
Esiste un ambito in cui due saperi in apparenza lontani quali la fenomenologia e le neuroscienze si incontrano e cooperano proficuamente a definire la traiettoria dell'esperienza personale, lungo una linea di continuità tra stati normali e psicopatologia nevrotica. È quello della costruzione del sé, inteso da Giampiero Arciero e Guido Bondolfi non come soggetto che signoreggia nella propria chiusa sfera mentale ma come identità narrativa, la cui permanenza nel tempo si riflette nel linguaggio, configurando in una trama provvista di significatività le differenti inclinazioni emozionali. La narrazione ricompone e integra gli accadimenti, l'agire e il patire, così da fornire a chi li esperisce un senso di stabilità dinamica, polarizzata secondo due tendenze emotive fondamentali di cui la risonanza magnetica funzionale produce riscontri: la centratura sul corpo e l'orientamento all'alterità. A questa polarità Arciera e Bondolfi riconducono gli stili di personalità, distinti in base ai disturbi dominanti: alimentari, ossessivo-compulsivi, ipocondriaco-isterici, fobici, depressivi. Una prospettiva epistemica che ha suscitato grande consenso, perché riesce finalmente a connettere le invarianti esperienziali con la storia singolare della persona nella sua unicità.
L'inconscio freudiano è sede di una logica "illogica" che si manifesta di continuo con innumerevoli sintomi. Riguardo al piacere, questa doppia costruzione, razionale e inconscia, della nostra mente è più che mai evidente. Il piacere è ambiguo, intrinsecamente equivoco. Ne deriva per l'uomo un malessere diffuso, quello stesso malessere che Freud individuò già nel 1929, descrivendolo nel "Disagio della civiltà". Ci sono modi diversi di studiare l'inconscio: quello psicoanalitico, innanzitutto, e quello neuroscientifico, sempre più importante negli ultimi anni. Di rado i due campi si parlano. Qui sta la forza di questo progetto e il successo della cooperazione tra i due autori di questo libro, da tempo impegnati nel dialogo interdisciplinare. Uno psicoanalista e un neuroscienziato, consapevoli dei limiti intrinseci delle rispettive discipline, si mettono a confronto, per trovare nel dialogo tra due tradizioni a lungo separate una spiegazione più comprensiva dell'inconscio e dei meccanismi del piacere, del dispiacere e del desiderio.
A Saraswati Park, un tranquillo quartiere di Bombay lontano dagli alberghi di lusso, da Bollywood e dalle zone degradate, abitano Lakshmi e Mohan, genitori di ragazzi emigrati all'estero, e zii di Ashish, irrequieto studente di letteratura, ospite per l'anno che deve ripetere al college. Mohan scrive lettere e compila moduli per chi non può farlo da sé. La sua passione sono però i libri usati, di ogni genere, che colleziona, e la sua segreta aspirazione è la scrittura, quella vera. Anche Lakshmi ha una vita interiore, una narrazione di sé che tiene rigorosamente segreta. La presenza del giovanissimo Ashish, alla ricerca di un futuro e di un'identità sessuale, coinvolto in una difficile storia d'amore gay, spinge la coppia a prendere a sua volta coscienza dei propri desideri e ad acquistare una nuova sicurezza. Sarebbe una tradizionale storia di amori, sentimenti e ansie nascoste se l'autrice non fosse maestra nel raccontare anche quella che è la vera protagonista del romanzo, e il suo vero amore, la città che continua a chiamare Bombay nonostante nella nuova India sia da tempo diventata Mumbai: sintomo di una grande nostalgia per quel brulicare di vita minuta, ricca, affascinante che riempie le strade, i giardini e i caseggiati delle città, anche quelle dell'India contemporanea. Sono le strida degli uccelli, gli strilli e le risate dei bambini, le grida dei venditori ambulanti, i profumi dei fiori e degli incensi votivi, gli aromi della cucina...
Wiener esamina in questo libro le conseguenze delle conquiste della tecnica sull'organizzazione sociale umana, mostrando che non sono né scientifici né sensati quei ragionamenti che, usando i concetti e gli schemi della cibernetica, tendono a valutare il comportamento umano solo in base all'efficienza e al rendimento. Dire che i movimenti dell'uomo possono essere studiati con gli stessi criteri con cui si studiano i movimenti di un meccanismo automatico, non rende lecito in alcun modo giudicare abnormi o inutili tutti quei comportamenti umani che non abbiano la meccanicità e la produttività dei meccanismi semplici in uso oggi. Se si vogliono trarre conclusioni sull'uomo bisogna studiarlo nella sua complessità.
