Il testo che viene qui presentato è lo scritto autobiografico di Guiberto di Nogent, abate vissuto in Francia tra l'xi e il xii secolo. Riveste un particolare interesse storico poiché costituisce una vera e propria miniera di notizie sui fatti di quell'epoca, di cui si sono avvalsi soprattutto storici come il Guizot, che lo incluse tra le fonti della sua monumentale raccolta in ben trenta volumi «pour servir à l'histoire de la France». "La mia vita" fu scritta in età avanzata, quando Guiberto aveva già compiuto sessantanni; è suddivisa in tre libri, redatti non di seguito ma in tempi successivi, per quanto ravvicinati: il primo nel 1114, gli altri due fra il 1115 e il 1116. Nel complesso potrebbe sembrare un'opera alquanto discontinua, mancante di un piano organico, ma ciò non toglie nulla al suo interesse; anzi, per l'autore questo andamento costituisce uno stimolo a presentare un'infinità di situazioni, eventi, personaggi, esperienze interiori ed esteriori in un quadro composito che, per esplicita e ripetuta dichiarazione, vuol essere «oggettivo». Un reperto che ci restituisce, come in un'istantanea, tutta la ricchezza e la varietà di un Medioevo nient'affatto «oscuro».
L’ufficiale tedesco Claus von Stauffenberg, discendente di un’aristocratica famiglia cattolica della Baviera, ebbe un ruolo di primo piano nella progettazione e nell’esecuzione dell’attentato del 20 luglio 1944 contro Adolf Hitler e nel successivo tentativo di colpo di stato. Al complotto parteciparono anche altri militari, tra i quali il generale Ludwig Beck, già capo di Stato Maggiore della Wehrmacht, e il generale Henning von Tresckow, esperto in strategia. L’attentato, denominato «operazione Valchiria» – reso celebre dall’omonimo film con Tom Cruise – doveva avvenire nella sede del quartier generale di Hitler, la cosiddetta Tana del Lupo, a Rastenburg, ma fallì. Hitler sopravvisse quasi incolume all’esplosione, i congiurati vennero arrestati dalle SS e dalla Gestapo, torturati e trucidati senza nemmeno un processo (Stauffenberg fu fucilato alla schiena) e le loro ceneri furono sparse nelle fogne cittadine.
Questo nuovo libro di Andrea Maniglia è dedicato al Servo di Dio Candido Amantini “un sacerdote che ha fatto della misericordia il leitmotiv della sua vita e del suo ministero. Il suo confessionale e la sagrestia nella quale riceveva per gli esorcismi sono stati per tantissimi anni una specie di porto di mare per le anime. Tanti erano quelli che andavano, che assiduamente lo frequentavano. Padre Candido era sempre lì. Di quella sua amabile delicatezza, di quell’umiltà semplicissima, di quella straordinaria fiducia nell’infinita misericordia di Dio sono testimoni quanti lo conobbero” (dalla prefazione di Paolo Vilotta, postulatore della causa). Con inserto fotografico.
Andrea Maniglia (Monteroni di Lecce, 1988) ha conseguito il baccalaureato in Teologia presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) in Roma. Attualmente è licenziando in Antropologia Teologica. È membro della redazione di Momenti Francescani e collabora con l’Associazione Nazionale Papaboys. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni, tra le sue ultime: Così, in confidenza! Lettere aperte ai grandi della fede (Edizioni Segno) e “Sull’uscio di casa”. P. Candido Amantini CP, l’esorcista di Roma (Edizioni Tau).
