
La parola chiave di questo dizionario dei vizi e delle virtù è "saggezza". Si può non possedere una dottrina, si può non avere il conforto di un'ideologia, ma è possibile comunque dissipare il velo di nebbia che si leva ogni volta che siamo chiamati a giudicare o a giudicarci.
Nella Natural costituzione - così come, più compiutamente, nella Filosofia del Diritto - Rosmini «sviluppa la teoria della rappresentanza in apparente continuità con le teorie patrimonialistiche dominanti nel periodo della Restaurazione. La società civile viene così in qualche modo assimilata ad una società commerciale: il "diritto di governare" la società appartiene agli individui che si uniscono insieme e che diventano "soci". Conseguentemente, la rappresentanza politica coincide di fatto con la rappresentanza degli interessi». Dalla lettura della Natural costituzione della società civile «deriva, soprattutto, una lezione di realismo, una prospettiva di lettura, se si vuole, anti-ideologica della politica: che non è, come giustamente ha sottolineato D'Addio, una risposta ai problemi ultimi dell'uomo, ma, più modestamente, "lo studio delle condizioni sociali, cioè dei modi d'essere della società (e pertanto dei principii che la fanno essere tale) e dei processi mediante cui l'uomo perviene a dichiararsi appagato». (Giorgio Campanini, già storico delle dottrine politiche all'Università di Parma)
La riflessione dell'intera vita di padre Sertillanges è riassunta in questa sua ultima opera, rimasta incompiuta, che affronta la ponderosa tematica del male. È su questo che il domenicano riflette, da storico del pensiero e da meditativo, perché non diventi una paralizzante malattia dello spirito - rischio del periodo in cui scriveva, successivo alla seconda guerra mondiale, ma anche di ogni tempo di crisi, compreso il nostro. Il primo volume espone criticamente la storia del problema del male: dalla preistoria all'antico oriente, da Grecia e Roma classiche al pensiero cristiano, da Cartesio e Kant al pessimismo francese, fino all'esistenzialismo. Nel secondo l'autore presenta la visione cristiana della teodicea: l'origine del male, il problema capitale dei rapporti fra Dio e la sua creazione e il peccato originale come spiegazione del male. Si sforza di rispondere alle obiezioni sollevate dall'insuccesso iniziale di Dio, dallo scacco della riparazione, dalla protesta dell'abisso e dal prezzo della libertà. Ma è il richiamo alla meditazione nell'ultimo capitolo, "Il mistero", a offrire più di ogni altro il timbro con il quale il pensiero di Sertillanges incrocia la questione, le lotte con cui si è tentato di fronteggiarla e il grido degli uomini.
La riflessione dell'intera vita di padre Sertillanges è riassunta in questa sua ultima opera, rimasta incompiuta, che affronta la ponderosa tematica del male. È su questo che il domenicano riflette, da storico del pensiero e da meditativo, perché non diventi una paralizzante malattia dello spirito - rischio del periodo in cui scriveva, successivo alla seconda guerra mondiale, ma anche di ogni tempo di crisi, compreso il nostro. Il primo volume espone criticamente la storia del problema del male: dalla preistoria all'antico oriente, da Grecia e Roma classiche al pensiero cristiano, da Cartesio e Kant al pessimismo francese, fino all'esistenzialismo. Nel secondo l'autore presenta la visione cristiana della teodicea: l'origine del male, il problema capitale dei rapporti fra Dio e la sua creazione e il peccato originale come spiegazione del male. Si sforza di rispondere alle obiezioni sollevate dall'insuccesso iniziale di Dio, dallo scacco della riparazione, dalla protesta dell'abisso e dal prezzo della libertà. Ma è il richiamo alla meditazione nell'ultimo capitolo, Il mistero, a offrire più di ogni altro il timbro con il quale il pensiero di Sertillanges incrocia la questione, le lotte con cui si è tentato di fronteggiarla e il grido degli uomini.
Che cosa significa vedere degli oggetti in un'immagine o nella fantasia invece che percepirli come presenti in "carne e ossa"? In che cosa si distinguono essenzialmente le immagini e le fantasie dalle percezioni? Quale tipo di atti vengono compiuti nella fantasia? Questo libro - che contiene le celebri lezioni dedicate alla fantasia e alla coscienza d'immagine, tenute a Gottinga nel semestre invernale 1904/05, insieme a una selezione di manoscritti di ricerca che arrivano a coprire l'arco del successivo ventennio - offre al lettore italiano una viva e concreta testimonianza di come il padre della fenomenologia, Edmund Husserl, si sia confrontato a fondo con tali questioni, considerandole nevralgiche per l'intero progetto fenomenologico. In un momento in cui l'esigenza di ridefinire i confini fra realtà e irrealtà si fa sempre più inaggirabile e stringente, queste analisi costituiscono un decisivo contributo per affrontare con rigore concettuale il problema delle immagini nell'età contemporanea. Ripercorrere i sentieri qui tracciati da Husserl non ci dà solo l'opportunità di illuminare "regioni" della nostra esperienza assai spesso lasciate nell'ombra, ma ci permette anche di spingerci, al di là del presente, nel futuro dell"'immagine".