Nella storia del pensiero non è infrequente il caso di opere capitali circolate mutile. Di una simile vicenda "Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento" offre un esempio paradigmatico. Alla sua pubblicazione nel 1927, al culmine della elaborazione teoretica di Ernst Cassirer maturata nella cerchia amburghese di Aby Warburg, fu subito chiaro come il Rinascimento assumesse una fisionomia nuova, plurivoca e tutt'altro che pacificata. Attraverso le nozioni di individuo e cosmo venivano alla luce i nuclei etici e conoscitivi della modernità, quali i rapporti tra libertà e necessità e tra soggetto e oggetto. Dalla ricchissima trama di idee, riflessioni e congetture che Cassirer riusciva a intessere attingendo non solo a filosofi, ma anche a scienziati, poeti e retori, si distaccavano per rilievo peculiare i contributi di pensiero di due figure, il tedesco Niccolò Cusano e il francese Charles de Bovelles. A sottolineare la loro centralità, Cassirer poneva in appendice il dialogo "Della mente" del primo e "Il sapiente" del secondo. Entrambi gli scritti risultavano però espunti nella traduzione italiana apparsa nel 1935. Oggi, recuperare l'interpretazione cosmopolita di un'epoca fondante della storia culturale europea ha una valenza che esorbita dal puro ambito storiografico. La prima traduzione integrale, e completamente rifatta, del testo di Cassirer risponde a un'esigenza del nostro tempo: rompere con le prospettive unilaterali.
Parlare di matematica non è soltanto dimostrare il teorema di Pitagora: è anche parlare d'amore e raccontare storie di principesse. Anche nella matematica c'è bellezza. Come disse il poeta Fernando Pessoa: "Il binomio di Newton è bello come la Venere di Milo. Il fatto è che pochissimi se ne accorgono". Coi numeri si può giocare, anzi è consigliabile farlo, sia per tenere in allenamento il cervello sia, semplicemente, per divertirsi. È questo il motivo che ha spinto Adrián Paenza a scrivere questo libro inusuale; un modo per sconfiggere il timore reverenziale che la matematica troppo spesso porta con sé e mostrare come in realtà si tratti di una disciplina irresistibilmente affascinante. Per chiunque, senza eccezioni. In questo libro troverete storie di personaggi bizzarri, calcoli davvero strani, indovinelli, rompicapi, quantità infinite, numeri primi, numeri irrazionali, numeri "interessanti" e buffi giochi d'azzardo. Troverete un intrico di percorsi, ognuno dei quali apre orizzonti insospettabili.
Aggressività, conflitti psichici, difficoltà nel rapporto con i genitori: tutti i problemi dell'età più critica dello sviluppo analizzate sotto la lente di una rivoluzionaria maestra della psicoanalisi.
Da "Acqua" a "Yeti", questa carrellata di 501 cose ignote ha il pregio di dare risalto - una volta tanto - a ciò che non sappiamo. E scorrendo i capitoli di questo libro è sorprendente vedere quante siano le cose che effettivamente restano fuori dalla nostra portata. In molti casi si tratta di cose che crediamo di sapere, salvo che a un esame più ravvicinato queste presunte conoscenze finiscono per mostrare tutta la loro enigmaticità. La nostra ignoranza è grande ed è una fortuna che sia così: questo libro vuole tesserne l'elogio perché, come diceva Confucio, "La vera conoscenza è sapere i limiti della nostra ignoranza". Come si formano i cristalli di ghiaccio? In che modo Socrate si guadagnava da vivere? Perché l'armadillo si ammala di lebbra? Perché la caffeina distrugge la regolarità delle tele dei ragni? Per quanto tempo resta cosciente una testa recisa dal corpo? Il lievito può pensare? Fino a quanto può contare un topo? La prossima settimana pioverà?... Sono alcuni dei 501 deliziosi casi di ignoranza umana. A quanto pare, più cose capiamo e più siamo consapevoli di quelle che non conosciamo, e più ci sentiamo motivati a scoprire e conoscere. Come disse Benjamin Franklin: "La soglia del tempio della sapienza è la consapevolezza della nostra ignoranza".
Le descrizioni delle fantasie della primissima infanzia che hanno squarciato un velo e contribuito a fondare una vera e propria scuola. Prefazione di Franco De Masi.
Straordinariamente attuali, questi saggi propongono la critica alle ipocrisie della società occidentale e il giudizio sulla barbarie che minaccia di travolgerla; le meditazioni sull'anima collettiva e sulla religione, implacabilmente definita la grande illusione dell'umanità, sui fondamenti della civiltà, sugli aspetti coercitivi che la distruttività innata in tutti gli individui e la mancanza di spontaneo amore al lavoro rendono indisgiungibili dagli ordinamenti civili. La radicale coerenza di pensiero, il realismo e la sistematicità dell'analisi fanno di queste pagine, frutto di venticinque anni di riflessione, il primo studio di psicoanalisi sociale, in cui il progetto freudiano di giungere a spiegare tutta la realtà sulla base di principi scientifici innalza uno dei grandi monumenti moderni alla ragione.