I misteri delle origini di Roma si annidano nei 31 ettari del Palatino che si affacciano sul Tevere, lì dove un tempo si ergeva il monte Germalus: prima villaggio dei Velienses, poi centro 'proto-urbano' del Septimontiume infine urbs Roma. Tre abitati forse tutti fondati tra il 1050 e il 750 a.C., nel giorno di un capodanno pastorale anteriore alla città fissato al 21 aprile. Metà di questo monte è rimasta un luogo di culti e di memorie, l'unico risparmiato dai palazzi dei principi; l'altra metà è stata occupata dal primo palazzo di Augusto, che ha rifondato la città nella casa-santuario da cui governava l'impero come principe e pontefice massimo. Dal mostro al principe. Alle origini di Romaindaga l'essenza mitica e storico-archeologica del monte Germalus, con una ricerca nuova e sistematica: dal ritrovamento dell'altare e del penetrale di Palesai nuovi studi sui templi di altri culti femminili e sulle capanne prima dei capi locali, poi del primo re; dal riesame del palazzo di Augusto, che ne propone una ricostruzione nuova sotto numerosi aspetti, alla riconsiderazione delle diverse fondazioni dell'abitato sul Tevere.Un racconto mitico, sacrale, rituale e storico che svela il significato più profondo del luogo dove Roma è stata fondata.
A ridosso dell'impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, domenica 13 agosto 1950, accade un evento straordinario. A migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i "graniciari", ferrei controllori della frontiera tra l'Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell'Est europeo. Durante la loro permanenza a Gorizia, questi suoi ex cittadini si disperdono nei caffè, nelle osterie e nei negozi, rimasti aperti nell'imminenza del Ferragosto. È una giornata di festa interminabile, vissuta all'insegna dell'eccesso e degli acquisti. Gli empori vengono letteralmente vuotati perché al di là della frontiera, in una Nova Gorica ancora in fase di costruzione e nei paesi limitrofi, c'è poco o nulla da comprare. Nemmeno una semplice scopa di saggina, l'articolo che più di tutti verrà acquistato fino a divenire il simbolo di quel memorabile giorno. In questo libro lo sguardo partecipe di Roberto Covaz si posa con leggerezza su una molteplicità di personaggi e vicende, ora curiose ora amare, che compongono un racconto-mosaico in grado di condurci all'essenza dell'idea di confine.
«Volli bene a Mussolini anche quando, nella notte del 25 luglio, durante il Gran Consiglio, sentii il dovere di agire contro di lui... con la nostalgia di un Mussolini che ormai non esisteva più» Dino Grandi «testo fondamentale per capire la personalità dell'autore e soprattutto la natura del regime» Corrado Augias Nel 1983, rompendo un silenzio durato quarant'anni, Dino Grandi decideva di esporre la sua verità sulla fine della dittatura mussoliniana, e lo faceva autorizzando infine la pubblicazione di questo libro che egli aveva scritto a ridosso ancora dei fatti, nel 1944, e aveva poi conservato inedito. Non era, la sua, una verità qualunque: questo è infatti il memoriale di colui che dopo essere stato per molti anni, tra fedeltà e disubbidienza, l'antagonista di Mussolini, fu l'artefice primo della sua fine. Il 25 luglio 1943, che si chiude con il faccia a faccia tra il re e Mussolini e con il licenziamento e l'arresto del duce, si era aperto, alla seduta del Gran Consiglio, con le diciannove firme che, approvando l'ordine del giorno proposto da Grandi, siglarono di fatto la sfiducia del supremo organo del fascismo a Mussolini. Qui dunque Grandi racconta il suo 25 luglio. Il testo è preceduto da una corposa introduzione di Renzo De Felice e da una premessa di Giuseppe Parlato.
