Come e perché un linguista si interessa di gesti? Quali sono i principali risultati a oggi prodotti nel campo della teoria e della pratica lessicografica applicata alla gestualità italiana? Che cosa è stato fatto e resta ancora da fare per un’educazione integrale alla lingua e ai gesti in classe? Per rispondere a queste domande, il volume affronta il tema della gestualità italiana da un punto di vista linguistico. Vengono prima presentate le classificazioni adottate per individuare i gesti, dei quali sono poi evidenziate le caratteristiche salienti, anche all’interno di un quadro variazionale. Seguono una rassegna dei dizionari dei gesti italiani finora editi e la proposta di un modello per la costruzione di un nuovo dizionario chiamato Gestibolario. Chiudono il volume alcune indicazioni per una didattica della gestualità nei corsi universitari.
Quando ci raccontano l'etimologia di una parola proviamo spesso una sensazione di meraviglia, perché riconosciamo qualcosa che non sapevamo di sapere, un universo di elementi che era sotto i nostri occhi ma che non avevamo mai notato. Allora come è possibile che l'etimologia, così carica di fascino, non riceva la considerazione che merita? Eppure padroneggiare le parole nella loro storicità e non possederne solamente la scorza ha dei vantaggi. Per esempio, chi acquisisce una forma mentis etimologica sa che attribuire a qualsiasi vocabolo un solo significato è limitativo. Da questo punto di vista l'etimologia è come la poesia, perché sa offrire sempre un'immagine o un gesto che danno tridimensionalità alla parola. Inoltre, quando ne conosciamo l'archeologia, possiamo chiederci se l'uso odierno dei vocaboli conservi ancora qualcosa del significato originale e, nel caso non sia così, indagarne le ragioni. Attraverso dieci appassionanti scavi etimologici, Balzano ci dice non solo che ogni parola ha un corpo da rispettare, ma anche che non è un contenitore da riempire a piacimento. Perché ogni parola ha una sua indipendenza e una sua vita.
Nel Gioco della verità si delineano la forma e gli effetti di una svolta entro la cornice intrecciata di Semiotica ed ermeneutica, che costituisce l’ambito tematico del primo volume delle Opere di Carlo Sini. Forte dell’eredità che gli veniva dalla tradizione ermeneutica e da quella pragmatista, testimoniata già dagli scritti degli anni Settanta raccolti nello Spazio del segno(vol. I, tomo I delle Opere), l’Autore inaugura qui un cammino del tutto originale, che gli permetterà di ripensare le modalità, i limiti e le possibilità del fare filosofico. Composte a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, le pagine del presente tomo propongono infatti un’alternativa forte agli esiti nichilistici e relativistici a cui la filosofia ermeneutica italiana e internazionale stava pervenendo nello stesso giro di anni. L’alternativa al relativismo non si configura però, nella filosofia di Sini, come un nostalgico rimpianto o un caparbio ritorno a improbabili verità assolute; l’alternativa consiste piuttosto nell’impresa di elaborare una nuova concezione della verità stessa, in quanto occasione e provocazione per il sapere filosofico. Non più intesa come corrispondenza logica tra essere e pensiero, ma come esperienza sempre determinata, incarnata e situata, la verità ha in sé tanto la parzialità della propria collocazione storico-pratica quanto la pienezza del senso con cui, in quella esperienza, il mondo si configura senza residui. Senza residui (perché, in ogni esperienza, è tutto il mondo a prender figura di verità), ma nella sempre rinnovata apertura di una differenza: il differire del mondo nelle figure del suo stesso accadere. La prospettiva che così si inaugura restituisce alla filosofia un compito, oggi quanto mai attuale, di comprensione cosmologica e di responsabilità politica, come via di uscita sia dal qualunquismo relativistico sia dal dogmatismo ottuso, che sono gli epigoni gemelli della crisi di senso da cui sono stati segnati gli ultimi decenni del Novecento.
Nel momento stesso in cui si mitizza il popolo sovrano, lo si tratta in realtà come un popolo bue. Qualcuno a cui rivolgersi con frasi ed espressioni terra terra, cercando di risvegliarne bisogni e istinti primari. Da questa idea di popolo discende un’eloquenza volgare, rozza, semplicistica, aggressiva.
L’epoca in cui viviamo si definisce post-ideologica. E? il tempo della post-politica e della post-verità. Ovvero (cambiando l’ordine degli addendi, la somma non cambia) politica e verità da post. Parole e slogan virali che fanno il giro della rete propagandando spesso opinioni su fatti mai esistiti. Quello a cui ci si riferisce con questa sfilza di post è, in realtà, un pensiero prepolitico. E la lingua che lo veicola, più che una neolingua, e? una veterolingua che invece di mirare al progresso vorrebbe farci regredire, riportandoci agli istinti e alle pulsioni primarie. Indietro, o popolo!
Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si e? passati al «Votami perché parlo (male) come te». Come la pubblicità, come la televisione, anche la politica alimenta il narcisismo dei destinatari, i quali – lusingati – preferiscono riflettersi che riflettere. Il meccanismo del ricalco espressivo innesca una continua corsa al ribasso. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva, qualunque dinamismo. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Cosi? le parole stanno paralizzando la politica.
