
Il "De Athanasio" di Lucifero di Cagliari (morto nel 370 ca.), di cui qui si presenta una traduzione in lingua moderna, è uno dei cinque pamphlet che l'agguerrito vescovo rivolge con virulenza contro l'imperatore Costanzo, ben noto per il suo sostegno alla dottrina ariana. Motivo dell'attacco è il fatto che, in occasione del concilio di Milano (355), Atanasio, grande paladino dell'ortodossia nicena, fu condannato nonostante fosse absens, inauditus e innocens. Una profluvie di citazioni bibliche, alcune molto lunghe ed esondanti; stringenti argomentazioni e minacce di dannazione eterna, qua e là inframmezzate da tentativi di correzione nella speranza di un ravvedimento; uno stile scabro come la natura della sua terra; tutto ciò fa di questa opera un riferimento imprescindibile per comprendere importanti elementi della controversia ariana del IV secolo.
«Non dobbiamo smettere di credere che "assieme" si può cambiare questo mondo malato, e ritrovare la speranza, la virtù forse più preziosa del nostro tempo, una forma di bene comune». «Spero che questa sintesi del mio pensiero, nella quale ritrovo pienamente quanto da me scritto e detto in questi anni, possa coscientizzare quanta più gente possibile e accelerare così il processo di giustizia ed equità nel mondo», scrive Papa Francesco nell'ampia prefazione del libro. Nel volume Zanzucchi propone una raccolta ragionata e fluida di quanto papa Bergoglio ha detto e scritto su ricchezza e povertà, giustizia e ingiustizia sociale. Una denuncia forte e decisa della speculazione finanziaria e delle rendite che accentuano la distanza tra ricchi e poveri.
Il volume riunisce due opuscoli appartenenti al corpus asceticum di Giovanni Crisostomo. Essi trattano e contrastano un fenomeno presente nei primi secoli del cristianesimo, vale a dire la coabitazione di monaci o asceti con donne vergini. In un'epoca in cui non era ancora diffuso un monachesimo cenobitico regolare e organizzato, poteva accadere che uomini e donne decidessero di dedicare la propria vita a Dio in preghiera, ascesi e castità, vivendo insieme per beneficiare di assistenza reciproca e soccorso vicendevole. Tuttavia, per i sospetti di immoralità cui poteva dar adito e per lo scandalo che poteva procurare, tale fenomeno nel cristianesimo antico fu spesso considerato con grande sfavore. Con i due opuscoli - il primo indirizzato agli asceti, il secondo alle vergini - il Crisostomo si inserisce in una polemica già viva e ben nota ai suoi tempi, trattata da autori ecclesiastici e recepita da molti concili, consegnandoci i testi più organici e specifici che sull'argomento ci abbia lasciato il cristianesimo antico.
La Confutazione di alcune dottrine aristoteliche è opera in lingua greca falsamente attribuita dalla tradizione manoscritta all'apologista Giustino, la cui redazione può probabilmente essere datata tra il IV e il V secolo. L'opera si inserisce nella tradizione del pensiero cristiano antico che, a partire dalla convinzione che L'attività creatrice di Dio si collochi ab initio temporis, individua in Aristotele, sostenitore della dottrina dell'eternità del cosmo e del tempo, uno dei bersagli privilegiati della sua polemica. In questo contesto l'atteggiamento dell'anonimo autore della Confutatio appare tuttavia singolare: per difendere la creazione dal nulla egli si confronta in modo diretto - caso quasi unico all'interno della Patristica - con il testo aristotelico della Fisica e del trattato De caelo, confutandone le dottrine con argomentazioni di carattere esclusivamente filosofico ed evitando il richiamo al testo biblico quale strumento probatorio.
Si fece un silenzio denso, interrotto solo dal volo di un moscone che solcava lo spazio soffocante dell’ufficio. «Nguyen Van Thuan ti abbiamo fatto portare qui perché sei colpevole di causare problemi al Governo del popolo sovrano del Vietnam. Sei accusato di propaganda imperialista e di essere un infiltrato delle potenze straniere». È il 1975. Con queste parole François Xavier Nguyen van Thuan, da poche settimane nominato arcivescovo coadiutore di Saigon (Hochiminhville, Vietnam), viene accusato di tradimento e arrestato. Trascorrerà in prigione 13 anni di cui 9 in isolamento. Una vita spesa nell’adesione coerente ed eroica alla propria vocazione, come dirà di lui Papa Giovanni Paolo II. Una storia che merita di essere raccontata.
