
Capire la mente umana è una delle sfide più impegnative e affascinanti di sempre, una sfida che corre però il rischio di scontrarsi con la complessità di un oggetto di studio che non può essere rinchiuso dentro la rigida gabbia di un'unica disciplina. La nuova scienza della mente di cui parla Domenico Parisi nasce dall'esigenza di superare le separazioni che ci sono tra le diverse scienze dell'uomo, e tra queste e le scienze della natura, e di esplorare quello che si trova "sotto" (nel corpo, nel cervello, nelle cellule e nelle molecole) e sopra la mente (nella società, nella cultura, nella storia). Il metodo proposto è quello delle simulazioni con il computer, che non solo spiegano la realtà ma la ricreano, rendono più chiare e "meccaniche" le nostre teorie e costituiscono una "lingua comune" parlata da tutte le discipline. Il volume ripercorre il cammino che ha portato l'autore ad accettare la sfida di una nuova scienza che può, e deve essere, la psicologia del futuro.
L'uomo ha da sempre subito il fascino della tensione verso il futuro e il nuovo. Molla di tale spinta è una curiosità di per sé insaziabile, per il numero infinito di frontiere da esplorare e per la straordinaria disponibilità di mezzi a nostra disposizione. Helga Nowotny parte da questo assunto per analizzare il ruolo della scienza moderna nella nostra società, dove ricerca e opinione pubblica si candidano come attori principali di un confronto che talvolta assume i toni di un vero e proprio scontro: se la ricerca è infatti per natura portatrice di innovazione, la società tende spesso a identificare tale carica innovatrice con il più oscuro concetto di ignoto, denso di paure e fantasmi. Di qui la richiesta, a volte l'imposizione, di meccanismi di controllo che vincolino il cammino della scienza. Ma questo non significa forse snaturare l'idea stessa di innovazione e di futuro come possibilità dell'inatteso?
In un'epoca contraddistinta dall'esigenza di conoscenza effettiva e specialistica, ma purtroppo inquinata da troppe conoscenze presunte e generiche, sembra oggi più che mai necessario rivolgersi allo strumento epistemologico della riflessione filosofica. Dunque, cosa significa "conoscere", e perché dobbiamo conoscere? Ci sono conoscenze effettivamente possibili? Hanno senso i giudizi estetici sul bello e sul brutto, e i giudizi etici sul bene e sul male? Le credenze religiose assurgono allo status di conoscenza? Che tipo di sapere è il sapere scientifico? Quali intrecci riescono davvero a instaurarsi tra estetica, religione, scienza ed etica? Queste le domande a cui rispondono alcuni dei più autorevoli filosofi contemporanei: Maurizio Ferraris, Giulio Giorello, Christopher Hughes, Eugenio Lecaldano e Nicla Vassallo. Un'analisi delle esperienze conoscitive essenziali, che traccia una mappa del percorso dell'essere umano, alla ricerca di un'approfondita concezione di sé, del mondo che lo circonda e della propria esistenza.
L'uomo usa il linguaggio per raccontare ciò che accade, e molti racconti sono descrizioni di eventi che si susseguono nel tempo: trasformazioni di organismi viventi o sviluppi di generi letterari, nascita e morte di una stella o mutamenti nella pittura dell'Ottocento. La ricostruzione narrativa di questi processi è spesso indicata con la parola "evoluzione". Così si parla di evoluzione biologica e di evoluzione culturale, spesso separando la prima dalla seconda con la clausola secondo cui la cultura vada riferita ai soli stati della mente. Bellone suggerisce invece di eliminare la distinzione tra corpo e mente, e di adottare un modello naturalistico dello sviluppo culturale. Il modello implica allora che l'origine e la trasformazione delle teorie siano fenomeni di tipo biologico, e, in quanto tali, non siano governati da un progetto o da una logica interna, non abbiano alcuno scopo da raggiungere ma si realizzino come forme di adattamento di ciascun organismo all'ambiente mutevole che lo ospita. L'uso di questo modello, basato sulla ricerca di analogie tra diversi campi disciplinari, porta inoltre alla necessità di rivedere molte opinioni sul ruolo di parole come "progresso e verità", e, infine, sulla collocazione della teoria della conoscenza nell'ambito delle neuroscienze.
Troppo spesso al giorno d'oggi qualsiasi discorso sul progresso tecnologico si riduce a un appiattimento sminuente legato al mondo dei computer di Internet o dei più banali "gadget hi-tech", dimenticando che la tecnologia è innanzitutto una pratica complessa, stratificata e profondamente umana, e che come ogni aspetto della nostra vita anch'essa è percorsa da profonde contraddizioni. Thomas Hughes, in "Il mondo a misura d'uomo", analizza lo stretto legame che unisce il progresso umano alla tecnologia, restituendo a quest'ultima la sua natura carica di valori e aspettative per il futuro: quella della propensione umana a modificare e migliorare il mondo che ci circonda. Per questo motivo la tesi conclusiva dell'autore, fondata sull'irreversibilità storica del mondo "tecnologicamente naturale", è quella di immaginare un "pensiero ecotecnologico" critico, che sia alleato, non nemico, dell'ambiente. Con una prosa chiara ed elegante, ricca di suggestioni artistiche e letterarie, Hughes mostra come la tecnologia sia espressione emblematica, al contempo, della creatività, della follia, dell'ingenuità e della curiosità umana.
