Vita e mito di Gesù muove dalla constatazione di come negli scritti neotestamentari racconti mitici ed eventi reali, azioni miracolose e sentimenti umani s’intrecciano e si rincorrono su uno sfondo che resta estremamente vago per ambientazione geografica e quadro cronologico, e ciò in testi che nel corso della loro trasmissione hanno subito interventi redazionali non lievi. In questo scenario si muovono le considerazioni di Giovanni Garbini, in un moto pendolare che dal vangelo conduce ai vangeli e dai vangeli fa ritorno al vangelo, alla predicazione di Gesù di Nazaret. La ricerca sul Gesù storico condotta dall’autore procede con criteri filologici, nella convinzione che un’approfondita analisi critica dei testi consente di risalire a quello che fu l’«evangelo» dell’uomo Gesù e ai principi da cui questi era guidato nei suoi rapporti con le autorità religiose, con i familiari, con le donne, sino forse a ritrovare un Gesù commensale (paraclites) che viene arrestato per essere condotto a morte mentre si trova a banchetto con i suoi discepoli.
"Non suscita alcuno scandalo l'idea che Gesù possa amare un suo discepolo in termini preferenziali, laddove tale termine non indichi affatto l'esclusività di un determinato discepolo, bensì una sua peculiare singolarità recettiva in ordine all'essere amato, di per sè prerogativa comune ad ogni discepolo. Gesù ama questo discepolo in una maniera singolare, nota anche agli altri discepoli, proprio per il carattere estremamente donale della sua risposta psicologico-affettiva all'acquisizione dell'essere-amato. L'amore diviene in lui uno spirituale movimento che produce nella soggettività del Maestro un costante reinvestimento moroso in quel suo discepolo così prono alla reattività donale rispetto all'amore ricevuto. L'amalgama del simbolismo ermeneutico è incapace di raggiungere la profondità di questa singolarità relazionale, poiché esso ottiene quale frutto della propria indagine unicamente una prospettiva comune a tutti i discepoli che seguono Gesù, compresi coloro che sono succeduti che ancora succedono alla storicità dell'evento della venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, cioè anche noi".
Qual è l'attendibilità storica dei vangeli? Come si sono formati e su quali informazioni si basavano? Come si è arrivati ai diversi racconti orali e scritti della straordinaria vicenda di Gesù? Per rispondere a queste domande, nella prima parte del libro gli autori propongono una teoria critica della memoria e della tradizione; nella seconda, invece, suggeriscono una lettura antropologica dei testi, alla quale si accompagna un esame storico. L'intento è riscoprire le tracce degli eventi, incorporate ma spesso nascoste nelle testimonianze dei vangeli. Sulla figura di Gesù, subito dopo la sua morte, vi fu una molteplicità di informazioni trasmesse da gruppi che avevano conoscenze parziali ed erano dislocati in zone diverse della Terra di Israele. A partire da questo dato, gli autori ricostruiscono la mappa dei luoghi da cui provengono le fonti su cui si basa ciascun vangelo.
Le ricerche sul primo cristianesimo e lo studio dei vangeli come fonti bibliche hanno portato in luce la ricca stratificazione redazionale con cui essi si sono formati e la loro origine nel mondo giudaico. Questo volume, risultato di un accurato lavoro di scavo filologico, copre un tassello particolarmente significativo quale è il Vangelo di Marco, concentrandosi sul contesto storico-culturale da cui proviene, quello dell'età del Secondo Tempio, e facendo emergere la forza dell'insegnamento di Gesù rispetto alle prime comunità di seguaci. In tale prospettiva il Vangelo di Marco diventa un osservatorio privilegiato per ricostruire la figura del Gesù storico, proprio perché appare come il frutto di una tradizione orale più che di un autore, tanto da potersi considerare "scritto da Gesù stesso". Di qui si evince poi una categoria-chiave del giudaismo e del cristianesimo - l'impuro - che, ricorrendo con sfumature diverse nei vangeli, racchiude significati che confluiranno nella teologia successiva e nella dottrina cristiana. Il tema dell'impurità viene esaminato in alcuni episodi della vita di Gesù: il battesimo di Giovanni Battista, Gesù nel deserto, i miracoli e le guarigioni, le parole di Gesù nelle quali si scorge l'abisso tra interpretazione umana e legge di Dio. L'impuro non è in sé negativo, non è sinonimo di peccato, ma va letto nella dialettica intrinseca con il puro: la poliedricità con cui si presenta nella Bibbia (sul versante fisico e dello spirito)...
