Per quanto non dichiarata, la guerra che si combatté in Sicilia tra lo sbarco angloamericano nel 1943 e l'uccisione di Salvatore Giuliano nel 1950 fu ad altissima intensità. Cambiarono i pupi e gli scenari, ma il puparo rimase sempre il Partito unico siciliano (massoni, imprenditori, boss di Cosa Nostra, politici d'ogni colore, giudici). E suoi alla fine furono i guadagni. Sette anni di anarchia e terrore, con lo Stato ospite indesiderato. Cominciarono i grandi proprietari terrieri e i nobili per difendere anche i centimetri dei latifondi. Proseguirono gli agitatori fascisti per sabotare la leva obbligatoria. Poi avvennero le rivolte contro la politica dell'ammasso, la guerriglia per il pane, la ribellione di cento comuni, dove l'esercito per ristabilire l'ordine usò mitragliatrici, cannoni, blindati. In un misterioso agguato venne ucciso il personaggio più singolare, Antonio Canepa, professore universitario: nella sua breve vita preparò un attentato a Mussolini, guidò lo spionaggio britannico nell'isola, infiammò con un libello i cuori indipendentisti, si iscrisse clandestinamente al Pci. A intorbidare le acque provvidero la congiura per instaurare i Savoia a Palermo e l'arruolamento nell'Esercito dei volontari per l'indipendenza siciliana. Ne sarebbero discese le stragi di Portella della Ginestra e degli otto carabinieri di Feudo Nobile, sulle quali tuttora proseguono misteri e depistaggi...
La partecipazione alla Grande guerra trasformò radicalmente l’Italia, come e più che tutta l’Europa. Nacque allora il Paese che conosciamo.
Le voci del Dizionario parlano di combattenti, di armi e di battaglie. Di mobilitazione, di lavoro, di donne. Di propaganda e di politica, di governi e di opposizioni. Ma non solo: parlano di religione, di arte e di letteratura perché un senso bisognava trovarlo alla guerra totale.
"Un paese in bilico" racconta le vicende italiane più significative dal 1979 al 2011 e l'influenza che alcuni grandi cambiamenti avvenuti sul piano internazionale hanno avuto sul nostro paese. E nel contesto internazionale infatti che la storia italiana è inserita e solo al suo interno sono intellegibili le azioni dei suoi attori politici e sociali. Attraverso questa nuova chiave interpretativa, Alberto De Bernardi rilegge gli ultimi trent'anni della storia italiana al di fuori di stereotipi e luoghi comuni usurati, in larga parte fondati sul mito della perenne eccezionalità del nostro paese. Su uno sfondo internazionale, le trasformazioni spesso drammatiche che hanno attraversato l'Italia ci appaiono per quello che effettivamente sono state: processi concreti di adattamento critico ai mutamenti planetari, secondo dinamiche e fenomeni che sono riscontrabili in molti paesi occidentali.
Le decapitazioni dei prigionieri. La pulizia etnico-religiosa nelle zone occupate dell'Iraq. La proclamazione di un Califfato. Queste sono le cose che i media hanno cominciato a raccontarci nell'estate 2014 sull'Isis, i pochi frammenti di un mosaico nuovo e terribile, a cui il mondo non era pronto. Queste milizie hanno conquistato un territorio più vasto del Texas nel cuore del Medio Oriente, hanno dissolto i confini dettati dal colonialismo occidentale un secolo fa, hanno costretto gli Usa a tornare a bombardare l'Iraq. Ma chi sono, da dove vengono, come hanno fatto a diventare così potenti, e fin dove possono arrivare? In questo libro Loretta Napoleoni, uno dei massimi esperti di terrorismo internazionale, offre al grande pubblico il ritratto dell'Isis, il cui stesso nome è mutato molte volte, a seconda delle diverse condizioni sul campo e nel sistema mediatico. Perché, scrive Napoleoni, "quel che distingue questa organizzazione da ogni altro gruppo armato che l'ha preceduta e quel che ne spiega l'enorme successo sono la sua modernità e il suo pragmatismo". Questa nuova minaccia punta a un ambiziosissimo obiettivo: far nascere dalle ceneri dei conflitti mediorientali non un gruppo terroristico, ma un vero e proprio stato, con un suo territorio, una sua economia e un'enorme forza di attrazione per i musulmani fondamentalisti di tutto il mondo.
