Il racconto dell'arrivo delle prime Suore del Cottolengo in terra africana e della creazione delle prime missioni in Kenya (1903-1925): la descrizione vivida di un'esperienza di testimonianza del Vangelo in condizioni spesso estreme, pagando prezzi umanamente assai salati, servendo con dedizione i più poveri tra i poveri. E poi, dopo quasi cinquant'anni, il ritorno (1972) e l'arrivo anche in Tanzania ed Etiopia: condizioni diverse, ma uguale l'entusiasmo di comunicare il messaggio di salvezza attraverso il servizio, nello spirito del fondatore, san Giuseppe Benedetto Cottolengo. Il libro offre così anche un affresco di come sia cambiata la presenza missionaria e di quanto sia cresciuta l'attenzione verso il Sud del mondo.
A cura di Lorenzo Maffei I mutamenti sociali ed ecclesiali della seconda metà del Novecento, e poco oltre, visti con gli occhi di Maria Eletta Martini, un’esponente di spicco del cattolicesimo democratico italiano, che abbracciò le tesi di Aldo Moro. In questa raccolta di tutti gli articoli della Martini pubblicati dal 1946 al 2006 sulla rivista cattolica lucchese «Regnum Christi», vari i temi: la Chiesa prima e dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, con attenzione al ruolo dei laici. Le lotte su divorzio e aborto, il Diritto di Famiglia, la bioetica, il volontariato, le vicende internazionali, la pace. Nel volume anche l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in ricordo della Martini, tenuto a Lucca il 3 marzo 2017.
Quella di Giovanni Morone è una storia paradossale. Legato papale sia nella prima fallita convocazione del concilio di Trento negli anni 1542-43 sia nell'ultima del 1562-63, quando il maggior storico moderno di quel sinodo, Hubert Jedin, gli attribuí il merito di averlo salvato dal fallimento cui sembrava ormai essere destinato. Tra quelle due convocazioni, tuttavia, egli fu oggetto di gravi accuse di eresia, sfociate nel processo inquisitoriale preparato per anni in segreto da Gian Pietro Carafa e formalizzato nel giugno del '55, all'indomani della sua elezione papale. Un processo reso pubblico due anni dopo con il clamoroso arresto di «cosí gran cardinale, [] in voce certa di esser papa», come ebbe a dire Enrico II di Francia. Solo la morte del pontefice inquisitore consentí al Morone di sfuggire alla condanna. E solo l'appoggio del re di Spagna Filippo II gli permise di uscire da Castel Sant'Angelo dopo 27 mesi di prigionia e di partecipare al conclave di Pio IV, suo amico e concittadino, che poche settimane dopo, ai primi di marzo del 1560, ne pronunciò l'assoluzione. Il paradosso di quel porporato illustre, il cui profilo storico e storiografico trascolora di volta in volta nell'immagine dell'eretico o del «baluardo della fede cattolica», sarebbe durato anche negli anni seguenti, come dimostra la ripresa del processo preparata (anche se mai attuata) da un altro papa inquisitore quale Pio V. Questo libro ricostruisce finalmente un profilo chiaro e coerente di una figura storica di straordinario spessore.
Contenuto
Nell’enciclica "Laudato si’" di papa Francesco è in primo piano il Cantico di frate Sole di san Francesco, ma a questo viene affiancato un esteso riferimento al Cantico spirituale di san Giovanni della Croce. Seguendo questo indizio, si esamina la sensibilità verso il creato dei due santi facendo tesoro in particolare di uno dei più grandi insegnamenti lasciatici dal padre del Carmelo riformato, «la conoscenza delle creature tramite Dio»: conoscenza che si realizza nella relazione nuziale ed erotica tra Dio e la sua creatura, in un’ottica in cui il creato possa essere pienamente valorizzato. Questa visione equilibrata e innamorata del creato nel suo Creatore può costituire un fondamentale apporto alla «conversione ecologica» invocata da papa Francesco nella sua enciclica.
Destinatari
Tutti
Autore
Iacopo IADAROLA (1982), frate della Provincia veneta dell’Ordine dei carmelitani scalzi, è originario di Velletri (Rm). Laureato presso l’Università La Sapienza in lettere classiche e iscritto all’albo dei giornalisti, dopo una conversione adulta ha conseguito il baccellierato in teologia ed è attualmente specializzando in teologia spirituale presso la Facoltà teologica del Triveneto. Ha collaborato a varie testate quali «Rivista di Vita Spirituale», «Il Santo», La Stampa – Vatican insider, Aleteia.org, Carmeloveneto.it.
La raccolta degli Atti del VI Simposio della Penitenzieria Apostolica sul tema “Penitenza e Penitenzieria al tempo del giansenismo (secc. XVII-XVIII) Culture – Teologie – Prassi”. Sono presenti riflessioni sull’evoluzione storica, teologica e pastorale del sacramento della Penitenza nei secoli XVII e XVIII. Tale periodo è profondamente segnato dall’impronta delle controversie legate alle idee di Giansenio e dei suoi epigoni.
Il Graal è un viaggio alla scoperta della verità dell’Ultima Cena di Cristo, ma anche delle mille “ultime cene” degli uomini di ogni tempo, quelle in cui ci si gioca quanto di misterioso e di mistico attraversa le nostre esistenze. Un alone di mistero lo avvolge: esso è una coppa, un calice, spesso un vassoio che si dice abbia poteri taumaturgici e che guarisce come faceva Gesù stesso; un vaso che dispensa cibo nutrendo gli affamati; che rende fertili i campi inariditi; che mette in relazione con il divino chi lo adopera. E non solo: il Graal viene anche considerato essere la vera discendenza di Cristo, il suo sang real.
