Il male è il nemico della felicità a cui l'uomo naturalmente aspira. Solo a nominarlo si presenta come l'antagonista principe di ogni nostro desiderio di pienezza; non soltanto sul piano dell'esistenza concreta, ma anche a livello del pensiero. Il testo, prendendo in con-siderazione il pensiero di Yves Labbé, si confronta con la questione del male da tutte le angolazioni prospettate nella storia della filosofia. E mentre si domanda ragione del male, Dio stesso è messo in questione e provocato sul senso della sua esistenza e su quella della vita umana. Il peccato, la violenza, il dolore, la sofferenza, la malattia, la morte non si riducono a una negazione interna alla realizzazione del bene e ogni teodicea riconosce di non avere argomenti sufficienti per scagionare il divino dalle sue responsabilità, così che diventa rilevante la novità di questo percorso: la questione del male non trova in sé soluzione, ma per accedere a una via di salvezza si deve riattivare nel pensiero su Dio e sul Dio di Gesù Cristo. È Dio che nell'eccesso del suo amore vince il male e apre lo spazio alla speranza, come possibilità di una rigenerazione ultima dell'uomo. Dio è colui che non resta impotente di fronte al male, Dio non lo giustifica, ma vi si oppone, lottando contro di esso. La fonte dell'amore divino attaccherà e alla fine distruggerà la fonte della miseria umana.
Il libro, imboccando la via della verità come relazione, si propone di rendere ragione di un modello epistemologico che consenta di comprendere, nel modo più pertinente possibile, i rapporti tra i relati che concorrono al costituirsi del processo veritativo. Questa impostazione introduce anche lo status quaestionis della ricerca: in un contesto definito dalla complessità e dalla molteplicità, quale può essere il modello epistemologico più adatto a comprendere una forma di verità olistica e integrale? Il virtuale e i new media, perché multimediali e sinestetici, stimolano e suscitano un ripensamento epistemologico. In effetti, a partire dalla forma virtuale, ci si viene a trovare all'interno di un modello esperienziale e veritativo che può essere definito per immersione. Per fondare la ricerca si è reso necessario rifarsi non solo all'esperienza virtuale, carica di tensioni e di ambivalenze, ma soprattutto giustificarla sulla base di grandi pensatori quali Paul Ricoeur e Wolfhart Pannenberg.
l presente volume contiene la lectio magistralis del professore Inos Biffi. Il testo contiene una riflessione chiara ed illustrata dalle citazioni di san Tommaso d’Aquino della vocazione metafisica della ragione. La Prefazione è a cura di Georges Cottier e la Postfazione di Wojciech Giertych.
Trascendentale è un termine che gode di un raro privilegio: nonostante la sua ovvia polisemia, esso è comune ad aree vastissime della filosofia teoretica. L'ambizione di un convegno della Facoltà di Filosofia e della cattedra Marco Arosio, celebratosi all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum nel 2012, era di fare il punto su questo lemma sopravvissuto a tutte le svolte del pensiero occidentale. Già per gli antichi, ma soprattutto per i medievali, a partire da Filippo il Cancelliere, il trascendentale si presenta come proprietà, al plurale, dell'ente. Con Kant, esso viene trasformato in condizione di possibilità della conoscenza "a priori" e si teorizza al singolare, poi viene successivamente storicizzato. In questo volume, il lettore troverà studi originali e approfonditi sull'una e l'altra tradizione, nati in occasione di quell'incontro. L'attenzione degli autori si concentra in particolare sulle implicazioni teoretiche del trascendentale classico nell'elaborazione di Tommaso d'Aquino nonché sugli sviluppi del trascendentale moderno da Kant a Gadamer.
La ricerca della bellezza è tanto radicata in noi, da manifestarsi non solo nei grandi capolavori, ma persino nella vita quotidiana, dall'abito che indossiamo alla musica che ascoltiamo. Lungi dall'essere superflua, proprio nei tempi più difficili la sete di bellezza si fa più ardente, alla ricerca di una via d'uscita da questo "gulag mentale" in cui ci siamo rinchiusi, in un mondo spesso estremamente funzionale, ma altrettanto spesso privo di anima. Quando il cammino si fa oscuro, la bellezza è dunque essenziale nella misura in cui, guarendo i nostri cuori anestetizzati, si rivela portatrice di speranza.
La teologia ha bisogno della filosofia. Non come un'alleata compiacente e servile, nemmeno come una semplice tecnica argomentativa, ma come un discorso rigoroso su ciò che è umano dell'uomo. Io, sé, soggetto, persona non sono termini equivalenti, ma circoscrivono la medesima questione cruciale: quando si dà l'uomo e quali sono le condizioni della sua istituzione? L'originalità del fenomeno umano non si afferma per contrapposizione alla natura, ma viene riconosciuta nella novità della sua libera attuazione, incarnata e interpersonale. L'itinerario di questa ricerca si sviluppa anzitutto nel confronto con alcuni autori - J. Benoist, D. Henrich, P. Richir e P. Ricoeur rappresentativi del dibattito filosofico contemporaneo. E culmina con l'agile presentazione di alcune tematiche - il ruolo della percezione; coscienza e soggettività; lo statuto del simbolico; l'istanza dell'originario; il rapporto filosofia e teologia - che rilanciano i contenuti e le questioni di maggior rilievo. L'intelligenza della fede ha bisogno di interrogare l'umano e le condizioni del suo compimento, perché lo comprende come principio interno alla realizzazione cristologica della verità di Dio.