Cosa c'è dietro una rivoluzione, sia essa politica, religiosa o scientifica? Quali, se ne esistono, i limiti? Che cosa differenzia il rivoluzionario dal ribelle? La rivoluzione è il ritorno a uno stato preesistente e ideale, come suggerisce l'etimo astronomico revolutio, che in latino indica il tornare di un pianeta alla posizione iniziale, o una marcia verso il nuovo? Che relazione c'è tra conoscenza e rivoluzione? Giulio Giorello riflette sulla rivoluzione come categoria capace di mediare il rapporto tra verità, tempo e conoscenza. Tutto nasce dalla libertà di cambiare: per studiare la conoscenza bisogna studiare le rivoluzioni nella conoscenza.
100 storie filosofiche fulminanti, semplicemente diaboliche, costruite per sorprenderci e mettere in scacco le nostre certezze. La filosofia è una sfida incessante a riconoscere la straordinaria complessità del mondo che ci circonda, a partire dalle cose più semplici. Qual è la differenza tra la mano destra e la sinistra? Tornerà mai un momento come questo? Come fa un'attrice a fingere una morte finta? Il mosaico dipende dalla posizione delle tessere; ma sarebbe lo stesso mosaico se si scambiassero fra loro due tessere uguali? Nelle pagine di questo libro, Lei, Lui, l'indomabile Ficcanaso e altri nuovi personaggi, tra cui il Flippamondi e la Gatta Parlante, si cimentano con queste e molte altre domande. A guidarli non è il desiderio di semplificare ciò che è complesso, come in molti libri della nostra epoca, ma lo sguardo indagatore su ciò che sembra semplice e invece non lo è. Sul filo dei loro dialoghi ci si ritrova a scoprire che il bello della filosofia sta proprio in questo: fare i conti con ogni semplicità, anche quando ci appare assolutamente insormontabile.
Interrogando la storia dell'idea di esperienza da Talete alla filosofia contemporanea, come Andrea Tagliapietra fa in questo libro, è possibile imbattersi in una singolare scoperta, ovvero nel nesso fra l'esperienza e l'attenzione. I neuroscienziati, però, ci avvisano che la soglia d'attenzione dell'uomo - una manciata di secondi - è scesa, negli ultimi anni, pericolosamente al di sotto di quella del pesce rosso. Oggi l'intelligenza, dai test d'ingresso all'università alla velocità che chiediamo ai nostri computer, fino ai quiz televisivi e alle decisioni di manager e politici, si misura sulla rapidità della risposta, mentre chi esita fa la figura dello stupido, del "ritardato", di colui che va scartato e non è all'altezza. Eppure senza esitazione non c'è attenzione e, quindi, neppure quell'esperienza che ci consente di abitare il mondo e, in prospettiva, anche di potercene prendere finalmente cura.
L'interesse di Heidegger per Aristotele, testimoniato da questo corso universitario che il filosofo tenne nel 1924, si colloca nel periodo cruciale dell'elaborazione dell'analitica ontologico-esistenziale di Essere e tempo. In particolare, nell'analisi della Retorica aristotelica compaiono già, in nuce, alcuni 'concetti fondamentali della filosofia heideggeriana' - come "Dasein" (esserci) , "In-der-Welt-sein" (essere nel mondo) e "Befindlichkeit" (il sentirsi situato, la situatività, e anche la situazione emotiva) - destinati a lasciare un segno indelebile nella filosofia del Novecento. Ma, soprattutto, Heidegger si impegna qui - come raramente in seguito - in una brillante fenomenologia dei "pàthe", delle «passioni», e del ruolo determinante che esse svolgono nella vita e nell'esistenza dell'uomo. La messa in questione del tradizionale privilegio accordato agli atti intellettivi superiori che questo implica suggerisce l'idea che siano costitutivi dell'uomo, allo stesso titolo della ragione, anche gli elementi 'inferiori', quali la sensibilità, le affezioni e le passioni.
...ma l’ottimo pranzetto di quel giorno, come molte cose terrene, è presto terminato. Vogliamo allora provare anche stavolta a parlare un po’ di alcune Divine Verità che, al contrario, non hanno termine, che non tramontano né tramonteranno mai...
«Cominciamo con una domanda: «È utile, per l'uomo moderno, è opportuno, può avere qualche senso che non sia una pura curiosità erudita, il ritornare a Tommaso d'Aquino?». Dal suo tempo ad oggi la conoscenza del mondo ha ormai più volte cambiato la sua figura: non solo la scienza e la tecnica hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere e la stessa concezione del mondo fisico e biologico, ma con essa anche l'ago magnetico che misura le oscillazioni dello spirito ha cambiato direzione, anzi procede in senso opposto. Non si procede più dal mondo (dalla physis) all'uomo come nell'antichità, né da Dio all'uomo come nell'evo cristiano, ma dall'uomo all'uomo: oggi sembra che tutto e ovunque - nell'arte, nella letteratura, nella scienza e per suo tramite nella tecnica - graviti attorno all'uomo». Tutto il lavoro dell'Autore è volto ad evidenziare l'importanza di un ritorno allo studio di San Tommaso d'Aquino.
E' quasi due secoli che l'esperienza familiare è oggetto di aspre contestazioni. Esasperando una lettura individualistica e non relazionale dell'uomo, i critici della famiglia giungono frettolosamente a concludere che della famiglia sia doveroso allentare i vincoli costitutivi, per giungere a rimuoverli del tutto. Ma come pensare di poter rinunciare alla famiglia, se è proprio dal fatto che l'uomo è un animale familiare che dipende l'identità del genere umano, cioè l'identità di ciascuno di noi?