È ormai giunto il tempo di capire appieno chi è stato Aldo Moro e, in questo modo, di comprendere meglio quel decisivo periodo della storia d’Italia di cui egli fu certamente un protagonista. È questa la duplice convinzione alla base della presente pubblicazione, una delle più articolate ed ampie dedicate sin qui a Moro. Essa, infatti, raccoglie i saggi di oltre 40 studiosi e ricercatori di circa 30 istituzioni di ricerca, presentati in occasione del convegno «Studiare Aldo Moro per capire l’Italia», tenutosi a Roma nel maggio del 2013 e promosso dall’Accademia di Studi Storici Aldo Moro. Il volume rappresenta uno dei frutti di un nuovo clima, una sorta di «svolta storiografica», in cui sono finalmente maturate le condizioni materiali, scientifiche e culturali perché fosse possibile un’indagine storica su Moro. Tutto questo contribuisce anche a superare i luoghi comuni e i giudizi spesso affrettati, parziali o dettati da esigenze di polemica politico-culturale che si sono coagulati in questi anni sulla sua figura, nonché a bilanciare il peso soverchiante sin qui attribuito alle tragiche vicende legate alla sua morte rispetto all’insieme della sua vita, del suo pensiero e delle sue opere. I saggi contenuti nel libro permettono di restituire a Moro la sua propria voce e di collocarlo nel suo tempo e nel suo secolo, in quanto figura centrale per ogni interpretazione dell’Italia contemporanea, anche nel contesto europeo ed internazionale. Utilizzando ricerche di prima mano, spesso realizzate su fonti inedite, i contributi raccolti consentono anche di gettare nuova luce su molte delle questioni ancora aperte relative all’azione dello statista e soprattutto di fornire elementi per capire se e in che misura egli sia stato portatore - come diversi studiosi tendono oggi a pensare - di un complessivo “progetto” di governo e di orientamento della società italiana il quale, a causa della sua prematura scomparsa, si sarebbe drammaticamente interrotto.
Da sempre la storia del mondo è stata scritta come una storia di ascesa e declino di un esiguo numero di culture dominanti. Fra queste, nel corso degli ultimi secoli, e facendo riferimento a parametri quali potenza, ricchezza e creatività culturale, l'Europa e l'Occidente atlantico hanno ricoperto un ruolo indubbiamente centrale. Questa nuova "Storia del mondo" in sei volumi, diretta da un'équipe di importanti storici internazionali, si discosta radicalmente da tale tradizione. Pur non rinnegando le grandi conquiste dell'Occidente, essa le pone in rapporto con i più importanti sviluppi che hanno avuto luogo nella stessa epoca in altre parti del mondo. Da tale impostazione emerge con ogni evidenza la graduale, problematica nascita dell'età contemporanea come frutto di una complessa e pluralistica rete di relazioni mondiali. Per la prima volta autorevoli specialisti dei vari campi disciplinari mettono a disposizione del lettore i risultati di decenni di ricerca internazionale sulla preistoria della globalizzazione, sullo sviluppo delle società e sugli ordinamenti politici dei vari continenti. La storia del mondo che ne emerge, lungi dal risultare una mera concatenazione di singole storie specialistiche, ricostruisce piuttosto relazioni trasversali e interazioni finora poco esplorate dagli studiosi: le migrazioni di singoli e di gruppi e la fondazione di nuove società, la diffusione intercontinentale delle tecnologie, religioni o idee politiche, le reti di connessione globale.