I Tractatus in Psalmos furono scoperti e pubblicati da G. Morin tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulla base di vari riscontri l’editore attribuì i nuovi testi a Girolamo, di cui fino a quel momento era pressoché sconosciuta la produzione omiletica, datandoli al primo decennio del V secolo, quando lo Stridonense si trovava a Betlemme. L’attribuzione fu accettata unanimemente, fino a quando nel 1980 V. Peri non propose di intendere i Tractatus come la traduzione geronimiana delle omelie di Origene. Tale tesi ebbe largo successo in Italia, ma incontrò l’opposizione di alcuni studiosi della scuola francese, che continuarono a sostenere la paternità geronimiana. Qui si pubblicano il testo latino di Morin, rivisto dal curatore, e la traduzione italiana, corredata da un ampio commento che consente di inquadrare i Tractatus all’interno di una corretta prospettiva esegetica, ampia e articolata, che tenga conto della paternità geronimiana e dell’innegabile influenza origeniana.
L'opera in cui Rosmini definisce la costituzione di una nazione, «l'opera più grande che si possa mai fare: l'opera la più importante». Questi testi offrono al lettore una esposizione chiara della mente di Rosmini in materia di applicazione pratica del suo pensiero sul diritto e sulla politica. In occasioni fra loro differenti, ma avendo in mente sempre l'Italia unita, Rosmini traduce in articoli legislativi i principii da lui elaborati nella Filosofia del diritto, nella Filosofia della politica e soprattutto nella Natural costituzione della società civile, che idealmente faceva parte della riflessione sulla filosofia della politica e la cui prevista pubblicazione doveva essere contemporanea a questi progetti costituzionali.
Questo secondo volume di Opuscoli completa la traduzione dei testi del XXVI tomo delle Oeuvres di Annecy. Si articola in due parti: gli scritti redatti senza particolari destinatari formano la prima, quelli che hanno un particolare destinatario la seconda. Pur trattandosi di testi minori, tanto nella prima quanto nella seconda parte emerge il mistico e il saggio maestro di vita spirituale. Nella prima, risultano di particolare rilievo la meditazione sul Cantico dei Cantici e i Frammenti sulle virtù cardinali e morali; nella seconda, gli scritti redatti per Rosa Bourgeois, badessa di Puits-d’Orbe, e quelli per la sorella, la presidente Brûlart. L’insieme dei testi ci consegna la luminosa certezza che anima l’esperienza mistica di Francesco di Sales e il suo originale sopraumanesimo cristocentrico: la più alta dignità dell’uomo consiste nell’essere creato da Dio «per conoscerlo, ricordarsi di lui e amarlo»; invece costituisce una grande sventura ritenere di «essere al mondo soltanto per costruire case, sistemare giardini, possedere vigne, ammassare oro, e simili cose passeggere».
Per costruire un solida armonia nella coppia è necessario gestire i momenti difficili, riconoscere le aspettative illusorie o irrealistiche, cambiare le personali rigidità e controllare le reazioni emotive inappropriate. Fare in modo cioè, che la consapevolezza di sé possa essere un faro capace di illuminare la rotta per andare verso l’altro, valorizzando una grande risorsa di cui tutti disponiamo: la capacità di cambiare. Per costruire una sana relazione a due occorre oltrepassare i limiti di un individualismo eccentrico che obbliga a una solitudine soffocante.
L’etica cristiana si trova in una posizione paradossale. Da una parte l’insegnamento di Gesù appare costituito da indicazioni di natura morale («ma io vi dico…») e il cristianesimo viene riconosciuto, nella storia e nel mondo, per la sua capacità di trasformare atteggiamenti, rapporti personali, valori umani. Dall’altra parte la grazia, ugualmente al centro del messaggio cristiano, pare respingere sullo sfondo tutte le pretese della moralità. Qualsiasi cosa si debba e possa fare, non è questo che alla fine salverà, anzi «Pubblicani e prostitute vi precedono nel regno dei Cieli». Dare troppa importanza all’etica sarebbe un moralismo che tradisce le intenzioni di Gesù mentre portare l’attenzione su quel niente che è tutto ciò che l’uomo può fare, può aiutare a riscoprire il valore e il sapore di uno dei paradossi fondamentali del cristianesimo.