
«Il sentimento dell'amicizia è certamente uno fra i più forti e, nel contempo, misteriosi istinti dell'uomo (...). Siamo di fronte a una passione che, più intensamente di ogni altra, non trovando risposta al proprio desiderio nella concretezza di ciò che è effimero, punta direttamente all'eterno come al luogo della propria pace (...). Quando, nel Vangelo, leggiamo che Gesù, (...) in quell'orto, fu costretto a rivolgere, proprio a coloro dai quali aveva sperato conforto, un rimprovero carico d'agonia (Come? Non siete capaci di vegliare neppure un'ora?); e quando egli salutò, ancora una volta, e fu l'ultima (Mt 26,50), colui che lo aveva tradito e usò per lui un nome sacro (Amico, perché sei venuto?), allora riusciamo a capire ciò che per il Signore ha la massima importanza. Se c'è una cosa che non lascia dubbi nel Vangelo è proprio questa: Gesù Cristo desidera essere nostro amico.» (Robert Hugh Benson)
I personaggi: Maria e Giuseppe
Maria e Giuseppe: Una coppia tra Davide e Gesù (pag. 4)
Dionisio Candido
Le vocazioni di Giuseppe e Maria: Mt 1,18-25 e LC 1,26-38 (pag. 10)
Guido Benzi
Maria e Giuseppe nella rete delle relazioni (pag. 17)
Benedetta Rossi
I volti di Maria nel Nuovo Testamento (pag. 24)
Annalisa Guida
Maria e Giuseppe dopo la Bibbia. Tappe di una storia degli effetti (pag. 31)
Dionisio Candido
Sulla soglia, con coraggio e con cura: Le figure di Maria e Giuseppe (pag. 37)
Annalisa Guida
Maria e Giuseppe: Una famiglia in discernimento (pag. 43)
Valentino Bulgarelli
Rubriche Per saperne di più
Chi ascolta la Parola, genera il Cristo (pag. 49)
Marcello Panzanini
Men at work
Genitori (pag. 51)
Valeria Poletti
Apostolato biblico
L’Apostolato biblico nella diocesi di Padova (pag. 53)
Andrea Albertin
La Bibbia nella riforma
Authorized Version o King James Version (anno 1611) (pag. 54)
Mara La Posta
Vetrina biblica
Recensioni (pag. 57)
Arte
La Madre non ci abbandona mai. La Madonna del parto di Piero della Francesca (pag. 59)
Marcello Panzanini
Inserto staccabile La Bibbia a scuola
La Bibbia come paradigma culturale/1
Marco Tibaldi
Ormai quasi al termine del suo ministero apostolico, Paolo si trova a Roma, la sua vita sembra giungere alla fine ed è convinto di non aver ancora raggiunto la perfezione verso la quale è proteso come un atleta. La mèta finale della sua esistenza, e di quella dei credenti, si trova lassù, nei cieli, dove e quando tutto sarà «trasformato». Per questo motivo l'Apostolo può essere considerato un «atleta incatenato» che lotta con e per il Vangelo, al fine di diventare un «campione celeste» e ottenere il «premio celeste». Il linguaggio agonistico sportivo e quello escatologico mostrano come nell'orizzonte del pensiero escatologico paolino l'intreccio delle varie dimensioni (temporale/spaziale, individuale/collettiva e statica/dinamica) faccia affiorare un quadro del tutto particolare nella corrispondenza con i Filippesi. Il linguaggio dell'Apostolo in rapporto all'escatologia risulta ricco, complesso e variato e come tale non presenta un'unica prospettiva o dimensione escatologica, ma cerca sempre il modo migliore per esprimere ai suoi destinatari il mistero della vita in Cristo. I cambiamenti linguistici fanno percepire un'evoluzione nella comprensione di Paolo in relazione a ciò che riguarda le cose ultime. In altre parole, l'orizzonte escatologico della Lettera ai Filippesi non esprime tanto una concezione nuova degli «éschata» (presenti altrove nell'epistolario paolino), quanto il modo nuovo con cui l'Apostolo riesce a parlare in forma «dicibile» delle cose «indicibili».
Con il terzo tomo si conclude quello che a tutti gli effetti può considerarsi un nuovo tipo di commento e uno strumento inedito: la lettura continua dei vari testi in cui il Nuovo Testamento si rifà all'Antico e al tempo stesso ne viene illuminato. Se il nuovo interpreta l'antico, anche l'antico interpreta il nuovo - la Scrittura interpreta la Scrittura -, e per questo è della più grande importanza esaminare la peculiarità del contesto neotestamentario in cui l'Antico Testamento è ripreso, sullo sfondo dell'uso o degli usi che di questo si faceva nel giudaismo del secondo tempio. Se gli scrittori neotestamentari si richiamano all'Antico Testamento servendosi delle medesime tecniche esegetiche e sulla base degli stessi presupposti ermeneutici del tempo, donde viene la novità teologica del testo neotestamentario? Il terzo volume commenta le lettere ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi, le lettere Pastorali, agli Ebrei, di Giacomo, di Pietro e di Giovanni, di Giuda e l'Apocalisse di Giovanni. Chiudono il volume indici dei passi citati - non soltanto biblici -, che concorrono a rendere l'opera ancor più fruibile a una lettura approfondita del testo biblico.
