«L’immaginazione e la creatività non sono doni divini, frutti improvvisi, folgorazioni, ma rappresentano un complesso processo di ristrutturazione dell’informazione di cui è dotato un individuo, in stretta dipendenza dai nuovi rapporti che egli istituisce con la realtà naturale e sociale. Se l’immaginazione parte dalla realtà, non ne è però una semplice copia, ma è appunto una immaginazione creatrice, la combinazione in forme nuove di elementi provenienti dall’esperienza, ma che ad essa non possono essere più ricondotti direttamente, perché ne danno una nuova configurazione che è propriamente mentale. Per cui i prodotti dell’immaginazione, scrive Vygotskij, “preso corpo, sono di nuovo rientrati nella realtà ormai come una nuova forza attiva, trasformatrice della realtà stessa”»
dalla prefazione di Luciano Mecacci
Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934) La sua attività scientifica è caratterizzata da tre fasi. Nella prima fase, dal 1915 al 1927, si occupò principalmente di critica letteraria e Psicologia dell’arte ed iniziò ad interessarsi all’applicazione della psicologia nell’educazione. Tra le opere più importanti di questo periodo ricordiamo La tragedia di Amleto (1916) e Psicologia dell’arte (1925). Quando si trasferì a Mosca conobbe Aleksej Leont’ev e Aleksander Lurija. Nel 1925 tenne la conferenza La coscienza come problema psicologico del comportamento il cui testo divenne il manifesto della scuola storico-culturale di cui è considerato il fondatore. Nello stesso anno divenne il direttore del dipartimento per l’istruzione dei bambini handicappati.
Nella seconda fase, dal 1928 al 1931, affrontò il problema della storicità delle funzioni psichiche. L’opera più importante di questo periodo è Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori. Nell’ultima fase, dal 1932 al 1934, si occupò di varie tematiche di psicologia, in particolare delle emozioni. Tra le sue opere più importanti: Pensiero e linguaggio e Immaginazione e creatività nell’età infantile.
Di recente il tema del sacrificio umano è stato al centro del dibattito sulle principali pagine dei giornali, con la polemica che ha punto nel vivo la comunità ebraica italiana, e non solo. In questo libro Brelich, noto docente di storia delle religioni, affronta il tema spaziando da una civiltà antica all'altra, con l'intento di mappare con assoluta precisione il fenomeno delle uccisioni rituali. Scopriamo così che questo rito era praticato tanto nell'antico Egitto che in Mesopotamia, ma anche in Africa, nelle Americhe, in Cina, ecc.; e che aveva un valore simbolico altissimo, che l'autore ci aiuterà a scoprire pagina dopo pagina, con un linguaggio semplice, lo stesso che ha usato, a suo tempo, per spiegare questo misterioso fenomeno ai suoi numerosi studenti.