Questo discorso del 1843 è uno sviluppo del concetto di "edificante" successivo a La prospettiva della fede e si presenta come un commento alle parole dell'apostolo Giacomo: "Ogni dono buono, ogni dono perfetto è dall'alto". Queste introducono alla controversa questione della "teodicea" come coniugare il bene proveniente da Dio e il male del mondo - declinata dal filosofo danese in chiave "esistenziale", spiega Umberto Regina nell'Introduzione, ripartendo dalla caratteristica distintiva dell'uomo: l'esistenza. L'uomo in quanto esistente ha un rapporto edificante con Dio: rispetto all'Eterno si innalza senza mai unirsi completamente. All'idea, avanzata da alcuni filosofi moderni, di una compromissione di Dio nell'imperfezione del mondo Kierkegaard risponde con il salto della fede, somma possibilità donata all'uomo per vincere sul male.
Il manoscritto dei primi anni '30, "Ragione e fede", qui presentato con introduzione e apparato critico di Luca Natali, dà il titolo a un'opera fondamentale di Piero Martinetti e ne contiene il nucleo teorico, che sta alla base della sua più ampia ricerca su Gesù in chiave non storica ma filosofica: una rigorosa critica della teologia come apologetica, volta a restituire alla fede e alla ragione la loro peculiarità senza riduzioni. L'originalità della prospettiva martinettiana è una sorta di "illuminismo religioso": la religione la si difende a partire dal riconoscimento della sua appartenenza, insieme alla ragione, a un processo libero della coscienza nell'acquisizione del sapere. Come dire, la verità - anche di "fede" - è alla portata di tutti coloro che esercitano la ragione e, in quanto legittime dimensioni dello spirito, l'una non può opporsi all'altra ma ne è parte.
"Théologie negative et connaissance de Dieu chez Maîitre Eckhart", di cui proponiamo una prima traduzione italiana, è uno dei testi più significativi della produzione di Vladimir Lossky, nonché uno dei più interessanti e riusciti tentativi di ricostruire e interpretare l'insegnamento teologico e filosofico di Meister Eckhart. Edito postumo nel 1960, lo studio presenta le tesi del maestro domenicano in relazione a quelle di numerosi altri pensatori che hanno disputato le principali questioni della filosofia e della mistica medievali. Il rigore interpretativo e la disinvoltura con cui l'autore si muove attraverso i luoghi citati rendono l'opera molto utile sia per gli specialisti, gli storici della filosofia e della mistica medievale, sia per il lettore che voglia introdursi al pensiero eckhartiano. Facendo eco alla sintesi di Etienne Gilson, potremmo dire che il più grande merito dello studio di Lossky consista nel rifiuto di ridurre la teologia del maestro di Turingia allo sviluppo sistematico di una sola nozione fondamentale. L'opera, del resto, mette in evidenza come tutto ciò che si può affermare circa la nozione centrale del pensiero di Eckhart, ovvero Dio, debba infine essere negato, e Dio posto al di sopra di ogni affermazione, in un'indagine positiva sulla nescienza della divinità che rappresenta il contributo principale di Lossky. Prefazione di Étienne Gilson. Introduzione di Maria Bettetini.
«L’esperienza del tempo, il suo valore, il suo significato interpretato dalle grandi religioni. Dentro queste coordinate, un’esposizione che procede per intuizioni più che per incedere sistematico. Ricorsi storici, movimenti pendolari delle ere, significati zodiacali s’intrecciano nel caleidoscopico universo di conoscenze del “servita”» (Il Regno).
Questo trattato di Zarmati costituisce un felice tentativo di sintesi tra i dati in continuo sviluppo delle scienze della natura fisica (biologia, zoologia, psicologia, antropologia) e le risultanze pi√π certe delle ricerche filosofiche sulla natura metafisica dei viventi in rapporto con il proprio ambiente.
Vengono così a essere evidenziati e fondati i principi primi dell’etica, sia in relazione con i problemi della bioetica (aborto, eutanasia, manipolazioni genetiche) che in relazione con i problemi suscitati oggi dalla sensibilità ecologica (strategie globali dell’economia politica, uso e della condivisione delle risorse materiali, tutela dell’ambiente).
Al centro di tutta la trattazione di Zarmati sta la precisa individuazione dei valori fondamentali della vita umana in quanto vita propriamente spirituale (intellettiva), che include e trascende la vita meramente vegetativa e quella sensitiva. L’Autore non manca di segnalare opportunamente il ruolo non secondario che nell’insieme della vita spirituale svolgono le attività politiche, religiose e artistiche, tra le quali la poesia in tutte le sue forme, colte o popolari.
Sesto giorno della Creazione: Dio dà forma al bestiame, ai rettili, agli animali selvatici. Poi crea l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. Nella Genesi vengono quindi il Paradiso, l'albero della conoscenza del bene e del male, l'uomo che impone il nome a ciascun essere vivente, la tentazione a opera del serpente, la Caduta e la cacciata dall'Eden. Sono scene cruciali e piene di problemi. Quando Giovanni Scoto vi giunge, nel libro che doveva essere l'ultimo di "Sulle nature dell'universo", il Maestro che ne è il protagonista teme di dover affrontare un oceano periglioso: esso, dice, "prende avvio dalle opere della sesta contemplazione profetica sull'istituzione della totalità", e "tratterà del ritorno di tutte le cose in quella natura che non crea e non è creata". Ma la difficoltà della materia e "l'incontro e lo scontro di tante diverse interpretazioni" rendono questo Libro IV "impraticabile per le ondate vorticose, scivoloso per l'ambiguità dei discorsi, pericoloso per le sirti (cioè per i tratti dottrinali oscuri)". li viaggio attraverso l' oceano è la prima, grande immagine del Libro IV del Periphyseon: in realtà, scrive Peter Dronke, esso "è il viaggio attraverso il tema del ritorno, in tutta la sua irriducibile complessità".