Religione della razza e cristianesimo non sono conciliabili mentre affidarsi al Reich è precipitare in un abisso. Sono queste le convinzioni che hanno spinto mons. Celestino Endrici, arcivescovo di Trento (1904-1940), a sviluppare per il suo popolo una vasta azione contro il nazismo. Lo evidenziano cinquanta documenti inediti e altri poco conosciuti che, riportati in questo libro, rilanciano un messaggio ancora oggi attuale. Presentazione di Giorgio Postal.
Il volume si apre con il lungo ritratto dedicato alla vocazione e alla missione di san Paolo, l'Apostolo delle genti. L'autore si sofferma poi sull'immensa «opera contemplativa» compiuta da santa Giovanna Francesca di Chantal, nella Francia lacerata dalle guerre di religione. Delinea due profili di «santi della carità» (il veronese san Giovanni Calabria e il tedesco-russo servo di Dio Friedrich Joseph Haass), diversissimi tra loro ma accesi dalla stessa passione per l'ecumenismo della misericordia e della santità. Racconta due appassionanti e gloriose vicende di martirio, una nella Germania nazista (il beato Franz Jägerstätter) e una nel Vietnam comunista (il servo di Dio E-X. Nguyen Van Thuan): un giovane padre di famiglia e un vescovo, segnati dalla stessa irremovibile dedizione a Cristo e alla sua Chiesa. E «sorprende» col lungo ritratto di una «venerabile» di sei anni e mezzo: la piccola Nennolina (Antonietta Meo), che si abbracciò alla Croce di Gesù così intimamente e con tanto cuore da maturare anche nell'intelligenza della fede: una «prodigiosa esistenza teologica», realizzata da quel Padre celeste che «si compiace di rivelarsi ai piccoli». Infine ci restituisce il volto luminoso di Giovanni Paolo I, il Papa chiamato a mostrare, sia pure fugacemente, la dolcezza del cuore della Chiesa, quando ella si sofferma sul suo compito originario, quello di essere madre ed educatrice dell'umanità. In soli trentatré giorni di pontificato, papa Luciani ci ha mostrato il sorriso della santità: la santità che sorride e il sorriso che ci fa santi.
La diffusione del cristianesimo nel mondo greco-romano produce una vera e propria rivoluzione nel modo di pensare e nella prassi politica.
L’organizzazione imperiale rispecchia il carattere immanente della spiritualità classica e si propone come ordine definitivo destinato a durare per l’eternità. Tuttavia, tale carattere viene contraddetto dalla crisi del tardo impero e Costantino si avvale del cristianesimo per conservare l’ordine sociale. Proprio il fallimento di questo tentativo suggerisce l’inchiesta sul significato politico del messaggio cristiano. La risposta va cercata nell'opera dei padri postniceni, soprattutto in Agostino: la città terrena può solo trovare una propria giustificazione provvisoria in funzione della città di Dio. La base di tale rivoluzione sta nella rivelazione del logos di Cristo, che si sostituisce come fondamento ai valori della polis greco-romana.
Il Sessantotto fu certamente una festa, un anno multicolore, come i vestiti indossati dai ragazzi e dalle ragazze che nelle scuole superiori abbandonarono cravatte e grembiuli, e come le appartenenze che nelle università si mescolarono e si confusero allo stesso modo di striscioni e bandiere. Fu un anno sfacciato e divertente, ma anche acidamente irriverente, un anno irrispettoso come le scritte sui muri e gli slogan dei cortei. Molti giovani provenienti dalle parrocchie e dalle associazioni cattoliche si immersero come i loro coetanei in quella marea inaspettata, vivendo un'esperienza di liberazione e di autonomia, di impegno totalizzante e di soggettività creativa. I saggi raccolti in questo libro ricostruiscono in modo originale e documentato il ruolo dei cattolici europei nelle contestazioni studentesche. Il volume si inserisce così nel dibattito pubblico sul Sessantotto, chiarendo le scelte dei cattolici che parteciparono alle manifestazioni e le reazioni degli ambienti politici ed ecclesiastici di fronte all'imprevista ondata di proteste.