La lettera ai Romani echeggia il Vangelo annunciato da Paolo, il contenuto essenziale della sua predicazione. Essa rappresenta una delle meditazioni più significative e profonde dell'opera di Dio compiuta in Gesù. Leggendola abbiamo la possibilità di conoscere meglio il volto di Dio già rilevato nella prima Alleanza e che si manifesta in pienezza nella persona di Gesù.
Negli ultimi anni allo schema tradizionale che faceva della storia del primo cristianesimo un processo lineare ed inequivocabile, fondato su un suo sviluppo regolare e quasi necessario, si è sostituita l’esigenza di guardare a tale sviluppo come ad un processo complesso, di cui aspetto fondamentale è la coesistenza di forme e modalità diverse di conservare, rielaborare e tramandare la memoria di Gesù. La convinzione che il Vangelo, inteso quale forma letteraria, fosse l’esito naturale al finire della prima generazione dei seguaci di Gesù ha rappresentato per lungo tempo il presupposto ermeneutico attraverso cui leggere l’intera storia delle tradizioni su Gesù. Tale esito non solo non è dato sin dalle origini, ma trascura – se non addirittura cancella – la dimensione prevalentemente orale della storia del primo cristianesimo. È in un quadro completamente nuovo che deve porsi la nascita del vangelo e il confronto con altre coesistenti tradizioni su Gesù.
Il libro si interroga su quello che accadde prima che emergesse in via esclusiva l’opzione scritturistica e si affermasse la forma-Vangelo, facendo luce sulle modalità, in cui nella prima storia cristiana furono trasmessi gli insegnamenti, le parole e le azioni di Gesù, sul Sitz im Leben delle diverse tradizioni e sul dibattito che intorno ad esse andò sviluppandosi.
"La prima lettera ai Corinti era cara al cardinal Martini, che certamente l'aveva amata perché rivelava un volto dell'Apostolo spesso tenuto in penombra: ben lontano dal pastore appassionato, ben lontano dallo stereotipo dell'intellettuale e del teologo astratto e distaccato che gli era stato imposto da molti. Questo testo paolino presenta la vastità dei problemi che pervadono l'esistere cristiano non solo di allora ma di ogni epoca, fino ai nostri giorni. È perciò interessante seguire l'itinerario che propone il cardinal Martini, perché egli seleziona alcuni nodi capaci di riflessi attuali nella nostra contemporaneità; primo fra tutti, una certa disillusione, l'elemento che riesce a spiegare appieno il titolo scelto dal cardinale. Un itinerario, quello proposto da Martini, che riflette non solo la sua fede ma anche la sua anima di pastore, la sua sensibilità per la Parola di Dio nelle sue molteplici iridescenze, ma anche la sua profonda umanità e la sua sintonia con la cultura e la società contemporanea." (dalla prefazione del card. Gianfranco Ravasi)
Nell'anno 326, secondo un'antichissima tradizione, Elena, madre di Costantino, scopre a Gerusalemme il legno della Croce. Quel 'legno' può, secondo l'imperatrice, ribadire il passaggio fisico di Cristo sulla terra e rendere più salda la fede della comunità dei cristiani, lacerata da divisioni interne. Per sollevare gli animi e stringere i fedeli attorno alla loro storia comune, Elena fa costruire un'imponente basilica sul Golgota, il 'Martyrium', emblema della passione di Cristo. Ma un luogo non è abbastanza. La basilica non può restare un guscio vuoto, bisogna dotarla di un cuore vivo, una reliquia. I Vangeli, però, lo dicono con chiarezza: non è possibile cercare il corpo di Gesù, i cristiani sono destinati ad adorare un sepolcro vuoto. La Croce, allora, può diventare il miglior surrogato di quel corpo. Quel legno intriso prima dal suo sudore, durante l'ascesa al monte Calvario, e poi dal suo sangue, durante le lunghe ore dell'agonia, può cambiare di segno e da patibolo diventare il fondamento della fede cristiana. L'imperatrice cerca, scava e infine trova: da quel momento la reliquia diviene l'emblema della Gerusalemme cristiana e la protagonista di una complessa serie di vicende, sempre al confine tra storia e leggenda, tra realtà e immaginazione.