Famiglia e indissolubilità del matrimonio sono al centro del dibattito che inizia, all'indomani della Seconda guerra mondiale, nell'Assemblea Costituente. Si riaccende in quella sede il duro scontro sul divorzio che già nell'Italia postunitaria, fuori e dentro il Parlamento, aveva contrapposto progressisti e conservatori. L'urto sul divorzio è il drammatico specchio delle contraddizioni della politica e del bisogno di cambiamento della società italiana. Dopo la proposta di legge presentata dal socialista Fortuna a metà degli anni Sessanta, la contesa fra divorzisti e antidivorzisti è destinata a dividere il paese diventando un'aspra disputa fra oscurantismo e modernità. Basandosi su fonti archivistiche inedite, come le migliaia di lettere e cartoline dei "fuorilegge del matrimonio" inviate a Loris Fortuna per sostenere il suo progetto di legge, la crociata del divorzio viene qui indagata assumendo per la prima volta anche l'angolo visuale della gente comune. Quella del divorzio è infatti una battaglia esplosiva che si innesta su una sofferenza sociale diffusa: oltre ai maggiori partiti politici e ai vertici della Chiesa, impegnati, ciascuno a suo modo, a difendere la propria egemonia, entrano in campo con forza inaspettata anche le persone.
I Gap, componente esigua ma rilevante del movimento di Resistenza, occupano un posto marginale nella memoria collettiva e nella storiografia resistenziale. Due ragioni spiegano tale marginalità: da un lato i Gap combattono secondo le modalità classiche del terrorismo, cioè con uccisioni mirate di singoli individui e con attentati dinamitardi; dall'altro sono organizzati e diretti dal Partito comunista, e dunque restano, durante e dopo la Resistenza, connotati politicamente in modo molto più marcato delle altre formazioni partigiane. Quella dei Gap viene dunque in prevalenza percepita come "un'altra storia", su cui si sono esercitati anatemi con più virulenza che sulla Resistenza in generale. Nell'immaginario collettivo, alcuni dei più intricati nodi politici ed etici della lotta resistenziale messi in evidenza dalla pratica del terrorismo urbano continuano, ancor oggi, ad essere schiacciati tra deprecazioni calunniose e acritiche esaltazioni, che prescindono da una reale conoscenza dei fatti. In questo libro, origini, sviluppo, difficoltà, successi e fallimenti dei Gap vengono analizzati nell'unico contesto che li rende comprensibili, nella storia della Resistenza. Le condizioni esistenziali e materiali nelle quali i Gap agiscono, le risorse di cui dispongono, la difficile decisione di uccidere a sangue freddo, e i diversi modi in cui si pongono il problema delle rappresaglie, della tortura, della morte, escono dal mito e dalla demonizzazione liquidatoria.
Com'è stato possibile che tanti criminali nazisti siano fuggiti dall'Europa dopo la seconda guerra mondiale? La loro scomparsa ha alimentato le ipotesi più fantasiose, a partire dall'idea che lo stesso Hitler fosse scappato con un sommergibile rifugiandosi in Patagonia. Arrigo Petacco ricostruisce le reali vicende di questi terribili aguzzini attraverso un racconto ricco di sorprendenti e poco noti retroscena. La loro fuga, pianificata fin dalle ultime fasi del conflitto, fu favorita dalla guerra fredda che indusse le potenze occidentali a chiudere in fretta i conti con il passato. In un groviglio di inconfessabili interessi che coinvolgeva la Cia e il Vaticano, ebbero un ruolo centrale alti prelati come il "vescovo nero", l'austriaco Alois Hudal, già uomo di fiducia del Führer. Grazie a queste protezioni e a un'efficiente organizzazione clandestina denominata "Odessa", numerosi scherani del Reich, mimetizzati in un improbabile saio francescano, imboccarono un tortuoso percorso attraverso l'Italia, detto "Ratline", "via dei topi", o "via dei monasteri" perché ricevevano asilo nei conventi, per raggiungere Genova. Da lì, provvisti dalla Caritas di passaporti rilasciati dalla Croce Rossa, potevano agevolmente imbarcarsi verso destinazioni lontane. Molti trovarono ospitalità in Sudamerica, in particolare nella compiacente Argentina di Perón, ma anche i Paesi arabi, come la Siria, nel segno del comune odio antiebraico aprirono le porte ai macellai del nazismo.