Con il Convegno del 25 ottobre 2018, svoltosi a Roma, al palazzo della Cancelleria, e di cui si pubblicano oggi gli Atti, si è voluta onorare la memoria di una grande personalità ecclesiastica, il Cardinale Attilio Nicora, scomparso il 22 aprile 2017. Attilio Nicora ha ricoperto importanti incarichi nella chiesa ed è stato protagonista della riforma dei rapporti tra stato e chiesa in italia. Nato a Varese il 16 marzo 1937, è Vescovo Ausiliare di Milano dal 16 aprile 1977. Nel febbraio 1984 è nominato Co-presidente della Commissione paritetica italo-vaticana incaricata di predisporre la normativa bilaterale sui beni ed enti ecclesiastici, e gli impegni finanziari dello Stato nei confronti della Chiesa; da allora, per decenni, è incaricato dalla CEI di sovrintendere all'attuazione degli Accordi di revisione concordataria. Dal 1992 al 1997 è arcivescovo di Verona, e nel 2002 è nominato Cardinale, poi Presidente dell'amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Nel 2011 è Presidente dell'Autorità di informazione Finanziaria (A.I.F.), e dal 2007 è Presidente del Consiglio di Amministrazione della LUMSA. Il Convegno, organizzato per impulso dei Proff. Francesco Bonini e Giuseppe Dalla Torre della LUMSA, e del Prof. Carlo Cardia, di Roma TRE, ripercorre l'impegno di Attilio Nicora nei suoi diversi incarichi, di Vescovo, Cardinale, negoziatore dei rapporti tra Stato e Chiesa, ma riveste anche un altro, importante, significato. Esso riflette l'affetto grande, la gratitudine profonda, che tantissime persone, dentro e fuori la Chiesa, all'interno o attorno alle istituzioni civili, hanno sentito e provano tuttora per averlo conosciuto, condiviso con lui lunghi e decisivi segmenti di vita, personale e istituzionale, per aver ricevuto e assaporato con lui insegnamenti, valori alti, virtù preziose, che non si potranno mai dimenticare. La dimensione etica e spirituale di Nicora è indissociabile dalla sua più profonda identità, e imprescindibile per chiunque voglia conoscere la sua opera, apprezzare l'eredità che ha lasciato. ciascun relatore, i Proff. Carlo Cardia, Giuseppe Dalla Torre, S. E. Mons. Mario Delpini, i Cardinali Giuseppe Betori e Pietro Parolin delineano i tratti più salienti della personalità di Attilio Nicora quali emergono nei suoi diversi impegni di attività e di ministero. E tutti sottolineano la preziosità, e raffinatezza, del suo ruolo di negoziatore per le nuove relazioni ecclesiastiche dell'italia nel secondo Novecento, e del contributo istituzionale e culturale recato alla storia italiana moderna e costituzionale. Si è aggiunta, agli Atti del Convegno, una Appendice di scritti di Attilio Nicora, sia per proseguire nella ricognizione e raccolta delle sue opere, sia per delineare le tematiche nazionali e internazionali ch'egli ha affrontato nel mondo cattolico, dell'associazionismo, dell'Università, a livello istituzionale. Una menzione particolare meritano gli scritti sui due temi che prediligeva, della carità e della laicità.
"All'inizio ci sono i peregrini, i crucesignati diretti a Gerusalemme, che recano cucita o ricamata sulla spalla o sul petto, oppure sulla bisaccia, una croce. Iter e peregrinatio: la crociata nasce come pellegrinaggio armato diretto verso Gerusalemme. Ai tempi della prima crociata, l’intento di liberare dall’occupazione musulmana le terre in cui era nato Gesù si accompagnò certo a un grande fervore spirituale, ma vi furono anche altri fattori decisivi: la possibilità, per le repubbliche marinare, di conquistare il controllo di rotte e porti strategici; per il papato, l’occasione di aumentare il proprio prestigio a scapito dell’Impero; per i sovrani laici, la possibilità di convogliare nella crociata masse insofferenti e vassalli riottosi; il desiderio di avventura, molto sentito nella società feudale, e il richiamo delle ricchezze dell’Oriente. Un potente affresco che tesse, in un’unica narrazione, una storia lunga della crociata che giunge fino ai giorni nostri."
I quattro volumi de La Questione Caldea e Assira, curati dal Padre Georges-Henri Ruyssen SJ, docente presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma, rendono finalmente fruibili i documenti sinora inediti, provenienti dagli Archivi Vaticani, sulla persecuzione dei cristiani caldei e assiri in Medio Oriente. Si tratta nello specifico di documenti redatti dalle autorità ecclesiastiche sulla sorte di queste comunità durante la prima parte del XX secolo, all’interno di eventi che coinvolgono l’Impero ottomano, la Persia, nonché paesi come Turchia, Siria, Iraq e Iran, così come si verranno a costituire subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.