"Nella prefazione a 'Loaves and Fishes' (Pani e pesci), alla domanda «Che cos'è "The Catholic Worker"?», Dorothy Day rispondeva: «Prima di tutto, si tratta di un mensile di otto pagine in formato tabloid. Si occupa di questioni quali il lavoro e gli uomini, i problemi della povertà e dell'indigenza - e la relazione dell'uomo con i suoi fratelli e con Dio. Nel cercare di far emergere il nostro amore per i fratelli parliamo e scriviamo molto delle opere di misericordia come della forma più diretta di azione. "Azione diretta» è uno slogan da vecchi radicali. [...] Oggi, per il movimento pacifista, azione diretta significa salire sui sottomarini armati con i missili Polaris, andare a Mosca ed entrare con le navi nelle aree dove si conducono test nucleari. Peter Maurin, il cofondatore di "The Catholic Worker", ripeteva senza posa che le opere di misericordia sono la forma più diretta di azione che ci sia. "Ma la verità va ribadita ogni 20 anni", aggiungeva». Queste parole sono state scritte nel 1963, nel pieno della Guerra Fredda, e all'epoca «The Catholic Worker» usciva da trent'anni. Più di cinquant'anni dopo il mondo è cambiato, ma molto è rimasto identico. La divisione fra ricchi e poveri, la sfida della guerra e della violenza proseguono invariate; e invariati sono rimasti anche gli imperativi del Discorso della Montagna, la visione del regno di Dio, e l'ideale di Peter Maurin e dei direttori di «The Catholic Worker» di «creare una società in cui sarà più facile essere buoni». Il messaggio di «The Catholic Worker», a oltre ottant'anni dalla sua fondazione e a più di trenta dalla morte di Dorothy Day, rimane attuale e rilevante come un tempo. Merita di essere ribadito. (Robert Ellsberg)
Dodici storie (ordinarie) di persone speciali che hanno saputo morire cristianamente.
Le lettere di Giacomo Biffi a suor Emanuela Ghini ci fanno conoscere "dal di dentro" una grande figura di pastore-teologo della Chiesa del XX secolo. Esse documentano la vivacità e l'intensità di un dialogo durato oltre cinquant'anni, dal 1960 al 2013. «Soprattutto testimoniano la fede granitica e una visione globale del cristianesimo, risposta alle più profonde domande esistenziali, di Giacomo Biffi. Tutta la sua vita, nelle sue varie tappe, ha un riscontro in quanto egli racconta, con semplicità arguta e anticonformista ma insieme attenzione e cura di maestro nei confronti della corrispondente indocile e a volte ribelle, contestatrice e mai arresa al fatto cristiano» (dall'introduzione di Emanuela Ghini). «Sicuramente legava i due un comune amore, ragionato e argomentato, per il Signore. Però non c'è dubbio che le lettere siano oggettivamente testi di direzione spirituale; e come tali possono arricchire anche l'ignoto e ignaro lettore» (dalla postfazione di Matteo Maria Zuppi).
Cosa passa nel cuore e nella mente di una madre quando si sente dire che il figlio che porta in grembo ha una malformazione incompatibile con la vita? Attraverso le pagine del suo diario, l'autrice ci fa rivivere quelle ore drammatiche, i tanti "perché" sorti in lei e nel marito. Inizio di un cammino, sostenuto da molte persone e dalla lettura di alcuni libri, per non essere sopraffatti dalla disperazione e riconoscere che quel figlio, come ogni figlio, chiedeva di essere accolto, amato e accompagnato verso il compimento della sua vita. Breve e significativa. Questo è il miracolo accaduto: Giacomo ha vissuto soltanto otto ore, ma ha segnato e cambiato la vita di tanti. Ha fatto sorgere domande, ha consolato, ha dato a tutti la speranza e la certezza che la vita vale. Sempre.
Alfonso Ugolini, nato in una misera famiglia di emigrati, passa l'infanzia e l'adolescenza nella povertà. Ben presto orfano, guidato dallo Spirito Santo e sostenuto dall'aiuto della Madonna, indirizza la sua giovinezza verso le mete della perfezione evangelica.
Consegue la laurea in Servizievolezza con una lunga tesi pratica al servizio dei fratelli e della Chiesa. Il successivo Dottorato in Teologia della Semplicità convince il Vescovo ad ordinarlo sacerdote all'età di 65 anni. L'abbraccio del suo Signore lo coglie a 91 anni sereno e pienamente realizzato perché si è donato, senza riserve, a Dio e all'uomo.
