È lei, Tat'jana Ivanovna, la vecchia nutrice, a preparare i bagagli di Jurij e di Kirill, i ragazzi che partono per la guerra; ed è lei a tracciare il segno della croce sopra la slitta che li porterà via nella notte gelata. Sarà ancora lei a rimanere di guardia alla grande tenuta dei Karin allorché la famiglia dovrà, come tanti, rifugiarsi a Odessa e ad accogliere Jurij quando tornerà, sfinito, braccato. Né si perderà d'animo, la vecchia nutrice, quando dovrà camminare tre mesi per raggiungere i padroni e consegnare loro i diamanti che ha cucito a uno a uno nell'orlo della gonna. Grazie a quelli potranno pagarsi il viaggio fino a Marsiglia, e proseguire poi per Parigi. Nel piccolo appartamento buio che hanno preso in affitto Tat'jana vede i Karin girare in tondo, dalla mattina alla sera, come fanno le mosche in autunno. Lei, che è stata testimone del loro splendore, che li ha visti crescere, che li ha curati e amati per due generazioni con fedeltà inesausta, li vedrà adesso vendere le posate, i pizzi, perfino le icone che hanno portato con sé. Sembra che nessuno di loro voglia ricordare ciò che è stato; solo lei, Tat'jana Ivanovna, ricorda: così una notte, quella della vigilia di Natale, mentre tutti sono fuori a festeggiare, si avvia da sola, avvolta nel suo scialle, verso la Senna.
Un saggio sulla compassione.
L'opera apparve a Buenos Aires nel 1926, secondo libro di saggi dopo "Inquisizioni" (1925), e insieme a quest'ultimo e all'"Idioma degli argentini" (1928) fu ripudiato, tornando ufficialmente in circolazione solo dopo la morte del suo autore. Basta leggere l'ardente proclama con cui prende avvio per rendersi conto delle ragioni di quell'abiura: "Ormai Buenos Aires, più che una città, è un Paese e occorre trovare la poesia e la musica e la pittura e la religione e la metafisica adatte alla sua grandezza". Libro delle furie, dunque, tracotante di audacia e di speranza, l'opera regola i conti con la coeva cultura argentina ("La nostra realtà vitale è grandiosa e la nostra realtà pensata miserabile"), attacca spavaldamente la pigra immobilità della lingua letteraria e l'ingannevole prestigio delle parole che compongono i versi, celebra la pampa e il sobborgo ("li sento aprirsi come ferite e mi dolgono allo stesso modo").
Constantin Christomanos fu scelto da Elisabetta d'Austria - la leggendaria Sissi - nel 1891, quando in lei l'inquietudine e la malinconia si erano acuite in modo spasmodico, come lettore e insegnante di greco. E da allora annotò in "fogli di diario" la vita dell'Imperatrice. Constantin fu testimone assiduo delle sue parole, spesso straordinariamente lucide, delle sue reazioni spontanee, dei suoi momenti di abbattimento, e ha saputo restituire con precisione il timbro di questa "imperatrice della solitudine".
Un libro sulle inchieste di Maigret.
Il contratto preparato nell'estate del 1937 da Faber and Faber e da Random House riguardava un generico "libro di viaggio sull'Estremo Oriente" e lasciava alla discrezione di Auden e Isherwood la scelta dell'itinerario e il taglio del resoconto. Ma è certo che la decisione, da parte della strana coppia di reporter, di partire per la Cina - allora in guerra col Giappone non fu delle più ovvie. Di fatto, per quanto in quegli anni l'intelligencija europea frequentasse con una certa assiduità trincee e teatri d'operazioni, nessuno aveva rivolto lo sguardo a quello che - nonostante le dimensioni, la ferocia e le implicazioni che avrebbe avuto per la storia non solo regionale era un conflitto quasi dimenticato. Che Auden e Isherwood ci fanno invece rivivere nel momento stesso in cui accade, con un'immediatezza, una precisione e un'efficacia tanto più sbalorditive se si considera che del Paese in cui soggiornarono dal gennaio al luglio del 1938 i due, per loro stessa ammissione, sapevano molto poco, e soprattutto che la forma da loro adottata un ibrido di prosa, versi e fotografie - era, ed è rimasta, un unicum.
"Il 15 maggio uscirà il primo numero di una rivista" scrive Giorgio de Chirico a Carrà nell'aprile del 1918. E precisa: "Sarà una rivista seria". Una rivista, va aggiunto, che segnerà le sorti dell'arte italiana e la farà conoscere in tutta Europa. A "Valori plastici", che prenderà avvio nel novembre, Savinio collaborerà con un gruppo di testi temerari, qui radunati per la prima volta. Basti pensare alla figura di artista che campeggia in "Arte = Idee moderne", quell'"amico della conoscenza" pronto a evadere dalla "torre d'avorio e di bestialità" e a penetrare in ogni dominio sociale, quel "mago moderno" (incarnato da Giorgio de Chirico) capace di giungere al di là dell'oggetto e di mettere a nudo "l'anatomia metafisica del dramma", giacché l'intuizione del mondo esterno non è solo "sensoria" ma soprattutto "cerebrale ". Il volume raduna per la prima volta i contributi pubblicati da Savinio su "Valori plastici" fra il 1918 e il 1921, ed è accompagnato da un saggio di Giuseppe Montesano.
I saggi qui riuniti, apparsi originariamente in riviste oggi di difficile reperimento, coprono un arco temporale che abbraccia l'intero periodo creativo di Guénon, dal 1909 al 1950. La visione metafisica di Guénon appare già compiuta fin dal primo saggio sul Demiurgo - pubblicato a ventitré anni -, in cui egli affronta il millenario quesito "unde malum?", rispondendo con la disinvoltura e la meticolosità di chi svolga una dimostrazione di ciò che dovrebbe risultare a tutti ovvio, o perlomeno facilmente desumibile da alcune nozioni universali di immediata evidenza, quali l'infinito, l'essere e il non-essere, il manifestato e il non-manifestato, l'unità e la molteplicità. E fedele a quella visione, incentrata sugli assiomi che nelle civiltà tradizionali definiscono l'ordine del mondo e il percorso iniziatico di realizzazione spirituale, Guénon nei quarant'anni successivi si adopera instancabilmente a rettificare le confusioni di pensiero e le aberrazioni terminologiche che vede diffondersi nel mondo moderno, chiarificando con puntiglio i rapporti fra monoteismo e angelologia, il significato delle idee platoniche, la distinzione fra spirito e intelletto, le valenze metafisiche della produzione dei numeri e della notazione matematica.
"Libro più nostro di una pena, separato da noi soltanto dall'inglese, da cui un giorno dovrà essere restituito al purissimo "criollo" in cui fu pensato: "criollo" della costa, "criollo" in bontà e in fiacca, "criollo" di quel tempo amplissimo che mai pungolarono gli orologi e lentamente scandirono i mate." (Jorge Luis Borges).
In questo romanzo si dipana un groviglio di trame da un pretesto già poco resistibile in sé, le riunioni periodiche di un inaudito circolo spiritistico gestito dal luciferino Patrick Seton, in cui si danno convegno personaggi molto diversi fra loro ma uniti dal medesimo stato civile, e più ancora da un'avversione a cambiarlo talmente tenace da poter condurre, se le circostanze lo richiedono, anche al delitto. Questa situazione di partenza viene immersa in una Londra trasformata con pochi tocchi in una geografia metafisica.