Il Lessico concordanziale del Nuovo Testamento siriaco è la raccolta in un unico volume di tutte le forme del NT siriaco per la prima volta pienamente vocalizzate. Le voci vengono distribuite in ordine alfabetico e secondo categorie grammaticali. Il Dizionario ha così un carattere fonologico (guida alla pronuncia) e morfologico (guida al riconoscimento delle forme, in particolare verbali). È inoltre un lessico propedeutico poiché aiuta a familiarizzare progressivamente il lettore con le forme. A motivo delle sue caratteristiche è un utile strumento per chiunque desideri fare una ricerca di tipo grammaticale, oltre che lessicale, sul NT siriaco. Il volume, già pubblicato a Gerusalemme nel 2004, non era mai stato distribuito in Italia. Questa edizione si è resa necessaria perché l'opera, completamente esaurita a Gerusalemme, è ancora richiesto da studenti e cultori della materia.
Gli Scritti giovannei e Lettere Cattoliche spiccano nel panorama neotestamentario come esempio della ricca diversità della testimonianza a Gesù, della memoria di lui e della comprensione della sua persona e del suo significato storico-salvifico nel cristianesimo delle origini. In questo volume l'autrice offre alcune chiavi di lettura che valorizzano la peculiarità di questi scritti come testimonianza originale e diversa - accanto e di fronte a quella dei vangeli sinottici e degli scritti paolini - dell'autocoscienza ecclesiale delle comunità delle origini maggiormente segnate dal rapporto col giudaismo. Uno strumento informato e aggiornato, a tratti anche appassionato, per chiunque voglia scoprire e approfondire scritti del Nuovo Testamento che, proprio in forza della loro matrice e permanente struttura giudaica, dicono qualcosa di specifico del Dio di Gesù Cristo, della fede in lui e della chiesa.
A ragione la lettera ai Romani è considerata uno degli scritti più importanti delle origini cristiane, punto di riferimento continuo della teologia fino ai nostri giorni. Basti pensare al ruolo che questa lettera ebbe nella conversione e nella riflessione di Agostino d'Ippona, oppure nell'ispirazione della riforma protestante di Lutero, o ancora nel superamento della teologia liberale avvenuto con il commento che ne fece Karl Barth (1922). Di fatto è lo scritto paolino più lungo, quasi certamente l'ultimo composto dall'apostolo e, anche se presenta alcuni temi rintracciabili in altre lettere (specialmente Galati), il tono è in qualche modo diverso dalle altre. Tra tutte è la meno legata a circostanze concrete della comunità a cui si rivolge, e ciò, almeno in parte, è dovuto al fatto che Paolo non ne era stato il fondatore e che al momento in cui scrive non l'aveva ancora visitata; forse proprio per questo, mentre emergono meno le questioni contingenti, risulta essere la più "pensata" e quindi strutturata secondo un disegno ben preciso, per cui alla fine si rivela come una sintesi particolarmente riuscita, anche se non completa, della teologia dell'apostolo, o per lo meno della sua ermeneutica del Vangelo.
Edizioni San Paolo presenta "Vita consacrata", una serie di dodici volumetti curati dall'istituto di teologia della vita consacrata di Roma (Claretianum). La collana, che conta tra i suoi autori S.M. Sessa, R. Volo, M. Augé, G. Paris, G. Lanithottam... toccherà tutti i principali temi teologici legati alla vita consecrata, dalla dimensione biblica, a quella ecclesiale, formativa, psicologica, spirituale. Nel primo volume, ad opera del curatore della serie, Ricardo Volo, si affronta il rapporto tra vita consacrata e Sacra Scrittura, in particolare il Nuovo Testamento. L'origine carismatica e lo sviluppo storico della vita consacrata non si spiegano senza una relazione profonda e permanente con la lettura orante delle pagine sacre. Essa, infatti, non potrebbe capirsi senza un riferimento intimo e costante alla figura di Gesù, così come questa è testimoniata in modo speciale dalla Sacra Scrittura. Le donne e gli uomini che nel corso dei secoli hanno via via fondato e stabilito nuove forme di vita consacrata nella Chiesa aprendo strade carismatiche di esistenza evangelica hanno avvertito, senza eccezioni, la voce di Dio che parlava loro attraverso le Scritture, e si sono sentiti spinti proprio dalla "parola di Dio in quanto consegnata per iscritto dello Spirito divino" (Dei Verbum, n. 9). Quegli uomini e quelle donne incontrarono Gesù e furono da lui trasformati in modo particolarmente originale, grazie alla lettura del Vangelo cui si abbandonarono.