Le opere d’arte, che siano fatte di linee e di colori o che siano fatte d’inchiostro e di parole, devono produrre bellezza. Di qui il titolo La grande bellezza dell’italiano, di qui l’organizzazione del libro in sale, come accade nelle mostre e nei musei. In ciascuna è esposto il magnifico italiano di Pietro Bembo, Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli. Ascoltando il suono delle loro parole, che echeggia da una parete all’altra, rincorrendo il ritmo dei loro versi, che scivola sul marmo dei pavimenti, ammirando la forma delle loro frasi, che adorna volte, colonne e soffitti, compiamo un atto d’amore per la nostra lingua. E lanciamo al tempo stesso un atto di accusa nei confronti di chi la sta progressivamente trasformando in una lingua violenta, rozza, insultante. In una parola: brutta.
Quali sono i meccanismi che ci fanno amare il mondo narrativo di un romanzo o di un film? Quali dispositivi catturano la nostra attenzione e ci portano a desiderare che quel racconto non abbia mai fine? Il libro indaga il funzionamento della narrazione, ne esplora i procedimenti di base, per comprendere come possa avere determinati effetti su di noi, così forti da generare anche forme di dipendenza. Tenendo sempre al centro dell'attenzione l'efficacia della narrazione e dei suoi meccanismi, si analizzano molti esempi tratti da diverse forme di espressione narrativa, dalla letteratura al cinema, ai comics e alla serialità televisiva e ci si chiede di volta in volta: che cosa fa questa narrazione? Come agisce su di noi? Perché accettiamo personaggi ed eventi completamente alieni dalla nostra vita quotidiana?
Affermatasi con un proprio campo d’indagine e un proprio apparato teorico e metodologico nell’ambito delle scienze del linguaggio dopo la metà del secolo scorso, la sociolinguistica ha visto via via accresciuto il suo raggio d’interesse sino a diventare un crocevia importante fra settori diversi delle scienze linguistiche. Questo Manuale di sociolinguistica intende dare una presentazione complessiva (corredata da un abbondante apparato di esercizi e materiali di analisi e riflessione) dei principali temi, categorie, metodi e modelli teorici che sono stati sviluppati nello studio dei rapporti fra lingua e società. Il fine essenziale è quello di fornire una conoscenza solida e per quanto possibile aggiornata delle acquisizioni della disciplina, con particolare attenzione ai due grandi campi tradizionali della sociolinguistica, vale a dire la variazione delle lingue in relazione a fattori sociali, e la posizione dei sistemi linguistici nelle società. Il volume cerca di unire una prospettiva istituzionale ad aperture verso sviluppi più recenti della disciplina, e si presta anche a un’utilizzazione modulare che privilegi certe parti a scapito di altre.
Attacismo, caransèbico, quèstico, zeissiano... sono solo alcune delle parole che costellano questo dizionario. Ma non affrettatevi a cercarne altrove il significato: non lo troverete, per il semplice fatto che non esistono. Viceversa, esistono eccome gli stati d'animo che queste nuove parole definiscono: un catalogo di umanissime sfumature delle nostre emozioni. Ed è proprio per dar voce a questa variopinta tavolozza che Stefano Massini si è inventato un "Dizionario inesistente", che dalla A alla Z ci accompagna in un viaggio letterario, in un rincorrersi di racconti straordinari. Da una carrellata di personaggi reali Massini crea un ventaglio di nuovissimi sostantivi, verbi, aggettivi. Ed ecco dunque sfilare l'inventore della penna a sfera László Biró (da cui "birismo"), i tenaci guerriglieri cileni Mapuche (che porteranno al verbo "mapuchare"), ma anche mostri sacri come Leonardo e Galileo, Leopardi e Kafka, passando per nobili del Seicento e miniere sudafricane, instancabili bugiardi e scienziati camerieri.
«Sono figli dello stesso letto, ma sono cresciuti in luoghi diversi; condividono buona parte del patrimonio genetico, ma non hanno avuto le stesse frequentazioni; si somigliano molto, ma da vicino è impossibile confonderli; si vogliono bene, ma sotto sotto un po' si invidiano. È davvero difficile accostarsi alla lingua spagnola senza affiancarle la fotografia dell'italiano e senza riconoscere nei suoi tratti un'inconfondibile aria di famiglia.» Per molto tempo, in Italia, ci siamo affidati a questa affinità di sangue dello spagnolo come scusa per non studiarlo, confidando nell'itañol caricaturale costruito a forza di tormentoni estivi e filmetti natalizi. Poi, quando finalmente abbiamo cominciato a fare sul serio e abbiamo squarciato il velo degli stereotipi, ci siamo accorti che lo spagnolo era molto meno facile, ma anche molto più utile, di quanto pensassimo. Andrea De Benedetti e Carlo Pestelli hanno dedicato alla «lingua Real» anni di frequentazioni e vagabondaggi, e in questo libro ci conducono alla scoperta dei suoi segreti e delle sue curiosità: dai legami con l'arabo ai falsos amigos, dai proverbi più divertenti ai giochi di parole più scivolosi, dai fondamenti della grammatica alle indicazioni per una pronuncia perfetta. Tutto l'occorrente, insomma, per evitare di ordinare del burro a colazione la prossima volta che andrete in vacanza a Toledo, e per conoscere più da vicino una lingua che ha tutto quello che serve per farsi apprezzare: un riconosciuto prestigio internazionale, un suono accattivante, un patrimonio artistico-culturale ricchissimo e un esercito di 500 milioni di parlanti che ne tengono alta la bandiera in ogni angolo del Globo. Un manuale leggero e rigoroso, che dimostra come una lingua porti con sé un'intera visione del mondo. Perché ogni volta che la musica dello spagnolo arriva a stuzzicare le nostre orecchie, sembra sempre prometterci un'altra vita. E pazienza se raggiungerla è meno comodo del previsto: verso una lingua feliz, ci si mette sempre in viaggio volentieri.