Il Medioevo è un tempo ancora poco definito e uno spazio dai confini labili, una dimensione storica scarsamente conosciuta che continua a essere lo specchio deformante del nostro presente: "cose da Medioevo" si dice, come se non appartenessero ai giorni nostri. Per orientarsi in un Medioevo spesso invisibile a occhio nudo, ma che sottende tutta la nostra storia, bisogna quindi immergersi nel passato con un inventario d'autore e seguirne i percorsi, fatti di storie, personaggi, luoghi e intersezioni, cercando di dipanare una fitta trama di false credenze. Il risultato è il viaggio inusuale e sorprendente che ci propone questo libro.
Quel 24 luglio 1923 fu il giorno in cui scoppiò la pace? Sì e no. La pace è una condizione temporanea, non un'entità permanente: è instabile. Un trattato di pace annuncia, da un punto di vista normativo, la fine delle ostilità fra gli Stati, ma non la fine delle violenze o dei risentimenti. Quel giorno terminò il decennio della Grande Guerra, ma ciò che subentrò fu un ordine internazionale precario e pur sempre caratterizzato dalla violenza. A Losanna si disinnescarono alcuni conflitti, ma si innescarono nuove ostilità. Marx aveva ragione: noi tutti creiamo la nostra storia, ma non nella maniera in cui crediamo di farlo. Il 24 luglio 1923 venne firmato a Losanna l'ultimo trattato che poneva fine alle ostilità della Grande Guerra. Jay Winter racconta ciò che accadde quel giorno e come milioni di civili si trasformarono in ostaggi, scambiati per il raggiungimento della pace: la maggioranza dei cittadini greco-ortodossi della Turchia perdette il diritto di cittadinanza e di soggiorno in quello Stato, lo stesso accadde alla maggior parte dei cittadini musulmani della Grecia. Di fatto venne introdotta nel diritto internazionale una definizione di cittadinanza basata sulla religione. Il secondo prezzo della pace fu pagato dal popolo armeno al quale non venne riconosciuta una patria nelle terre da cui era stato espulso. E così il 24 luglio 1923 la pace venne prima della giustizia e aprì la strada alle forze che porteranno nel 1939 alla guerra globale.
L'ondata epidemica degli ultimi anni ci ha costretto a fare i conti con i limiti delle nostre sicurezze. Siamo stati rimessi di fronte a una vulnerabilità che può sempre riemergere in forme nuove, facendoci sentire più vicini ai drammi attraversati, con ben minori possibilità di difesa, nei secoli lasciati alle spalle. L'impatto con la crisi si fissa sempre nella memoria: diventa cronaca di cui si scrive e si discute, su cui intervengono poteri e istituzioni, trama di narrazioni che possono arrivare a farsi letteratura e storia. L'antologia che presentiamo ripercorre i momenti più significativi di questo dialogo ininterrotto tra le patologie diffuse per contagio e la comunità degli attori umani. Dalla peste di Boccaccio passando attraverso Guicciardini, Federico Borromeo, Muratori, Verri, Parini, Manzoni, De Amicis e altri autori siamo condotti fino alle ripercussioni delle epidemie di vaiolo, di colera, di influenza spagnola. Si conclude con una prima sintesi panoramica sui riflessi in campo narrativo dell'epidemia da Covid-19, che ci proiettano nel cuore di una vicenda i cui effetti non potranno essere dimenticati per il loro peso e il carattere globale.
Prima che il concilio di Trento (1563) lo codificasse rigidamente, nel basso medioevo il matrimonio mantenne a lungo una natura laica, mutevole e versatile, caratterizzata da una grande variabilità di pratiche e modelli. Pare quindi più opportuno parlare di matrimoni al plurale, abbandonando la visione univoca dell'istituto affermatasi solo dopo Trento. Nel volume si farà, pertanto, ampio riferimento non solo ai matrimoni legittimi e codificati, ma anche all'esteso ventaglio di quelli incerti e irregolari, come i matrimoni a tempo, le unioni di fatto, i matrimoni plurimi, le convivenze more uxorio o i rapporti concubinari; si passeranno in rassegna le diverse forme di unioni trasgressive, dal ratto all'adulterio, dai matrimoni finti e simulati sino a quelli violenti e forzati; si rifletterà, infine, sulle forme proibite o a stento tollerate, come i matrimoni interconfessionali, la promiscuità interreligiosa e le unioni con gli esclusi e i marginali.
