi si prende cura dei sofferenti. “Resistere” quando non c’è più nulla da fare è vano; parimenti “desistere” quando invece ci sarebbe ancora spazio di cura, è una grave omissione. La vera libertà per tutti, credenti e non credenti, è quella di scegliere a favore della vita, perché solo così è possibile costruire il vero bene delle persone e della società.
Le fiabe sono un abbecedario antichissimo: insegnano a superare le paure esistenziali, a scoprire le soluzioni, ad affrontare i dilemmi che si pongono lungo il percorso della vita quotidiana; aiutano a scoprire le risorse personali che da sole indicano come procedere nel corso della vita, senza remare contro, senza forzare, facendo piuttosto maturare gli eventi. Anche fuori dall'ambito oncologico, questo lavoro può suggerire a quanti vivono una situazione di particolare complessità uno strumento per ritrovare la via della "saggezza" umana, capace di restituire sapore all'esistenza quotidiana.
Che cosa significa dire che la vita è sacra? Si tratta soltanto di un postulato appartenente alla tradizione giudeo-cristiana o è un concetto che può essere valido per tutti? Serve ancora per la bioetica? A queste domande, e altre simili, si tenta di dar risposta in questo volume. Nell’attuale panorama bioetico sembra che la sacralità abbia ceduto completamente il posto alla qualità della vita, e in minore misura alla dignità. Tuttavia, un’analisi profonda dell’origine di questo concetto, e la presentazione sistematica di ciò che significa per la dottrina cristiana, può aiutare a capire il perché può essere un concetto non soltanto valido, ma importante per le nostre società pluraliste. Queste pagine possono servire al fedele cattolico per avere una maggiore comprensione della grande ricchezza che è presente nel Vangelo della vita; e per il non credente possono servire a scoprire la solidità di un concetto che ha le sue radici nell’apparizione sulla terra dell’homo symbolicus.
Prendendo le distanze dalla radicale contrapposizione tra la bioetica cattolica e quella laica, Ermanno Genre propone non una bioetica protestante bensì un itinerario di "approccio protestante" ai temi del nascere e del morire che invita a una vera disponibilità all'ascolto e al confronto. Genre delinea così un percorso che, da un lato, riconosce l'esigenza di difendere lo statuto di laicità della ricerca, della pratica medica e della cura pastorale e, dall'altro, si ispira alla "saggezza pratica" della tradizione biblica ebraica e cristiana nonché della filosofia greca classica, lontane da ogni pretesa di assoluto e perciò capaci di confrontarsi con l'unicità dell'esistenza del singolo.
"Non possono esistere tentennamenti, dubbi, filosofie, opinioni diversificate perché, come diceva Madre Teresa di Calcutta, ogni aborto è un assassinio. Eppure Madre Teresa ha visto sfruttamento, strumentalizzazione, miseria, morte dell'infanzia, ma, nonostante ciò, mai, in nessuna situazione, ha cessato di predicare l'aborto come sinonino di assassinio. [...] E il diritto? Cosa ne fa il diritto della equazione di Madre Teresa di Calcutta tra aborto ed assassinio? È evidente che, se limiti a questa equazione sono conosciuti dalla morale e dalla filosofia, a maggior ragione non possono non appartenere al mondo del diritto, di quello secolare però, non di quello canonico." (dalla Presentazione di Carlo Taormina).
Il libro è opera della prof.ssa Lucia Priore ed è stato elaborato in diversi anni di insegnamento presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli.
Si tratta di lezioni in lingua inglese su alcune tematiche, anche d’attualità, affrontate in ambito bioetico: il rispetto per la vita, il rapporto tra medico e paziente, la qualità della vita, l’aborto, l’eutanasia, la clonazione umana, l’ingegneria genetica, la cura degli anziani, la sperimentazione animale.
Attraverso l’avvio di una idea progettuale di ricerca sullo studio della linguistica applicata all’insegnamento e la metodologia CLIL (Content and Learning Integrated Language/Apprendimento Integrato di Lingua e Contenuto), l’autrice ha potuto approfondire tecniche d’insegnamento specifiche che mirassero in modo particolare, attraverso lo sviluppo della motivazione allo studio e alla consapevolezza della identità personale in uno specifico contesto sociale, al potenziamento delle competenze linguistiche e al raggiungimento degli obiettivi preposti.
Un libro sulle domande essenziali: l'amore, il sesso, il bene e il male, la difficoltà della vita, la felicità e la sofferenza.
La psicoanalisi permette al soggetto di parlare di ciò che non va: non per lamentarsi né per maledire, ma per "dirlo bene", perché del "patologico" una cosa è certa: è qualcosa che si dice male, che è male-detto dalla persona, non dalla società. La clinica psicoanalitica è dunque un punto di vista realistico dal quale incontrare e leggere la vita umana come esperienza di un soggetto: molte domande ne scaturiscono. Mario Binasco propone questo punto di vista radicale per valutare l'interesse della psicoanalisi per ogni antropologia, anche teologica.