I saggi di questo volume sono come tessere di un mosaico, come erano le rappresentazioni del Tempio futuro all'epoca di Gesù. Come tessere di un mosaico è stato profetizzato il Tempio nuovo e la novità del Tempio. Come tessere di un mosaico e riconoscibile il compimento delle profezie del Tempio escatologico nella vita di Gesù, nelle sue opere e nelle sue parole, come sono state comprese e spiegate nelle prime comunità dei suoi discepoli, e come sono vissute ed attualizzate nel corso delle vicende della storia. Nei saggi raccolti nella prima parte sono trattate questioni relative all'atteggiamento di Gesù nei riguardi del Tempio di Gerusalemme, e questioni relative al significato escatologico del Tempio di Gerusalemme, soprattutto all'epoca di Gesù. Nei saggi raccolti nella seconda parte sono trattate ulteriori questioni relative ai significato del Tempio futuro ed escatologico, e sono presentate spiegazioni ed attualizzazionl di tali significati in alcune tradizioni del Nuovo Testamento. In tutte e due le parti sono presentati aspetti dell'identità messianica di Gesù. come essa puo essere capita nel contesto delle attese di un Tempio futuro ed escatologico Ira i gruppi religiosi giudaici del I secolo d.C.
"Questa esplorazione del Cantico è fatta di sentieri nel folto del bosco, colpi di sonda nell'oceano, aperture verso nuovi cammini. Una meditazione che si fa sorgente di vita." Bruno Forte
Questo libro è pensato come un commento biblico-teologico alla Costituzione dogmatica sulla rivelazione divina Dei Verbum, che viene ripercorsa e analizzata in modo sistematico, offrendosi quale valido strumento per la comprensione di un documento oggi quanto mai attuale.
Gli anni dello studio universitario sono stati per Innocenzo Cardellini una vera palestra per l'applicazione rigorosa del metodo storico-critico ai testi dell'Antico Testamento. Gli studi sulle antiche lingue semitiche, e quelle della Mesopotamia in particolare, gli hanno consentito di giungere a un fruttuoso confronto culturale tra le più antiche pagine della Bibbia e la documentazione scritta extra-biblica.Se uno degli ambiti di ricerca di Cardellini riguarda proprio i testi legislativi dell'Antico Testamento e il loro confronto con l'abbondante documentazione legale mesopotamica, un secondo filone è relativo alla normativa e alla prassi cultuale veterotestamentaria. L'analisi, che potrebbe a prima vista apparire arida ed enciclopedica, è in realtà orientata a ottenere una più profonda comprensione religiosa dei rituali prescritti nell'antico Israele. L'interesse di tipo storico-religioso, associato alla filologia e al metodo storico-critico, ha inoltre consentito a Cardellini di approfondire alcune istituzioni religiose del popolo d'Israele nel loro sviluppo storico e alla luce del confronto con forme similari presenti nei popoli mesopotamici.
Uno studio monografico sulla questione della cristologia angelomorfa dell'Apocalisse, considerata non come aspetto marginale della sua rappresentazione del Cristo, ma come chiave di lettura dell'intero libro nella sua forma definitiva.
Tra gli autori del Nuovo Testamento, Paolo è sicuramente colui che offre una riflessione più complessa e accurata della teologia della misericordia divina. La sua trattazione spazia dall'ambito personale, al motivo della salvezza d'Israele e delle genti, fino a toccare la dimensione etica della vita del credente e delle comunità cristiane.
Il grande simbolo di Babilonia di Apocalisse 17-18 viene accolto come criterio di lettura della storia, uscendo dalla diatriba identificativa tra Roma e Gerusalemme. La vibrante parola del veggente di Patmos chiama a fare nuove operazioni di "apocalisse/svelamento", a vivere quell'esperienza di "divenire nello Spirito" che ci abiliti a una lettura sapienziale degli eventi odierni, dove con "mente e sapienza", riconoscere la nostra posizione davanti a Babilonia e i nostri compromessi con essa. Uscire oggi da Babilonia, non può che essere l'impegno quotidiano di ogni credente e di ogni comunità, perché con Cristo un mondo nuovo è iniziato: è Gerusalemme! E noi possiamo tesserne fin d'ora il vestito nuziale, con le nostre opere giuste.
La pericope di Ger 10,1-16 assomma numerosi motivi di interesse, per via del suo singolare impianto letterario e teologico. Non sono molte infatti le pagine che nel Primo Testamento ci consegnano un ritratto a tutto tondo del Dio d'Israele: anzi, il tentativo "sistematico" di delineare la natura, presentando i suoi tratti distintivi in una serie di immagini in dissolvenza - con l'obiettivo che sfuma ripetutamente tra YHWH e gli Dèi degli altri popoli - è un caso unico nella Bibbia. A fronte di ciò, la netta discordanza tra le due forme attestate (TM e LXX) è la prova di una vicenda redazionale alquanto intricata, come anche si evince dalla testimonianza diretta dei manoscritti geremiani rinvenuti a Qumran. Gli esiti della ricerca toccano questioni cruciali, sul versante sia analitico che tematico. Circa la problematica testuale, tutti gli indizi spingono a collocare Ger 10 tra gli esempi di "profezia scribale", riconoscendo nella forma attestata dal TM il punto di arrivo di una riscrittura che presuppone la forma breve della LXX come tappa anteriore. Sul piano del senso, si intuisce la forza pragmatica della critica agli idoli, che interroga anche il nostro modo di concepire Dio e di corrispondere alla sua rivelazione storica, mentre affiora la rilevanza teologico-sapienziale di un messaggio universalizzante, capace di condurre Israele e le genti al riconoscimento di YHWH come Dio vero.