La lingua italiana non ha mai avuto un suo museo. Un museo grande, articolato, tecnologico come quelli dedicati ad altre lingue. A dispetto di progetti e tentativi, quel museo è rimasto un sogno: questo libro è un modo per realizzarlo. Aprire questo libro significa entrare in un ideale museo della lingua italiana e attraversare, pagina dopo pagina, una storia fatta di parole ma anche di oggetti da cui sprigionano suoni, colori, profumi, rumori, emozioni, ricordi, sapori. A ricostruire questa storia secolare, sessanta pezzi distribuiti in quindici sale disposte su tre piani corrispondenti ad altrettante epoche: l'italiano antico, moderno e contemporaneo. Quando l'Italia ancora non esisteva, Dante definì gli italiani come «le genti del bel paese là dove 'l sì suona». La lingua come essenziale punto di riferimento e il suono di quella parola - che serve a esprimere accordo e consenso - come base di una comune identità. L'italiano è stato per secoli una lingua fondata sul prestigio letterario: una lingua soprattutto scritta, perché il parlato era dei dialetti. Ma attraverso la lingua non passa solo la cultura intellettuale, passa l'intera vita di una comunità. Passano i cambiamenti sociali, i rivolgimenti politici, l'immaginario collettivo, le abitudini individuali. Ecco perché un viaggio nella storia della lingua italiana non può fermarsi alla lingua letteraria, ma deve prevedere molte tappe nei territori della lingua comune. E un museo della lingua italiana non può accontentarsi di esporre solo testi e documenti, ma deve lasciare spazio alla cultura materiale: agli oggetti che nel tempo hanno segnato la vita di tutti i giorni. Sala dopo sala, una teca dopo l'altra, i sessanta pezzi di questo museo virtuale ci accompagnano lungo un percorso che dalle più antiche testimonianze scritte arriva alla lingua dei predicatori e dei mercanti medievali, all'italiano stentato degli emigranti di fine Ottocento e dei soldati della Grande guerra, a quello pop della pubblicità, della televisione e della musica leggera fino al disinvolto e-taliano usato oggi nei social network. E ci aiutano a cogliere i profondi cambiamenti intervenuti, la ricchezza dei contributi apportati dalle tradizioni locali e dai continui scambi con le altre lingue. Ci permettono di ritrovare, sparse un po' ovunque nell'odierno villaggio globale, le storiche tracce della nostra lingua. Un ulteriore segno della sua vitalità, della sua bellezza, del fascino che ancora oggi l'italiano continua a esercitare in tutto il mondo.
Sulle numerose sfaccettature dell’amicizia, tema di per sé complesso, l’Autore ha preferito far parlare direttamente i vari filosofi e letterati a partire dal VI secolo a.C. fino ai giorni nostri. Queste 1350 “pillole di saggezza”, cercate e raccolte a 360 gradi senza limiti di tradizioni culturali e letterarie, non costituiscono un trattato sull’amicizia, come unico ponte per uscire dalla solitudine, ma intendono offrire una panoramica, stimolante e a tratti provocatoria, che si estende dall’esperienza all’indagine filosofica, teologica e psicologica, per poter poi tornare con serenità e fiducia alla vita di tutti i giorni.
Questo libro può essere considerato un compendio aggiornato della rivoluzione che Chomsky ha portato nella linguistica. In particolare, sono qui messe a tema tre domande fondamentali: che cos'è il linguaggio umano? Quali sono le caratteristiche specifiche di questo codice di comunicazione che, a differenza di quello degli altri esseri viventi, permette a qualsiasi persona di ricombinare un insieme limitato di elementi discreti (le parole) generando un insieme potenzialmente infinito di espressioni (le frasi)? È possibile ripercorrerne l'evoluzione, ammesso che di evoluzione sia lecito parlare? Chomsky affronta questi interrogativi attraverso una trattazione, dettagliata ed esauriente ma al contempo sintetica, ricca di notazioni storiche e filosofiche e accessibile a chiunque nutra interesse per la natura e la struttura del linguaggio umano pur senza avere conoscenze tecniche preliminari.