La nostra società accusa un drammatico deficit di speranza. Per tanta gente la vita è tutto un correre, competere, confliggere: e poi? L'uomo di oggi vive senza sapere più perché; è come un viandante che non sa più chi sia e dove stia andando. . . La speranza è tramontata nell'orizzonte dell'uomo postmoderno perché egli ha smarrito la memoria, e il futuro gli causa più paura che desiderio. Esercizi di speranza indica un metodo, destinato a essere sempre più importante nella vita della Chiesa: un metodo di lettura sapienziale della storia, capace di quel discernimento che fa tesoro della Sacra Scrittura, guardando al presente con occhio critico e insieme partecipe. Francesco Lambiasi ci propone un cammino "spirituale" sulla Prima Lettera di Pietro, cioè un itinerario, scandito attraverso nove tappe, ciascuna organizzata a partire da un brano della Traccia di preparazione al Convegno di Verona 2006 che fa da apertura a una riflessione dagli ampi orizzonti, per terminare con suggerimenti per l'esercitazione personale e per la preghiera: un significativo strumento per annunciare e condividere la fede in Gesù Cristo, crocifisso risorto, unica salvezza del mondo e di ogni uomo e donna.
Come si comincia? Una domanda semplice e diretta per dire il desiderio di iniziare, il gusto di mettersi all'opera per vivere pienamente l'Azione Cattolica. L'AC non può nascere da sola dove non c'è e difficilmente potrà rinascere se non viene ravvivata: ha bisogno di essere proposta, raccontata, presentata come esperienza bella di vita, di comunione, di amicizia, di condivisione di progetti? Ecco allora l'ultimo nato della collana "Tra il dire e il fare", un sussidio utile e ricco di consigli, uno strumento indispensabile per imparare a progettare. Il breve volume non pretende di essere una ricetta di sicuro successo, ma è sicuramente una valida proposta di tutti gli ingredienti che non possono mancare per fare e vivere l'AC: la teoria e la pratica, il metodo e i fatti. Da un lato infatti vengono proposti spunti, idee, progetti, riflessioni per suggerire i passi da compiere; dall'altro vengono presentate le intuizioni e "le buone pratiche" di quelle diocesi che si sono messe all'opera e hanno sperimentato, i racconti e i percorsi dei gruppi che hanno provato, riprovato e corretto? perché il modo migliore per fare AC è viverla, un passo dopo l'altro: progettare un passo avanti è proporre un cammino concreto di speranza. Perché «un viaggio di mille miglia comincia con un passo».
Una Parola al giorno è il dono che il vescovo Francesco Lambiasi invita a fare a se stessi, a qualunque età e in ogni condizione di vita. Sono vangeli feriali quelli che l'autore, coadiuvato da un gruppo di laici, commenta in queste pagine: feriali perché proposti dalla liturgia della Chiesa, dal lunedì al sabato di ogni settimana dell'anno. Ma feriali anche perché ricchi del sapore del pane che ogni giorno Dio offre alla tavola della nostra esistenza.Seguendo la scansione del calendario liturgico, dal tempo di Avvento ai giorni di Natale, dalla Quaresima alle settimane di Pasqua fino al tempo ordinario, il libro offre un breve commento al vangelo quotidiano: qualche spunto di meditazione e di vita per chi intenda fare della Parola la luce della propria giornata.Una raccolta preziosa che tenta felicemente di coniugare i temi sempre sconfinati e attuali della sequela del Signore, attraverso una lettura del vangelo a più voci, tante quanti sono i volti che accompagnano ogni giorno il cammino di fede di ciascuno.
Metti che sei uno che non si accontenta. . . il Msac è per te! L'opuscolo spiega la proposta del Movimento Studenti che è una grande sfida per "studenti pensanti", ragazzi che non vogliono stare dentro la scuola come isole più o (soprattutto) meno felici bensì che accettano la sfida di essere insieme, aggregarsi per riflettere, proporre, migliorare e cambiare. Insomma per chi approccia alla vita dicendo non "Che mi frega?" ma piuttosto "Mi interessa". Mi interessa la scuola perché è la mia vita, mi interessi tu perché sei il mio campagno di strada, mi interessa il mio prof perché è il mio educatore e guai a lui se abbassa il tiro. . .