Le asperità della sezione di Es. 5,1-7,7, sono state interpretate, nelle indagini source-oriented, come discontinuità dovute alla complessa storia di formazione del testo. È questa l'unica possibile spiegazione? Prendendo atto in modo radicale del carattere narrativo della sezione e nel solco della teoria di Meir Sternberg, questo studio propone un'analisi dettagliata della sezione, evidenziando e illustrando alcuni elementi di poetica narrativa del dialogo, non ancora presenti nei manuali, e mostrando che, in una ricerca discourse-oriented, le asperità del testo contribuiscono alla dinamica narrativa basata su curiosità, suspence e sorpresa. Il close reading evidenzia anche che la continuità della sezione è legata all'emergere del tema della conoscenza di Dio (essenziale per la teologia del racconto) e alla presenza diffusa del fenomeno della citazione del discorso diretto. Rispondendo alla domanda di Mosè, infatti, il personaggio divino riconfigura la trama del racconto, inserendo l'intreccio di azione (la liberazione) in un più ampio intreccio di rivelazione (conosce Yhwh come colui che fa uscire dall'Egitto) e crea Mosè, in piena crisi vocazionale, suo mediatore mediante le citazioni. Le citazioni creano altresì una particolare dinamica narrativa, che permette al lettore di appropriarsi dei presupposti teologici della storia: la parola divina fa la storia; immessa nelle parola degli uomini può venir disprezzata o ravisata, tuttavia essa crea l'intreccio e lo conduce alla conclusione.
Il dibattito suscitato nel corso degli ultimi decenni intorno alla visione antropologica di Paolo, lascia emergere alcune questioni di primaria importanza. In particolare, riguardo alla prospettiva di partenza, come pure in merito all'interpretazione della vita nuova in Cristo, con delle inevitabili ripercussioni anche sulla ricerca del fondamento ultimo delle esortazioni etiche dell'Apostolo. L'analisi esegetica di alcuni passi selezionati di Galati (2,14b-21; 3,1-5; 10-14; 26-29; 4,1-7; 5,1-6; 16-25), ha permesso di operare una valutazione critica delle posizioni emerse nel corso degli anni, facendo altresì emergere un tutta evidenza la natura Cristo-logica della visione antropologica di Paolo. Anzitutto riguardo al punto di partenza, laddove la prospettiva Cristo-gonica (che nasce, cioè, da Cristo) viene ulteriormente avvalorata con la definizione della dispositio retorica di Gal 3-4.Inoltre, l'approfondimento del rapporto salvifico tra il credente e Gesù in senso Cristo-morfico (per cui l'esistenza del battezzato viene "trasformata" in quella di Cristo), costituisce anche la base dell'etica cristiana. L'uomo "in Cristo" cammina, infatti, verso la progressiva realizzazione in se stesso della medesima vita di Gesù.
Molte volte l'indagine esegetica ha affrontato la relazione tra il Deutero-Zaccaria e i vangeli della passione. Ha senso affrontare il tema ancora una volta? Certamente no, se questo significa precisare nuovamente la dipendenza genetica dagli oracoli profetici delle tradizioni o delle redazioni evangeliche. Ma se l'obiettivo è invece quello di analizzare il senso e la funzione di questa relazione, allora il campo di lavoro è aperto e affascinante. Il presente studio si concentra cosi sui testi di Zc 9-14 riconosciuti come intertesti di Mt 21-27, per ascoltane le risonanze di significato dentro la comunicazione portata avanti dal primo vangelo. È anche mediante questa relazione intertestuale, infatti, che viene costruito il lettore modello di Matteo. In considerazione di ciò, l'approccio metodologico utilizzato nell'analisi è decisamente innovativo. Esso infatti si muove nell'ambito dell'intertestualità, intendendo quest'ultima però come un preciso strumento pragmatico provveduto dall'autore modello. L'analisi è funzionale ad una sintesi che rilegge complessivamente la strategia intertestuale nella sua funzione comunicativa; essa inserisce in particolare alla comprensione della dinamica teologica del "compimento", nonché ad una ridefinizione che il lettore modello è chiamato ad operare circa il volto del Messia e i tratti caratteristici della comunità radunata intorno a lui.
La parola è lo strumento principe della comunicazione, a maggior ragione quando ci si riferisce alla parola biblica, e proprio alla Sacra Scrittura come evento comunicativo è dedicato questo libro. La parola non solo "dice", ma "fa" qualcosa, perché non lascia, e non vuole lasciare, le cose come stanno, ma agisce per mutarle; per questa ragione l'interpretazione di un testo non può limitarsi al fatto semantico, ma deve tener conto della complessità dei meccanismi e degli agenti implicati nell'interazione comunicativa che si realizza nell'atto di leggere. Se in linguistica la pragmatica è un settore di studi consolidato, nel campo biblico è appena agli inizi; questo volume rappresenta quindi un'opera assolutamente innovativa e pioneristica.