Quest’opera, nel suo aspetto storico e documentale, contribuisce a comprendere con maggior precisione, tra passato e presente, la complessità dell’area mediorentale. Nell’introduzione l’Autore afferma: “Il valore di questa raccolta dei documenti d’archivio consiste nello scoprire il modo in cui questi eventi, purtroppo non sempre bene conosciuti dagli storici,
venivano riferiti, interpretati e vissuti dalla Chiesa cattolica e dalla sua gerarchia, che non perseguiva i medesimi interessi politici delle potenze europee del momento. È per questo che ci auguriamo che i volumi, che riportano nella maggior parte documenti inediti, possano rappresentare un prezioso complemento per lo studio sereno della questione caldea e
assira nell'arco di trent'anni, cioè dal 1908 al 1938”.
La persecuzione dei cristiani e la loro conseguente emigrazione hanno una lunga storia, iniziata ben prima del XX secolo e segnata da eventi di natura diversa: le vessazioni da parte delle autorità pubbliche, le discriminazioni sociali, i colpi di stato, le politiche del fondamentalismo musulmano, il terrorismo e le guerre nel Medio Oriente; un vasto territorio che ancora oggi è teatro di sanguinosi conflitti che spingono molti cristiani ad abbandonare i loro paesi d’origine perché nessun futuro, in questi luoghi, sembra ormai possibile.
Nel giugno 1970 un quartetto di teologi incaricati dal patriarcato di Costantinopoli e dal papa di Roma completava la stesura di un rapporto sulla possibile concelebrazione eucaristica fra Athenagoras e Paolo VI. Quella liturgia era l'atto che avrebbe trasformato la levata delle scomuniche fra Roma e Costantinopoli, sancita negli ultimi giorni del concilio Vaticano II, in una comunione piena ed effettiva. L'argomento offerto al termine di una lunga serie di contatti - che videro attivi padre Duprey, monsignor Willebrands, il metropolita Meliton e i due stessi titolari dei troni di Pietro e di Andrea - era lineare: se fra le due chiese non c'è sufficiente unità di fede, allora la condivisione del calice sarebbe un atto spericolato, ma se fra le due chiese c'è unità di fede, allora non comunicare alla stessa mensa sarebbe un peccato. Quell'atto, che il vecchio patriarca Athenagoras sognava, sarebbe sfumato: cautele, timori, contraccolpi ne fecero sospendere la preparazione; e alla fine, con la sua morte, tutto svanì, lasciando traccia solo in una serie di documenti della fine degli anni Sessanta, inediti nella loro interezza e poco compresi nella loro portata: emergendo dal chiuso degli archivi illuminano il momento drammatico in cui per i capi delle chiese il sogno trainante dell'unità visibile è diventato il pezzo di una diplomazia religiosa.
«La figura di Pier Giorgio ci è scudo contro una delle più forti e sottili tentazioni che attentino alla vita spirituale; [...] o essere moderni o esse- re cristiani: Le due concezioni si escludono! Come essere quindi ancora cristiani? [...] Pier Giorgio risponde con la sua vita» (G. B. Montini - Paolo VI, 1932). «Cercate di conoscerlo [...]. Anch'io nella mia giovinezza, ho sentito il benefico influsso del suo esempio e, da studente, sono rimasto impressionato dalla forza della sua testimonianza cristiana» (Giovanni Paolo II, 1989). «Vi invito a leggere una sua biografa [...] un ragazzo affascinato dalla bellezza del Vangelo delle Beatitudini, che sperimenta tutta la gioia di essere amico di Cristo, di seguirlo, di sentirsi in modo vivo parte della Chiesa» (Benedetto XVI, 2012). «Vi sfido: dite no a una cultura che non vi ritiene forti, che vi ritiene incapaci di affrontare le grandi sfide della vostra vita. Pensate in grande! Il beato Pier Giorgio Frassati affermava: "Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità, non è vivere, ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma Vivere"» (Francesco, 2014).
Una toccante testimonianza di un sopravvissuto allo scoppio della bomba atomica su Nagasaki, il dottor Takashi Nagai, battezzato con il nome di Paolo dopo la sua conversione al cristianesimo. Nonostante la perdita della moglie, uccisa dall’esplosione della bomba e la scoperta di avere pochi anni di vita a causa di una leucemia Nagai, non smise di assistere i suoi pazienti. Questo è il suo testamento spirituale indirizzato ai figli Makoto e Kayano perché si sentissero meno soli e potessero avere una guida e un riferimento morale dopo la sua scomparsa. Con un linguaggio colmo di affetto e tenerezza, il dottor Nagai testimonia la sua fede in Dio, mai venuta meno di fronte ai tragici fatti che hanno sopraffatto la sua vita, e trasmette valori come l’umanità, la solidarietà e il rispetto verso il prossimo.