Partendo dagli innumerevoli racconti che lo riguardano, ma tornando sempre ai vangeli, Orazio Antoniazzi ripercorre il passato del calice di Cristo in un intreccio di storia e leggenda in cui la prima si fonde nell’altra.
L'autore affronta un argomento spinoso e difficile: il dialogo. E lo fa dal particolare angolo di vista della letteratura. Egli, spaziando tra epoche, culture e religioni individua, proprio nella letteratura, la capacità di unire le differenze e di ciò offre numerosi esempi.
In edizione economica, una traduzione del Cantico spirituale, capace di restituire la lingua immaginosa, metaforica e visiva del mistico-poeta. Considerato, insieme alla Notte oscura, tra le migliori poesie in lingua spagnola sia dal punto di vista formale e stilistico che per l'immaginazione e il simbolismo, il Cantico spirituale occupa un posto centrale tra le opere di Giovanni della Croce. Si tratta di un canto d'amore metaforico in cui la "sposa" (che rappresenta l'anima) ricerca lo "sposo" (che rappresenta Gesù Cristo), trovando la piena gioia dopo essersi riuniti. Si tratta di una sorta di libera versione in lingua spagnola del Cantico dei cantici in un'epoca in cui era proibito tradurre il testo della Bibbia in lingua volgare. La presente edizione, grazie alla traduzione di un linguista, si propone di restituire in modo originale la densità e la ricchezza del linguaggio mistico di Giovanni della Croce.
La prematura scomparsa di Antonio Menniti Ippolito – docente dell’Università di Cassino e importante collaboratore di questa casa editrice e dell’Istituto della Enciclopedia Italiana – ha duramente colpito tutto il mondo universitario e intellettuale che ne aveva condiviso gli interessi.
Questo volume intende dare conto del ruolo dell’amico e collega nello studio della storia moderna e in particolare nell’approfondimento dello sviluppo di Roma e delle principali città italiane nei secoli passati. A tale scopo i saggi qui raccolti disegnano i confini della ricerca e dell’insegnamento di Menniti Ippolito e provano a suggerire come sia possibile ampliarli, stimolando nuovi lavori sui temi a lui più cari. Non si tratta quindi soltanto di un doveroso e sentito omaggio, ma della perimetrazione di un settore assai importante della vicenda culturale e storiografica italiana.
Il volume riporta gli atti del Convegno di Pistoia (19-21 maggio 2017).
L'ormai consolidato flusso migratorio proveniente dai paesi islamici ha generato in Occidente una serie di problematiche legate alla convivenza. Nei rapporti con i musulmani, continuiamo a chiederci per quale ragione avanzino pretese che spesso sono in disaccordo con i nostri principi religiosi, etici e civili, mentre i notiziari ci martellano con notizie di attacchi contro chiese oppure contro chi non rispetta il nome del loro Profeta. Partendo dal presupposto che l'islam è il Corano e che solo partendo da quest'ultimo si può "leggere" la visione delle cose dei suoi fedeli, l'autore ripercorre la storia della convivenza tra cristiani e musulmani nei Paesi dove questi ultimi sono diventati maggioritari, da Maometto fino al XX secolo. Dallo stato di "protetti" (?imm?) in quanto seguaci di una religione del Libro, alla progressiva emarginazione, dall'occupazione di cariche di responsabilità nell'apparato statale alla quasi completa estromissione, fino alla sottoscrizione di veri e propri "contratti" tra le comunità cristiane e l'autorità islamica. Un libro per capire tanti episodi di attualità, frutto di studi approfonditi sul testo sacro islamico, la tradizione (sunnah) e le maggiori opere di autori musulmani e arabo-cristiani dell'epoca. Un'opera che fa luce sul passato per aiutarci a decifrare il presente.
In poche parole: La vita e l’opera del grande statista che contribuì a scavare un solco tra cattolici e protestanti e a fondare i moderni nazionalisti che hanno contribuito a distruggere l’Europa.
La fortuna nell’immaginario popolare del cardinale Richelieu è dovuta in gran parte al ritratto che ne fa Alexandre Dumas ne I tre moschettieri, presentandolo con un cinico e amorale doppiogiochista quasi in aperta concorrenza con il re Luigi XIII. In realtà, Richelieu fu uno dei grandi sostenitori dell’assolutismo monarchico e si adoperò per consolidare il potere del re contro tutti i localismi interni e i potentati esteri, non esitando a schierarsi dalla parte dei protestanti per accrescere il prestigio e le conquiste della Francia. Lo storico cattolico Hilaire Belloc traccia una biografia del personaggio individuando nel grande statista il fondatore dell’Europa moderna: a suo giudizio, Richelieu rese permanente la divisione tra la cultura cattolica e quella protestante e contribuì più di ogni altro a gettare i semi del nazionalismo aggressivo del XX secolo. Belloc rimpiange l’unità cattolica dell’Europa precedente alla “catastrofe del Cinquecento” e identifica nella Riforma la madre dei nazionalismi moderni, perché “alla distruzione di questa unità compiuta dalla Riforma successe (poiché gli uomini devono pur venerare qualcosa) un nuovo entusiasmo mistico: ciascuno si mise ad adorare il suo Paese natale”.