La letteratura sulla Grande guerra è così ampia che tutto sembra sia già stato scritto. Invece Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, superando le secche delle ricostruzioni ufficiali e delle celebrazioni per il centenario, hanno scoperto nuovi, interessanti elementi avventurandosi su un fronte poco esplorato se non, addirittura, segreto: quello dell'intelligence civile, militare e diplomatica, che ha combattuto una "guerra nella guerra", inserendosi nel gioco geopolitico delle nazioni più potenti. Per la prima volta, in uno scontro militare è indispensabile conoscere il nemico e indirizzare l'opinione pubblica. Ecco perché, anche in Italia, nella delicata fase della neutralità, si sviluppano lo spionaggio e il controspionaggio, con la loro rete di agenti segreti, agenti d'influenza e infiltrati. Gli autori ricostruiscono alcune delle storie più interessanti della nostra intelligence, quelle degli irredentisti che lavorano clandestinamente per strappare il Trentino agli austriaci, degli ambasciatori di ingegno capaci di spostare gli equilibri politici, dei "corvi" del Vaticano che congiurano a favore degli imperi centrali. La loro inchiesta, basata su informative riservate, diari privati e memorie dei personaggi più o meno noti che si muovono sul palcoscenico, conduce il lettore nelle trincee e nei palazzi del potere, nei tribunali e negli uffici dove si studiano i cifrari. Una cronaca che fa riemergere gli episodi più oscuri e le pagine censurate della nostra Storia...
Filo conduttore di questo libro è la difficile storia della politica italiana, dagli esordi dello Stato unitario fino alla crisi della repubblica dei partiti: l'originaria debolezza delle istituzioni, cui si cerca di porre rimedio con un sistema politico tutto ruotante attorno al centro; la difficile convivenza di culture e sub-culture politiche diverse, ciascuna con le sue pratiche e con i suoi miti fondanti, a volte in conflitto tra loro e con le istituzioni stesse; il ruolo dei partiti, protagonisti spesso contestati della stagione repubblicana; il rapporto sempre problematico fra Stato e società civile, fra governanti e governati.
Uomini che furono chiamati a far parte della grande macchina della guerra e ne conobbero la dimensione smisurata e ineluttabile. Che vissero in prima persona la ritirata di Caporetto, che patirono la fame nei campi di prigionia, che tornarono a casa talvolta menomati per sempre. Donne che si assunsero il carico del lavoro e della crescita dei bambini, che attesero i mariti, i padri, i fratelli, i figli, che soccorsero i soldati con la loro forza morale o si presero cura dei loro corpi come infermiere volontarie. Questo libro ricostruisce la storia della prima guerra mondiale attraverso le storie di persone comuni che ne furono coinvolte e travolte. Per far riemergere la trama vissuta e sofferta della guerra si affida al fiume carsico delle scritture inedite, fragili e spesso incerte, prodotte dai protagonisti a volte nel fondo di una trincea o nella baracca di un campo di concentramento, nel corso del conflitto ma anche dopo. Le lettere inviate a casa dal fronte e dalla prigionia e viceversa, i taccuini, i diari, le memorie scritte a distanza di tempo, gli album con le dediche dei malati alle infermiere danno un volto, un nome e un cognome, una storia alle speranze e alla disperazione di chi uscì vivo dal conflitto e di chi ne fu inghiottito.