La scelta di Romolo, che dopo aver sconfitto i Sabini in guerra ne fa altrettanti cittadini romani, è solo il primo caso di un'attitudine all'incorporazione di genti ed etnie diverse che caratterizza Roma sin dalla sua fondazione: nei secoli successivi il processo continua fino a comprendere tutti gli abitanti di un impero esteso su tre continenti. Chiamando a raccolta saperi diversi, il volume esplora alcuni momenti di questo percorso, raccontando storie di uomini e donne, ma anche vicende di dee e dèi venuti da lontano e accolti nel pantheon di Roma, e giungendo al rapporto con gli stranieri più estremi, stanziati nel cuore dell'Asia, eppure coinvolti in uno scambio commerciale capace di stabilire relazioni e cancellare distanze.
Specchio della nazione, oggetti di culto civile e politico, arredo invisibile del paesaggio urbano, spine conficcate in gola alla città. I monumenti sono simboli sacri per alcuni ma vista insopportabile per altri. Le vicende delle loro origini sono dense di disaccordi, e spesso rivelano ciò che si agita nel ventre della storia più di quanto facciano gli atti di iconoclastia. C'è accanimento ideologico nel modo in cui certi monumenti americani sono discussi, criticati, talvolta vandalizzati, spesso rimossi dalle stesse autorità pubbliche? Oppure sono proprio quei monumenti un tentativo di cancellare la storia, di celebrarne certi aspetti celandone altri? Raccontando la vicenda di alcuni monumenti in una società conflittuale quale è quella degli Stati Uniti, Arnaldo Testi affonda lo sguardo nel cuore magmatico del paese e della sua storia. A emergere è il ritratto di un'America immaginata e imperfetta e delle sue autorappresentazioni, delle polarizzazioni e dei compromessi che l'hanno percorsa, e delle tensioni che oggi l'attraversano. La storia è sempre fastidiosa, continua a tormentarci, a renderci felicemente difficile la vita anche quando viene scritta nella pietra e nel bronzo, e diventa memoria.
Questa storia della scuola in Italia, che vede il contributo di alcuni dei massimi specialisti, abbina il rigore storico e lo sguardo pedagogico, proponendo una struttura a tre livelli. Nel primo si presenta la situazione di partenza, gli Stati italiani prima dell'Unità, mentre nel secondo livello si ricostruisce lo svolgersi storico dei diversi ordini e gradi scolastici: asili nido e scuole dell'infanzia, scuola primaria, istruzione post-elementare e secondaria (con specificazioni sull'istruzione magistrale e su quella tecnica e professionale), università. Nel terzo livello si approfondiscono tre problemi trasversali, come la visione di genere (le donne a scuola), i rapporti tra istituzione ed economia, le complesse relazioni tra la scuola italiana e la religione cattolica. Per finire, un confronto tra la situazione attuale della scuola in Italia rispetto agli altri Paesi europei e agli Stati Uniti. Introduzione di Fulvio De Giorgi. Contributi di: Nicola S. Barbieri, Paolo Bonafede, Pietro Causarano, Daria Gabusi, Angelo Gaudio, Andrea Mariuzzo, Tiziana Pironi, Maurizio Piseri, Fabio Pruneri, Vincenzo Schirripa, Caterina Sindoni.
Una indispensabile ricostruzione storica e geografica per comprendere le origini del cristianesimo. Viene magistralmente ricostruita, per i primi due secoli dell'era cristiana, la vita di Antiochia, terza città dell'Impero e capitale della provincia di Siria, e di Efeso, sede del celebre tempio di Artemide e capitale della provincia d'Asia. Si tratta di due città di primaria importanza nel Mediterraneo orientale, entrambe determinanti per lo sviluppo e la diffusione del cristianesimo. Attraverso l'analisi del loro sviluppo e delle loro trasformazioni sarà possibile osservare i processi che portarono all'affermazione del cristianesimo e cogliere le dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali entro cui i seguaci di Gesù costruirono e definirono la propria identità cristiana.