Itala Mela, insegnante di lettere, fece della scuola la sua missione, in parallelo all'attività nella Fuci (primi anni venti del secolo scorso) fino a quando la malattia infranse il progetto di una manacazione in Belgio per partecipare poi a una fondazione benedettina in Italia che si ispirasse al rinnovamento liturgico che si stava diffondendo. A poco a poco si impose, per l'inabilità all'insegnamento, la rinuncia alla cattedra statale. In casa - coi genitori prima, poi il padre e la zia non credenti, visse i voti dell'oblazione benedettina secolare consacrata, forte della Regola di san Benedetto che le dava il perimetro esterno di un cammino imperniato su una vocazione unica, nitida fin dal 1930. Dopo lo sfollamento sull'Appennino durante il secondo conflitto mondiale, Itala riuscì a dedicarsi all'animazione del mondo culturale e cattolico tra il 1946 e il 1953. Alla sua morte è stato consensuale il riconoscimento della sua "immensa capacità di donazione umana" e dell'esercirio effettivo di amare verso tutti "con profonda tenerezza".
Anna Henle è riduttivo ritenerla una mistica del passato, ella è in realtà una fulgida eletta del Signore che ha vissuto sulla terra da angelo con le stigmate, in tempi dove la mancanza di mass media tecnologici le ha permesso di restare nascosta, ma di lasciare ugualmente un'impronta della sua vita, che a mio avviso è di fatto una delle più grandi storie carismatiche di tutti i tempi, fresca e attuale come non mai! Aprite il vostro cuore alle gocce celesti che hanno abbeverato e nutrito, insieme alla santa eucarestia, pane degli angeli in questo caso nel vero senso della parola, la prediletta del Signore...
Considerato il "don Bosco del XXI secolo", padre Pepe è l'ultimo rappresentante di una tradizione di impegno della Chiesa argentina con gli emarginati, quella dei curas villeros, i sacerdoti che negli anni Sessanta hanno deciso di vivere con gli abitanti delle periferie più povere di Buenos Aires. In questo libro padre Pepe racconta la propria vita: gli anni di seminario durante la dittatura, l'esperienza di sacerdote e l'incontro con le villas miseria di Buenos Aires-, l'amicizia con Bergoglio, il cammino fra i più poveri, la lotta contro la droga, fino alle minacce di morte da parte dei narcotrafficanti, l'esilio a Santiago dei Estero e, infine, il ritorno a Buenos Aires, nella baraccopoli di Villa La Càrcova, Completano il volume una scelta di suoi discorsi, alcuni significativi documenti del Gruppo di sacerdoti per le villas d'emergenza di Buenos Aires da luì coordinato e la famosa intervista a Papa Francesco realizzata insieme ai giovani di Villa La Càrcova, Il libro è pubblicato contemporaneamente in Italia e in Argentina.
"Le due ultime opere biografiche di spessore su Giovanni Calvino scritte da autori italiani risalgono alla prima metà del secolo scorso. Nel 1934 Renato Freschi pubblicò un poderoso lavoro in due volumi, premiato dalla Regia Accademia d'Italia. Tredici anni più tardi usci postumo il corso universitario del professor Adolfo Omodeo a cura di Benedetto Croce," Le biografie, oltre a risentire comprensibilmente dell'idealismo del tempo, tendono entrambe a sfumare la distinzione tra persona e pensiero, immolando cosi la vicenda umana del Riformatore sull'altare della sua dottrina, compresa e descritta in modo sistematico. Da queste emerge dunque la personalità di un Calvino rigido e inflessibile cosi come viene interpretata la sua teologia da parte dei due autori. Entrambi riconoscono nella figura di Calvino una delle chiavi di volta della modernità occidentale, ma distogliendo il loro interesse da una serie di questioni religiose che egli aveva proclamato, creduto e vissuto come essenziali. A sua volta l'opera di Giorgio Tourn rappresenta una vivace e rapida sintesi della vita e del pensiero del Riformatore, purtroppo compressa nell'alveo benemerito, ma limitante, del testo di larga divulgazione.' Allo stesso Tourn si deve, oltre che vari studi di ottimo livello sul teologo francese, quella che è ancora l'opera imprescindibile per la conoscenza di Calvino nell'ambito culturale italiano: la curatela dell'edizione dell'Institutio calviniana in italiano." (Dall'Introduzione)