Chi era Paolo veramente? Che cosa pensava del Nazareno e dei suoi seguaci? Che ruolo ha avuto nella chiesa nascente? E la sua vicenda – rispecchiata soprattutto nei suoi scritti – può dire qualcosa anche a noi cristiani e non, uomini e donne del XXI secolo cercatori di verità? L’intento di questo scritto è quello di cercare di rispondere a tali domande fornendo le nozioni basilari, le coordinate indispensabili per introdursi nel mondo di Paolo, l’apostolo delle genti, soprattutto facendo emergere le linee portanti del suo pensiero e della sua spiritualità.
Giuseppe Pulcinelli è docente di S.Scrittura nell’Università Lateranense, inoltre insegna materie bibliche nell’Università Gregoriana e nell’Università di Urbino. Ha pubblicato tra l’altro La morte di Gesù come espiazione. La concezione paolina (San Paolo 2007), e un commento alla Lettera ai Romani (San Paolo 2014). Fa parte dell’équipe dei formatori dei candidati al presbiterato per la diocesi di Roma.
L'opera propone un confronto tra la prospettiva etica tracciata da Gesù nel celebre esordio del Discorso della montagna (Mt 5,1-12) e il paradigma della vulnerabilità elaborato dalla psichiatria e dalla filosofia a indirizzo fenomenologico. L'obiettivo è quello di delineare un itinerario etico e antropologico condivisibile, partendo da metafore della persona che la restituiscano alla sua verità e integrità.
Paura e consolazione sono i poli emotivi più caratteristici dell'intera letteratura apocalittica. Non a caso il genere nasce nei momenti storici di maggiore smarrimento, come la persecuzione con la quale il potente di turno cerca di negare l'identità religiosa, culturale ed etnica di una comunità attraverso il terrore e la paura. Al tempo stesso, l'Apocalisse è parola di speranza: svelamento e rivelazione di un esito positivo, che Dio garantisce alla comunità credente dopo la tribolazione. Ed è rivelazione di un futuro garantito da Dio, oltre gli uomini, visione di cieli aperti nei quali l'attesa umana diventa nuova creazione. Nella sua decennale collaborazione al periodico Parola Spirito e Vita, il biblista Giancarlo Biguzzi ha fatto emergere i sentimenti che operano all'interno del testo o rimbalzano come reazione nel lettore, offrendo un'originale chiave interpretativa a uno dei testi più enigmatici del Nuovo Testamento.
C'è corrispondenza tra la fede "post-pasquale", che si consoliderà prima nei vangeli e poi nei grandi concili della chiesa, e quanto le fonti documentarie ci dicono del Gesù che visse duemila anni fa in Palestina? Gli evangelisti sono degli "storici", oppure gli "inventori" e "creatori" della storia di Gesù? E allora i cristiani sono ingenui sognatori, che si accontentano di favole e di leggende costruite in un passato lontano? Su queste e altre domande è passata una lunga storia di ricerche arrivata ormai a conclusioni probanti, tanto che, oggi, è possibile tracciare un quadro piuttosto ampio e sicuro dell'autentica vicenda storica di Gesù di Nazaret. Il volume ripercorre i sentieri e i risultati di questa ricerca, dagli "anni nascosti" di Gesù all'inizio della sua missione, dal suo insegnamento morale alla "dottrina nuova" (Mc 1,27), dal processo e dalla morte in croce al cambiamento radicale e repentino dei discepoli la mattina del "primo giorno dopo il sabato", fino a spingersi a esplorare il tema dell'autocoscienza del maestro di Galilea. Un'appendice pone a confronto, infine, la figura di Gesù e il pensiero di Paolo di Tarso.
Dopo i volumi sui vizi capitali (2013), le opere di misericordia (2014), i doni dello Spirito Santo (2015), le beatitudini (2016) che raccolgono la singolare e felice esperienza delle prediche al «Festival dei Due Mondi» di Spoleto ecco il quinto sulle parabole. Ogni parabola di Gesù è una risposta in forma di racconto. Chi non conosce le più significative: il padre misericordioso, il buon samaritano, la pecorella smarrita, la dramma perduta, il fariseo e il pubblicano, il seminatore, il giudice iniquo e la vedova importuna e... i frutti dell'albero (Lc 6-39-45). Quante volte le abbiamo ascoltate e ogni volta esse ci aprono a una comprensione rinnovata e più profonda della nostra vita. La Parola di Dio contiene sempre delle sorprese, come dice Gregorio Magno: «La Bibbia cresce con chi la legge». In fondo è l'esperienza che può fare ognuno di noi quando si dedica alla meditazione della Sacra Scrittura.
Questo libro affronta un tema che ancora oggi risulta scottante: possiamo fidarci dei documenti del Nuovo Testamento?
Questo piccolo libro, scritto verso la metà del XX secolo continua a essere l’introduzione più accurata ai problemi e alle certezze relative al Nuovo Testamento.
Scrivere un commento a un vangelo non è certo un'opera originale: ce ne sono di tutti i gusti, di tutte le taglie e di tutti i prezzi. Quelli davvero buoni spesso sono anche assai voluminosi. Ma chi ha il tempo di leggerli? Da qui l'idea di provare a concentrare l'ampiezza di vedute dei grandi commentari su Matteo in un libro di proporzioni modeste che evitasse le discussioni degli specialisti ma offrisse i risultati a cui sono giunti. Cioè offrire la polpa e non la buccia o i semi delle discussioni. Queste pagine si propongono di accompagnare il lettore all'approfondimento del vangelo di Matteo, avanzando delle questioni e suggerendo delle risposte. Un testo, infatti, ci apre le sue ricchezze solo se siamo in grado di fare delle buone domande e la Bibbia non fa eccezione.