I nostri corpi sono circuiti attraversati continuamente da messaggi: di tutti questi la fame, ci dice Sharman Apt Russell, è sicuramente il più basilare, un impulso fondamentale per la sopravvivenza, spesso usato come strumento di tortura o di protesta sociale e politica. "Fame" offre un'analisi completa di questo aspetto cruciale della nostra esistenza: in che modo l'organismo ci informa della necessità di mangiare? E soprattutto, cosa succede quando non soddisfiamo questa esigenza? La Russell passa in rassegna gli episodi più clamorosi di digiuno, volontario o imposto: da Gandhi alle suffragette inglesi, dagli studi sulle malattie della fame nel ghetto di Varsavia agli esperimenti condotti dagli americani al termine della Seconda guerra mondiale, fino al recente episodio - a cavallo tra la spettacolarizzazione televisiva e l'esperimento medico - di David Blaine, un illusionista che nel 2003 si fece rinchiudere in una gabbia di plexiglas, restando 44 giorni senza mangiare.
Lo studio della struttura tridimensionale delle proteine con la cristallografia ai raggi x è una componente essenziale della biologia, e ha alle spalle una storia appassionante. Eppure è un argomento poco conosciuto in Italia, nonostante i premi Nobel conferiti ai suoi protagonisti, l'importanza raggiunta a livello biomedico e le rilevanti applicazioni ottenute in campo farmaceutico. La storia della biologia strutturale inizia in Inghilterra nella prima metà del Novecento con una manciata di scienziati visionari considerati folli dalla maggior parte dei colleghi. "Piccole visioni" racconta l'evoluzione di questa disciplina sulle tracce della vita di Max Perutz (premio Nobel per la chimica, 1962) e degli scienziati che con lui hanno gettato le basi di uno dei laboratori più innovativi al mondo, dove, tra i tanti, sono transitati Watson, Crick e la molecola di DNA. Chimico viennese trasferitosi a Cambridge, poco prima della Seconda guerra mondiale, Perutz ha dedicato la propria vita a rincorrere un sogno, secondo alcuni un'ossessione: risolvere la struttura tridimensionale dell'emoglobina, la molecola vitale che trasporta l'ossigeno nel sangue. Questo libro è la cronaca di un'avventura dove tenacia e passione ebbero la meglio su 30 anni di insidie concettuali e tecniche.
Londra, 11 gennaio 1935. Durante una riunione della Royal Astronomical Society, Subrahmanyan Chandrasekhar, giovane fisico indiano trapiantato nell'Inghilterra colonialista, osa sostenere quello che molti scienziati pensano ma si rifiutano di affermare in pubblico: una stella instabile, in determinate condizioni, può subire un collasso gravitazionale di tale portata da trasformarla in un oggetto infinitamente piccolo e denso. era la prima descrizione di ciò che sarebbe stato chiamato buco nero. "L'impero delle stelle" è un romanzo che racconta le lotte di potere, le rivalità e le invidie operanti ai massimi livelli della ricerca scientifica.
"Lontano dall'Eden" è una narrazione di come numerose specie animali e vegetali "aliene", specie invasive che si adattano ad ambienti non autoctoni, sconvolgendone gli equilibri, abbiano infestano gran parte degli ecosistemi terrestri. Veicolo involontario di questa invasione è spesso l'uomo; dai galeoni che nel Settecento facevano la spola tra Europa, America e Asia, al commercio mondiale di pneumatici usati, fino alla possibilità che navicelle spaziali portino microbi su Marte. Burdick traccia una mappa di una globalizzazione naturale che sta lentamente modificando il panorama che ci circonda.
In "Fisica vissuta" Carlo Bernardini ripercorre, con piglio narrativo ironico, le tappe della sua vita, vissuta con la passione di chi ha saputo riconoscere l'importanza di declinare la scienza in un più vasto contesto di progresso sociale. Gli studi universitari e le prime esperienze di ricerca; la progettazione e la realizzazione del capostipite di quelle macchine che avrebbero ridisegnato la storia della fisica, l'Anello di Accumulazione per elettroni e positroni; ma anche l'insegnamento universitario e la direzione della rivista sapere. Quella che emerge da questo libro è la figura di un intellettuale completo, capace di offrire la propria storia e la propria passione come esempio per le nuove generazioni.